Ed è possibile che tutto venga rinviato a dopo il ballottaggio. Così come potrebbe essere rimandato il Consiglio dei ministri, previsto in settimana, per ampliare ulteriormente la compagine governativa. Battuta d’arresto anche per il pacchetto giustizia, tanto caro al premier. E c’è anche il nodo referendum, con la moratoria sul nucleare. L’esecutivo è bloccato. Senza una via d’uscita sicura. Si cerca la strategia. Intanto si mostra sicurezza. E così Denis Verdini appare in conferenza stampa per dire che “a parte Milano c’è stato un sostanziale pareggio”. Ma mostra nervosismo quando i giornalisti gli chiedono se pensa di dimettersi da coordinatore nazionale del partito. “Non ci penso nemmeno, non sono abituato a dimettermi”. Neanche in caso di sconfitta della Moratti, dice, “non ci sarà nessuna conseguenza sulla leadership del partito”. Ignazio La Russa riconosce che a Milano “c’è un problema”, il ballottaggio, dice “è una partita tutta nuova per noi”. E poi ringrazia il premier per “la sua generosità da capolista”. Frase che suona come l’annuncio di una minor partecipazione di Berlusconi alla campagna elettorale. Ma la strategia non è ancora stata definita.
Per tentare di individuarla il Cavaliere stamani ha riunito i suoi ad Arcore e ha incontrato Letizia Moratti, poi è volato a Roma e ha convocato un nuovo vertice per le 19 a Palazzo Grazioli con l’intero stato maggiore del partito. Oltre alla delusione di aver raccolto appena la metà delle 53mila preferenze avute nel 2006, la rabbia nei confronti della Lega che, secondo il premier, è colpevole di non aver partecipato attivamente alla campagna elettorale milanese, e la critica a Letizia Moratti di non essere stata capace a farsi apprezzare dai cittadini. Queste, secondo il premier, le principali cause del fallimento elettorale a Milano.
Il Cavaliere ha però deciso di non mostrarsi, deve comprendere a pieno le conseguenze del voto sui rapporti con la Lega. Ieri sera c’è una stata breve telefonata tra Berlusconi e Bossi. Oggi il carroccio è riunito in via Bellerio dalle 12.30. Bossi ha raccolto i suoi per discutere dell’esito delle comunali a Milano e delle strategie da attuare in vista dei ballottaggi. Presenti Roberto Maroni(rientrato appositamente da Roma), il capogruppo leghista alla Camera, Marco Reguzzoni, il segretario della Lega lombarda, Giancarlo Giorgetti, il figlio del senatur, Renzo Bossi, e il capogruppo in Consiglio comunale a Milano, Matteo Salvini.
Roberto Formigoni, in mattinata, tenta a distendere gli animi annunciando che “l’alleanza tra Pdl e Lega mi sembra forte e sarà riconfermata ufficialmente da Berlusconi e Bossi nelle prossime ore”, dice intanto il presidente della Regione Lombardia ma da via Bellerio filtrano versioni differenti, che registrano un malumore crescente del Senatur nei confronti della strategia berlusconiana di fare del voto amministrativo un referendum pro o contro la persona del premier. Dubbi chiaramente espressi dal leader del Carroccio già prima del voto. Che oltre a inviare segnali chiari di malumore per le dichiarazioni del Cavaliere sulla magistratura, con continui allineamenti ai moniti del Colle, anche con dichiarazioni dirette. Come sull’attacco di Moratti a Giuliano Pisapia, Bossi disse “io non l’avrei fatto”. E in via Bellerio il risultato delle urne è stata una doccia fredda. Perché il Carroccio si aspettava di rubare voti moderati al Pdl e attestarsi al 15% sfiorato alle regionali di un anno fa. Niente da fare. La Lega paga i malumori della base, che da mesi invita il Senatur a lasciare Berlusconi da solo, a staccare la spina. Così oggi, al termine del vertice,Roberto Calderoli ha confermato che l’impegno rimane valido per il ballottaggio, poi si vedrà.
”La Lega, tutta la Lega, è impegnata per vincere i ballottaggi di fine mese e ce la metteremo tutta per vincerli”, ha garantito Calderoli. “La Lega è riunita in queste ore proprio per trovare la strada per vincere i ballottaggi, e Bossi per primo sta pensando a come vincere. E quando ci mettiamo ce la facciamo”.
Ieri, a urne chiuse, con il risultato pessimo registrato persino a Varese, dove il sindaco Attilio Fontana è costretto al ballottaggio, lo dice anche Giancarlo Gentilini, il vicesindaco battagliero di Treviso. “Umberto Bossi deve prendere coscienza che i tempi stanno cambiando. Ci sono molti leghisti, che trovo ovunque io vada a parlare – ha spiegato Gentilini – che mi dicono ‘io non voto più Lega’. Non do i voti agli altri ma non voterò più Legà, e questa è la più grande amarezza che un sindaco che ha portato la Lega in palma di mano dal 1994 può patire”. Per Gentilini, in sintesi, la colpa di Bossi è quella di aver abbandonato un percorso di pragmatismo per aderire a progetti politici irrealizzabili. “La gente non vuole voli pindarici, non è interessata ad opere come il Ponte sullo Stretto di Messina – ha proseguito – perché è una cosa che non sta né in cielo né in terra. Quindi anche tu, Bossi – ha concluso Gentilini – quando appoggi questi programmi da fantascienza, ricordati piuttosto di restare con i piedi per terra, perché gli alpini mettono un piede dopo l’altro”.