Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 28 luglio 2011
Il testo integrale della lettera di Napolitano
«Mi risulta - scrive Napolitano - che il Ministro delle riforme per il federalismo e il Ministro per la semplificazione normativa, con decreti in data 7 giugno 2011 - peraltro non pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale - hanno provveduto a istituire proprie "sedi distaccate di rappresentanza operativa"; ho appreso altresì che analoghe iniziative verrebbero assunte a breve anche dal Ministro del turismo e dal Ministro dell'economia e delle finanze (quest'ultimo titolare di un importante Dicastero, anzichè Ministro senza portafoglio come gli altri tre). Come ho già avuto occasione di sottolineare al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dott. Letta, la dislocazione di sedi ministeriali in ambiti del territorio diversi dalla città di Roma deve tener conto delle disposizioni contenute nel regio decreto n. 33 del 1871, ancora pienamente vigente, che nell'istituire, all'articolo 1, Roma quale capitale d'Italia ha altresì previsto che in essa abbiano sede il Governo ed i Ministeri».
«È altresì noto che la scelta di Roma capitale è stata costituzionalizzata con la riforma del titolo V della nostra Carta che, con la nuova formulazione dell'articolo 114, terzo comma, ha da una parte introdotto un bilanciamento con le più ampie funzioni attribuite agli enti territoriali e dall'altra ha posto un vincolo che coinvolge tutti gli organi costituzionali, compresi ovviamente il Governo e la Presidenza del Consiglio: vincolo ribadito dalla legge n. 42 del 2009, che all'art. 24 prevede un primo ordinamento transitorio per Roma capitale diretto "a garantire il miglior assetto delle funzioni che Roma è chiamata a svolgere quale sede degli Organi Costituzionali».
«Infine, recentemente e sia pure in un contesto non univoco, nel corso dell'esame parlamentare del d.l. n. 70 del 2011, sono stati discussi e votati diversi ordini del giorno finalizzati ad escludere ipotesi di delocalizzazione dei Ministeri pur nell'accoglimento, senza voto, di un o.d.g. (Cicchitto ed altri) di contenuto autorizzatorio».
«Quanto al contenuto dei citati decreti istitutivi devo rilevare che i Ministri emananti, Ministri senza portafoglio, hanno provveduto autonomamente ad istituire sedi distaccate, rispettivamente, di un Dipartimento e di una Struttura di missione, che costituiscono parte dell'ordinamento della Presidenza del Consiglio».
«Poiché ai fini di una eventuale sua elasticità, il decreto legislativo n. 303 del 1999, all'articolo 7, attribuisce al Presidente del Consiglio la facoltà di adottare con DPCM le misure per il miglior esercizio delle sue funzioni istituzionali, ritengo che l'autorizzazione ad una eventuale diversa allocazione di sedi o strutture operative, e non già di semplice rappresentanza, dovrebbe più correttamente trovare collocazione normativa in un atto avente tale rango, da sottoporre alla registrazione della Corte dei Conti per i non irrilevanti profili finanziari, come affermato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 221 del 2002».
«Peraltro l'apertura di sedi di mera rappresentanza costituisce scelta organizzativa da valutarsi in una logica costi-benefici che, in ogni caso, dovrebbe improntarsi, nell'attuale situazione economico-finanziaria, al più rigido contenimento delle spese e alla massima efficienza funzionale».
«Tutt'altra fattispecie, prevista dalla stessa Costituzione e da numerose leggi attuative, è quella della esistenza, storicamente consolidata, di uffici periferici (come ad esempio i Provveditorati agli studi e le Sovraintendenze ai beni culturali e ambientali), che non può quindi confondersi in alcun modo con lo spostamento di sede dei Ministeri; spostamento non legittimato nè dalla Costituzione che individua in Roma la capitale della Repubblica, nè dalle leggi ordinarie, quale ad esempio l'articolo 17, comma 4-bis, della legge n. 400 del 1988, che consente di intervenire con regolamento ministeriale solo sull'individuazione degli uffici centrali e periferici e non sullo spostamento di sede dei Ministeri. Inoltre, il rapporto tra tali uffici periferici e gli enti locali va assicurato sull'intero territorio nazionale nell'ambito dei già delineati uffici territoriali di Governo».
«Va peraltro rilevato che a fronte della scelta, non avente connotati di particolare rilievo istituzionale, di aprire meri uffici di rappresentanza, non giova alla chiarezza una recente nota della Presidenza del Consiglio, che inquadra tale iniziativa nell'ambito di "intese già raggiunte sugli uffici decentrati e di rappresentanza di alcuni ministeri sia al Nord che al Sud, come già in essere per molti altri ministeri", così preludendo ad ulteriori dispersioni degli assetti organizzativi dei Ministeri tanto da consentire la prefigurazione, da parte di esponenti dello stesso Governo, di casuali localizzazioni in vari siti regionali o municipali delle amministrazioni centrali. E' necessario ribadire che tale evoluzione confliggerebbe con l'articolo 114 della Costituzione che dichiara Roma Capitale della Repubblica, nonchè con quanto dispongono le leggi ordinarie attuative già precedentemente citate».
«La pur condivisibile intenzione di avvicinare l'amministrazione pubblica ai cittadini, pertanto, non può spingersi al punto di immaginare una "capitale diffusa" o "reticolare" disseminata sul territorio nazionale, in completa obliterazione della menzionata natura di Capitale della città di Roma, sede del Governo della Repubblica».
«Ho ritenuto doveroso, onorevole Presidente, prospettarle queste riflessioni di carattere istituzionale al fine di evitare equivoci e atti specifici che chiamano in causa la mia responsabilità quale rappresentante dell'unità nazionale e garante di principi e precetti sanciti dalla Costituzione».
MONDADORI PAGA PER EVITARE L'ESPROPRIO di Bruno Tinti - 27 luglio 2011
E' assai improbabile che la Cassazione ribalti la sentenza d'Appello, perché la corruzione del giudice Metta è una circostanza di fatto su cui la Corte non può pronunciarsi. Fininvest ha deciso di pagare subito per evitare un'esecuzione forzata.
"La Cassazione ha tre possibilità, può confermare la sentenza della Corte d'Appello, e in questo caso la Cir si tiene i suoi 550 milioni e la faccenda è chiusa; la Cassazione può anche dire "no la sentenza di appello è sbagliata per questo o quest'altro motivo, rimando tutto in appello perché si faccia un nuovo processo". E a questo punto si deve vedere che cosa può decidere l'Appello in questo nuovo processo, in cui però è obbligata a uniformarsi ai principi di diritto che la Cassazione ha esposto. Oppure, la Cassazione può dire "la sentenza della Corte d'Appello è sbagliata, De Benedetti non deve ricevere nulla e quindi il processo si chiude qui".
Queste sono le tre possibilità teoriche, bisogna però tener conto del fatto che la Cassazione decide solo su errori di diritto e non su questioni di fatto. La circostanza che Berlusconi abbia corrotto, attraverso l'avvocato Previti, il giudice Metta che gli fece una sentenza a seguito dei 400 milioni che aveva ricevuto per dare torto a De Benedetti, che in buona sostanza consentì quindi a Berlusconi di rubare la casa editrice Mondadori, non è una questione di diritto ma una circostanza di fatto, quindi è assolutamente improbabile che la Cassazione possa modificare la sentenza della Corte d'Appello perché il fatto che Berlusconi abbia corrotto il giudice Metta è una circostanza di fatto su cui la Cassazione non può pronunciarsi.
Direi che con il 99,9 per cento di probabilità la Cassazione confermerà la sentenza della Corte d'Appello e giustizia sarà fatta."
Marina Berlusconi, dopo la sentenza, aveva dichiarato che Fininvest non era intenzionata a pagare. Perché adesso l'Azienda ha deciso di versare il dovuto, e di farlo subito? Cosa avrebbe rischiato se non l'avesse fatto?
"Beh, si dice che la sentenza è provvisoriamente esecutiva, cioè la sentenza della Corte d'Appello poteva essere eseguita anche prima che la Cassazione decidesse e quindi se loro non avessero pagato la Cir avrebbe mandato gli ufficiali giudiziari a sequestrare i beni di proprietà di Berlusconi o della Casa editrice Mondadori. Dunque, si sarebbero trovati di fronte a quella che si chiama un'esecuzione forzata: se lei non paga vengono a casa sua e le sequestrano il televisore per esempio o la macchina o l'argenteria. La stessa cosa sarebbe successa con Berlusconi."
Quel che è stato pagato costituisce solo un risarcimento simbolico, o è un pagamento che risarcisce effettivamente il danno cagionato a Cir?
"E qui è una questione di diritto abbastanza intricata, la sentenza della Corte d'Appello è diversa nelle conclusioni dalla sentenza di primo grado perché la sentenza del tribunale aveva stabilito che il criterio per liquidare i beni, il risarcimento dei danni dovuto alla Cir era quello della cosiddetta perdita di chance, cioè perdita di possibilità, di potenzialità. Il giudice di primo grado aveva detto: quanto avrebbe guadagnato la Cir in questi anni se avesse avuto il controllo della Mondadori? E il giudice di primo grado aveva stabilito di fare 750 milioni, mentre la sentenza della Corte d'Appello ha seguito un criterio diverso, ha detto: quanto valeva la Mondadori nel momento in cui Berlusconi non l'ha data alla Cir come avrebbe dovuto? 550 milioni e quindi questa è la somma liquidata. Dipende dai criteri di valutazione adottati, è su questo che la Cassazione potrebbe intervenire, potrebbe cioè dire il criterio di valutazione dei beni è stato adottato male, la regola di diritto era diversa e quindi potrebbe anche far ritornare il processo alla Corte d'Appello perché determini un nuovo ammontare del risarcimento."
Considerato che all'origine della vicenda Lodo Mondadori c'è un fatto grave come la corruzione di un giudice, come mai si è deciso per un risarcimento e non per la restituzione dell'Azienda?
"Questo è un problema in effetti abbastanza complicato che però non dipende dal fatto che a monte c'è stato un reato. Io posso risarcire una persona del danno cagionato in due modi: o, come ha detto lei, ridandole quello che le è stato preso, si chiama risarcimento in forma specifica, oppure condannando quello che le ha cagionato il danno alla dazione della somma di denaro. Non so dirle perché i giudici si sono orientati verso questa seconda possibilità, probabilmente hanno tenuto conto del fatto che in tutti questi anni la Mondadori è stata gestita da Berlusconi, si sono creati dei vincoli societari molto difficili da risolvere ed ecco perché forse hanno scelto la strada della dazione di una somma di denaro equivalente al danno cagionato."
L'ESTRATTO CONTO DELLA POLITICA.
mercoledì 27 luglio 2011
Spidertruman
Più o meno 10 giorni fa, nasce il fenomeno Spider Truman. Prima la pagina facebook “I SEGRETI DELLA CASTA DI MONTECITORIO”, poi l’omonimo blog sulla piattaforma Blogger. Circa 400.000 utenti di facebook iniziano a seguire la pagina, sul blog si riversano centinaia di commenti. Esce addirittura un video dove un sedicente Spider Truman mostra dei dossier su vari esponenti politici italiani e ne minaccia la diffusione. I media main stream e tutta la Internet italiana entrano in fermento in attesa della rivelazione dei “segreti”.
Spider Truman inizia a vuotare il sacco raccontando una banalità dietro l’altra, l’attesa cresce mentre i seguaci continuano a richiedere informazioni più succulente. Dopo meno di una settimana, si scopre che dietro Spider Truman c’è Francesco Saverio Caruso, uomo già noto per aver rappresentato in maniera indubbiamente controproducente l’opposizione italiana. Nonostante, in qualche modo, risulti violata l’identità di chi manovra il simbolo di quella che sembrava la rivoluzione telematica italiana, i giornali occultano la notizia. Il Corriere on line pubblica solo una breve intervista a Caruso che smentisce, ammette e poi smentisce di nuovo, la Repubblica non dà nemmeno la notizia e cancella Spider Truman dalla storia.
Il presidio dell’opposizione extra parlamentare è uno degli obiettivi principali dei servizi segreti. Presidio che può avvenire per mezzo di infiltrati, provocatori o informatori. Impossessarsi della protesta per ridicolizzarla, banalizzarla o estremizzarla è un efficace strumento di controllo. Forse non è questo il caso, ma i fatti sono questi. Ognuno è libero di farsi un’opinione.
Insula Utopia
Anders Behring Breivik ha scelto l’isola di Utoya. Mentre Thomas More, a suo tempo, scelse Insula Utopia, ambiguamente sospesa fra ou-topos ed eu-topos. Letteralmente “luogo felice inesistente”.
Un’inquietante casualità che pare messa lì da un caso maligno per suggerire che la prima potrebbe essere l’altra faccia della seconda. Il luogo inesistente in cui trova rifugio il bisogno di trascendenza che ci affligge, talvolta fino a travolgerci. Frutto dell’inesausta incapacità di accettarci per quel che siamo: carne, sangue, connessioni neuronali, spazi sinaptici, e basta. Fino a prova contraria. In grado di fiorire in splendidi fuochi di artificio, ma anche di avvitarsi su se stessi per precipitarci anzitempo nel più profondo del nulla.
Turbe adolescenziali che tralignano, troppo più spesso di quel che dovrebbero, in patologie capaci di durare l’intera vita; talvolta per scaricare i propri frutti avvelenati su chi ha la sventura di trovarsi a passare da quelle parti. Fortunatamente non spessissimo.
Pare che Anders Behring Breivik, all’insaputa dell’interessato, trovasse perfettamente di suo gusto l’assunto di Stuart Mill, l’opposto di un invasato, secondo cui “Una persona dotata di credenza (belief) costituisce una forza sociale pari e novantanove persone dotate solo di interessi”.
Anche Giuliano Amato, uno per bene, che non ha mai ammazzato nessuno, qualche tempo fa sosteneva la stessa cosa. Che i credenti godrebbero di un grosso vantaggio rispetto ai non credenti, cui la mancanza di fede impedirebbe di muovere le montagne.
Quasi che lo scopo della vita fosse di muovere le montagne.
Deve esserci nella nostra natura un demone che ci fa smarrire il senso delle proporzioni, spingendoci a misurarci con cose più grandi di noi.
La cosa si potrebbe liquidare sostenendo che di pazzia si tratta. Se non fosse un genere di pazzia un po’ troppo diffuso. Soprattutto se non godesse della benevola condiscendenza, quando non addirittura dell’incondizionata ammirazione, dei più.
Sto parlando della reputazione di cui gode la fede nell’immaginario popolare: la fede in Dio, nell’Idea, in Se Stessi.
Che si tratti di una valutazione sbagliata è dimostrato dallo stupore con cui l’opinione pubblica reagisce ogni volta, sgomenta, davanti alle malefatte dell’Inquisitore, dell’Imbianchino, del Breivik di turno. Quando la frittata ormai è fatta e le uova sono irrimediabilmente rotte.
Il fatto è che ci sono troppe persone che si sentono chiamate a salvare il mondo dalle proprie colpe e troppe platee disposte a vederci dei santi, dei condottieri, degli eroi. Quando non addirittura dei messia.
Dovremmo imparare a guardare con più diffidenza quelli che sentono le voci che li chiamano all’impresa. La figura di Caifa andrebbe rivalutata.
Correremmo il rischio di soffocare Giovanna d’Arco nella culla, ma ci risparmieremmo qualche Imbianchino e moltissime fregature.
Oggi, per la prima volta, ho pregato molto. Ho spiegato a Dio che, a meno che non voglia vedere l’alleanza marxista islamica e alcuni islamici d’Europa distruggere la cristianità europea nei prossimi cento anni, deve far sì che i guerrieri in lotta per la cristianità europea prevalgano. Deve assicurare il successo della mia missione; ispirare centinaia di rivoluzionari conservatori/nazionalisti anticomunisti e anti-islamici in tutta l’Europa… Noi conservatori rivoluzionari, in realtà, stiamo vivendo un sogno o compiendo un sacrificio? Se sentissi che qualcun altro potesse svolgere questo compito non lo farei certo io. In quel caso mi piacerebbe crearmi una famiglia e concentrarmi sulla carriera.
Anders Breivik
http://www.mentecritica.net/insula-utopia/cuore-di-tenebra/border-zone/fma/20646/