martedì 6 luglio 2010

Berlusconi non sa nulla del Punto G. - Jacopo Fo


La sinistra, la ciulatina di Berlusconi con la cameriera e i muscoli pelvici.
Come fa l’amore Silvio? In maniera patetica. Ecco le prove. Il suo livello di conoscenza dei misteri del sesso è fermo a quello di un adolescente che ha frequentato i corsi di educazione sessuale della Gelmini. Tragico.

E’ tanto che lo tengo d’occhio e annoto.
Il primo campanello d’allarme mi è suonato ascoltando le registrazioni della notte brava con la D’Addario.
Allora, riflettiamo sulla scena: tu sei lì nel lettone che ti ha regalato Putin, con una ragazza dalle curve portentose, e lei ti dice che non ha raggiunto l’acme del piacere. E tu cosa le dici? Silvio le consiglia di esercitarsi un po’ di più da sola. Un vero principe. Già questo mi fece intravedere una logica erotica un po’ calcistica: se non sei bravo nei calci di rigore tocca che ti eserciti.
Lungi da lui pensare che ci siano magari anche questioni psicologiche, emozionali, sentimentali. Il panorama erotico del presidente, la sua visione del desiderio, è un deserto dei tartari. Il nulla per centinaia di chilometri.
Se fosse un uomo di mondo, un vero amante delle donne, avrebbe potuto dire alla D’Addario ben altro. Ad esempio chiederle se c’erano situazioni nelle quali provava un maggior trasporto. Cercare di farle comprendere che solo se c’è un abbandono mentale profondo scattano i meccanismi dell’ascolto delle sensazioni corporee e quindi si può innescare la meravigliosa spirale del piacere.
Se poi il Presidente avesse proprio voluto entrare nel tecnico avrebbe potuto spiegare alla D’Addario che esiste anche un nesso tra tensione muscolare e piacere sessuale. Come scoprì il dottor Kegel, già nel 1936, esiste un collegamento stretto tra frigidità femminile e tono muscolare dell’area. Secondo alcune ricerche circa il 50% delle donne occidentali ha un tono muscolare insufficiente. Il sesso, culturalmente negato viene dimenticato anche muscolarmente. La muscolatura si atrofizza e anche la sensibilità al piacere diminuisce. Il dottor Kegel dimostrò che le donne frigide possono recuperare la capacità orgasmica imparando a considerare il sesso in modo positivo e rieducando al movimento la muscolatura pelvica.

Si tratta di esercizi molto semplici. Il primo passo è individuare il muscolo pubococcigeo che è quello che tutti usiamo, anche i maschi, se facendo pipì blocchiamo il flusso delle orine.
Esercitare questo muscolo è facile. Basta contrarlo per circa 5 secondi e rilassarlo per 15. Questo esercizio NON va eseguito facendo pipì. L’esempio serviva solo per identificare il muscolo.
Poi Silvio avrebbe potuto continuare ad aiutare la D’Addario a superare il suo problema di insensibilità spiegandole anche che tonificando il cosiddetto pavimento pelvico, si ottiene anche di rendere sensibile un’area che si trova tra l’interno dell’osso pubico e la parete superiore del sesso femminile, a circa 3,5 cm di profondità. Quest’area è il Punto G e finalmente si è provato che esiste veramente. Abbiamo le foto realizzate dal Professor Jannini dell’Università dell’Aquila, risultato che è stato applaudito da tutti i più grandi sessuologi del mondo.
Proprio il fatto che le donne che non muovono i muscoli pelvici hanno quell’area atrofizzata ha reso così complesso dimostrare l’esistenza di questo punto orgasmico.
Infine Berlusconi avrebbe potuto spiegare alla D’Addario che anche la parte emotiva è essenziale e che se lei continua a accoppiarsi con vecchi babbioni economicamente e politicamente molto potenti, non può pretendere anche di essere travolta dal trasporto emotivo indispensabile per una piena soddisfazione.
Mi immagino se nelle registrazioni di Silvio ci fosse stata una breve lezione di educazione sessuale ed emotiva. Sarebbe stato grandioso. Ma non sarebbe stato Berlusconi.
Ma facciamo il caso, giusto per scherzare, che Berlusconi avesse un po’ più di sensibilità emotiva. Avrebbe magari potuto chiedersi se vi era della responsabilità da parte sua nell’insoddisfazione della ragazza.
Da quel che ne sappiamo l’idea del sesso di Silvio è analoga a quella che un muratore ha del martello pneumatico. Reciprocità zero.
Veramente Silvio pensa che avere 7 amplessi e fare 7 docce fredde in una notte sia il massimo per far raggiungere l’estasi a una femmina?
Il problema di Silvio non è solo che non sa nulla dell’anatomia e delle emozioni femminili.
E’ anche che vede la donna come un utensile.
La prova definitiva di questo sospetto l’ho avuta leggendo le dichiarazioni che il nostro Presidente del Consiglio ha rilasciato alla stampa mondiale durante il summit delle nazioni più potenti del mondo. Ha detto: “Stamani in albergo volevo farmi una ciulatina con una cameriera. Ma la ragazza mi ha detto: “presidente, ma se lo abbiamo fatto un’ora fa…”. Vedete che scherzi che fa l’età?”.
Ora lasciamo stare le facili ironie sul fatto che forse dalla seconda più alta carica dello Stato, in un momento di grande crisi internazionale, ci si aspetterebbe qualche cosa di più alto profilo. Occupiamoci solo di analizzare il significato di quel che ha detto: E’ SPAVENTOSO!
E’ pazzesco, al di là del bene e del male.
Partiamo dalla parola “ciulatina”. Innanzi tutto mi sembra usata nel modo più volgare possibile. Non usa far l’amore, che implica almeno formalmente anche un trasporto emotivo, non usa il termine ciulata che allude a un caldo, focoso rapporto fisico, comunque in grado di smuovere l’emotività, se non i sentimenti. No, il Presidente fa la ciulatina, cioè una robina, un trak trak da 5 minuti. Uno sfogo. Non c’è stupore per la donna che si schiude al contatto con te, non c’è estasi nell’ascolto del miracolo divino del dettaglio delle sensazioni fisiche di piacere, non c’è disponibilità a stupirsi per il tripudio dell’incontro tra i corpi vivi e pulsanti. Non c’è niente. Solo il virile affermare la propria supremazia, il diritto d’uso. I mafiosi dicono “Megghiu cumannare ca futtiri” (prego i cultori dello splendido idioma siculo di perdonare eventuali difetti di ortografia). E’ un sesso consumato. Basato sulla scarica di adrenalina che accompagna la trasgressione di una sveltina. E’ una visione del sesso senza neppure l’ombra di reale coinvolgimento. Puro uso fisico dell’oggetto donna. Per di più una povera cameriera.
A chi chiedi di farti da ricettore se hai una fase erettile in un albergo?
Alla cameriera. A chi sennò?
Un caffè, un cornetto e una passera.

A questo punto mi viene una domanda: Berlusconi è frigido?
E se lo è, lo sa?
Non parlo per facile gioco del dileggio.
E’ un problema enorme questo, che colpisce moltissimi uomini e che io ho sofferto in prima persona.
A un certo punto da ragazzo ho iniziato ad avere rapporti senza orgasmo. Intendiamoci, non parlo di impotenza né di assenza di eiaculazione. Ho sofferto anche di questi problemi, certo, ma si tratta di questioni diverse. In questo caso la meccanica era ok ma io non sentivo piacere. Mi informo, leggo, cerco, chiedo. Nessuno ne sa niente. Poi scopro che non sono io l’unico con questo problema. E’ noto. Su un vocabolario medico trovo la parola adenia: eiaculazione senza orgasmo. Si tratta di un malanno psicologico, che riesco ad arginare con il tempo, applicandomi appunto all’ascolto delle sensazioni fisiche e lasciando perdere i viaggi mentali.
Poi scopro anche che, come nella frigidità femminile, c’è anche un problema muscolare, speculare e contrario a quello femminile. Noi maschi tendiamo a contrarre troppo i muscoli pelvici. Strozziamo i capillari e perdiamo il piacere. E questo viene aggravato se mentre faccio l’amore invece di godermi le sensazioni sono lì con lo spirito di un ciclista che vuole battere il record di arrampicata. Il sesso mentale, la ricerca delle scariche di anfetamina autoprodotta dal nostro organismo sono collegati alla frigidità maschile e alla contrazione del muscolo pubococcigeo. Cioè, non cerco il piacere orgasmico ma quello provocato dalle scariche di droghe fisiologiche, cioè prodotte dal mio corpo. E secondo alcuni, questi problemi di contrazione eccessiva nei maschi sono la causa principale dei problemi alla zona prostatica che colpiscono il 50% degli uomini dopo i 50 anni d’età.

Come ho detto, la parola “ciulatina” mi fa venire in mente il sesso mentale e la contrazione perineale. E Silvio è stato proprio operato alla prostata. Tutto torna.
E probabilmente anche lui avrebbe gran giovamento a eseguire gli esercizi del dottor Kegel e ad ascoltare le sensazioni invece di ripetersi continuamente: “Sono il più grande ciulatore del mondo e sto esibendomi nella posizione numero 21 del Kamasutra, poi passerò alla 24, transiterò per la 17 e chiuderò in 56!”.
Sospetto che per Silvio l’attività sessuale sia una fatica pazzesca.

E sinceramente mi sono stupito vedendo che dopo la conferenza stampa di Silvio sul tema “cameriere e ciulatine” Bersani non sia insorto dichiarando: “Berlusconi non ha il minimo senso dei sentimenti, dell’ammirazione mistica della natura femminile e della reciprocità del piacere!”
Ma la sinistra non ha nessuna intenzione di sforare nei territori erotici. Che c’entra COME fa sesso Silvio? Il problema è che va con fanciulle a pagamento pagate da altri! Se gode o no chissenefrega?”
A me mi frega. Tantissimo.
Se voglio lottare per una società diversa devo costruire una cultura diversa e non posso parlare di cultura se non mi occupo di emozioni, sensazioni e modalità di amarsi. Dimmi come fai l’amore e ti dirò chi sei.
E se voglio costruire un mondo nuovo DEVO sapere che c’è un nesso fortissimo tra la violenza sulle donne e la frigidità maschile (vedi: Lo stupratore è frigido! Gli piace la passera inanimata e non conosce l’estasi dei sentimenti! http://www.jacopofo.com/?q=node/2305 ).
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E devo sapere che l’educazione sentimentale e sessuale è essenziale per la crescita emotiva dei giovani e DEVO occuparmene nelle scuole. Anche perché esiste un nesso tra incapacità di vivere serenamente la sessualità, criminalità e incapacità di relazioni sociali.
Il modello ottocentesco della politica come categoria perfetta, superiore e distante dai fondamentali problemi che riguardano la felicità delle persone, va finalmente buttata alle ortiche.
Ecco allora che non possiamo proprio immaginare un nuovo modo di far politica che continui a considerare non politica la sessualità, i sentimenti e l’emotività.
E allora io pretendo che Bersani e Di Pietro si esprimano una volta per tutte in maniera chiara: il punto G è un terreno essenziale di iniziativa politica per il movimento progressista? Ci si impegna finalmente a parlare d’amore ai giovani? Si organizzano corsi di ginnastica di Kegel nelle case del popolo?

Ma poi mi viene un dubbio.
Ma Bersani lo sa dei muscoletti pubococcigei?
E qui il sospetto si fa atroce. Vuoi vedere che certi leader della sinistra fanno l’amore come Berlusconi?
Di Bersani in effetti non so niente.
Ma di D’Alema sono praticamente sicuro.
Non lo sa.

Quando era lui Presidente del Consiglio lanciò una campagna per convincere le donne che soffrono di incontinenza a farsi operare. Uscì proprio un pieghevole della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
La cosa mi sembrò mostruosa e chiesi un incontro con il suo staff. Andai a spiegare a una cortese portavoce, con gli occhi fuori dalle orbite, che il Presidente D’Alema aveva fatto un errore pazzesco. Lei cercò di difendere Massimino spiegandomi che la decisione era dettata da precise necessità economiche. In Italia sono milioni le donne che soffrono di questo disturbo e se ne vanno miliardi di lire in pannoloni. Con le operazioni chirurgiche di massa si sarebbero risparmiati molti soldi. Quindi si trattava di buon governo e di risparmio!
Io le spiegai che era una boiata stellare. Infatti, come dimostrò Kegel nel 1936, l’incontinenza è anch’essa legata alla mancanza di tonicità dei muscoli pelvici e si cura senza intervento chirurgico, con la semplice ginnastica. E non è un mio delirio. Lo dimostrano 30 anni di sperimentazione in Francia, Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia che insegnano la ginnastica di Kegel a tutte le donne che hanno problemi nell’area sessuale. E un sistema eccellente anche per ridurre drasticamente i dolori mestruali.
Nei paesi scandinavi addirittura si tengono regolarmente corsi per le ragazzine in prima media inferiore.
E lì non le operano. E non pagano conti miliardari per i pannoloni.

La cosa triste è che non solo di tutta questa storia nel team di D’Alema non ne sapeva niente nessuno. La cosa triste è anche che avrebbero dovuto saperlo.
Infatti nel 1987, ai tempi di Tango, il supplemento satirico dell’Unità, io provocai un grande scandalo osando scrivere un articolo su questo argomento, intitolato: “Muscoletti Vaginali”.
Ora dico: caro D’Alema, ma come fai a fare il segretario di partito e non ti leggi neanche l’Unità!?!
Va beh, non pretendo che tu legga la pagina economica che è difficile. Ma almeno il supplemento con le vignette dovresti leggerlo!”
E poi mi chiedo: ma perché l’allora Partito Comunista non capì l’importanza di lanciare una grande campagna di informazione sul pavimento pelvico? Ti rendi conto quante sofferenze fisiche e psicologiche avrebbero risparmiato a milioni di donne italiane? Quanti soldi dello Stato si sarebbero risparmiati sostituendo decine di migliaia di interventi chirurgici e milioni di tonnellate di pannoloni con un po’ di ginnastica?
Ma non potevano e non possono capire. Non concepiscono che la questione sessuale è radicata in diversi aspetti della vita economica e sociale di un popolo. Non si può fare politica nel 2000 e non parlare d’amore.
Ma la scelta del partito fu diametralmente opposta. Quando “Tango”, troppo estremista e ingovernabile grazie al coraggio di Staino, fu sostituito dal più consono “Cuore” venni allontanato.

Mi ricordo che l’articolo che scrissi e che non uscì mai, segnando la fine del mio rapporto di lavoro col quotidiano fondato da Antonio Gramsci, era sul parto dolce e l’importanza di non separare i bambini alla nascita dalla madre e di non tagliare subito il cordone ombelicale.
Anche questa della nascita rispettosa del neonato e della madre (e del buon senso) non fu considerata argomento degno. Anche qui era ed è considerata una questione che esula dalle categorie della politica. Che importa se il sistema dei parti, come viene praticato ancora oggi in molti ospedali italiani, ha costi spropositati e predispone i neonati a una serie di malanni inutili che provocheranno enormi sofferenze e che peseranno sulle casse dello Stato?
Che anche su questo il Partito Comunista abbia sbagliato è provato dal fatto che ormai sono comunque molte le strutture ospedaliere pubbliche dove si pratica il parto dolce riducendo l’incidenza di malattie respiratorie, insonnia nei primi mesi di vita e tutta una serie di altre patologie. E su questo esiste ormai una letteratura scientifica e una documentazione statistica impressionante.
E per inciso le donne e gli uomini che hanno realizzato questa rivoluzione medica, etica, ecologica e umanistica sono in gran parte stati elettori del PCI, poi dei DS e ora votano PD.
Un tipico esempio di come la base di un partito possa essere cento metri avanti i suoi leader.

Per approfondire
Su nascita, educazione, condivisione, uso della mente, sessualità, amore, muscolatura, respirazione, piacere.
http://www.alcatraz.it/redazione/news/show_news_p.php3?NewsID=2366

Gli esercizi di Kegel



lunedì 5 luglio 2010

Spese per 350 milioni di euro l’anno. Palazzo Chigi, quanto ci costi! - Eduardo Di Blasi


Un milione di euro al giorno. La relazione al conto finanziario della Presidenza non da conto delle spese. Poca trasparenza e sprechi.

Trasparenza e guerra agli sprechi. I due slogan del governo non sembrano essere stati fatti propri da Palazzo Chigi che li propugna a gran voce nel dibattito pubblico, anche in tempo di crisi, senza metterli poi in pratica di conseguenza.

Le venti paginette della stringata relazione al conto finanziario della Presidenza per il 2009, come da consolidata abitudine, ne è un esempio. Non dà infatti conto delle spese al minuto di una struttura che nel 2009, solo per “esistere”, vale a dire senza contare il prezzo delle politiche svolte, è costata ai cittadini italiani poco meno di 350 milioni di euro – esclusi i ministri con portafoglio ovviamente. La voce maggiore, naturalmente, riguarda gli stipendi, che, con una pianta organica di circa quattromila persone, si aggira sui duecento milioni di euro. Tra stipendi, oneri previdenziali e spese accessorie di primo ministro, sottosegretari, segreterie dei ministri senza portafogli e consulenti interni o esterni alla Pubblica amministrazione lì comandati, la cifra impegnata nel 2009 è poco sopra i 23 milioni di euro. Cui si devono sommare i maggiori costi fissi del resto del personale amministrativo, che pesa sulle casse statali per una cifra annua vicina ai 180 milioni di euro.


Effetto Brambilla: +5%
Più nel dettaglio gli stipendi del presidente del Consiglio, dei ministri senza portafoglio e dei sottosegretari di Stato alla Presidenza assommano a 1.430.891 euro per il 2009.
Volendo però calcolare quanto costa la testa “politico-amministrativa” di Palazzo Chigi, a questa cifra si devono sommare tutta una serie di voci. Per primo il milione e 961.858,20 euro per gli stipendi degli addetti alle segreterie particolari del presidente e del sottosegretario alla Presidenza, i 3.243.287,28 euro degli oneri previdenziali per il personale di diretta collaborazione, i 2.410.097,79 dei cosiddetti “accessori” per il personale addetto alle segreterie particolari di cui sopra. E, ancora, 1.119.907,85 degli estranei alla Pubblica amministrazione che lavorano con i sottosegretari con delega del presidente, i 4.920.526,53 degli altri consulenti estranei alla Pa che lavorano nelle segreterie dei ministri senza portafoglio e degli altri sottosegretariati di Stato, un altro milione e 208.675,15 impegnato per gli “accessori” della truppa addetta ai sottosegretari alla Presidenza.
Poi ci sono i soldi per le “strutture di missione” dei ministri senza portafoglio: 3.164.437,33 per gli stipendi del personale qui in servizio. Altri 657.698,03 per “esperti e consulenti”.

Nella nota della presidenza si fa rilevare come nel 2009 si sia verificato un aumento del 5% per le spese del personale di diretta collaborazione “derivante essenzialmente”, è scritto, dalla nomina del nuovo ministro al Turismo Michela Vittoria Brambilla. Sempre nel documento ufficiale si annota un “leggero e fisiologico aumento delle spese per ‘beni e servizi’ dovuto sia ai maggiori oneri derivanti dalla stabilizzazione organizzativa di tutte le strutture del governo, sia dalla necessità di partecipazione ad importanti incontri con personalità internazionali”. Andiamo quindi a dare un’occhiata nel dettaglio a questo capitolo di spesa che nella nota appare solo nella sua cifra finale, intorno agli 80 milioni di euro.

Alla voce “Acquisto di beni di consumo e di servizi strumentali al funzionamento degli uffici e alle esigenze istituzionali e di decoro delle autorità politiche presenti presso le sedi della Presidenza” si sono impegnati, nel 2009, 2.309.863,19 euro. Per “Progettazioni, studi, indagini e rilevazioni sul patrimonio immobiliare di Palazzo Chigi” si sono spesi altri 409.594,66 euro. Se ne sono spesi invece 11.994.048,48 per la “manutenzione, conduzione e riparazione degli immobili e degli impianti, adattamento e ripulitura dei locali, manutenzione dei giardini e dei parchi annessi agli immobili”. L’affitto, il riscaldamento e l’aria condizionata dei locali ha avuto una spesa di 12.177.199,77. Le utenze di acqua, luce e gas, tassa sui rifiuti e tv sono costate 4.071.921,05. La pulizia e la derattizzazione dei palazzi 4.989.185,00. Reti informatiche con relativa manutenzione, e call center sono costati 6.444.256,66. La bolletta telefonica ammonta a 2.331.762,99. Restano le “scorte”, 982.845,14 euro l’anno, poco meno delle spese di facchinaggio e trasporto: 1.074.221,57.


Dal nido alle multe

Più in piccolo, tra le spese per “beni e servizi” ci sono anche i 113.273 euro del “micro-nido” aziendale della Presidenza, che non ha avuto proprio un boom di iscrizioni, data l’età media, non proprio giovanissima, del personale di Palazzo Chigi.

Infine c’è un nuovo capitolo che la relazione ufficiale ritiene “destinato ad aumentare nel futuro per la grande mole, già prevista, di pagamenti conseguenti a pronunce giurisdizionali che vedono il coinvolgimento della Presidenza del Consiglio”. La voce si chiama “spese per liti”. Per il 2009 la posta è poco sopra gli 11 milioni di euro, 9,8 dei quali per una condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo nei confronti del governo italiano. Condanne che, si prevede, continueranno a fioccare sui conti pubblici.

domenica 4 luglio 2010

Da Berlusconi a Dell'Utri a Ghedini, un filo nero fatto con la stoffa del bavaglio - Giuseppe Giulietti



"Cosa vuole Napolitano, si faccia eleggere se vuole valutare", Nicolò Ghedini, deputato e avvocato di fiducia di Berlusconi. "Mangano è stato un eroe, non ha mai risposto alle domande dei giudici che volevano sapere di me e di Berlusconi", Marcello Dell'Utri uscendo dal tribunale dove si era beccato 7 anni di galera per i suoi rapporti con la mafia. "Se Fini non ci sta meglio che se ne vada, a Napolitano daremo un contentino..", Silvio Berlusconi medesimo. Davvero c'è ancora qualcuno convinto che si tratti di casualità, di parole in libertà?

Modi,tempi e forme di queste esternazioni sono collegate da un filo nero, anzi nerissmo, ed è fatto con la stessa stoffa del bavaglio e dei cappucci delle logge segrete e deviate, come era la Loggia P2.

Un uomo saggio e prudente come Dell'Utri non lancia un segnale di quel tipo se non ritiene di essere arrivato ad una sorta di finale di partita. Perchè ha sentito il bisogno di lodare un mafioso pluricondannato e per reati davvero infamanti?Perchè ha sentito il bisogno di farlo mentre Pietro Grasso ed altri magistrati denunciavano i rischi derivanti alla sicurezza dello stato da una eventuale approvazione della legge bavaglio?

Perchè vogliono bloccare in tutti i modi le inchieste sulla trattativa tra mafia e stato che si sarebbe svolta negli anni tra il 1992 e il 1994? Chi debbono coprire?

Le minacce contro Fini sono cresciute di tono e di intensità quando ha ritenuto di dichiarare che: "...dopo la deposizione di Grasso non si può fare finta di non aver sentito...", parole che hanno letteralmente fatto impazzire Berlusconi e il suo servizio d'odine politico e mediatico, che evidentemente hanno buone ragioni per temere quella inchiesta.

Il messaggio di avvertimento di Dell'Utri è stato completato dall'avvocato Ghedini che ha voluto invitare il presidente Napolitano al silenzio. Cosa lo aveva tanto turbato? Solo e soltanto che il presidente aveva ricordato che il suo giudizio sulla legge bavaglio sarebbe stato espresso solo alla fine dell'iter legislativo, senza trattative preventive. In altre parole Napolitano si è riservato una accurata lettura di un testo che i più raffinati costituzionalisti, di ogni orientamento politico, hanno già bollato senza appello. Le parole di Ghedini erano solo la premessa per il comizio a reti unificate del capo supremo. Senza tanti giri di parole, come nel finale del film "Il Caimano" di Nanni Moretti, Berlusconi ha distribuito schiaffi, ha minacciato le istituzioni repubblicane, ha confermato la sua intenzione di travolgere tutto e tutti.

Questa volta ha davvero lanciato la sfida finale. Sarà il caso di prenderlo sul serio e di predisporre una adeguata resistenza, dentro e fuori le aule del parlamento.

Ora più che mai dobbiamo rilanciare la proposta che, come articolo 21, abbiamo sollevato durante la manifestazione di piazza Navona relativa alla necessità di mettere insieme quanto ancora credono nei valori costituzionali, al di là di qualsiasi logica di shieramento. Quanti hanno orrore per i mafiosi alla Mangano e conservano nel loro cuore il ricordo dei Falcone e dei Borsellino hanno il dovere di mettersi insieme, di dar vita ad una sorta di fronte della legalità capace di liberare l'Italia da una metastasi che sta minando gravemente l'ordinamento democratico.

Il tempo è questo, non è più possibile rinviare, costi quel che costi!

http://www.articolo21.org/1409/notizia/da-berlusconi-a-dellutri-a-ghedini-un-filo-nero.html



Quando l’informazione diventa propaganda - Peter Gomez


Per dimostrare che siamo tutti intercettati, il Tg della rete ammiraglia fornisce ai suoi telespettatori dei dati falsi

La situazione politica si arroventa. Il governo a causa della legge bavaglio traballa e al Tg1 l’informazione viene del tutto sostituita dalla propaganda. Mentre Silvio Berlusconi, dopo aver occupato venerdì sera gli schermi dei due principali telegiornali italiani, rilascia una nuova intervista al Tg4, i sedicenti colleghi della rete ammiraglia Rai scendono di nuovo in campo.
Questa volta, per dimostrare che siamo tutti intercettati, gli uomini di
Augusto Minzolini forniscono ai loro telespettatori dei dati falsi. “I bersagli veri e propri messi sotto controllo ogni anno sono 130 mila”, dice il Tg1, “e chi ha parlato con questi è stato anch’egli ascoltato. Dunque i 130 mila devono essere moltiplicati e si arriva a milioni di italiani”. Bugie allo stato puro: perché i 130 mila bersagli non corrispondono al numero degli utenti, ma delle utenze intercettate (ciascun di noi possiede diversi apparecchi e schede e chi è abituato a delinquere le cambia più spesso degli altri).

Al tribunale di Torino, per esempio, quando scatta un’indagine con intercettazione vengono messe sotto controllo in media 10 utenze a persona. Infatti i malviventi sanno benissimo di poter finire sotto ascolto e allora usano apparecchi intestati ad altri, cambiandoli spesso. Gli investigatori partono così dai numeri di telefono ufficiali (magari quelli di casa) e ascoltano le telefonate per alcuni giorni finché la persona da controllare non chiama la moglie o la madre. A quel punto i primi ascolti vengono interrotti – difficile trovare uno spacciatore che utilizzi il telefono di casa – e si passa a controllare il cellulare giusto. Per questo le statistiche si gonfiano
Insomma i calcoli del Tg1 non stanno né in cielo né in terra (Chissà quanti di noi sono stati intercettati in questi anni…”, si chiede spaventata la giornalista). E anche a voler fare una media prudenziale ci si rende conto che le persone realmente intercettate nel nostro Paese non superano le
30mila unità . Sono poche o sono tante?
Dipende dai punti vista: ogni anno in Italia si compiono più di 3 milioni di reati. Tanto che sempre a Torino su 200mila fascicoli aperti, 25 mila dei quali contro indagati noti, i fascicoli in cui vengono richieste intercettazioni sono 300. Un’altra scoperta interessante si fa poi se si va a guardare per che tipo di crimini gli ascolti vengono autorizzati: quei 300 fascicoli, magari relativi a più persone, riguardano al 50 per cento il traffico di droga. E il rimanente va così suddiviso: 15 per cento omicidi consumati o tentati e reati contro la persona; un altro 15 per cento attiene poi alla criminalità organizzata”; 10 per cento violenze sessuali o pedofilia e ancora il rimanente 10 per cento reati commessi da colletti bianchi.
Il Tg1 tutto questo però non lo dice. E non dice nemmeno che il calcolo delle 130 mila bersagli intercettati (che come abbiamo visto va diviso almeno per cinque) è già sbagliato in origine.
Infatti i dati esatti al ministero non ci sono perché ciascuna utenza può essere ascoltata per 20 giorni al massimo, poi per proseguire occorrono le proroghe del giudice. Dunque il tutto va diviso per il numero delle utenze e delle proroghe.
Un fatto però è certo. Le milioni di persone sotto controllo indiretto esistono solo nella fantasia o nella malafede della rete ammiraglia della Rai. Che si guarda bene anche dal spiegare che i costi degli ascolti, ampiamente recuperati grazie ai sequestri di beni e capitali (380 milioni di euro solo per le indagini sui furbetti del quartierino del 2005) potrebbero essere annullati se solo lo Stato chiedesse alle compagnie di fornire gratis le linee (come accade in Francia o in Germania) e se si decidesse ad acquistare le macchine per intercettare che oggi affitta.
Ma quando l’informazione si trasforma in propaganda per sostenere le ragioni del potente di turno, i fatti scompaiono. E molti sedicenti giornalisti fanno carriera. Del resto hanno stomaco forte. Tutte le mattine si alzano e riescono sorridenti a guardarsi allo specchio.

I veri numeri delle intercettazioni di Antonella Mascali
Intercettare fa bene (alle casse dello Stato) di Sandra Amurri



venerdì 2 luglio 2010

Perquisite le case di Ciancimino in tutta Italia. Trovati documenti del padre coi nomi di Dell'Utri e Berlusconi


La Dia ha effettuato una serie di perquisizioni in abitazioni di Massimo Ciancimino, il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito, che sta rendendo dichiarazioni sulla trattativa tra Stato e mafia. L'iniziativa è stata disposta dalla Dda di Caltanissetta. Al settaccio degli investigatori ci sarebbero le case di Palermo, Bologna, Cortina e Roma di proprietà del testimone e alcuni immobili intestati ai familiari di Ciancimino come la moglie, la madre, la sorella e il fratello. In particolare i pm cercherebbero documenti utili all'identificazione del misterioso signor Franco, l'agente dei Servizi che avrebbe partecipato alla trattativa di cui il teste ha lungamente parlato. Lo 007 non è stato ancora identificato.
I documenti - Nel corso della perquisizione effettuata a casa della sorella di Ciancimino, Luciana, sarebbero stati trovati documenti autografi dell'ex sindaco in cui si fa riferimento agli imprenditori mafiosi palermitani Franco Bonura e Nino Buscemi. Nei manoscritti sarebbero contenuti anche i nomi del senatore del Pdl Marcello Dell'Utri e del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Ciancimino, durante il processo al generale dell'Arma Mario Mori, aveva raccontato di avere appreso dal padre che capitali della società Lurano, intestata ai due imprenditori, sarebbero confluiti in aziende del Nord, collegate al gruppo Fininvest. La perquisizione è stata disposta nell'ambito dell'inchiesta sulla strage mafiosa del '92, in cui venne ucciso il giudice Borsellino, riaperta un anno fa dalla Procura nissena che cerca di fare luce sul presunto coinvolgimento di pezzi dei Servizi nell'eccidio. La notizia delle perquisizioni e' stata anticipata dal sito de L'Espresso.
Ciancimino Jr: "Resto sereno e disponibile verso i Pm" - Così il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito, ha commentato la decisione della Procura di Caltanissetta di disporre una serie di perquisizioni in alcune sue abitazioni. "Capisco che la giustizia abbia i suoi tempi - ha spiegato - e che, a volte, questi non coincidano con i miei che ho anche impegni professionali e familiari". La decisione dei magistrati sarebbe legata alla necessità di acquisire documenti che consentano l'identificazione del signor Franco, l'agente dei Servizi segreti che avrebbe preso parte alla trattativa tra Stato e mafia. Ciancimino ha più volte ribadito di essere in possesso di materiale utile che non ha ancora consegnato.
02 luglio 2010




Forza Mafia - Peter Gomez



da Il Fatto Quotidiano, 30 giugno 2010

La pornografica esultanza con cui buona parte del Pdl ha accolto la nuova condanna di Marcello Dell’Utri per fatti di mafia, spiega bene in che tipo di realtà criminale viva ormai la classe dirigente del nostro Paese. Prima ancora di averne letto le motivazioni i berlusconiani festeggiano perché, secondo loro, il verdetto dimostra come tra l’ideatore di Forza Italia e Cosa Nostra non vi è stato un patto politico. Anche a voler credere a questa tesi, i coriferi del Cavaliere sorvolano però su un punto. Fondamentale. Dell’Utri, pure secondo i giudici d’Appello, è stato fino al 1992 l’anello di congiunzione tra la mafia e il “mondo finanziario e imprenditoriale milanese”. Cioè la Fininvest di Berlusconi. Il senatore azzurro lavora al fianco del Cavaliere dal 1973.

Ancor più del corruttore di giudici Cesare Previti è suo sodale e amico. E proprio per conto di Berlusconi ha versato denaro agli uomini del disonore. Soldi che l’attuale premier donava, secondo l’accusa, per mantenere buoni rapporti. Tanto che la parola “regalo” è stata trovata nella contabilità della famiglia mafiosa di San Lorenzo, accostata alla voce Canale 5. Dell’Utri, salvo una breve parentesi, è stato poi al fianco di Berlusconi quando questi fondava le sue televisioni. Fatti simili, tra chi dice di richiamarsi all’esempio di Borsellino, dovrebbero indurre a due riflessioni. Ancor oggi, visto che il Cavaliere in Tribunale si è avvalso della facoltà di non rispondere, ogni ipotesi, anche la peggiore, sulle origini delle sue fortune è valida. E ancora: un Paese può essere governato da chi regalava milioni a un’organizzazione di assassini, mentre altri imprenditori dicevano di no? Da ieri, a destra, chi è uomo e non ominicchio o quaquaraquà ha il dovere di rispondere. Prima che sia troppo tardi.
(Vignetta di Bertolotti e De Pirro)

Il mandante - di Pino Corrias, 30 giugno 2010
Sette anni, ne dimostra di più - di Marco Travaglio, 29 giugno 2010

Video - Dell'Utri: "Dissi io a Berlusconi di stare zitto" (da ilfattoquotidiano.it)
La rassegna stampa a cura di Ines Tabusso.


Toga e bavaglio - Marco Travaglio



da Il Fatto Quotidiano, 2 luglio 2010


Un’allegra combriccola formata da Maurizio Belpietro, Fabrizio Cicchitto, Emanuele Macaluso, l’Ordine degli avvocati di Palermo, mezza Anm di Palermo e il membro turboberlusconiano del Csm Gianfranco Anedda ritiene che il nostro piccolo giornale abbia addirittura intimidito e screditato i tre giudici della II Corte d’appello di Palermo che l’altro giorno hanno ricondannato Dell’Utri con lo sconto di due anni per il periodo post 1992: il presidente Claudio Dall’Acqua, i giudici a latere Salvatore Barresi e Sergio La Commare. Belpietro ci accusa di lanciare “messaggi mafiosi” e ne risponderà in tribunale. Macaluso, che evidentemente non trattiene ciò che legge per più di 48 ore, dice che avremmo “accusato con una disinvoltura preoccupante i giudici di aver goduto di favori dal mondo di Dell’Utri”. Cicchitto, grande esperto di cappucci e un po’ meno di diritto, attribuisce al Fatto fantomatiche “intimidazioni ai magistrati che facevano parte della giuria (il pover’uomo chiama così la Corte d’appello, ndr)” per conto del “network dell’odio in servizio permanente effettivo”. Anedda, lo stesso che a dicembre accusò i pm Ingroia e Spataro per l’attentato del matto a B. in piazza Duomo, ci imputa da vero intenditore un “avvertimento di tipo mafioso” (ne risponderà anche lui in tribunale), poi chiede e ottiene dalla I commissione del Csm (4 sì e 2 no) di aprire una pratica a tutela dei tre giudici oggetto di “insinuazioni e sospetti” che getterebbero “discredito sul collegio giudicante e sull’intera magistratura” e costituirebbero “condizionamenti se non intimidazioni”.

In quest’orgia di
parole a vanvera, nessuno ha pensato di smentire una sola virgola dell’articolo contestato: quello pubblicato il 15 giugno sul Fatto da Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza. Perché delle due l’una: o quanto hanno scritto Lo Bianco e Rizza è vero, e allora non si capisce bene da che cosa il Csm debba tutelare i tre giudici (da se stessi? dalla verità?); oppure è tutto falso, e allora, anziché piagnucolare e invocare soccorso a destra e a manca, i tre giudici potrebbero inviarci una succulenta rettifica, che noi saremo ben lieti di pubblicare, con opportuna replica s’intende. Ma che scrivevano Lo Bianco e Rizza?
Citavano un mio articolo sull’Espresso, in cui svelavo un segreto di Pulcinella: e cioè l’aperta ostilità e insofferenza dimostrate dal
collegio, durante il processo, nei confronti delle richieste dell’accusa, in gran parte respinte (per molto meno, in altri processi, i giudici sono stati ricusati dal pm o dal pg). Poi tracciavano il profilo dei tre giudici, scoperchiando qualche altarino non proprio edificante. Dall’Acqua ha due figli: uno, in pieno processo Dell’Utri, è stato promosso per chiamata diretta del sindaco di Palermo, il forzista Cammarata, a segretario generale del Comune, scavalcando altri pretendenti più titolati; l’altro, ingegnere, lavorava fino a pochi giorni fa in Abitalia di Vincenzo Rizzacasa (arrestato l’altro giorno per riciclaggio, essendo ritenuto il prestanome del boss Salvatore Sbeglia, uno dei più celebri soci di Totò Riina), il cui direttore tecnico – come risulta dai cartelli affissi in tutti i cantieri – è Francesco Sbeglia, figlio di Salvatore e condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa.

Notizie o minacce?
Salvatore Barresi, come ha raccontato il suo ex compagno di scuola Massimo Ciancimino, giocava a poker con don Vito. Notizia o minaccia? Sergio La Commare fu censurato dal Csm perché, per non leggersi tutte le carte di un processo, aveva chiesto in un pizzino al pm di fargli un riassuntino. Notizia o minaccia? Quanto fossero pertinenti al processo Dell’Utri queste notizie, lo capiscono tutti: questa è la Corte che ha respinto le carte della Procura sui rapporti di Dell’Utri con il clan Piromalli e con il latitante Palazzolo, i riscontri alle parole di Spatuzza e addirittura la testimonianza di Massimo Ciancimino.
Per strano che possa sembrare a lorsignori, Il Fatto racconta i fatti (non i calzini turchesi). Chissà se è ancora lecito, nel Paese che fa del
bavaglio non una semplice legge, ma una cultura istituzionale.

(Vignetta di Fifo)

http://voglioscendere.ilcannocchiale.it/2010/07/02/toga_e_bavaglio.html