Per capire questa nuova variante della guerra fra poveri, dovete prima capire la scintilla che ha innescato la protesta: la richiesta dell’azienda che vorrebbe da tutti i dipendenti lo straordinario domenicale obbligatorio. Se volete capire il motivo della rabbia di questi lavoratori, quasi tutti giovani (o giovanissimi) partite dai loro stipendi: i “veterani” che lavorano a tempo pieno fin dall’apertura (13 anni fa) guadagnano fra 1.100 e 1.200 euro. I part time lavorano 16 ore a settimana, e raggiungono i 400 euro. La direzione del supermercato paga il lavoro domenicale 2.70 in più netti l’ora. Lavorare la domenica consente di guadagnare circa 18 euro in più. Vale la pena? Per molti sì. Per tanti no. Un tempo i rapporti con la direzione erano buoni, sembrava che i clienti fossero tutti felici di comprare. Adesso, Paolo (ma il nome è di fantasia) dice che “tutti sono diventati più feroci”. Anche la gente è cambiata, dicono. Anna, reparto elettrodomestici, non ha scioperato: “Semplice. Io le domeniche le devo fare tutte. Sono part time”.
Perché dentro il tempio lavorano quasi trecento persone. Ma la babele dei contratti è grande. Alle casse, per esempio non ha scioperato nessuno: “Nemmeno lo sapevo!”, dice una ragazza. Ai reparti, invece, in tanti: “Ti credo – spiega uno di loro, anonimo – la direzione ha messo delle persone a fare gli straordinari dai giorni prima, per prevenire l’effetto sciopero. E poi ha fatto sparire i nostri volantini, quelli in cui spiegavamo ai clienti le nostre proteste. Altri li ha strappati dalla bacheca”. Anche allo scaricamento hanno scioperato in pochi. I settori più duri sono presidiati dai part time. Al reparto pesca attaccano alle cinque. E qui c’è Mirko, un altro che ha lavorato: “Ho una fortuna: un caporeparto buono. Se chiedo una domenica di riposo, ogni tanto, me la dà. Ma che mi serve? Anche la mia ragazza lavora!”.
Un tempo c’erano i sindacati, tutti. Ora quelli confederali si sono quasi estinti. “Ti credo – spiega uno dei ragazzi della vendita – hanno firmato tutto, e se scioperiamo ci criticano!”. Il sindacato che ha organizzato lo sciopero è un Cobas: “Abbiamo dovuto mobilitarci – spiega uno di loro – perché ora la direzione vorrebbe uniformare tutti i contratti in questo modo: si lavora tutte le domeniche, senza straordinario, come un normale giorno di lavoro”. Un altro ragazzo del reparto elettrodomestici: “Non ho scioperato, ma son solidale con chi lo ha fatto. A me le domeniche le hanno imposte con un trucco…”. Cioè? “Ero part time, e mi dissero: ‘Se vuoi il tempo pieno devi fare tre domeniche’. Così ho un contratto ad personam. Le devo fare comunque”. Il Volantino, aAuchan è molto più che un depliant, un testo sacro. Esce ogni settimana ed orienta il fiume dei clienti verso prodotti e settori del supermercato: “Adesso – spiega un’altra ragazza delle vendite – ci sono clienti che comprano solo le offerte. Ti faccio vedere: questa settimana pesce spada a 19.90 e albicocche a 1.99 euro al Kg? Ecco, loro comprano e mettono nel surgelatore, in attesa di tempi migliori”.
In realtà ti spiegano, gli slalomisti che comprano sempre l’offerta stracciata, e accumulano come formichine, sono una minoranza di massa. Quelli che contano di più sono coloro che gettano l’occhio anche intorno all’esca. Ma il paradosso è questo: i fedeli della domenica spendono molto di più di quello che guadagnano i commessi per tenere aperto il tempio. E i ragazzi dei reparti hanno uno sconto avaro: il 5%. Qui, nel fortino che presidia la periferia, nel tempio climatizzato del consumo, la guerra dei poveri è in questa doppia immagine. I clienti che la domenica si incolonnano davanti al garage indispettiti e quando vedono che il cancello è chiuso suonano il clacson per la rabbia. E i ragazzi che lavorano nel supermercato. Ma che per far quadrare i conti ti raccontano: “Il grosso della spesa la faccio al discount. Altrimenti con mille euro due figli come li sfamo?”. Recita il verbo del volantone: “Auchan, tutta la passione che meriti”.