Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 5 novembre 2010
Un paese sotto scacco.
AMBIENTE, SMALTIMENTO RIFIUTI / No ai termovalorizzatori nel Lazio
Queste sottilissime polveri, anche a molti chilometri di distanza, finiscono per essere inalate dai mammiferi, uomo compreso. Una volta inalate in una decina di secondi attraversano gli alveoli dei polmoni o l’apparato digerente ed entrano in circolo nel sangue. Le conseguenze non sono immediate, ma attraverso l'accumulo di mesi ed anni possono ingenerare patologie anche gravi come una malattia conosciuta con il nome di trombo embolia polmonare che è la terza causa di morte al mondo. Uno studio svedese di alcuni anni fa riporta che il 13,6% di morti sono dovute proprio al trombo embolia polmonare.
Restando in tema di termovalorizzatori si dice spesso che le ultime generazioni di questi inceneritori annullano completamente le diossine. Non è vero! Le diossine si formano in quantità rilevanti fra i 450-800°C. Pertanto si dice che il problema emissione diossina si può eliminare innalzando la temperatura del processo di combustione fino ai 1100°C. - "In realtà il problema non è stato risolto"-, spiega il prof. Stefano Montanari, esperto nel settore, -" non tutto l’inceneritore funziona a questa temperatura, solo una parte. Quando il fumo che si genera si allontana dalla fonte di alta temperatura inevitabilmente entra nella frazione di 800-500°C. Risultato: le diossine si formano nello stesso modo. In più a temperatura di 1100°C si formano particelle molto più piccole per cui più aggressive. Queste polveri sottili hanno la particolarità di non essere biodegradabili cioè rimangono per sempre. Una volta che le produco continuano sono ad accumularsi. Per cui l’unica possibilità è non produrle".
Qual'é allora la soluzione a questo problema? Oltre alla differenziazione ne esiste un'altra che si chiame dissociazione molecolare. E' una tecnologia di smaltimento rifiuti che non produce impatto ambientale, ne fumi dannosi alla salute e che in più fornisce tanta di quella energia elettrica e calorica da far diventare gli stessi rifiuti una valida alternativa ai combustibili fossili. Le basse temperature del reattore chimico consentono la rottura dei legami molecolari e l'ossidazione dei materiali di diversa natura (solidi, liquidi, gassosi, fanghi). I metalli sono recuperati dopo il trattamento e avviati alla filiera del riciclaggio. Inoltre, lavorando a basse temperature i rifiuti, circa 400 C°, si evita la formazione delle diossine nei fumi. L'emissione di polveri è nettamente inferiore rispetto ai tradizionali inceneritori che lavorano con temperature di circa 1200 C°.
Gli altri inquinanti, come i composti di zolfo, il monossido di carbonio e gli ossidi di azoto hanno infine valori dimezzati. L'energia prodotta dagli impianti può essere recuperata sotto forma di gas sintetico (syngas) con rendimenti superiori a quello di un normale impianto di incenerimento ad alta temperatura. Una caratteristica di questi impianti è che non hanno le ciminiere, ma solo un paio di grossi tubi di scarico preceduti da un apparato catalitico come è per le automobili.
Gli impianti di smaltimento basati sulla dissociazione molecolare possono essere realizzabili anche su bassa scala. Questo favorisce la loro presenza capillare sul territorio e riduce il trasporto dei rifiuti solidi urbani per lunghe distanze, come oggi avviene nel caso dei megainceneritori o delle megadiscariche.
La tecnologia sembra avere le carte in regola per accattivarsi la simpatia dei molti comitati locali di cittadini nelle vicinanze di una discarica o di un inceneritore. Sarebbe una valida soluzione non solo per la Campania, ma per tutto il nostro Paese.
In Italia è stato realizzato il primo impianto sperimentale, a Peccioli in Toscana. Questo impianto oltre a risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti di Peccioli, sta lentamente eliminando una vecchia discarica di Firenze. La realizzazione di un impianto che soddisfi 100.000 abitanti si può realizzare in un solo anno. Oltre a ciò questo impianto è in grado di mettere in rete tanta di quella energia elettrica da illuminare un paese di 8.000 persone.
Impianto di dissociazione molecolare di Peccioli
Due anni fa l'amministrazione provinciale di Viterbo si interessò a questa tecnologia di smaltimento rifiuti, ne fu addirittura entusiasta al punto da organizzare uno stage per farla conoscere. -"Tempo perso inutilmente!"- è il commento dei dirigenti di Accademia Kronos -" Tempo perso se ora si torna a parlare di termovalorizzatori! Ci troviamo ancora nel paradosso tutto italiano: mentre a livello europeo ci si orienta su tecnologie sostitutive dei megaimpianti di incenerimento rifiuti, come appunto i dissociatori molecolari, da noi si punta su tecnologie del passato, tecnologie che impattano con l'ambiente e con la salute umana. E tutto questo a beneficio di chi? "- La nota inviata alla Regione conclude invitando la Giunta a rivedere le proprie decisioni in merito e ad aprirsi alle nuove tecnologie come, appunto la dissociazione molecolare".
Filippo Mariani
mercoledì 3 novembre 2010
Lo sfogo della scorta: basta, non siamo Carabinieri per fare la guardia alle escort del premier. - di Gianni Barbacetto.
“LE FESTE ad Arcore si tengono nei giorni del fine settimana, dal venerdì al lunedì. Molte sono proprio di lunedì. Nell’estate si moltiplicano. Noi accompagniamo le personalità fino alla villa e poi aspettiamo fuori. Vediamo un giro di ragazze pazzesco. Arrivano con vari mezzi. Moltissimi Ncc, le auto a noleggio con conducente. Alcuni pulmini, di quelli da 10-15 posti. Una volta abbiamo visto alcune ragazze scendere da due fuoristrada di quelli massicci. Alcune ragazze le porta direttamente Emilio Fede nella sua auto, altre scendono dalla macchina di Lele Mora con targa del Canton Ticino”.
“L’estate scorsa abbiamo visto molte feste alla villa di Arcore. Altre volte abbiamo accompagnato le nostre personalità in ristoranti di Milano, come ‘da Giannino’, in via Vittor Pisani, zona stazione Centrale. O in una casa privata di zona Venezia. Che ne sappiamo noi di che cosa succede là dentro? Ce li immaginiamo, magari fanno uso di droghe o infrangono la legge e ridono di noi, dicendo: noi siamo qua al sicuro, abbiamo anche i carabinieri che ci proteggono. E che gente c’è a quelle feste? Noi per arruolarci nell’Arma dobbiamo dimostrare di essere puliti per due generazioni, i nostri padri e i nostri nonni, e finiamo a far la guardia a gente che magari pulita non è”.
“Sì, la scorsa estate ad Arcore c’era un gran via vai. Ruby? No, non me la ricordo, ma sa, sono tante, tutte uguali, tutte giovani... Abbiamo riconosciuto una giornalista. E Flo, quella che ha partecipato alla ‘Pupa e il secchione’. Poi una bionda che era stata al Grande Fratello... Molte si capisce che sono straniere, tante hanno la cadenza napoletana. Poi alcune escono a fine festa, altre si fermano lì per la notte, ma è difficile tenere la contabilità, c’è un tale via vai...”.
“CI È CAPITATO di fare missioni all’estero e di incontrare colleghi stranieri che fanno il nostro stesso lavoro: ci sfottono per questa storia delle feste, delle ragazze. Ma è mai possibile che dobbiamo vergognarci, noi che vorremmo lavorare per le istituzioni e difendere lo Stato? Abbiamo orari massacranti, turni di otto ore al giorno che spesso diventano dodici. Facciamo anche 120 ore di straordinario, ma ce ne pagano al massimo trenta, a 6 euro e mezzo all’ora, più un buono pasto da 7 euro. Va bene, non ci lamentiamo, è il nostro lavoro. Ma lo vorremmo fare per lo Stato, non per questa vergogna. Vorremmo proteggere le personalità delle istituzioni, non gente che ci fa vergognare davanti al mondo”.
“Comunque non ci lamentiamo del nostro stipendio. Solo ci chiediamo se è giusto che una ragazza giovane e carina senz’altra esperienza politica prenda 15 mila euro al mese, perché è stata fatta diventare consigliere regionale. Il presidente? Con noi è gentile. Qualche volta è venuto a salutarci, a raccontaci qualche barzelletta. Una volta ci ha fatto, ammiccando, una battuta: ‘Eh, beati voi che adesso andate a casa a dormire, a me invece tocca trombare’. Un’altra volta ci ha portato qualche ragazza e ce l’ha presentata. Una notte ci ha mandato una ragazza che ci ha fatto la danza del ventre...”.
“A fine serata riportiamo le personalità a casa. Vediamo alcune ragazze uscire e tornare verso Milano, altre restano nella villa per la notte. Capita che dobbiamo scortare personalità che fanno il giro a riaccompagnare le ragazze nei residence milanesi, alla Torre Velasca o in corso Italia. L’ultima magari se la portano a casa. E noi dobbiamo accompagnare la nostra personalità fino alla porta dell’appartamento: è imbarazzante salire in ascensore con un signore anziano e una ragazzina. Pensiamo alle nostre figlie e diciamo che non ci piace questo mondo. Sarà moralismo, ma non ci piace”.
Da: il Fatto Quotidiano del 2 novembre 2010.
Caso Ruby, decisive le intercettazioni. E adesso B. le vuole cancellare definitivamente. - di Davide Milosa
Le telefonate non potranno essere usate come prova mé dall'accusa né dalla difesa. Questo il progetto del Cavaliere per arginare la frana che sta travolgendo il suo governo
E allora, eccolo, ospite all’inaugurazione della fiera milanese sul Ciclo e Motociclo, sciorinare un proposito dopo l’altro. Via libera a brogliacci e tabulati telefonici solo per terrorismo, criminalità organizzata, pedofilia e omicidio. Niente droga, naturalmente. E naturalmente, nisba prostituzione. Ci mancherebbe. Un caso? Mica tanto. Sono proprio le intercettazioni il piatto forte dell’ultimo pasticcio che dalla Questura rimbalza in procura, dove l’affaire Ruby s’impasta con una corposa inchiesta su un giro di escort.
Inchiesta vecchia maniera, si dice. Che parte da informatori, scende in strada con servizi di appostamento e trova conferma in sala d’ascolto. I telefoni subito scottano. Nessuno pensa a essere intercettato. E quindi si parla. Si commenta. Una frase dopo l’altra, una battuta dopo l’altra. Il quadro si compone. Gli investigatori annotano. Compilano informative. Inviano carte in procura. Ecco come si forma il reato. Che da giorni suona così: favoreggiamento alla prostuzione. Sul registro degli indagati ci finiscono Lele Mora, Emilio Fede, e la consigliera regionale Nicole Minetti. Tutti fedelissimi di B. Che ora inizia ad aver paura. Lui, per adesso, resta fuori da ipotesi d’accusa. Ma poco importa. Altre, e forse molto più gravi, sono le sue responsabilità
Imprudenze smascherate proprio dalle intercettazioni. Quegli stessi brogliacci che hanno dato vita alle ultime inchieste su mafia e corruzione in Italia e in Lombardia. E che rimbobamo da tempo sui giornali. Già, perché, da sempre, si inizia a intercettare non per il reato di associazione mafiosa, ma magari, appunto, per traffico di droga o guarda caso per prostituzione o ancora più banalmente per reati finanziari come fatturazioni false e simili.
Ma il Cavaliere non si ferma. Indossa la maschera più seria che conosce e inzia a menar colpi. Sotto ancora con le intercettazioni. Che, dice B., non potranno essere usate come prova né dall’accusa né dalla difesa. Allora perché intercettare? Giusto. Ma con una nota a margine. Per il premier le intercettazioni possono valere ma solo se preventive. Arte in cui sono maestri i servizi segreti. Gli stessi che in ultimo devono rendere conto a chi? Ma sì proprio a lui, Silvio Berlusconi.
Controllo totale, dunque. E bavaglio collettivo. All’indice, manco a farlo apposto, i giornalisti. Per i quali, il Cavaliere immagina un fermo da 3 a 30 giorni da parte del loro quotidiano se solo si azzardano a rendere noto ai cittadini il contenuto delle telefonate. Se fosse così, tutti i pazienti passati per le mani del macellaio Pier Paolo Brega Massone, chirugo della clinica Santa Rita, mai avrebbero saputo il perché di quelle operazioni folli e improvvise, di quei tumori che nascevano senza preavviso, di quei malanni che nonostante la sala operatoria proseguivano. Nel frattempo lui raccontava: “Io pescavo dappertutto, da Lodi, dove tiravo fuori le mammelle, poi ho cominciato a pescare anche i polmoni… dall’Oltre Po pavese, da Pavia, da Milano”. Parole che incastrano e derubricano il tutto a una condanna per 15 anni. Eppure, il Cavaliere palleggia parole in serenità. Dice e conclude: “I giornali vi imbrogliano”.
martedì 2 novembre 2010
Pressioni, abusi e bugie: rischia anche il premier. - di Antonella Mascali
La telefonata e l'inchiesta della procura. Ieri sotto torchio l'ex questore di Milano Vincenzo Indolfi
Il 27 maggio, Ruby era stata portata in questura da una pattuglia del commissariato Monforte, dopo una segnalazione di Caterina P., una cubista che pochi giorni prima aveva ospitato la ragazza per una notte: “Se n’è andata portandomi via 3 mila euro e alcuni gioielli”, sostiene. Berlusconi viene avvertito del fermo o dalla stessa Ruby o dalla escort presso cui abitava, la brasiliana Michelle. E interviene: chiedendo di rilasciare la ragazza, di non mandarla in comunità, ma di consegnarla a una sua delegata. È Nicole Minetti, la ballerina di seconda fila a Colorado Cafè e a Scorie, diventata rapidamente igienista dentale del presidente del Consiglio e ancor più rapidamente consigliera regionale del Pdl in Lombardia, nel listino del governatore Roberto Formigoni.
I funzionari della questura obbediscono al Cavaliere, malgrado le disposizioni del magistrato di turno della Procura dei minori, Annamaria Fiorillo, che aveva raccomandato di mandarla in comunità subito o il giorno successivo, trattenendola intanto in questura. Il prefetto Indolfi rischia. Con lui, i funzionari che hanno deciso di lasciar andare Ruby. E Nicole Minetti che si è impegnata ad accudire la ragazza ma non lo ha fatto. Rischia, infine, anche Berlusconi. Infatti l’articolo 495del Codice penale punisce con una pena fino a tre anni chi faccia una dichiarazione falsa in un atto pubblico. L’articolo successivo, il 496, punisce fino a un anno chi dia false dichiarazioni sull’identità di una persona. E il premier quella notte disse al capo di gabinetto della questura,Pietro Ostuni, che gli avevano segnalato Ruby (cioè la marocchina Karima El Mahroug, da ieri maggiorenne) come nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak. Se si sfoglia il codice penale sono diversi i reati che in astratto potrebbero essere contestati al presidente del Consiglio, che è anche pubblico ufficiale. Dall’articolo 48 che regola i casi di “induzione all’errore con l’altrui inganno”, proprio per la balla alla polizia sulla parentela della minorenne con Mubarak, all’articolo323 sull’abuso d’ufficio. In questo caso si potrebbe trattare di “abuso produttivo di un danno ingiusto idoneo a ledere l’interesse della Pubblica amministrazione”. Pena da sei mesi a tre anni. C’è anche l’articolo 374 bis: “False dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria” relative a un “imputato, al condannato o alla persona sottoposta a procedimento di prevenzione”. Pena prevista da due a sei anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di un pubblico servizio o da un esercente la professione sanitaria.
Anche Minetti, indagata per favoreggiamento della prostituzione assieme a Lele Mora ed Emilio Fede, potrebbe rischiare un’altra accusa, cioè l’abbandono di minore, essendosi disinteressata del destino di Ruby, subito dopo averla prelevata dalla questura. L’articolo 591 del codice penale prevede pene da sei mesi a cinque anni per chiunque abbandoni una persona “della quale abbia la custodia o debba avere cura”. Se l’inchiesta della Procura di Milano dovesse confermare che il pm Fiorillo non aveva autorizzato l’affidamento di Ruby a Minetti, l’accusa di abbandono di minore potrebbe scattare anche per i funzionari di polizia che hanno lasciato andare la ragazza con chi – secondo una delle telefonate di Berlusconi – si sarebbe presa volentieri cura di lei ma che, invece, l’ha abbandonata per strada.
“Stupidità”, “abuso di potere”, “casini” Da Libero e il Giornale rasoiate e ironia su B. - di Simone Ceriotti
Gli schiaffi più forti arrivano da Libero, con Filippo Facci che, nella sua rubrica in prima pagina, non usa giri di parole: “Non si può campare pensando sempre che gli altri sono peggio, che i giudici sono comunisti e che Fini è un traditore: anche se ci fosse del vero in tutto quanto. Non si può passar la vita a difendere il privato di Berlusconi se poi Berlusconi non fa niente per difendere dal suo privato noi”. L’opinionista di Libero non si limita a prendere le distanze dal premier sull’ormai famosa notte del 27 maggio (“Se di notte il premier non telefona a Obama ma a Nicole Minetti, e se la liberazione di una cubista marocchina è divenuta la missione più rilevante della nostra politica estera, la colpa non è mia”), ma tira in ballo con un’ironia velenosa anche l’assenza di dirigenti di peso nel Pdl: “Se dietro Berlusconi non c’è un partito ma c’è solo lui, oltre a una serie di soldatini imbarazzanti, la colpa forse è addirittura sua”. Stupisce anche il tono tutt’altro che accomodante con cui il direttore Maurizio Belpietro tenta la difesa d’ufficio del premier, sostenendo la tesi che “il reato di abuso di ufficio non esiste nel codice penale del nostro Paese”, quindi Berlusconi non è perseguibile (“Esisteva fino a qualche anno fa l’abuso d’ufficio”, continua Belpietro, “ma per fare un piacere a Prodi è stato modificato”). La sostanza politica dell’articolo è, però, ben chiara. E durissima nelle parole scelte: “La stupidità sconcertante – scrive Belpietro – con cui, la sera del 27 maggio, il presidente del Consiglio si è infilato nel pasticcio di Ruby, è una questione che peserà sulla sua immagine e sul suo consenso”. Non è abbastanza chiaro? Ecco un passaggio ancora più diretto: “Per come la vediamo noi, a differenza delle volte scorse, il Cavaliere è messo male e rischia davvero di lasciarci le penne”.
Se Libero usa parole pesanti, allineandosi nell’analisi ai tanto odiati quotidiani “di sinistra”, il Giornale di via Negri non è da meno. E affronta il problema, pur sempre in chiave difensiva, ma senza risparmiare critiche. Sotto al titolo “Un’altra escort, che barba”, il foglio diretto da Alessandro Sallusti pubblica un doppio editoriale: “Le mi perplessità sul premier” di Marcello Veneziani e “Le mie perplessità sugli altri” di Vittorio Feltri. Nel primo, l’intelletturale di destra si interroga: “Ma si può far cadere un governo sul bunga bunga?” La risposta è sostanzialmente no, ma il commento sulla condotta di Berlusconi è comunque durissimo: “E’ brutto che un presidente del Consiglio frequenti una ragazza di 17 anni e che la frequenti magari negli stessi luoghi in cui incontra leader politici e uomini di Stato”. Non è tutto, perché Veneziani attacca il premier proprio sulle parole usate nell’autodifesa: “Non si può chiamare aiuto umanitario il sostegno a un’escort alle prese con la polizia. Questo è anche un abuso di potere”. E ancora: “Avremmo voluto un profilo più rigoroso, uno stile di vita più sobrio ed un senso dello Stato, della Nazione e una sensibilità storica e culturale che non vediamo”. Di tutt’altro tenore l’articolo di Vittorio Feltri, che se la prende con i perbenisti e con gli “argomenti da Inquisizione” usati dall’opposizione, ma chiude con un avvertimento: “D’accordo che la sinistra specula. D’accordo che vi è un palese accanimento giudiziario contro di lui, ma il Cavaliere si dia una calmata. Non si può andare avanti così, che barba”. Ancora più esplicita la chiusura di Feltri: “Berlusconi si persuada: le idee correnti sono pericolose perché vengono dal popolo, e lui è solo al popolo che deve i voti. In politica occorre adattarsi al sentimento comune, anche se non lo si condivide”.
Previsioni catastrofiche per il governo anche da parte de Il Tempo, quotidiano romano che esprime posizioni vicinissime alla maggioranza. Il direttore Mario Sechi sceglie il titolo “Sta per arrivare il botto”. E traccia una road map in sette punti che parte con “Silvio Berlusconi che sarà indagato alla procura di Milano per la vicenda della telefonata in questura” e, passando per Fli e la Lega che spingono verso la crisi, arriva a Napolitano che apre un giro di consultazioni con tutte le forze politiche. “Ordinate i popcorn e state incollati alla poltrona, nel Palazzo sta per saltare tutto”.
Polvere di stalle - di Gianni Barbacetto
Un'altra Ruby racconta: "Droga a Villa Certosa". Il caimano scivola sempre più nella melma
I racconti delle due giovani – la cubista sentita a Palermo e Ruby, che ieri ha compiuto diciott’anni – si confermano in molti punti. Entrambe descrivono le cene, i riti sessuali, i tuffi in piscina. In più, la cubista aggiunge il particolare delle droghe leggere che giravano tra le ragazze. Un particolare inedito, che contraddice altre dichiarazioni di ragazze presenti alle feste, le quali descrivono invece ai giornalisti un Berlusconi molto attento a non far entrare droghe nelle sue residenze.
Adesso toccherà a Ilda Boccassini, procuratore aggiunto a Milano, gestire insieme al pmAntonio Sangermano anche i materiali investigativi arrivati dalla Sicilia. L’indagine milanese era decollata l’estate scorsa, dopo alcuni mesi di un’inchiesta sottotraccia su un giro di prostituzione d’alto bordo. Gli investigatori si erano già imbattuti in una certa Karima El Mahroug (il vero nome di Ruby) e stavano cercando di decifrare il ruolo di Lele Mora e di Nicole Minetti, la ballerina di“Colorado Cafè” che si è rapidamente trasformata in igienista dentale del presidente del Consiglio e ancor più rapidamente in consigliera regionale della Lombardia.
Nel luglio 2010, gli investigatori si concentrano su un fatto successo due mesi prima, quando Ruby era stata fermata con un’accusa di furto e portata in questura a Milano. È la ormai famosa notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, quando la ragazza viene affidata – dopo due telefonate di Berlusconi e contro la disposizione del magistrato dei minori – proprio a Nicole Minetti e alla escort brasiliana Michelle, che ospita Ruby nel suo appartamento milanese sui Navigli. Michelle ha dichiarato al Corriere della sera di essere stata lei ad avvertire Berlusconi del fermo di Ruby, sostenendo di aver avuto da anni in agenda il numero privato del presidente del Consiglio, da usare in caso di “emergenze”.
Poi Ruby, minorenne, è stata più volte sentita dal procuratore aggiunto di Milano Pietro Forno. Intanto, Berlusconi veniva informato in diretta delle mosse della procura di Milano e faceva avviare le contromosse per tentare di disinnescare le indagini. Il caso ha voluto che dall’altro capo d’Italia, in Sicilia, i magistrati palermitani Teresa Principato, Geri Ferrara e Marcello Violas’imbattessero in un traffico di droga in cui era coinvolta una trentenne di Parma, Perla Genovesi, attivista di Forza Italia e assistente parlamentare di un senatore Pdl della Lombardia,Enrico Pianetta. Perla è in contatto con un boss di Cosa nostra della provincia di Trapani, Paolo Messina, considerato uno di coloro che proteggono la latitanza del superboss Matteo Messina Denaro. La donna ha rapporti anche con Vito Faugiana, di Castelvetrano, militante del Nuovo Psi. Messina commercia droga. Faugiana si occupa di gestire la clientela che acquista la coca.
Perla fa il corriere: trasporta droga dalla Spagna all’Italia e la distribuisce in Sicilia, in Emilia-Romagna, in Lombardia. Alle elezioni regionali del 2005, con Vito Faugiana tenta l’avventura politica, presentando il Nuovo Psi in Emilia e finanziando la campagna elettorale con i soldi del traffico di droga. Dalle urne esce un flop, ma Perla diventa assistente del senatore Pianetta. È in contatto con il deputato Ignazio La Russa, con la coordinatrice Pdl dell’Emilia-Romagna Isabella Bertolini, con Sandro Bondi. Chiama anche villa San Martino, la residenza di Arcore di Silvio Berlusconi.
Nel 2007 cominciano i guai. Viene fermata a un posto di blocco in compagnia di Faugiana e gli agenti le trovano della cocaina in macchina. Evita l’arresto soltanto perché è incinta. Non lo eviterà però tre anni dopo, quando nel luglio 2010 viene condotta in carcere. A questo punto decide di parlare. E racconta, oltre a quel che sa dei traffici di droga, anche dei festini targati Pdl. Un giro di “banchetti orgiastici” a base di sesso e droga, organizzati da Paolo Messina nelle ville di esponenti del Popolo della libertà nella Sicilia occidentale. Ma accenna anche a feste simili che avvengono al Nord.
Dice di aver presentato una sua amica, una cubista ventenne, a Renato Brunetta, parlamentare Pdl che in seguito diventa ministro della Funzione pubblica. Perla riferisce che la ragazza le ha poi raccontato di essersi inserita nel giro grande, quello delle feste di Berlusconi, di aver partecipato a party notturni nelle sue residenze a Roma, a Milano e in Costa Smeralda. “Sono entrata nel giro delle feste del presidente”, le avrebbe confidato la ragazza.
Brunetta, raggiunto al telefono dal Fatto quotidiano, spiega di aver visto la ragazza una volta sola, durante un convegno a Roma, e di averle fornito consigli legali. “Mi è stata presentata da Perla Genovese e, disperata, mi ha chiesto consigli perché aveva paura che le togliessero il figlio. Le ho suggerito i nomi di alcuni avvocati che potevano aiutarla e poi non ho rivisto più né lei né la Genovese”.
In seguito la ventenne ha confermato le dichiarazioni della Genovese e ha raccontato le feste del premier a cui ha partecipato. Ha descritto particolari che combaciano con quelli di Ruby e, in più, ha aggiunto la presenza della droga leggera a disposizione delle ospiti, per prepararsi alla gran serata.
Adesso le dichiarazioni di Perla e quelle, ancor più scottanti, della ventenne cubista, arriveranno sul tavolo di Ilda Boccassini, ad appesantire i fascicoli che coinvolgono Lele Mora, già in passato descritto come manager con un entourage non privo di relazioni pericolose con ambienti della criminalità organizzata. La diciottenne Ruby, nei primi giorni della sua maggiore età, ne vedrà delle belle.