martedì 26 aprile 2011

Piccolo grande caso diplomatico Ora anche la Georgia snobba Silvio.




C’è un caso diplomatico, rimasto fino ad ora riservato, che spiega bene, alla vigilia dell’incontro bilaterale di oggi tra Berlusconi e Sarkozy, quale sia il livello di autorevolezza del Cavaliere sul piano internazionale.

Si tratta di un episodio accaduto la scorsa settimana, in occasione della visita in Italia di Nikoloz Gilauri, primo ministro della Repubblica di Georgia.

Certo non un paese del G20, ma non per questo trascurabile vista l’importanza strategica di uno Stato incastonato nella delicatissimo teatro caucasico.

Fu proprio il nostro premier, almeno questo lui dice, ad evitare che le tensioni tra Tiblisi e Mosca sfociassero, nell’estate del 2008, in guerra aperta.

E anche allora si trovò di fronte il presidente francese accanto ai georgiani, secondo uno schema che li vedeva contrapposti alla coppia Berlusconi-Putin.

Sulla base di quegli accadimenti, secondo quanto riportato da wikileaks in merito alle relazioni dell’ambasciatore Usa a Roma, il governo di Tiblisi si formò la convinzione che Putin avesse promesso a Berlusconi una percentuale di profitto da ogni gasdotto sviluppato dall’Eni insieme a Gazprom.

Per tutta questa serie di motivi la visita del primo ministro georgiano in Italia rappresentava un appuntamento importante per ribadire i sentimenti di amicizia nei confronti dello stato caucasico, tanto più se le intenzioni di Palazzo Chigi fossero state quelle di sdrammatizzare il rapporto, più che stretto asfissiante, con Putin.

E invece a far saltare il tutto ci ha pensato proprio il giovane premier georgiano che, alla vigilia dell'arrivo a Roma, ha espressamente chiesto di non incontrare Berlusconi.

Un no che avrebbe assunto i connotati dell’incidente diplomatico se non ci fosse stato l’incontro con il sottosegretario Letta, oltre a quelli con il presidente della Camera Fini e col segretario del Pd Bersani.

Ma per il Cavaliere rimane l’onta di essere stato snobbato dal collega georgiano. Sperando che resti un caso isolato.







lunedì 25 aprile 2011

Ciancimino contro Ciancimino - Marco Travaglio


Usa, nuove rivelazioni di Wikileaks "A Guantanamo vecchi e ragazzini".


L'organizzazione di Julian Assange distribuisce ad alcuni giornali centinaia di documenti sul carcere Usa nell'isola di Cuba. Rivelazioni sul rifugio di Bin Laden. Un orologio segno di riconoscimento dei terroristi

ROMA - Fanno scalpore le nuove rivelazioni di Wikileaks1. Stavolta i file consegnati dal sito di Julian Assange alWashington Post ed ad altri giornali americani ed europei, riguardano la lotta al terrorismo, i detenuti di Guantanamo e i rifugi dei leader di al Qaeda, Osama bin Laden e il suo vice egiziano Ayman al Zawahiri, subito dopo gli attentati dell'11 settembre.

Guantanamo. Wikileaks rivela i file segreti degli oltre 700 detenuti rinchiusi dal 2002 ad oggi a Guantanamo, nel campo di prigionia istituito da George Bush e tutt'ora in funzione con almeno i 172 detenuti ancora rinchiusi. Nelle migliaia di pagine vi sono scritte verità di violazioni dei diritti umani già condannate e criticate in questi 10 anni. Si parla di detenuti trasportati nel campo di prigionia a Cuba in gabbie, imprigionati per anni senza alcuna formale incriminazioni, sulla base di prove quanto mai labili o estratte con maltrattamenti quando non con torture vere e proprie.

Dai file emerge infatti l'ossessione del Pentagono e della Cia dei tempi di George Bush nell'estrarre il massimo di informazioni dai fermati, anche con l'utilizzo di quei "metodi di interrogatorio" autorizzati dallo stesso presidente. E testimoniano come tra i detenuti vi sia stato un afgano di 89 anni, fermato e trasferito a Guantanamo per "numeri di telefono sospetti" trovati a casa sua. E un ragazzo di 14 anni trasferito solo
er "la possibilità che conoscesse i leader talebani locali". Non solo. Secondo Assange gli Stati Uniti rinchiusero per anni soggetti innocui o poco pericolosi e scarcerarono 200 terroristi "ad alto rischio".

Bin Laden.
Quattro giorni dopo gli attentati a New York e Washington, Bin Laden si recò in una guesthouse nella provincia di Kandahar e incitò i combattenti arabi riuniti a "difendere l'Afghanistan dagli invasori stranieri" e di "combattere in nome di Allah". Da allora Bin Laden e Zawahiri si spostarono in macchina da posto all'altro dell'Afghanistan e il leader terreorista delegò il controllo dell'organizzazione al Consiglio della Shura, forse nel timore di essere presto catturato o ucciso dalle forze Usa. A un certo punto Bin Laden si rifugiò in una località segreta nei pressi di Kabul. Ma non così tanto segreta da impedire un flusso continuo di visitatori, tutti esponenti dell'organizzazione a cui ha dato ordini su come procedere lo scontro, facendo ritirare tutti i combattenti dai campi di addestramento e spostando le donne e i bambini in Pakistan. Nascosto, sì, ma ancora alla guida dei suoi uomini. Lo testimoniano i continui incontri con i fedelissimi. Il 25 novembre Bin Laden parlò ai leader e i combattenti, dicendo loro di "rimanere forti nell'impegno di combattere, obbedire ai leader, aiutare i talebani e di non commettere l'errore di andarsene senza aver concluso la battaglia".

L'orologio come segno di riconoscimento.
Secondo l'intelligence americana che ha pilotato i trasferimenti di sospetti terroristi a Guantanamo, un orologio Casio, modello F-91W da cinque euro, poteva essere "il segno" di appartenenza ad al Qaeda. "Un terzo dei detenuti catturati con questo modello al polso avevano collegamenti con esplosivi, o perché avevano fatto corsi, o perché collegati a luoghi dove venivano costruite bombe o per aver avuto rapporti con persone identificate come esperti di esplosivi", si legge nel documento. Oltre 50 dossier su singoli detenuti del pacchetto Wikileaks su Guantanamo fanno riferimento al Casio.


25 aprile, fischi per La Russa.



Alle celebrazioni per la festa della Liberazione a Roma, davanti all’Altare della Patria, quando il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha preso la parola, da piazza Venezia sono piovuti fischi e “buu” al suo indirizzo.
Video di Nello Trocchia



Le migliori vignette della Settimana.








"Mauro aveva capito che a Trapani insabbiavano le indagini sulla mafia".


Chicca Roveri, compagna di Mauro Rostagno: "Mauro aveva scoperto che c'era un verminaio che proteggeva i colletti bianchi".
di Gianfranco Criscenti

Mauro Rostagno aveva capito che a Trapani c’era un "verminaio" capace di insabbiare le indagini sulla mafia che avrebbero potuto arrivare ai colletti bianchi. Il giornalista e sociologo assassinato a Lenzi, vicino Trapani, il 26 settembre 1988, appuntò nomi e cognomi dei soggetti che componevano quel "verminalio", li mise nero su bianco su alcuni fogli, scoperti nel 1996 dalla compagna Chicca Roveri e consegnati agli investigatori.In testa a quegli appunti c’è il nome di Antonio Coci, il procuratore della Repubblica di Trapani dell’epoca. «I ragionamenti che Mauro faceva erano tosti», ha detto oggi Chicca Roveri in Corte di Assise, durante il controesame del collegio di difesa. In quegli appunti, Mauro Rostagno ha annotato di «carte ferme da 2 anni», di indagini bloccate, come quella sulla raffineria di eroina scoperta ad Alcamo nel 1985 e sulla loggia massonica copertaScontrino.

«Mauro muore perchè ha capito quello che c’era a Trapani» ha detto la Roveri. Ed una conferma sull’inquietante commistione tra istituzioni e mafia, l’avrebbe avuta, pochi mesi prima di essere ucciso, in un incontro con il procuratore di Marsala Paolo Borsellino.
Per la Roveri, «il fatto che per 8 anni nessuno ha mai indagato sulla mafia, come pure le difficoltà incontrate per arrivare a questo processo, dimostrano cosa è, ancor’oggi, Trapani».

Anche in quest’ultima udienza, è emerso che le indagini dei carabinieri non sarebbero state per nulla limpide: «il brigadiere Beniamino Cannas (lo stesso sottufficiale che non ricordava di un’informativa in cui Rostagno riferiva dell’incontro tra il boss Mariano Agate e Licio Gelli, ndr) - ha spiegato la Roveri - si mostrava amico di Mauro per poi scrivere una serie di falsità, come quella che il mio compagno difendeva l’onorevole Francesco Canino (oggi sotto processo per mafia, ndr), quanto è notorio che lo ha sempre accusato e duramente criticato».

http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=211


Pacco bomba a casa Ciancimino, sullo sfondo appare l'ombra di un "puparo".


Tre candelotti recapitati nella casa di via Torrearsa a Palermo la settimana scorsa. Il figlio del sindaco li avrebbe "bagnati" con l'acqua e seppelliti in giardino, dove gli artificieri e i tecnici della polizia scientifica li hanno ritrovati questo pomeriggio. "Non ho falsificato io il pizzino di mio padre" ha aggiunto in lacrime durante l'interrogatorio
di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza

Massimo CianciminoL’unica certezza e’ l’esplosivo, tre candelotti di tritolo collegati a due detonatori attraverso altrettanti cavi, definito dagli artificieri ‘’serio’’, di ‘’pericolosita’ medio alta’’ e spuntato oggi alla fine di una giornata ricca di colpi di scena con l’effetto di proiettare improvvisamente un’ombra pesante sull’intera vicenda che ruota attorno al superteste della trattativa tra mafia e Stato. Lo hanno trovato questo pomeriggio i tecnici della polizia scientifica di Palermo nel giardino dell’appartamento di Massimo Ciancimino, in via Torrearsa, a due passi dalla centralissima piazza Politeama seguendo le indicazioni fornite dal figlio di don Vito, interrogato nel primo pomeriggio nel carcere di Parma dai pm della Dda di Palermo Antonio Ingroia, Nino Di Matteo e Paolo Guido.

Tra lacrime, pianti e singhiozzi il giovane Ciancimino ha negato di avere falsificato il documento attribuito al padre che colloca Gianni De Gennaro tra gli investigatori collusi di un ipotetico ‘quarto livello’, motivo per il quale e’ finito nel carcere di Parma per calunnia pluriaggravata. Non e’ stato lui, Massimo, a falsificare quel documento, ne’ ha idea di chi possa averlo fatto, né in quale periodo. "Ho presentato tantissimi documenti – ha detto - di moltissimi non conosco l'origine". E improvvisamente, a sorpresa, ha tirato fuori la rivelazione: ‘’Qualcuno – ha detto ai pm - nei giorni scorsi ha citofonato a casa mia e mi ha detto: c’e’ una cosa per lei che questa volta potra’ aprire, la prossima volta forse no’’. Lui si e’ spaventato, ha aspettato un poco di tempo, poi e’ uscito e ha trovato un pacco nel portone. Non sapendo che fare, ci ha buttato dell' acqua sopra con la doccetta del giardino, e siccome non voleva farlo vedere alla moglie, per non farla spaventare, l’ha lasciato nel suo giardinetto. Poi e’ partito con la famiglia per le vacanze pasquali, diretto in Francia.

Se la giustificazione del falso documento ‘’l’ho trovato tra le carte di mio padre’’Casa Ciancimino in via Torrearsanon ha convinto per nulla i magistrati, ancor meno, a parte il ritrovamento dell’ordigno, e’ apparso il racconto dei candelotti di esplosivo. Ciancimino jr lo legge come l’ennesima minaccia recapitatagli a casa, ma, i pm sono perplessi e attribuiscono al suo racconto una ‘’parziale credibilita’’’. Lo scopo della minaccia e’ tutto da scoprire, cosi’ come bisogna chiarire perche’ su un fatto cosi’ grave Massimo Ciancimino, prontissimo in passato a denunciare ogni segnale intimidatorio ricevuto, questa volta abbia taciuto. ‘’Per paura’’, si giustifica lui. Insomma, alla fine dell’interrogatorio durato quasi tre ore, la versione di Ciancimino jr fa acqua da tutti i lati. E riferendosi alle sue giustificazioni sul documento taroccato, i pm alla fine sono pure sbottati: ‘’Se continua cosi, gli hanno detto, lei non si fa aiutare’’.

E per la prima volta si e’ rafforzato il sospetto che dietro l’evoluzione delle sue dichiarazioni ci sia un regista, qualcuno che Ciancimino forse protegge, un ‘’puparo’’ che muove i fili di un testimone-karaoke, che reciterebbe testi non suoi. Per il procuratore aggiunto Antonio Ingroia, questa ‘’e’ un’ipotesi che non si può scartare". Il caso Ciancimino ha provocato reazioni anche in politica, e se Cicchitto e Gasparri ne approfittano, ancora una volta per attaccare i magistrati (‘’la procura di Palermo vuole continuare a gestirlo in proprio’’, dice Cicchitto), per il senatore dell’Idv Luigi Ligotti "capire per chi e per cosa Ciancimino abbia scientificamente mischiato falsità e menzogne rappresenta la risposta agli interrogativi sullo stragismo e sulla trattativa’’. Al processo Mori, martedi prossimo, salta la sua deposizione. Subito dopo Pasqua, Ciancimino sara’ tradotto da Parma a Palermo, nel frattempo il fermo verra’ convalidato dai giudici di Parma, poi gli atti verranno trasmessi nel capoluogo siciliano. E adesso come si comporteranno i pm di Palermo? Aspettiamo di vedere la convalida, dicono, e poi decideremo se riconvocarlo.

http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=221