Testa a testa allora. Superato per impresentabilità il nome di Cicchitto (un piduista alla Giustizia Napolitano non l’avrebbe mai digerito), debole quello di Lupi – buono però per essere dirottato proprio all’ Istruzione – all’aspetto i leghisti che con le inevitabili vicende processual-berlusconiane vogliono avere a che fare il meno possibile, ecco che l’eminenza azzurrina nel vertice di martedì ha servito al premier il nome del procuratore aggiunto di Venezia. Nel curriculum avranno brillato per gli occhi del Cavaliere le inchieste sul finanziamento del Pci-Pds. E certamente anche l’antica amicizia con Cesarone Previti di cui Nordio è stato spesso commensale al circolo Cannotieri Aniene. Così come l’aver atteso ben sei anni prima di spedire a Roma le carte con la richiesta di archiviazione per Occhetto e D’Alema alla fine dell’inchiesta sulle coop rosse; non male per uno che potrebbe essere chiamato a gestire il processo breve.
“Avendo indagato a fondo sul vecchio Pci posso dire che l’espressione “questione morale” è impropria, ambigua; perché è stata usata da un partito che non aveva nessuna legittimazione a dare lezioni di moralità tenuto conto che il Pci veniva finanziato dall’Urss, ovvero da un Paese nemico” una delle sue massime più riuscite. Che stride un po’, però, a ben guardare con quella vecchia storia che fece tanto scalpore all’epoca di Mani Pulite quando dalle carte tirate fuori dal pm Ielo vennero gettate ombre su di lui; in una conversazione telefonica della linea “calda” di Hammamet, il figlio del legale di Craxi lo definì “uno molto fidato”. Il mondo politico, ovviamente, non restò in silenzio e Nordio replicò seccato: “Craxi mi ha definito un giudice fidato? Se fidato è chi indaga a 360 gradi e non si limita a Dc e Psi, allora lo sono”. Parole che adesso rendono più chiaro il perchè l’eminenza azzurrina abbia potuto pensare a lui, sparigliando un tavolo del partito alla mercè di mille correnti. Nordio in politica dunque?
“Io penso che nessun magistrato dovrebbe mai candidarsi alle elezioni, a maggior ragione non deve farlo un pm che è diventato famoso per inchieste in ambito politico” un altro dei suoi motti, forse le ultime parole famose. Ma a cambiar idea si fa sempre in tempo. Anzi, da quelle parti è un vizio che va sempre di gran moda. Epperò sono anche altre le cose che pesano. Di certo il Cavaliere vede in Nordio un assist non da poco per portare al traguardo quella riforma della Giustizia, che tanto gli preme issare come bandiera in ricordo del suo ultimo passaggio al governo del Paese. Nordio potrebbe essere il cavallo di Troia vincente per infrangere le barriere che gran parte della magistratura ha eretto contro la riforma. Certo, però, non è un “famiglio”. E sarebbe difficile “muoverlo” sul fronte delle intercettazioni piuttosto che su quello, non meno impervio, delle – eventuali – altre leggi ad personam che sono spuntate come funghi in parlamento poco prima dell’inizio della campagna elettorale per le amministrative.
Più docile agli ordini del Cavaliere sarebbe senz’altro una come la Gelmini (il cui posto all’istruzione verrebbe preso da Lupi), il cui pugno di ferro sulla riforma universitaria ha mostrato il nerbo di cui è capace quando si tratta di fare la voce grossa e andare avanti nonostante tutto. Silvio, insomma, non ha ancora deciso. Anche se qualche accenno alla questione è stato lanciato ieri, quando Berlusconi e Letta sono saliti al Quirinale per parlare con Napolitano dell’esito degli incontri internazionali avuti durante i festeggiamenti per il 2 giugno. Ci vorrà ancora qualche tempo, comunque dopo i referendum, perchè il nodo venga sciolto definitivamente.
Nordio, dicono ambienti pidiellini, non si sottrarrebbe a una chiamata, di certo se lo aspetta. La sua ultima apparizione pubblica però non è stata delle migliori. Lo ha raccontato Giorgio Melettiproprio sul “Fatto”. Lunedì sera, Auditorium di Roma. Messa in scena del processo a Giulio Cesare. Lui, il procuratore, a rappresentare l’accusa. “Fragile, mal sostenuta, di malavoglia”. Ed infatti – a certificarlo il presidente della giuria popolare, per l’occasione Francesco Gaetano Caltagirone – Cesare finisce assolto. Ma non è finita. Flebili voci insinuano per il post- Alfano addirittura il nome di Augusta Iannini, capo dell’ufficio legislativo di via Arenula. Peccato sia la moglie di Bruno Vespa.
di Sara Nicoli ed Edoardo Novella