

Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
Curiosamente, né la rassegna stampa del governo né quella della Camera hanno ritenuto che valesse la pena di mettere on line questo pezzo di Luigi Ferrarella sul Corriere di oggi, preferendogli il berlusconiano Ostellino.
E’ un peccato, perché la lucidità di Luigi è straordinaria. Ve ne consiglio la lettura e, se lo credete, la diffusione.
Luigi Ferrarella dal Corriere della Sera, 12 febbraio 2011
Non è facile, guardando alla salute delle istituzioni scosse dall’inchiesta Berlusconi-Ruby, capire se la minaccino di più le bugie, che almeno con la verità hanno un rapporto (seppure rovesciato), o le affermazioni del tutto indifferenti alla verità.
I 315 deputati che in una deliberazione ufficiale hanno attestato «evidente» il fatto che nel telefonare di notte alla Questura di Milano «il presidente del Consiglio abbia voluto tutelare il prestigio e le relazioni internazionali dell’Italia, giacché presso la medesima Questura era detenuta, a quanto poteva legittimamente risultargli, la nipote di un Capo di Stato estero» , hanno ridotto la credibilità istituzionale della Camera sotto i tacchi persino dell’autoconfezionata trasmissione tv nella quale Ruby stessa aveva riso della storiella di lei nipote di Mubarak.
Il ministro degli Esteri annuncia che il premier potrebbe ricorrere alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo contro l’asserita violazione della sua privacy, e subito trova il ministro della Giustizia, tra un consiglio di guerra e l’altro con il presidente del Consiglio e i suoi avvocati-parlamentari, a garantire che «il ministro degli Esteri parla sempre ponderando le parole, e quindi se lo ha detto c’è da crederci» : sicché un trascurabile dettaglio, e cioè la regola (derogata solo in caso di non praticabilità o non effettività dei mezzi di ricorso nazionali) per cui a Strasburgo un cittadino può rivolgersi solo quando abbia prima esaurito tutti i rimedi previsti dall’ordinamento del suo Paese, lascia l’incertezza tra la colposa incompetenza o la dolosa consapevolezza di due ministri di questa rilevanza.
Il ministro del Welfare, tra i tanti nei talk show, denuncia Berlusconi vittima di «117.000 intercettazioni», senza tema del ridicolo di un numero pari a quello di tutte le intercettazioni di tutte le inchieste di tutta Italia di tutto un anno al costo di circa 180 milioni di euro, a fronte invece di intercettazioni che in questa indagine hanno ascoltato a tratti un centinaio di utenze di una trentina di persone al costo di 26.000 euro.
Il ministro dell’Interno, che più volte aveva garantito la regolarità dell’affidamento di Ruby dalla polizia alla consigliere regionale pdl inviata dal premier, non si è più sentito da quando è emerso che Ruby in realtà finì proprio alla prostituta brasiliana sulla quale il pm minorile aveva posto il veto; così come non sembra aver nulla da dire sul fatto che il questore dia per scontato che il premier gli possa «raccontare una balla» , o che il prefetto ritenga la cosa più normale del mondo accogliere la raccomandazione di una delle vivaci ospiti notturne di Arcore da parte di un premier a conoscenza che mesi prima il convivente della ragazza fosse stato arrestato con 12 chili di cocaina.
L’escalation delle reazioni del capo del governo è direttamente proporzionale alla (per lui) inedita impotenza legislativa rispetto al rischio, appeso ormai solo alla imminente decisione del gip, di un processo per concussione e prostituzione minorile in aula già da aprile: le norme sul «processo breve» non lo neutralizzerebbero, acrobatici decreti anti-intercettazioni non ne azzererebbero le prove, la reintroduzione dell’immunità (come pure altre riforme in chiave punitiva delle toghe) richiedono troppo tempo, i precedenti della Cassazione fanno escludere che persino la presa sul serio della storiella della nipote di Mubarak possa rendere reato ministeriale la concussione: e non sospenderebbe il processo anche un conflitto di attribuzione davanti alla Consulta, sollevato in un mega conflitto di interessi da Palazzo Chigi contro il Tribunale su un processo proprio dell’imputato inquilino di Palazzo Chigi. Tutto inutile al premier. Ma tutto costosissimo per le istituzioni.
Senza saperlo, e seppure in tutt’altro modo, in fondo ha proprio ragione Berlusconi: andrebbero preservate «le vite degli altri» . Di tutti quegli altri italiani che, anche nel dopo-Berlusconi, avranno ancora bisogno di istituzioni credibili e salde, non delle macerie di quelle bombardate ogni giorno che passa.
http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2011/02/12/le-verita-rovesciate-del-caso-ruby/


Stanno salvando l’Italia, ora mentre scriviamo, e stanno preparando il dopoberlusconi. Dove? A Milano. Chi? i congressisti del nuovo partito di Fini, i “futuristi”. A loro l’Italia perbene, giornalisti e politici, si affida. Il capo, proprio a Milano, o almeno il portavoce, era quella Tiziana Maiolo che, dopo brillanti e varie carriere “di sinistra”, alla fine è approdata ai berlusconiani; e da questi ai finiani, sempre rispettatissima e riverita. E’ quella che l’altro giorno, di fronte alla morte atroce di quattro zingarelli: “Più facile educare dei cani – ha commentato – che degli zingari bambini”.
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Si chiamavano Raul, Fernando, Patrizia e Sebastian. Erano nella loro baracca, morti bruciati mentre si riparavano dal freddo. Quattro bare a via Appia Nuova. Quattro rom bambini. Attorno alle bare le famiglie. Soli da sempre. Campi zeppi di topi. Oggi come dieci anni fa a Casilino 700, nell’anno del Giubileo, quando era vietato raccontare le stragi dei ragazzini nei ghetti, e quell’anno là ne morirono almeno dieci.
A Roma ci sono più case sfitte che in ogni altra città d’Europa: centomila alloggi, dieci milioni di metri cubi di case vuote, come mille stadi di serie A. Ma per i poveri, per i Rom non c’è posto. Ghetti, tendopoli, miseria e spesso morte. Ma quale giornale, quale politico lo dice? Stiamo perseguitando gli zingari esattamente come ieri perseguitavamo gli ebrei. Ma la “politica”, a quanto sembra, è un’altra cosa.
La “politica” si affida alle Maiolo e ai Renzi, alle soluzioni indolori. ai dopoberlusconi tranquilli, con tutto che resta com’è salvo (forse) Berlusconi. Chi parla più della Fiat? Chi pensa più agli operai? Eppure è stato appena deciso (anche qui, esattamente come sotto il fascismo) che di diritti non ne hanno più, neanche uno. Ma la “politica”, a quanto pare, è un’altra cosa.
Il golpe è questo qua, ed è bilaterale. C’è il golpe di Berlusconi, vecchio imbecille vizioso, che minaccia e ricatta e mobilita i suoi puttani. Ma c’è anche quello di Marchionne e soci, che vogliono fare miliardi sulla pelle dei ragazzi. Nessuno, sotto i trent’anni, sa più come sarà il suo avvenire.
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Sono momenti incredibili, in cui davvero è possibile il cambiamento. Purché sia cambiamento vero – a cominciare dallo spazzare via i mafiosi, che sono il cuore del Sistema – e purché si sia disposti a far sul serio e non solo balletti “politici”. Perché il mondo è cambiato. I vecchi non se ne accorgono, ma i giovani sì. L’Egitto è un paese giovane. E ha vinto, alla faccia di tutti.Ma c’è un’altra politica, quella vera. La politica che ha appena mandato via Mubarak, senza violenza. La politica che non è affatto isolata (che dite, ora, di Obama?) e che sa cogliere le occasioni. “Qua bisogna puntare sui ragazzi di Ammazzateci Tutti” ha detto – secondo Wikileaks – l’uomo di Obama in Calabria. Chi se ne è accorto? Vorrà dire qualcosa, politicamente?
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Sicilia: qua tutto è lento. Ma si muove. Catania: sono bastati pochi giornalisti e cittadini coraggiosi – ma al culmine di una catena lunghissima, lunga trent’anni – per mettere in crisi la camera di compensazione del Sistema locale, a Palazzo di giustizia. Vorrà dire qualcosa, politicamente?
Informazione libera e movimenti, lavorando insieme, possono sperare di vincere, in questa città. E’ già quasi successo una vita, coi Siciliani. Perché non riprovare?
Per l’informazione, in particolare, è arrivato il momento della verità. Il caso Procura di Catania ha fatto da cartina di tornasole: chi si è schierato e chi si è messo da parte, chi ha detto la verità e chi l’ha nascosta. Chi se l’è presa coi funzionari infedeli e chi coi “dossieraggi” che li smascheravano. Adessso, bisogna scegliere. O da una parte o dall’altra.
E’, finito, fra l’altro, l’equivoco di Sudpress, diviso fra l’onesta ingenuità dei giornalisti e le grevi ambizioni dei proprietari. Ora è il momento di riprendere la strada dei Siciliani, tutti insieme. A questo sta servendo, da tre anni in qua, questo nostro giornale, con tutto ciò – e non è poco – che gli vive attorno.
Non siamo, e non vorremmo essere, autosufficienti. Ma abbiamo una storia e delle idee chiarissime e decise, le uniche che nessuno qui potrà mai equivocare. E’ un patrimonio per tutti, per tutta la comunità che ci appartiene: cerchiamo di usarlo bene, con decisione e tutti insieme ed essendone sempre degni.
http://www.gliitaliani.it/2011/02/il-golpe-di-berlusconi-e-quello-di-marchionne/
Al Quirinale il premier alza la voce: "Mi perseguitano". Il capo dello Stato lo gela: "Basta, il giusto processo c'è già". Inutili le raccomandazioni di Letta: B. minaccia nuovi conflitti con i magistrati, tensione al Colle.
Proposta Pdl: un tema a settimana. Nel mirino Annozero e Ballarò (per il no alla telefonata di B.). Lucia Annunziata: "Elezioni vicine, preparano il bavaglio"