martedì 17 maggio 2011

Il primo tempo lo ha perso. E adesso tutti con tutti fino al fischio finale. - di Giuseppe Giulietti.


Una folata di vento ha scoperchiato una delle terrazze di Palazzo Grazioli, residenza romana del presidente del consiglio. La zona è transennata, sotto ci sono i vigili del fuoco. Un anziano romano, vista la scena, si è lasciato sfuggire un quanto mai azzeccato "Mica si vorrà buttare per i risultati elettorali...; per sua fortuna la scorta non lo ha sentito, altrimenti lo avrebbero fermato per "vilipendio", come hanno fatto con quei cittadini che, a Palazzo di giustizia, a Milano non sono riusciti legittimamente a trattenere il loro sdegno per i continui comizi di un imputato contro i suoi giudici.
Eppure, eppure, qualcosa comincia a muoversi, forse addirittura a sgretorlarsi. I risultati di oggi, se saranno confermati dagli scrutini, sembrano delineare la fine del mito della invinciibilità del capo supremo. Del resto è più facile acquistare qualche parlamentare" responsabile" che non milioni di cittadine e di cittadini.
"Milano non potrà fare a meno di noi.." aveva sproloquiato persino dentro il seggio il vecchio bucaniere, convinto di avere già in tasca la vittoria per sè e per la signora Moratti, quella che è ormai diventata una imitazione della Santanchè e di Vittorio Sgarbi.
"A Napoli non c'è partita, si tratta di vedere di quanto stracceremo gli oppositori..", invece si beccheranno de Magistris, e ci auguriamo che tutto il centro sinistra voglia ora appoggiarlo lealmente e riconoscere lo straordinario risultato conquistato, alla faccia di chi lo aveva dipinto come un candidato troppo radicale e, dunque, invotabile.
Questo sarà ora uno dei problemi del centro sinistra: riconoscere le diversità, smetterla con le polemiche, sostenere lealmente tutti i candidati, sia che si tratti di Piasapia vicino a Vendola, sia che si tratti di Merola, espresso dal PD, sia che si tratti di De Magistris, vicino alla Italia dei valori, sia che si tratti di una donna o di un uomo indicati da Rifondazione, dai Verdi, dal terzo polo, da Futuro e libertà, da Grillo e dalle sue liste che comunque hanno conquistato consensi di cittadini che reclamano diritti fondamentali e che non possono essere liquidati come persone "moleste e sgradite". Non è questo il momento di restare impigliati nelle logiche di schieramento e di appartenenza, naturalmente tale principio deve valere per tutti, nessuno escluso.
Per una volta cerchiamo davvero di essere davvero all'altezza della situazione e di mettere al centro l'interesse generale, la necessità di liberare l'Italia dall'incubo che la tormenta e pregiudica il suo futuro.
La partita non è affatto conclusa: oggi si è giocato solo il primo tempo. Prima della conclusione, nelle prossime due settimane, Berlusconi le tenterà tutte e le piazze mediatiche saranno al centro della sua attenzione, non solo nei grandi centri, ma anche in tutte quelle realtà territoriali dove si terranno i ballottaggi e dove pressioni di ogni natura saranno esercitate nei confronti dei media locali.
Le autorità di garanzia avranno il non facile compito di garantire elezioni corrette e una condizione di parità nell'accesso ai media ai diversi candidati.
Il segretario del PD Bersani, nei giorni scorsi, aveva preannunciato una clamorosa iniziativa nei confronti della autorità di garanzia delle comunicazioni per porre fine ad una situazione di "emergenza democratica". Il voto di oggi è stato strappato, nonostante queste emergenza non sia stata risolta, nelle prossime ore il conflitto di interesse sarà impugnato come una clava per stendere gli avversari, e Berlusconi non farà differenza tra presunti moderati e presunti radicali. Per lui saranno solo nemici da eliminare.
Sarà il caso che Bersani e con lui tutti quelli che ancora credono nell'articolo21 della Costituzione si riuniscano rapidamente e concordino tutte le iniziative utili a prevenire e a fermare l'annunciato broglio mediatico.
Per quanto ci riguarda chiederemo a tutte le associazioni che hanno promosso con noi la grande manifestazione del 12 marzo scorso, dedicata al tricolore e alla Costituzione, di promuovere tutte le inziative, anche le più clamorose, utili a garantire la regolarità del prossimo voto, quello per le elezioni aministrative e quello, non meno rilevante, per i quesii referendari.
Il primo tempo è stato perso da Berlusconi, sarà il caso di non fermarsi sino al fischio finale, sino alla formale proclamazione della sua sconfitta, che non sarà nè scontata, nè facile.



Milano boccia Berlusconi. Nell’urna il Cavaliere dimezza le preferenze


Nel 2006 il presidente del Consiglio aveva raggiunto quota 52.577, questa volta si deve accontentare di poco meno di 28mila voti

I manifesti comparsi nelle vie di Milano contro la procura

Alla fine non è servito a nulla invocare il giudizio divino. Anzi. Presentarsi in tribunale per cinque lunedì filati per la gioia dei comitati “Silvio resisti!”,arringare le folle con il solito repertorio “magistrati-cancro-pm-eversivi”, non prendere mai le distanze in modo chiaro da Roberto Lassini, inventore dei manifesti “via le Br dalle procure” (e anzi farlo sfilare sul pullman scoperto davanti a quello del Milan), presenziare alla festa del Milan pur in silenzio elettorale, ebbene, tutto questo non è servito, anzi ha danneggiato il Cavaliere. E per la prima volta dal 1992 i cittadini milanesi sembrano guardare al centrosinistra con speranza.

Il 7 maggio presentandosi al Palasharp per sostenere la candidatura di Letizia Moratti, Silvio Berlusconi aveva azzardato una richiesta rivolgendosi direttamente gli elettori milanesi: “Datemi 53mila preferenze oppure la sinistra mi farà il funerale. E’ inimmaginabile che una città come Milano vada alla sinistra”. Era, come la chiamava Libero, la “chiamata alle armi” per : “vincere al primo turno” con “la migliore amministrazione locale in Italia”. Lo scopo era raggiungere, possibilmente superare le 52.577 preferenze raccolte nel 2006. Ma a urne chiuse, il premier si deve accontentare di poco più della metà (27.972), secondo i dati definitivi forniti dall’ufficio elettorale del Comune di Milano. E Lassini? Il presidente dell’associazione “Dalla parte della democrazia” che il 17 aprile rivelava al Giornale di essere l’autore della “crociata” contro i magistrati “per dare manforte a Berlusconi, ha preso solo 872 preferenze. Niente, un fallimento completo. E pensare che domenica l’avvocato vessato dalla giustizia se ne stava, avvistato dall’Ansa, sul pullman che ha preceduto quello dei calciatori del Milan nei festeggiamenti per lo scudetto. All’inviata di Porta a Porta Lassini raccontava di quanto fosse commosso dalla telefonata di Berlusconi: “Mi ha espresso profonda solidarietà, mi ha convinto ancora di più a continuare nella battaglia a sostegno della riforma che solo il presidente Berlusconi potrà fare”.

Con il 28,75% dei consensi il più importante partito del centrodestra resta il più votato in città ma è la vittima più illustre del deludente risultato di Letizia Moratti: in un anno ha perso quasi 8 punti (era al 36% alle regionali) e ben 12 dalle scorse comunali quando Fi e An totalizzarono il 40,9%. Nella gara delle preferenze il vicesindaco Riccardo De Corato resta il secondo più votato (5.786 voti), seguito dal cielllino Carlo Masseroli con 3.406.

Deludente invece il risultato di Marco Osnato: il pupillo del ministro La Russa siederà in consiglio comunale ma come nono con appena 1.651 preferenze. Il risultato di De Corato appare ancor più opaco se paragonato a quello del suo eterno rivale, il leghista Matteo Salvini che lo ha distaccato di 4 mila preferenze (8.913). Del resto l’elettorato del Carroccio ha concentrato tutte le preferenze proprio sull’eurodeputato, visto che il secondo eletto, Max Bastoni, ne ha raggranellate appena 602. Eppure anche la Lega con il suo 9,64% ha poco da gioire: rispetto al 2006 ha sì triplicato i voti (era al 3,8%) ma a Milano è arretrata di cinque punti rispetto alle regionali di un anno fa.

Sul fronte opposto, l’architetto Stefano Boeri, sconfitto da Giuliano Pisapia alle primarie, si afferma non solo come il più votato dopo Berlusconi (12.861), ma anche come il candidato che trascina il Pd a un risultato senza precedenti. Con un 28,64% i democratici hanno guadagnato due punti dal 2010 e quasi sei dalle scorse comunali. Dopo Boeri a fare incetta di voti tra i democratici il giovane Pierfrancesco Maran, sponsorizzato da Filippo Penati, l’ex verde Carlo Monguzzi ePierfrancesco Majorino. Sugli scudi anche Sel (4,7%) e il cartello delle sinistre (3,1%) che confermano i voti presi dall’ala radicale nel 2006 ma a cui si aggiunge la buona performance della lista civica di Pisapia (3,86%). Al palo invece i dipietristi dell’Idv (2,54%) che in un anno perdono a Milano cinque punti e i radicali (1,72%). Nel Terzo Polo la palma di più votato va al centristaPasquale Salvatore anche se potrebbe avere più chance di entrare in consiglio l’“anti-Minetti”Sara Giudice, visto il miglior risultato della lista civica di Fli e Api (2,69%) rispetto all’Udc (1,9%). Sul fronte delle preferenze i candidati più chiacchierati o dai nomi più roboanti si sono rivelati generalmente dall’appeal elettorale poco incisivo. Pessimo il risultato di Roberto Lassini (Pdl), l’autore dei manifesti anti-pm (872 voti); lo storico leader dei Radicali Marco Pannella ha recuperato 58 voti, la cantante Ornella Vanoni, in corsa per Letizia Moratti, ne ha presi 36.

Insomma, se ci attenessimo al linguaggio del premier, verrebbe da dire: “pubblici ministeri uno, Berlusconi zero”.





Il terremoto di Milano arriva al governo Saltano i piani di B, dalla giustizia al rimpasto.


Il premier ha convocato i suoi ad Arcore in mattinata e poi a Palazzo Grazioli. Forte preoccupazione per il ballottaggio e per l'alleanza con la Lega. Tra gli appuntamenti cruciali della ripresa dei lavori in aula anche la verifica chiesta da Napolitano dopo l'allargamento dei sottosegretari. Verdini garantisce: "Nessuna conseguenza a livello nazionale"

Denis Verdini al vertice Pdl post elettorale

Il risultato del primo turno, con il terremoto di Milano, ha scosso profondamente la maggioranza aprendo una delicatissima fase negli equilibri del governo. Che adesso si ritrova a dover affrontare passaggi cruciali in aula. Uno su tutti: la verifica richiesta da Giorgio Napolitano dopo la tornata di nomine dei sottosegretari con cui Silvio Berlusconi ha “premiato” i responsabili. E proprio stamani la Conferenza dei capigruppo del Senato ha rinviato alla prossima riunione la scelta della data in cui tenere il dibattito in aula. Napolitano ha chiesto che il Parlamento sia informato dal presidente del Consiglio sull’ampliamento del governo dopo la recente nomina di nove sottosegretari considerando che l’attuale maggioranza è diversa rispetto a quella formatasi dopo le elezioni.

Ed è possibile che tutto venga rinviato a dopo il ballottaggio. Così come potrebbe essere rimandato il Consiglio dei ministri, previsto in settimana, per ampliare ulteriormente la compagine governativa. Battuta d’arresto anche per il pacchetto giustizia, tanto caro al premier. E c’è anche il nodo referendum, con la moratoria sul nucleare. L’esecutivo è bloccato. Senza una via d’uscita sicura. Si cerca la strategia. Intanto si mostra sicurezza. E così Denis Verdini appare in conferenza stampa per dire che “a parte Milano c’è stato un sostanziale pareggio”. Ma mostra nervosismo quando i giornalisti gli chiedono se pensa di dimettersi da coordinatore nazionale del partito. “Non ci penso nemmeno, non sono abituato a dimettermi”. Neanche in caso di sconfitta della Moratti, dice, “non ci sarà nessuna conseguenza sulla leadership del partito”. Ignazio La Russa riconosce che a Milano “c’è un problema”, il ballottaggio, dice “è una partita tutta nuova per noi”. E poi ringrazia il premier per “la sua generosità da capolista”. Frase che suona come l’annuncio di una minor partecipazione di Berlusconi alla campagna elettorale. Ma la strategia non è ancora stata definita.

Per tentare di individuarla il Cavaliere stamani ha riunito i suoi ad Arcore e ha incontrato Letizia Moratti, poi è volato a Roma e ha convocato un nuovo vertice per le 19 a Palazzo Grazioli con l’intero stato maggiore del partito. Oltre alla delusione di aver raccolto appena la metà delle 53mila preferenze avute nel 2006, la rabbia nei confronti della Lega che, secondo il premier, è colpevole di non aver partecipato attivamente alla campagna elettorale milanese, e la critica a Letizia Moratti di non essere stata capace a farsi apprezzare dai cittadini. Queste, secondo il premier, le principali cause del fallimento elettorale a Milano.

Il Cavaliere ha però deciso di non mostrarsi, deve comprendere a pieno le conseguenze del voto sui rapporti con la Lega. Ieri sera c’è una stata breve telefonata tra Berlusconi e Bossi. Oggi il carroccio è riunito in via Bellerio dalle 12.30. Bossi ha raccolto i suoi per discutere dell’esito delle comunali a Milano e delle strategie da attuare in vista dei ballottaggi. Presenti Roberto Maroni(rientrato appositamente da Roma), il capogruppo leghista alla Camera, Marco Reguzzoni, il segretario della Lega lombarda, Giancarlo Giorgetti, il figlio del senatur, Renzo Bossi, e il capogruppo in Consiglio comunale a Milano, Matteo Salvini.

Roberto Formigoni, in mattinata, tenta a distendere gli animi annunciando che “l’alleanza tra Pdl e Lega mi sembra forte e sarà riconfermata ufficialmente da Berlusconi e Bossi nelle prossime ore”, dice intanto il presidente della Regione Lombardia ma da via Bellerio filtrano versioni differenti, che registrano un malumore crescente del Senatur nei confronti della strategia berlusconiana di fare del voto amministrativo un referendum pro o contro la persona del premier. Dubbi chiaramente espressi dal leader del Carroccio già prima del voto. Che oltre a inviare segnali chiari di malumore per le dichiarazioni del Cavaliere sulla magistratura, con continui allineamenti ai moniti del Colle, anche con dichiarazioni dirette. Come sull’attacco di Moratti a Giuliano Pisapia, Bossi disse “io non l’avrei fatto”. E in via Bellerio il risultato delle urne è stata una doccia fredda. Perché il Carroccio si aspettava di rubare voti moderati al Pdl e attestarsi al 15% sfiorato alle regionali di un anno fa. Niente da fare. La Lega paga i malumori della base, che da mesi invita il Senatur a lasciare Berlusconi da solo, a staccare la spina. Così oggi, al termine del vertice,Roberto Calderoli ha confermato che l’impegno rimane valido per il ballottaggio, poi si vedrà.

”La Lega, tutta la Lega, è impegnata per vincere i ballottaggi di fine mese e ce la metteremo tutta per vincerli”, ha garantito Calderoli. “La Lega è riunita in queste ore proprio per trovare la strada per vincere i ballottaggi, e Bossi per primo sta pensando a come vincere. E quando ci mettiamo ce la facciamo”.

Ieri, a urne chiuse, con il risultato pessimo registrato persino a Varese, dove il sindaco Attilio Fontana è costretto al ballottaggio, lo dice anche Giancarlo Gentilini, il vicesindaco battagliero di Treviso. “Umberto Bossi deve prendere coscienza che i tempi stanno cambiando. Ci sono molti leghisti, che trovo ovunque io vada a parlare – ha spiegato Gentilini – che mi dicono ‘io non voto più Lega’. Non do i voti agli altri ma non voterò più Legà, e questa è la più grande amarezza che un sindaco che ha portato la Lega in palma di mano dal 1994 può patire”. Per Gentilini, in sintesi, la colpa di Bossi è quella di aver abbandonato un percorso di pragmatismo per aderire a progetti politici irrealizzabili. “La gente non vuole voli pindarici, non è interessata ad opere come il Ponte sullo Stretto di Messina – ha proseguito – perché è una cosa che non sta né in cielo né in terra. Quindi anche tu, Bossi – ha concluso Gentilini – quando appoggi questi programmi da fantascienza, ricordati piuttosto di restare con i piedi per terra, perché gli alpini mettono un piede dopo l’altro”.




Appalti lombardi e ‘ndrangheta, la Pedemontana nel mirino delle cosche. - di Fabio Abati.


La fotografia delle ingerenze dei clan nell'opera pubblica sono contenute nell'inchiesta Tenacia del Ros di Milano. Al centro i subappalti del movimento terra finiti, in parte, a un'azienda definita "contigua alle cosche"

Che l’autostrada Pedemontana, un appalto da oltre 5 miliardi di euro per un lungo serpentone d’asfalto che correrà a nord della Lombardia, facesse gola alle cosche c’era da aspettarselo. Ma oggi si scopre che pochi mesi prima che i cantieri decollassero, la ‘ndrangheta si stava già spartendo i lavori di movimento terra in tutta la regione.

Nel febbraio del 2010 a Cassano Magnago, in provincia di Varese, viene inaugurato il primo lotto di lavori della mega autostrada: la tratta A. Qualche mese dopo tra Mozzate e Lomazzo, nel comasco, inizia il movimento terra per la realizzazione di una grande area di cantiere (120 mila metri quadri), che permetterà ai macchinari e agli operai di avere il proprio campo base. I 150 mila metri cubi di ghiaia e sabbia trasportati e sistemati in quel luogo sono stati di competenza, tra le altre ditte, della Stilitano Scavi di Cislago, in provincia di Varese. Quest’azienda non è indagata, anche se, stando alle carte delle operazioni “Tenacia” e “Caposaldo”condotte dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano, ha intrattenuto rapporti con diversi personaggi oggi in carcere, accusati di associazione mafiosa e a loro volta imprenditori del ramo delle costruzioni. Può essere che alla Stilitano non fossero a conoscenza della caratura criminale dei loro interlocutori. Il collaboratore di giustizia Marcello De Luca, interrogato dai carabinieri del Ros, definisce i titolari dell’azienda di Cislago “contigui a pregiudicati calabresi, operanti nelle province di Varese e Como, ma in stretto collegamento con il paese d’origine”.

Questa è una storia che evidenzia quanto sia pervasiva la “mafia imprenditrice” in Lombardia. Anche se Pedemonata ha investito parecchio nel prevenire l’infiltrazione delle cosche è difficile tenere tutta la galassia di padroncini e piccole aziende di edilizia e costruzioni, sotto controllo. Quel che continua a fare gola sono i lavori di movimento terra. Si tratta di sub appalti spesso assegnati a chiamata diretta e dei quali l’azienda concessionaria rischia addirittura di sapere ben poco. Piccoli lavori, comunque molto remunerativi. Un sistema spiegato in una frase di Vincenzo Mandalari, quello che prima di essere arrestato nel gennaio scorso dopo alcuni mesi di latitanza era il capobastone a Bollate e titolare di un’azienda di costruzioni. “Ti faccio l’esempio del ponte tra Reggio e Messina – dice – io non miro al ponte, magari se mi danno la pulizia del ponte mi interessa… Noi oggi si punta a queste cose! Non si punta al condominio di 500 piani!”

Rocco Stilitano (amche lui non indagato), figlio di Antonino titolare dell’impresa omonima, nell’inchiesta “Caposaldo”, è stato intercettato mentre parla di spartizione di lavori con Giuseppe Romeo, uomo legato alla cosca Morabito, titolare di un’azienda di movimento terra ad Agrate Brianza. “La collaborazione giusto, è normale…”, esordisce Romeo, e Stilitano: “Bravo, bravo… Un po’ di camion li mettiamo noi, un po’ li mette lui, un po’ voi…” E di nuovo Romeo: “Si deve collaborare per prendere col prezzo giusto… Altrimenti poi alla fine…“

Secondo gli inquirenti gli ordini sulla divisione dei lavori al nord arrivano da lontano. Nel novembre del 2008 nel carcere di Vibo Valentia viene intercettato e video filmato un colloquio. Dietro le sbarre c’è Pasquale Oppedisano nipote di Domenico, il “capo crimine” di ‘ndrangheta di Rosarno. Dall’altra parte c’è il fratello Michele. Sempre secondo i carabinieri del Ros, che hanno imbastito la “Tenacia”, quel colloquio era per informarsi “relativamente agli affari correnti in Lombardia” e sulla spartizione dei lavori. La chiacchierata si chiude con un gesto eloquente: “Ossia quello di chiudere il dito pollice sul dito indice ed imitando così una pistola”. Chi non stava ai giochi, quindi, rischiava grosso.

Nel frattempo un altro fratello di Pasquale, Pietro Oppedisano, si trova a Milano. Per i carabinieri “la principale motivazione che ha portato il predetto in Lombardia è legata agli interessi connessi alla distribuzione degli appalti relativi ai lavori dell’autostrada Pedemontana”. E così si arriva a una “mangiata”. Tre mesi dopo quel colloquio in carcere, due dei fratelli Oppedisano si incontrano, in un ristorante del centro di Milano, con Salvatore Strangio, la testa di ponte della ‘ndrangheta nella Perego, grande azienda brianzola di costruzioni. In quell’occasione si stabilisce come muoversi, in modo che ciascuno abbia del suo, anticipando eventuali mugugni e contrasti.

Salvatore Strangio, arrestato la scorsa estate, è, sempre secondo i Ros, in stretti “rapporti col vertice delle cosche di San Luca in Calabria”. Per “testimoniare la notorietà di Strangio nel suo ambiente” gli inquirenti riportano proprio una telefonata con Rocco Stilitano. Parte Strangio: “Vi volevo vedere per un lavoro che insomma…” Quell’altro risponde: “Ma so che lo avete preso voi”. Di nuovo Strangio: “No è stata fatta un’offerta, non è stato preso ancora… È stata fatta solo un’offerta. Niente, ci dobbiamo vedere un po’… va bene?” La risposta: “Volete venire all’ufficio da noi senza che telefonate… Noi siamo a disposizione!” Questo il tenore di certe telefonate, nella Lombardia che vede la spartizione dei lavori e dove la mafia non esiste.



Pressioni mafiose sul comune di Sgarbi Indagato l'ex deputato dc Giammarinaro.


I pm:«Legame politico e patrimoniale con Cuffaro e Romano». Maxisequestro da 35 milioni. Fu accusato anche da Oliviero Toscani, già assessore a Salemi.

Giuseppe Giammarinaro, a sinistra, Vittorio Sgarbi sulla destra

Giuseppe Giammarinaro, a sinistra, Vittorio Sgarbi sulla destra

TRAPANI - Avrebbe appoggiato la candidatura di Vittorio Sgarbi a sindaco di Salemi e successivamente tentato di condizionare la vita amministrativa del comune trapanese arrivando a partecipare, senza alcun titolo, alle riunioni della neonata giunta. L'ex deputato regionale democristiano Giuseppe Giammarinaro, per anni sottoposto alla sorveglianza speciale dopo un’indagine per mafia, avrebbe cercato di influenzare consiglieri e assessori, indirizzare direttive su capitoli di spesa e imporre nomine di funzionari. Il ruolo del politico nella gestione del Comune viene fuori nell’ambito dell’indagine della polizia e della finanza di Trapani che oggi ha portato al sequestro di beni per 35 milioni di euro riconducibili all’ex parlamentare siciliano.

ACCUSATO DA OLIVIERO TOSCANI - Nell’inchiesta sono confluite anche le dichiarazioni rese dal noto fotografo Oliviero Toscani, ex assessore della giunta di Salemi, alla Dda di Palermo che indagava sulle minacce anonime subite da Sgarbi. I magistrati parlano di «cogente condizionamento mafioso su una parte dell’attività amministrativa del comune salemitano» da parte di Giammarinaro. In particolare è emerso che l’ex deputato dava indicazioni per condizionare l’assegnazione di un terreno di sessanta ettari, confiscato al narcotrafficante Salvatore Miceli, a un suo amico piuttosto che all’associazione antimafia Libera.

SORVEGLIATO SPECIALE - La Polizia e la Guardia di Finanza di Trapani hanno sequestrato a Giammarinaro società, beni immobili, sedi di aziende, filiali, magazzini, appartamenti, veicoli, natanti, quote sociali, conti correnti e rapporti bancari, nell’ambito di un’operazione nel settore della sanità denominata «Salus iniqua». Con l'ex deputato Ars sono indaganti per riciclaggio e intestazione fittizia di beni altre sei persone. Il provvedimento di sequestro anticipato, eseguito dalla Divisione Anticrimine della Questura di Trapani e da finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria, è stato emesso dal tribunale sezione misure di prevenzione su proposta del questore. L’ex parlamentare regionale, in passato indiziato di mafia, già sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, è stato tra il 1985 e il 1990 presidente dell’Asl di Mazara del Vallo. La sua carriera politica, culminata nell’elezione all’Ars, si interruppe quando si diede alla latitanza per sfuggire a due misure cautelari per mafia e associazione a delinquere per reati contro la pubblica amministrazione, emessi di gip di Marsala e Palermo. Costituitosi nel 1996, fu condannato per peculato e concussione e assolto dall’associazione mafiosa.

CONTROLLAVA SETTORI DELLA SANITA' - Nonostante fosse sottoposto alla misura di sorveglianza speciale, nel 2001 fu esponente provinciale di spicco del partito del «Biancofiore». Successivamente passò all’Udc sfiorando l’elezione, nel 2001, col simbolo scudocrociato. Dalle indagini è emerso che grazie a coperture istituzionali e nonostante la sottoposizione alla sorveglianza speciale Giammarinaro controllava attività economiche nel settore della Sanità ottenendo finanziamenti pubblici regionali. Attraverso la complicità con imprenditori, medici, operatori sanitari e dirigenti della Asl di Trapani l’ex deputato riusciva a gestire strutture di assistenza convenzionate con la azienda sanitaria, collegate tra loro da una rete di prestanomi, allo scopo di infiltrarsi nella sanità locale e nella pubblica amministrazione regionale, assicurarsi rimborsi e determinare le nomine di manager e dirigenti sanitari nei vari ospedali. Secondo gli inquirenti, inoltre, Giammarinaro, grazie alla complicità di dirigenti della sanità pubblica che stipulavano convenzioni per il rimborso di spese sanitarie per l’assistenza a pazienti ricoverati in strutture cliniche controllate dall’ex deputato, avrebbe intascato decine di milioni di euro.

«I PM: LEGAME POLITICO E PATRIMONIALE CON ROMANO E CUFFARO» - Giammarinaro, inoltre, avrebbe fatto pressioni sul medico trapanese Pio Lo Giudice affinchè si candidasse al parlamento regionale siciliano garantendogli il suo appoggio elettorale. Dopo l’elezione, però, avrebbe tentato di condizionare le scelte politiche del professionista, salito sugli scranni dell’Ars nella lista dell’Udc e recentemente passato all’Api di Rutelli, finendo poi per chiedergli somme di denaro - in tutto 200mila euro - e benefici economici. Vere proprie vessazioni quelle che avrebbe attuato l’ex deputato dc Giuseppe Giammarinaro a cui oggi sono stati sequestrati beni per 35 milioni nell’ambito di un’indagine su illeciti nella sanità trapanese. Secondo gli inquirenti Giammarinaro avrebbe sottoposto Lo Giudice a pressioni psicologiche continue arrivando a sostenere che sarebbe durato in carica solo se si fosse allineato alle sue direttive. Ma i 200 mila euro intascati dal medico non sono le sole somme illecitamente percepite dall’ex deputato che, secondo gli investigatori, avrebbe avuto dall’ex segretario regionale dell’Udc Saverio Romano, ora ministro dell’Agricoltura ed esponente dei Responsabili, 40mila euro originariamente chiesti da Lo Giudice a titolo di rimborso per le spese elettorali. Sarebbe stato Romano, ad informare il medico che i 40mila euro erano già stati consegnati a Giammarinaro. Il politico avrebbe anche spiegato a Lo Giudice che la consegna della somma all’ex parlamentare non era nota a nessun altro. Dall’inchiesta è emersa l’influenza esercitata da Giammarinaro sulla sanità trapanese, influenza, scrivono gli investigatori, «correlata al legame politico e patrimoniale intrattenuto con l’allora presidente della giunta regionale Cuffaro e con l’ex esponente Udc Romano».

FALSI CERTIFICATI PER SFUGGIRE ALLA SORVEGLIANZA SPECIALE - Utilizzando falsi certificati redatti da medici compiacenti, poi, l'ex deputato avrebbe evitato i vincoli della sorveglianza speciale ottenendo il permesso di allontanarsi dal comune di Salemi e tenere incontri riservati con esponenti politici locali e imprenditori. Capillare il controllo esercitato dall’indagato sulla sanità locale: oltre a gestire occultamente residenze socio assistenziali a Mazara del Vallo e Salemi e un centro di emodialisi di cui era socio con un imprenditore mazarese ucciso, Giammarinaro aveva interessi, attraverso prestanomi e familiari, in diverse strutture sanitarie. Gli investigatori hanno passato al setaccio decine di società tra le quali la C.E.M., la Salus srl, la Life srl e Villa Letizia Soc. Coop. dimostrando che l’ex deputato ne aveva disposto l’intestazione fittizia a prestanomi mantenendone il controllo tanto da disporre variazioni di bilancio, nomine, assunzioni, sollecitare false fatturazioni per ricavare somme di denaro e realizzare un fondo in nero di circa 1.000.000.000 di vecchie lire.

http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/palermo/notizie/cronaca/2011/17-maggio-2011/pressioni-mafiose-comune-sgarbiindagato-ex-deputato-dc-giammarinaro-190666485500.shtml