mercoledì 20 ottobre 2010

Il business delle armi non conosce crisi.


L'Italia è al quarto posto nella classifica degli esportatori di armi convenzionali alle nazioni del Sud del Mondo. Nel pacchetto clienti figurano anche quei paesi che non rispettano i diritti umani

Con una mano spediamo aiuti umanitari, con l’altra vendiamo mitra e carri armati. La grande ipocrisia della politica estera italiana (e di tutto l’Occidente) nei confronti del Terzo mondo è stata impietosamente messa a nudo da un rapporto destinato ai membri del Congresso americano, intitolato “Conventional Arms transfers to developing world, 2002-2009”, che analizza trend e numeri delle forniture di armamenti ai paesi in via di sviluppo.

L’anno scorso il nostro Paese ha firmato
contratti militari per 2,4 miliardi di dollari, cifra che lo pone al 4° posto nella classifica degli esportatori di armi convenzionali alle nazioni povere. Davanti ci sono solo Usa, Russia e Francia. Il business per le fabbriche tricolori è in netta crescita, se si considera che nel 2008 l’export era stato di “appena” 1,3 miliardi. L’Italia produce il 9,16% delle armi esportate nel mondo: di queste più della metà (il 59,3%) finisce negli arsenali delle nazioni in via di sviluppo. Tra il 2006 e il 2009 il Belpaese ha consegnato agli eserciti africani armi per 500 milioni di dollari. Ma il mercato emergente è il Medio Oriente: negli ultimi tre anni sono stati firmati contratti per 3 miliardi e 700 milioni. Sbocchi importanti anche in Asia, dove gli ordinativi sono passati dai 300 milioni del 2002-2005 a 1 miliardo e 300 milioni nell’ultimo triennio.

L’Italia è in buona compagnia: nel solo 2009 le vendite di armamenti al terzo mondo ha fruttato all’Occidente 45 miliardi di dollari.
Usa e Russia, principali fornitori dai tempi della guerra fredda, continuano a dominare il mercato, ma i produttori europei sono ormai temibili concorrenti. Secondo il rapporto, Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia sono in grado di fornire una “larga varietà di armi altamente sofisticate”. Per convincere i compratori scendono in campo premier e ministri. I Paesi europei, insiste il dossier, “hanno aumentato la loro competitività attraverso un forte supporto di marketing da parte dei governi”. Un esempio? La visita compiuta da SilvioBerlusconi in Kazakistan l’anno scorso. Poco tempo dopo, la Selex Galileo (gruppo Finmeccanica) concluse un importante contratto per equipaggiare i vecchi tank sovietici T-72 con avanzati sistemi ottici. Un accordo di cui la stessa azienda si vanta sul suo sito. Ma l’affare sembra in contrasto con il Codice di condotta adottato dall’Ue nel 2005, che pone rigide condizioni per l’export di armi. Tra queste, al punto 2, c’è il rispetto dei diritti umani da parte del compratore. Non sembra che ciò accada in Kazakistan, dove Nazarbaev è al potere da 20 anni e nel cui parlamento siedono solo esponenti del partito del presidente-padrone.

Il codice d’altronde resta spesso lettera morta, oscurato dalle ragioni economiche. Nessuno si fa troppi scrupoli nel vendere aerei, navi e cannoni ai Paesi del Golfo, che non brillano per libertà civili. Tra il 2002 e il 2009 l’
Arabia Saudita ha speso più di tutti: 40 miliardi di petrodollari. Le tensioni mediorientali sono il volano principale di un mercato in cui a fare affari d’oro sono soprattutto gli Usa, che vendono i caccia F16 sia a Israele che all’Egitto, mentre gli elicotteri Black Hawk vanno a ruba negli Emirati Arabi. La Russia invece guarda all’Asia: nel 2009 ha venduto al Vietnam sei sottomarini classe Kilo per 1 miliardo e 800 milioni. La Cina è l’esportatore emergente in Africa, dove sono richieste soprattutto armi leggere e caccia meno sofisticati di quelli occidentali. In questo modo Pechino accresce il suo status di potenza nell’area e si avvantaggia nella corsa alle risorse naturali del Continente nero.

La torta è ricchissima e tutte le potenze partecipano al banchetto: nel terzo mondo vengono spedite armi di terra, di acqua e di mare. Un dato su tutti: nell’ultimo triennio gli Usa hanno venduto al terzo mondo 446 tank, la Russia 420, i “grandi” europei 230. La domanda non si ferma mai, nonostante la crisi economica. E l’Occidente è sempre pronto a soddisfarla.



martedì 19 ottobre 2010

Milano illumina le strade delle ville del premier ad Antigua


Le strade che portano alle cinque ville di Silvio Berlusconi ad Antigua sono state illuminate a spese dei milanesi. Un accordo siglato nel marzo 2008 tra il sindaco, Letizia Moratti, e il governo guidato da Baldwin Spencer, impegna infatti la città di Milano a inviare fondi per l’illuminazione delle strade, così da garantire una maggiore sicurezza nel paradiso fiscale; individuare e finanziare un progetto di ricerca per salvare la barriera corallina e tutelare le risorse marine e costiere; costruire una scuola di calcio con un impianto sportivo completo, realizzare corridoi di transito per la navigazione commerciale e un centro di canottaggio. Opere da realizzare intorno ad Emerald Cove, la collina in cui sorgono le cinque ville del presidente del Consiglio italiano. Tutto ciò risulta dai documenti del Governo di Antigua, rintracciabili sul sito della repubblica caraibica.

Nell’accordo, inoltre,
Moratti si impegnò formalmente anche a rafforzare i collegamenti aerei, investire nei mezzi di trasporto locali, intensificare gli scambi commerciali e creare delle borse di studio riservate agli universitari provenienti da Antigua e Barbuda per laurearsi negli atenei milanesi. Un accordo a senso unico, che non prevede alcun beneficio per la città di Milano. Ma che fu siglato in vista del voto al Bie per aggiudicarsi Expo 2015 contro Smirne. Persino Spencer si disse “grato della generosità del sindaco Moratti e del Comune di Milano”.

Il 13 marzo 2008 fu lo stesso primo ministro di Antigua a comunicare di aver ricevuto la conferma scritta “dal sindaco del comune di Milano,
Letizia Moratti, che la sua amministrazione è pronta a avviare l’attuazione immediata di una serie di iniziative nei settori dell’istruzione, sport, delle risorse marine e costiere, e il rafforzamento dei collegamenti aerei e di altri mezzi di trasporto”, si legge in una nota del governo diramata all’epoca che dava notizia dell’accordo. Stretto, scrisse, grazie al “nostro ambasciatore delle Nazioni Unite John W. Ashe”, ritratto in una foto mentre stringe la mano a Letizia Moratti.

Spencer annunciò che avrebbe ospitato un gruppo di studio proveniente da Milano in visita ad Antigua per “incontrare i funzionari locali, al fine di definire le modalità di attuazione delle iniziative”. Il primo passò fu il finanziamento e l’installazione dei lampioni. “Con questo impegno, il Comune di Milano diventa il terzo partner, insieme a Libia e Marocco, ad aver contribuito a questa importante iniziativa”, continuò Spencer.

Di questo traguardo, Moratti non ha mai parlato né dato notizia attraverso il suo ufficio stampa. L’unica dichiarazione in merito la riporta sempre il sito del governo di Antigua. “Sono lieta che il mio comune possa contribuire a questa iniziativa, che rientra nella lotta alla criminalità nel vostro paese”, ha detto il sindaco che, sempre secondo quanto riporta il sito, ha “anche ringraziato l’Ambasciatore
Ashe per il modo professionale con cui ha perorato le motivazioni del governo di Antigua e Barbuda”. Nel comunicato del Governo guidato da Spencer è ricordato come il sindaco di Milano sia “sposata con il magnate del petrolio Gianmarco Moratti, fratello di Massimo Moratti, proprietario dei giganti del calcio italiano dell’Inter”. Elementi rilevanti, considerato anche l’impegno a sviluppare scambi commerciali e realizzare un “impianto di calcio per formare giovani calciatori in tutta la regione orientale dei Caraibi”.

Al momento non è possibile sapere a che punto siano i lavori, né a quanto ammontino gli stanziamenti già avviati. Nel sito del Comune di Milano non è rintracciabile alcun documento relativo all’accordo con Antigua e sull’argomento, a
Palazzo Marino, il riserbo è massimo. Il portale del governo caraibico è ben più trasparente. Qui si possono rintracciare alcuni dei passaggio successivi all’accordo.

L’ultimo risale al febbraio scorso ed è relativo al rafforzamento dei collegamenti aerei dall’Italia, promesso da Moratti nel 2008 e mantenuto: la compagnia aerea Livingston, riporta il sito di Antigua, “aumenterà in modo significativo i voli charter da Milano dal primo settembre 2010 così da aumentare ulteriormente la presenza di turisti italiani sull’isola già cresciuta grazie alla trasmissione televisiva Donnavventura registrata sull’isola” e mandata in onda su
Rete 4. Ma l’impegno non ha avuto seguito perché dal 14 ottobre scorso l’Enac ha sospeso la licenza di trasporto aereo a Livingston. I vertici della società sono stati convocati dal neoministro allo sviluppo economico, Paolo Romani, ma ad Antigua ancora non è stato comunicato.



Allarme Corte dei Conti: ''In Italia corruzione sempre piu' diffusa''

Mentre in Europa si discute la proposta de ''Il Fatto Quotidiano''


di Aaron Pettinari - 19 ottobre 2010


Alle risorse pubbliche, talvolta comunitarie, sono legati «fenomeni di corruzione e dissipazione». Fenomeni che «persistono e preoccupano i cittadini, ma anche le istituzioni, il cui prestigio ed affidabilità sono messi a dura prova da condotte individuali riprovevoli».


A denunciarlo è il nuovo presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, durante il discorso di insediamento, indicando anche una via da seguire per ritornare a quel senso etico, spesso dimenticato: “La soluzione è il retaggio di valori dei quali la Corte dei Conti è depositaria: l'onestà degli intenti e dei comportamenti, l'etica del servizio, il corretto agire delle Pubbliche amministrazioni, il perseguimento del bene dell'uomo e della collettività". Valori che "hanno conosciuto e verosimilmente sempre conosceranno offese ed offuscamenti, ma hanno sempre finito e sempre finiranno per rifulgere di un loro proprio, nitido splendore".
Una denuncia che per il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione antimafia, richiama Governo ed Istituzioni: “Il monito lanciato dalla Corte dei Conti – ha detto - certifica l'esistenza di un sistema di malaffare che blocca lo sviluppo del Paese. Da tempo siamo in attesa che il governo porti in Parlamento la legge anticorruzione annunciata diversi mesi fa e già insabbiata il giorno dopo per dare spazio a norme salva cricche. Bisogna affrontare il problema a viso aperto a cominciare dalla questione morale, che attraversa in modo dirompente il governo e la sua maggioranza. La politica tutta deve avere il coraggio di fare scelte nette che diano credibilità ai partiti e alle istituzioni. La legge anticorruzione potrebbe essere un buon punto di partenza, ma servono comportamenti e decisioni coerenti”.
Il ddl a suo tempo era stato presentato dalla maggioranza come la risposta agli scandali continui esplosi sin dai primi mesi dell'anno (vedi Protezione Civile, Fastweb, e poi ancora caso Scajola e affaire P3), a cui si aggiungevano i dati forniti dalla Banca Mondiale e poi dalla Corte dei Conti, secondo cui le tangenti, con tutto l’indotto, impongono ai cittadini italiani una tassa occulta di 50-60 miliardi di euro all’anno. Ma il testo, scritto dal ministro Angelino Alfano, nonostante i continui propositi di rilancio si è arenato in commissione al Senato dallo scorso marzo e appare comunuqe inadeguato contro il malaffare.
Lo scorso settembre “Il Fatto Quotidiano”, in collaborazione con alcuni giuristi, ha presentato un nuovo testo decisamente più rigoroso che, diversamente da quanto accade in Italia, verrà presentato ufficialmente domani, alla sede di Strasburgo del Parlamento Europeo.
La legge promossa dal giornale di Antonio Padellaro, tra gli altri punti tratta il recepimento della Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione, il ripristino del reato di falso in bilancio e l’introduzione di nuove fattispecie di reato per la sanzione dei nuovi crimini in questo mondo sempre pià globalizzato. Una proposta che è stata accolta dai membri del Pd al Parlamento Europeo, Sassoli e Crocetta, e che verrà presentata e discussa con l'apporto dello stesso Padellaro, di Marco Travaglio, della vice presidente del Parlamento Europeo Roberta Angelilli e l'eurodeputato dell'Idv, Luigi de Magistris.


Leggi la proposta di legge
(http://www.ilfattoquotidiano.it)


lunedì 18 ottobre 2010

Nessuna manipolazione nella lettera di Don Vito a Berlusconi.

I periti dimostrano l’autenticità del documento, scritto dall’ex sindaco tra il ’96 e il 2000. Massimo Ciancimino annuncia querela per i diffamatori.


di Silvia Cordella - 18 ottobre 2010 - ALL'INTERNO L'AUDIO DI RADIO RADICALE!


La lettera che Vito Ciancimino scrisse all’on. Berlusconi per “mettere a disposizione una delle sue reti televisive” è assolutamente autentica.

È il responso dell’esame merceologico e grafico realizzato dai periti della polizia scientifica di Roma sul documento consegnato da Massimo Ciancimino ai pm, nell’ambito del processo a carico dell’ex comandante del Ros Mario Mori, accusato a Palermo di favoreggiamento alla mafia per la mancata cattura di Provenzano. Il documento, che alla scorsa udienza l’imputato, attraverso dichiarazioni spontanee, aveva cercato di far passare come un collage realizzato ad arte dal figlio dell’ex sindaco di Palermo, è pertanto un originale vergato da don Vito a matita in un periodo, stabilito dai funzionari della scientifica, tra il gennaio 1996 e maggio 2000. La grafite, hanno spiegato, è stata analizzata in laboratorio attraverso una tecnica di spettroscopia Raman che utilizza la luce laser. Questa pratica ha dimostrato che il documento non solo è autentico ma non presenta alcuna traccia di manipolazione. Niente copia incolla dunque ma solo (si fa per dire) lo scritto autentico di un potente ex sindaco democristiano mafioso indirizzato all’on. Berlusconi, l’imprenditore della Edilnord diventato Presidente del Consiglio, al quale minacciava di “uscire dal riserbo” se non avesse “messo a disposizione una delle sue reti televisive”.
Prive di fondamento risultano quindi le accuse di Mori e dei suoi sostenitori. Gli stessi che, con teorie approssimative e fantasiose hanno preso come buone le dichiarazioni di un imputato di mafia piuttosto che il responso scientifico. Per questo motivo Ciancimino jr. ha dato mandato al suo legale di querelare i giornalisti de
“La Stampa”, “Il Giornale”, “Il Giornale di Sicilia” e altri pseudo articolisti che, affermando il falso, hanno dichiarato come certa la contraffazione del documento, danneggiando così anche l’immagine del teste. Nel complesso quindi le perizie dei funzionari della polizia scientifica sui documenti consegnati da Massimo Ciancimino ai procuratori di Palermo e Caltanissetta, sono risultati compatibili con quanto dichiarato dallo stesso testimone negli interrogatori in Procura. Su 55 fogli uno solo è risultato “alterato” ma si tratta, come lo stesso Ciancimino ha spiegato ai pm Lari e Di Matteo il 1° dicembre 2009, di “appunti misti” fotocopiati in vista della stesura di un libro che aveva in programma di realizzare tra il 2000 e il 2002 con suo padre. Un foglio fotocopiato in A4 in cui vi si trovano appunti dei due Ciancimino in merito ad alcuni argomenti da trattare: “Berlusconi-Ciancimino”, “Milano truffa assicurazioni”, “Milano-Gelli-Bono-Calvi”. Ed è lo stesso teste che ai magistrati aveva spiegato: “Guardando il foglio alla mia sinistra è la mia grafia, alla mia destra è la grafia di mio padre. Gli appunti più chiari sono scritti a matita da mio padre, infatti li ho fotocopiati per evidenziarli meglio. Quelli più scuri... è la mia grafia. Erano argomenti che mi ripromettevo di approfondire con mio padre”. A questo punto il pm chiedeva: “Quindi è un foglio misto?”. Ciancimino: “Sì, è un figlio misto”. Il Pm: “Quindi è un collage?”. Ancora Ciancimino: “Esatto”. Ed ancora l’inquirente: “Ridotto in fotocopia?”. E il dichiarante: “Sì”.
Perciò nessun fotomontaggio è stato scovato, né da parte di Massimo Ciancimino è emersa alcuna prova di manipolazione con lo scopo di rafforzare le dichiarazioni del padre. Solo ora quindi si può affermare l’autenticità dei manoscritti di don Vito portati a processo, come quello in originale scritto a matita su carta messa in commercio dall'ottobre '96 al febbraio 2001, acquisito durante l’ultima udienza. Un appunto attribuito anche questo, dai periti, a Vito Ciancimino in cui lo stesso, rifiutandosi di parlare in udienza a Firenze nel processo sulle stragi, affermava che Mori e De Donno in dibattimento avevano reso falsa testimonianza.

AUDIO Processo a Mauro Obinu e Mario Mori del 12 ottobre 2010


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Arrestato finanziere a Pavia, forniva notizie su vip e politici a giornalista di Panorama.


Milano - (Adnkronos) - L'uomo è accusato di aver fatto un migliaio di accessi abusivi alle banche dati e di aver passato a un giornalista informazioni riguardanti, fra gli altri, gli Agnelli, Beppe Grillo, Antonio Di Pietro, Patrizia D'Addario e il giudice Mesiano. Il direttore Mulè difende Amadori: "Ha raccolto informazioni in modo legittimo".

Milano, 18 ott. - (Adnkronos) - Stamani la Guardia di Finanza di Pavia ha posto agli arresti domiciliari Fabio Diani, un finanziere in servizio nella citta' sul Ticino, in esecuzione di un provvedimento emesso dal gip presso il Tribunale di Milano. L'accusa riguarda "una serie di accessi abusivi alle banche dati in uso al Corpo, che configura la violazione dell'articolo 615 ter del codice penale, reato per cui e' competente la Procura della Repubblica di Milano".

L'uomo e' accusato di aver eseguito, tra il gennaio 2008 e l'ottobre 2009, non per motivi di servizio, "numerose interrogazioni a terminale, passando poi le informazioni riservate a terze persone".

Di accessi abusivi a banche dati di interesse pubblico e militare l'appuntato della Gdf di Pavia, ne aveva fatti circa un migliaio in due anni. Accessi su politici, magistrati e vip tra i quali Beppe Grillo, Antonio Di Pietro, Patrizia D'Addario, la famiglia Agnelli, Luigi De Magistris, Marco Travaglio, il giudice milanese Mesiano e anche Gioacchino Genchi, che e' stato consulente in vari procedimenti penali, alcuni dei quali diretti dall'ex pm De Magistris.

Su di loro l'appuntato faceva 'ricerche' riservate che poi, stando a quanto si apprende negli ambienti giudiziari, riversava almeno in parte al giornalista Giacomo Amadori, ora indagato in concorso con il finanziere per accesso abusivo a banche dati di interesse pubblico e militare, reato che prevede una condanna che va dai 3 agli 8 anni.

Giorgio Mulè, direttore di "Panorama", prende le difese di Amadori, "che come sempre, ha fatto straordinariamente il suo lavoro. Ha raccolto quelle informazioni in modo assolutamente legittimo dal punto di vista giornalistico e le ha usate per scrivere i suoi pezzi". "Non si trattava di informazioni segrete - ha continuato Mule' - ma di dati relativi ai redditi di personaggi pubblici. Amadori li ha usati per fare delle verifiche e poi ha pubblicato tutto, con la massima trasparenza. Da parte mia c'e' solo ammirazione nei confronti del suo lavoro". Il direttore di "Panorama" ha quindi espresso solidarieta' nei confronti dell'appuntato Diani: "Umanamente, mi dispiace molto per il provvedimento adottato nei confronti del finanziere''.


Silvio, la Banca Arner e quegli affari offshore tra Lugano e Antigua - di Dario Ferri

A proposito di case e ville: la storia di quei venti milioni passati attraverso l’istituto di credito in spregio alle norme antiriciclaggio per acquistare una residenza da sogno in un paradiso fiscale.

5042518616 f2af06de33 Silvio, la Banca Arner e quegli affari offshore tra Lugano e AntiguaUn articolo di Walter Galbiati suRepubblica descrive e racconta le peripezie di una ventina di milioni di euro passati tra Milano, Lugano e Antigua per permettere a Silvio Berlusconi di acquistare una villa principesca, tra società schermate e offshore e segnalazioni mancate all’antiriciclaggio. Con Banca Arnerprotagonista.

LA STORIA – Ecco Galbiati:

È il 20 settembre 2007 quando al Land register di Saint John, la capitale di Antigua, si presenta il signor Silvio Berlusconi. Con una riga il funzionario di turno cancella dal registro la società Flat Point e trasferisce la proprietà di un terreno di poco più di quattro acri all’illustre cittadino italiano. L’apprezzamento si trova dalla parte opposta dell’isola.

Le peripezie della zona vengonoricostruite nell’articolo: c’era un progetto di costruzione con una famiglia di costruttori vicentini protagonista, che però non va in porto. E allora si presenta la Flat Point, che raccoglie la maggior parte dei suoi capitali in Italia ma è impossibile sapere chi ci sia dietro, visto che la società è schermata. L’amministratore è Giuseppe Cappanera, i fiduciari Carlo Postizzi, Giuseppe Poggioli e Flavio De Paolis. Ovvero un avvocato, un fiduciario e un dipendente di Banca Arner, già commissariata e al centro di inchieste da parte delle procure di Milano e Palermo per riciclaggio. Chi mette i soldi?

Dal bilancio 2005 della società, emerge che Banca Arner ha finanziato per 6 milioni di dollari caraibici (circa 1,6 milioni di euro al cambio attuale) l’operazione sulla costa di Nonsuch Bay, ma il principale sponsor della scatola offshore sembra essere, come ricostruito da Banca d’Italia, il premier Silvio Berlusconi, da sempre legato a Banca Arner, non solo attraverso uno dei suoi storici fondatori Paolo Del Bue, ma anche per i suoi depositi nella sede di Corso Venezia a Milano: il conto numero uno è suo, mentre altri fanno capo alle holding della sua famiglia (per un totale di 50 milioni di euro) o a uomini del suo entourage. Dai conti personali di Berlusconi accesi presso Banca Intesa e Monte dei Paschi di Siena sono partiti ingenti bonifici verso un conto di Flat Point aperto proprio presso la sede milanese di Banca Arner, la quale a sua volta ha girato gli stessi corrispettivi alla sede di Lugano. Oltre 1,7 milioni nel 2005, altri 300mila nel 2006, ma è nel 2007, l’anno in cui avviene il passaggio di proprietà del terreno di Nonsuch Bay che i movimenti di denaro salgono alle stelle. In tutto oltre 13 milioni di euro: a ridosso del 20 settembre, la data dell’atto del Land register, esattamente il 10 di quel mese, passano da Milano a Lugano 1,7 milioni di euro e un mese dopo altri 3,6 milioni. Nel 2008 ancora più di 6 milioni prendono il volo per la Svizzera. Un mare di soldi che si muovono, però, senza una corrispondenza tra le somme scritte nei contratti ufficiali depositati dalla Flat Point in banca e i bonifici. Gli importi appaiono molto elevati rispetto a quanto vi è di ufficiale. Nel bilancio della Flat Point i 29 acri di terreno su cui sorge lo sviluppo immobiliare sono stati iscritti per un valore di 2,7 milioni di dollari caraibici (poco più di 700mila euro), così come attestato dalla perizia del 2004 di Oliver F.G. Davis, un esperto immobiliare. Molto meno di quanto versato dai conti del premier. Berlusconi da solo muove oltre 20 milioni di euro e dai registri risulta aver acquistato solo 4 acri di terreno.

DOVE VA QUEL DENARO? – A questo punto la storia si fa grossa. I soldi passano attraverso Banca Arner e nessuno fa una piega, segnalando i movimenti all’antiriclaggio come impongono le norme. E Silvio rimedia il suo villone, mentre la speculazione edilizia della zona continua imperterrita. Una villa bellissima, quella di Silvio, e anche ben frequentata. Come vicino di casa ha l’ex calciatorie del Milan Andriy Shevchenko. Poco più in là sorge quella di Lester Bird, l’ex primo ministro di Antigua, in carica fino al 2004, citato l’anno successivo in una causa legale per aver svenduto dei terreni dello Stato a dei gruppi privati. Al suo successore, Baldwin Spencer, Berlusconi aveva promesso di impegnarsi personalmente per aiutare la piccola isola caraibica a ridurre il debito internazionale. Missione compiuta.

http://www.giornalettismo.com/archives/88784/silvio-banca-arner-quegli-affari/



Chi c'è dietro quella banca? Il forziere di famiglia del Cavaliere



Gli intrecci della Banca Arner. Di Berlusconi il "conto numero 1". Tra i clienti Doris e i Previti. Nella sede milanese anche i conti delle holding che fanno capo ai figli Marina e Piersilvio. L'istituto è sotto inchiesta per riciclaggio, e Bankitalia ne certifica l'opacità

di GIUSEPPE D'AVANZO

Lo spin è il movimento rotatorio, l'avvitamento o l'effetto ricurvo di un palla da gioco. Lo spinning è la procedura con cui il politico previene o contrasta la diffusione di informazioni imbarazzanti, è la tecnica che plasma le mezze verità per costruire storie, finzioni opportunamente orientate. Le procedure diversive sono tipiche dello spinning.

Se sei in imbarazzo su una questione, afferrane un'altra. Se non ce l'hai sotto mano, creala, inventala e parla di quello. Spiega chi studia e analizza i discorsi politici: "L'atteggiamento sensato di fronte alla strategia diversiva consiste nel riportare l'attenzione sulla questione principale: quali sono le domande a cui non è stata data risposta? Qual è la risposta e perché non viene fornita? Contro la diversione sistematica c'è un solo strumento: l'iterazione, il riportare insistentemente l'attenzione sul punto principale, sui contenuti in discussione, e sul vero e sul falso che lo riguarda" (Franca D'Agostini, Verità avvelenata, Bollati Boringhieri).

Sono utili queste definizioni per comprendere l'iniziativa di Nicolò Ghedini contro Report e apprezzare il lavoro iterativo di Milena Gabanelli perché non è la prima volta che Report affronta le opacità della banca Arner e il suo intreccio con gli affari, i soldi e gli uomini di Silvio Berlusconi. Se l'avvocato del Capo chiede un intervento contro una trasmissione Rai si finirà per parlare di Potere e di Rai e non di quel che ha rivelato l'inchiesta televisiva. Che al contrario è la questione più importante (l'altra, pur rilevante, ne è soltanto un corollario). Cerchiamo di capire di che cosa si tratta.

Nella sede milanese della banca svizzera Arner la famiglia Berlusconi ha quattro conti correnti per un totale di 60 milioni di euro, di cui uno intestato direttamente al presidente del Consiglio per dieci milioni (è il conto n. 1 della banca) e altri tre per 50 milioni a capo delle holding italiane Seconda, Ottava e Quinta, amministrate dai figli Marina e Piersilvio. Tra i clienti della banca ci sono molti nomi dello stato maggiore del Cavaliere: Ennio Doris, fondatore del gruppo Mediolanum; la famiglia dell'avvocato Cesare Previti, condannato in via definitiva per i casi Imi-Sir e Lodo Mondadori; Salvatore Sciascia, direttore dei servizi fiscali del gruppo Fininvest condannato in via definitiva dalla Cassazione a 2 anni e 6 mesi per la corruzione di alcuni ufficiali della Guardia di Finanza. Alla Arner vengono gestite le società anonime Centocinquantacinque e Karsira Holding, che a cascata controllano due società amministrate dalla famiglia di Giovanni Acampora anche lui condannato per il Lodo Mondadori. Alla Arner vengono gestiti i soldi della Flat Point Development Limited, una immobiliare con proprietari misteriosi che sta costruendo ville ad Antigua per Silvio Berlusconi. Infine, last but non least, la Arner ha avuto tra i suoi fondatori Paolo Del Bue che, nella sentenza che ha condannato David Mills, è definito l'amministratore di società (Century One, Universal One) riconducibili "direttamente a Silvio Berlusconi".

La presenza di Berlusconi, dei figli, degli amministratori del patrimonio personale del Capo, degli amici del cerchio strettissimo - come Previti, Sciascia, Acampora: uomini che si immolano per salvare il Capo - lasciano credere che la Banca Arner sia nel cuore del Cavaliere. Così vicina alla sua attenzione che alcuni arrivano a sussurrare che Arner sia del Cavaliere. La questione merita una domanda diretta: signor presidente, la banca Arner è sua? L'interrogativo che, un anno fa, Milena Gabanelli propone al premier è però un altro. Report, nel novembre del 2009, dà conto delle opacità della Arner e illustra per quali ragioni e circostanze la banca vicina a Berlusconi è sotto il torchio dagli ispettori della vigilanza della Banca d'Italia che vi rintracciano "gravi irregolarità a causa delle carenze e delle violazioni in materia di contrasto del riciclaggio".

L'inchiesta di Report in quell'occasione si chiude con un appello, diciamo così. Milena Gabanelli si chiede "se non sarebbe opportuno, per il premier, prendere i suoi 60 milioni di euro, spostarli dalla banca Arner e depositarli in un'altra banca italiana un po' più trasparente". L'appello cade nel vuoto. E la Gabanelli ora ci ritorna su. Questa volta scopre che il 20 settembre 2007 Berlusconi ha comprato quattro acri di terra da una società di Antigua, la Flat Point Development, impegnata a costruire sull'isola caraibica ville e villoni su un'area di 160 ettari. Report spiega che di questa Flat non si conoscono i proprietari effettivi. Sono protetti da un sistema di scatole cinesi che sfocia a Curacao, Antille olandesi, e da un rosario di prestanomi e fiduciari con nomi italiani. Legittimo quindi, anche in questa occasione, la seconda domanda che Milena Gabanelli pone a Silvio Berlusconi: "I 22 milioni di euro portati dal nostro premier ad Antigua corrispondono al reale valore di mercato di ciò che ha acquistato? E a chi li ha versati e chi è il proprietario di mezza isola? Un imprenditore catanese? Lui medesimo? Un'opacità che il presidente del Consiglio avrebbe il dovere di dissipare".

Siamo allora al nocciolo della questione. Anche in questo caso, lo si può riassumere con qualche domanda. Chi è il proprietario effettivo della Banca Arner? E' di Silvio Berlusconi? Se non lo è, il Cavaliere ne conosce l'identità? Se Silvio Berlusconi è soltanto uno dei correntisti - anche se il numero 1 - quali sono i motivi che lo spingono a utilizzare un istituto di credito di pessima reputazione, sotto inchiesta per riciclaggio, cosi oscuro da convincere Bankitalia a sostenere "l'impossibilità di accertare i beneficiari economici di alcune società che hanno il conto alla Arner Italia" e, fra queste, la Flat Point Development Limited di Antigua? A chi Berlusconi ha versato il denaro per acquistare i terreni di Antigua? Conosce i proprietari della Flat Point di cui i pubblici ministeri di Milano segnalano "l'assoluta opacità dell'effettivo beneficiario" e rilevano le "causali poco verosimili" di "trasferimenti di somme all'estero" tra Flat Point, la filiale italiana di Arner Bank (che ha due dirigenti indagati per riciclaggio) e poi la Arner svizzera? Può Berlusconi smentire pubblicamente che la Flat Point Development Limited sia una sua proprietà? Ecco queste sono le questioni imbarazzanti che hanno convinto Ghedini a giocare una palla ad effetto per parlar d'altro.


http://www.repubblica.it/cronaca/2010/10/18/news/quella_villa_d_avanzo-8169812/