sabato 7 maggio 2011

Mediolanum, indagine del Fisco sulla banca di Doris e Berlusconi


L'Agenzia delle entrate indaga sulla "banca costruita intorno a te" che aggira il fisco in Irlanda. Gran parte degli utili realizzati grazie alla sponda su Dublino che ora è a rischio

Ennio Doris, fondatore del gruppo Mediolanum

Milano - Sotto il cielo d’Irlanda, se sei straniero e porti denaro, si pagano poche, pochissime tasse. Lo sa bene Ennio Doris che ha trasferito da quelle parti la cassa di Mediolanum. Somme importanti: profitti per centinaia di milioni riescono ogni anno a dribblare le imposte con il risultato di ridurre al minimo l’impatto del Fisco sui conti del gruppo controllato dallo stesso Doris insieme al suo amico Silvio Berlusconi. Tutto bene, se non fosse che dopo anni d’inerzia l’Agenzia delle entrate ha messo nel mirino questo gioco di sponda tra Milano e Dublino. Quei soldi che tornano in Italia sotto forma di commissioni per la gestione dei fondi d’investimento irlandesi vanno tassati come reddito nostrano.

Questa in sintesi la contestazione degli ispettori ministeriali che a giugno e poi a ottobre del 2010 hanno messo per iscritto i loro rilievi a Banca Mediolanum e a Mediolanum Vita. In totale fanno 134 milioni di proventi sottratti, sostiene l’accusa, alla tassazione negli anni 2005 e 2006. Il secondo siluro è arrivato un paio di mesi fa, a fine febbraio. Questa volta Banca Mediolanum si è vista contestare un imponibile supplementare di 121 milioni per il periodo che va dal 2006 al 2009. Che fare? Di fronte all’attacco del Fisco, Doris ha pensato bene di venire a patti.

In gergo tecnico si chiama “accertamento con adesione”. In pratica, pur di incassare in fretta, l’Agenzia delle entrate è disposta a fare uno sconto alla banca e l’accordo potrebbe essere siglato già nelle prossime settimane. Questo però è solo il primo round. Restano aperti gli altri procedimenti avviati nei confronti del gruppo e per Mediolanum, alla fine, il conto potrebbe rivelarsi pesante, con decine di milioni da versare pronta cassa allo Stato. Peggio ancora: il Fisco contesta altri 64 milioni di Iva non pagata su compensi ai promotori. Qui però i manager di Doris sembrano intenzionati a dare battaglia. “Ci siamo comportati secondo la prassi di mercato”, sostengono con il conforto di pareri legali e precedenti a loro favorevoli sulla stessa materia. Tant’è vero che nel bilancio 2010 non sono stati fatti accantonamenti per far fronte ad eventuali sanzioni.

A questo punto, però, il problema maggiore non sembra neppure la vertenza fiscale in sé. Del resto negli ultimi due anni l’Agenzia delle entrate è partita lancia in resta contro diversi istituti di credito per sanzionare operazioni finanziarie costruite apposta, questa è la contestazione, per pagare meno tasse. Sono finiti nel mirino, per esempio, alcuni pesi massimi del settore comeIntesa e Unicredit, al centro di contenziosi per svariate centinaia di milioni. Mentre la Popolare di Milano ha preferito chiudere in gran fretta la questione sborsando quasi 140 milioni.

Per Mediolanum però la questione sembra diversa e per molti aspetti anche più preoccupante.Come il Fatto Quotidiano ha già raccontato (Leggi l’articolo) il gruppo guidato da Doris è una macchina che viaggia a tutta velocità grazie soprattutto alla benzina irlandese. Il bilancio del 2010 si è chiuso con 246 milioni di utili, in aumento del 15 per cento circa sull’anno precedente. Gran parte dei profitti vengono realizzati a Dublino proprio grazie al gioco di sponda delle commissioni. Lo stesso che adesso viene contestato dal Fisco.

Per dare un’idea delle cifre in gioco va segnalato che la controllata irlandese Mediolanum International Funds amministra oltre 17 miliardi di euro raccolti per lo più in Italia sotto forma di sottoscrizioni di fondi comuni d’investimento. Ebbene, questa società di Dublino ha realizzato la bellezza di 257 milioni di profitti lordi. Le imposte però, come risulta dal bilancio, non hanno superato i 32 milioni. Ovvero il 12 per cento circa degli utili. Tutto merito del generoso Fisco irlandese, che per attirare nuovi business da anni garantisce un trattamento di favore alle società straniere. E così, grazie al trasloco sotto il cielo d’Irlanda, la Mediolanum International Funds, vera macchina da soldi della galassia Doris, è riuscita a cavarsela pagando all’erario meno della metà di quanto dovrebbe versare se avesse sede nel nostro Paese.

Risultato finale: il tax rate dell’intero gruppo Mediolanum, cioè l’aliquota media di tassazione applicata, si aggira intorno al 18 per cento. Un dato di gran lunga inferiore rispetto ad altri grandi gruppi finanziari nostrani come Intesa, Unicredit e Monte dei Paschi. Domanda: che cosa succederebbe se alla fine dovesse prevalere la nuova linea interventista dell’Agenzia delle entrate? Quali sarebbero gli effetti sui conti del gruppo finanziario se il Fisco nostrano si mettesse di traverso sulla strada che va da Milano a Dublino?

Facile immaginare che i vertici di Mediolanum sarebbero costretti a rivedere lo schema operativo che fin qui ha garantito utili a palate. Non è detta l’ultima parola, ovviamente. I procedimenti aperti nei mesi scorsi potrebbero anche dar ragione alla “banca costruita intorno a te”, per citare lo slogan più celebre recitato per anni in tv da Doris. Un tipo ambizioso. Uno che solo pochi giorni fa nel sermone autocelebrativo recitato nell’annuale convention del gruppo si è detto convinto che Mediolanum conquisterà un posto tra le prime cinque banche nazionali. Fisco permettendo, naturalmente.

da Il Fatto Quotidiano del 5 maggio 2011



Napolitano stoppa il rimpasto di governo e chiede la fiducia: uno schiaffo a Berlusconi.


Dal Quirinale stop al rimpasto di Berlusconi: i nove nuovi sottosegretari hanno cambiato gli assetti alla Camera rispetto al voto degli elettori. Immediata la reazione all'intervento del Capo dello Stato

Una mossa politica, ma non un’invasione di campo. La nota con cui il presidente della Repubblica chiede un passaggio parlamentare per sancire la nuova maggioranza rappresentata nel governo è, in realtà, uno schiaffo a Berlusconi. Il Quirinale non boccia, ma stoppa il rimpasto andato in scena ieri con la nomina da parte del premier di nove nuovi sottosegretari, tutti scelti tra i rappresentanti delle nuove componenti della maggioranza (Responsabili in testa) che hanno contribuito a salvare l’esecutivo dal 14 dicembre scorso a oggi. Giorgio Napolitano, infatti, prima avverte: “La maggioranza è cambiata”, quindi invita “le camere ad esprimersi”. La partita, pensata e voluta da Berlusconi per puntellare la sua maggioranza si complica e non poco. L’intervento del Colle riaccende le polemiche con il Pdl che, infatti, ha risposto subito attraverso una nota congiunta dei presidenti dei gruppi del Popolo della libertà di Senato e Camera, Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, e i vicepresidenti vicari, Gaetano Quagliariello e Massimo Corsaro. “Numerosi voti di fiducia – si legge – a partire da quello della svolta del 14 dicembre, hanno chiarito il quadro politico, con ripetute verifiche nelle sedi parlamentari. Le nomine di governo sono giunte dopo queste diverse votazioni e nel pieno ed assoluto rispetto delle norme costituzionali e delle prerogative del Capo dello Stato”. In serata arrivano anche le parole del premier confidate ai suoi più stretti collaboratori. Il Cavaliere si è detto sorpreso, quindi ha bollato le parole del Colle come una mossa politica. E del resto in via dell’Umiltà nessuno pensava che sarebbe stato il Capo dello Stato a far notare che “sono entrati a far parte del governo esponenti di gruppi parlamentari diversi rispetto alle componenti della coalizione” presentatasi alle elezioni politiche. Nessuno pensava che Napolitano potesse chiedere di “investire il Parlamento delle novità intervenute nella maggioranza che sostiene il governo”. In realta’ fonti ben informate fanno osservare che il presidente della Repubblica non ha chiesto alcun voto di fiducia, non rientra nelle sue preorogative. Tuttavia la nota nel Pdl viene considerata impropria e intempestiva, come ha detto il capogruppo di Ir, Luciano Sardelli. Ha parlato, invece, Umberto Bossi. E lo ha fatto per sostenere in pieno il premier. Sentito a margine di un incontro a NOvara il leader leghista ha commentato: ”Il premier ha la competenza pernominare i sottosegretari, la legge dice che può farlo, perchè si dovrebbe passare dal Parlamento. Le leggi si applicano?”

La linea del Quirinale è chiara: il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ieri ha firmato i decreti di nomina di nove Sottosegretari di Stato, la cui scelta rientra come è noto nella esclusiva responsabilità del Presidente del Consiglio dei ministri. Ma, come si legge nella nota del Quirinale, ha allo stesso tempo rilevato che ”sono entrati a far parte del governo esponenti di gruppi parlamentari diversi rispetto alle componenti della coalizione che si è presentata alle elezioni politiche. Spetta ai presidenti delle Camere e al presidente del Consiglio valutare le modalità con le quali investire il Parlamento delle novità intervenute nella maggioranza che sostiene il governo”. Ecco il contropiede. Da un lato Napolitano fa capire al premier che, se la fiducia dovesse mancare, si aprirebbe la strada per un governo istituzionale. Dall’altro passa la palla a Fini, che difficilmente si sottrarrà alla calendarizzazione di questo voto di fiducia. Con la Lega che ultimamente è piuttosto irrequieta (è ancora fresca la polemica di Bossi sui bombardamenti in Libia) e con i Responsabili stessi non pienamente soddisfatti del rimpasto (tanto che Berlusconi già ieri è stato costretto a promettere nuovi allargamenti nell’esecutivo), il voto in Aula non sarà per niente scontato.

A rendere ulteriormente incerta la situazione è il fatto che, con tutta probabilità, il passaggio parlamentare arriverà dopo le elezioni amministrative. Se non dovessero andare bene per il centrodestra, soprattutto a Milano, i dirigenti leghisti potrebbero cedere alla base “padana” che da tempo non fa mistero di non essere così contraria a un’eventuale separazione dal Pdl. Per ora, comunque, vince il fair play, con Bossi che prende le difese di Berlusconi.

Immediate le reazioni politiche all’intervento del Quirinale. Per Carmelo Briguglio, vicepresidente vicario dei deputati di Futuro e Libertà, Napolitano “prende le distanze dal rimpasto con cui Berlusconi ha pagato il prezzo della prostituzione politica consumata dal 14 dicembre in poi. Potrà non piacere ma il giudizio, formalmente implicito, sulla qualità politica dei nuovi sottosegretari è fin troppo chiaro. La maggioranza ne prenda atto e desista dal varare una legge per completare con altri nuovi sottosegretari un’operazione politicamente indecente”.

Concorde Massimo Donadi dell’Italia dei Valori. “Il presidente Napolitano ha ragione: l’attuale governo è sostenuto da un’altra maggioranza rispetto a quella uscita dalle urne e Berlusconi ha il dovere di presentarsi alle Camere e chiedere la fiducia per il nuovo esecutivo. E’ un altro governo rispetto a quello del 2008″, afferma il presidente del gruppo Idv alla Camera. ”Siamo in presenza – continua Donadi – di un evidente abuso istituzionale oltre che di una vergognosa compravendita, che ha visto i posti di governo diventare merce di scambio parlamentare. Berlusconi ha ormai da anni una maggioranza a geometria variabile, quando uno esce un altro entra. Ma il governo e la politica non sono semplici somme algebriche. Per questo chiediamo a questo governo delle geometrie variabili di venire in Aula per la fiducia”.

Di governo ribaltonista parla invece il finiano Italo Bocchino. “Il presidente Napolitano – ha detto il capogruppo alla Camera di Fli – con il suo intervento fa emergere una realtà formale e sostanziale di cui non si può non tener conto e che abbiamo più volte sottolineato. Berlusconi ha posto in essere un ribaltone parlamentare pur di far sopravvivere il suo governo, sostituendo la maggioranza scelta dagli elettori con una nuova maggioranza retta da una pattuglia di mercenari a cui ha dovuto pagare un alto prezzo in termini di poltrone a spese delle istituzioni e dei cittadini”. Una delle ragioni per cui Napolitano ha diramato la nota è proprio questa: se dovesse paventarsi l’ipotesi di un governo tecnico, nessuno potrà accusarlo di essere un presidente “ribaltonista”.

I malumori, per le nomine di ieri, non sono mancaati nemmeno in casa Pdl. C’è, infatti, chi sottolinea come solo tre fra i nove sottosegretari (Villari, Misiti e Cesario) siano stati eletti con l’opposizione. Altri ricordano che dopo il 14 dicembre c’era già stato l’ingresso di Saverio Romano, deputato dei Responsabili, nominato ministro dell’Agricoltura proprio da Napolitano lo scorso 23 marzo senza nulla eccepire. Infine chi, come Corsaro, sottolinea come a dover dirimere la vicenda, secondo il Colle, dovrebbe essere anche Gianfranco Fini, “eletto nelle file della maggioranza e passato poi dall’altra parte”. L’unico a reputare “assolutamente corretto” il rilievo di Napolitano è Osvaldo Napoli, altro fedelissimo del premier. Ma lo fa per sottolineare come nelle sue parole vi sia la “presa d’atto” che in questo Parlamento “non dovrebbe esserci spazio per maggioranze diverse da quelle uscite dalle urne”. Ma se poi si dovesse insistere per un voto, aggiunge un alto dirigente Pdl, “ben venga, ora arriviamo facilmente a quota 325”.



venerdì 6 maggio 2011

La bufala di Sallusti "Il Giornale" copia male.


COMUNICATO DELL'EDITORE
In merito all’articolo di prima pagina, pubblicato il 5 maggio da Il Giornale «l’Unità sull’orlo del crac», la società NIE (Nuova Iniziativa Editoriale), che edita il quotidiano l’Unità dal 2000, smentisce categoricamente quanto riportato, ricordando che la causa degli Istituti Finanziari non è nei suoi confronti. Pertanto l’Unità edita da NIE non è impattata, né mai lo sarà, dalle vicende che riguardano gestioni precedenti. La NIE, che nel 2010 ha visto per la prima volta dopo dieci anni un bilancio con EBITDA ed EBIT positivi e che prevede per il 2011 una crescita della raccolta pubblicitaria del 12%, ha già incaricato gli avvocati Giuseppe Macciotta e Fabio Pili di introdurre un procedimento per diffamazione a mezzo stampa e di segnalare la vicenda all’ordine dei giornalisti a tutela della società e dei suoi dipendenti. L’Editore

IL CDR
Ancora una volta «Il Giornale», «organo» della famiglia Berlusconi, procede con attacchi personali, gratuiti e infondati. Il Cdr de l'Unità, d’intesa con la Fnsi, stigmatizza l'ennesima montatura pubblicata ieri ed esprime piena solidarietà nei confronti del direttore Concita De Gregorio, offesa in prima persona, anche a nome della redazione tutta. IL Cdr
6 maggio 2011




Il 12 e 13 giugno andiamo a votare!





Questi qua......

- Questi qua il 13 aprile hanno votato l'impunità per il loro capo facendoci
credere di averlo fatto per il bene di noi cittadini.
- noi ci becchiamo un'ipoteca sulla casa per una multa non pagata.

- Questi qua hanno la pensione garantita di 3.100 euro al mese lavorando 5 anni.
- noi lavoreremo fino ai 65 anni per avere una pensione forse pari a metà dello stipendio.

- Questi qua beneficiano gratis di aereo, treno, autostrada, cinema, ristoranti, ecc.
- noi paghiamo anche la carta igienica dei figli a scuola.

- Questi qua hanno la casa in affitto in centro a Roma a 500 € al mese.
- noi abbiamo un mutuo fino alla terza età.

Il 12 e il 13 giugno pensate di andare al mare?

Fate girare questo messaggio!!!!

















Giacomo Russo distrugge Tremonti - Annozero 10/03/2011




Firenze, Giuseppe Graviano risponde ai pm, tace solo su Dell’Utri e Fininvest.



R
isponde a tutte le domande Giuseppe Graviano, tranne quelle su Dell’Utri e sulla Fininvest su cui cala il silenzio, un silenzio pesante. Sentito questa mattina nell’udienza del processo sulla strage di via dei Georgofili il boss, già condannato con sentenza definitiva all’ergastolo per associazione mafiosa, si è avvalso della facoltà di non rispondere in merito a due specifiche domande: se avesse mai conosciuto Marcello Dell’Utri e se avesse mai avuto contatti con la Fininvest. Il boss ha taciuto “su tutto ciò che riguarda la politica, perché ho procedimenti in corso”, ha spiegato. Giuseppe Graviano ha spiegato di aver conosciuto Tagliavia, imputato nel procedimento per la strage del 1993, “soltanto durante un processo, dove mi accusava prima di essere esecutore e poi mandante delle stragi del ’93″ e ha liquidato come false tutte le accuse a lui rivolte da Spatuzza e da Brusca. “No” categorico anche alla domanda se avesse mai frequentato Riina, Spatuzza ed altri boss. “Giovanni Brusca non fa altro che dire quello che gli ha riferito Totò Riina”.

Poco dopo Giuseppe è intervenuto il fratello Filippo. “Mai conosciuto né avuto rapporti conMarcello dell’Utri” dice Filippo Graviano, sentito in videoconferenza nell’aula bunker di Firenze. A due giorni di distanza dalla testimonianza di Giovanni Brusca (Leggi l’articolo), Filippo ha negato anche di aver conosciuto Vittorio Mangano, lo stalliere mafioso della villa di Arcore diSilvio Berlusconi, e di aver avuto un colloquio con Gaspare Spatuzza, nel quale il pentito gli avrebbe chiesto di collaborare con la giustizia in cambio di alcuni favori. Con Spatuzza – ha ricordato – ho avuto solo due incontri in carcere, nel 2000 e nel 2004, “colloqui impostati soltanto parlando di legalità e di istituzioni”. “Non ho mai avuti interessi per la politica”, ha aggiunto, assicurando di non aver dato indicazioni di voto per Forza Italia: “Basterebbe confrontare le date per smentire totalmente. Io sono stato arrestato nel ’94, non vivevo più a Palermo”.

E sulle testimonianze di Giovanni Brusca è intervenuto il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari: “Non dice nulla di nuovo”. Per il capo della procura nissena, che indaga sulle stragi di via D’Amelio e Capaci, “sulla vicenda delle stragi spesso la memoria è troppo corta”, Brusca “non fa altro che dire cose già ripetute”.




Controllori di RAZZA sulle FAL (Bari-Matera)



"Speriamo che viene Hitler che ti mette nel forno crematorio a te". E' l'augurio di un "simpatico" controllore delle Ferrovie Appulo Lucane a dei ragazzi di colore, probabilmente privi di regolare biglietto.