Grazie a quei soldi, molti italiani erano riusciti a comprare i decoder a un prezzo scontato in media di 150 euro continuando così a guardare sul digitale i loro canali preferiti, tra cui anche le reti del Biscione, dopo lo switch off della televisione analogica.
Già nel 2007 la Commissione aveva bocciato l’iniziativa del governo italiano (220 milioni di euro nel 2004-2005) perché costituiva un “aiuto di Stato” a favore di quelle emittenti che offrivano anche servizi televisivi a pagamento, come per esempio Mediaset Premium.
Ai tempi erano state proprio le televisioni del Cavaliere a fare ricorso contro la decisione di Bruxelles. La Commissione, infatti, pur ritenendo il passaggio dalla tv analogica a quella digitale un “obiettivo di interesse comune”, aveva rilevato che aiutare solo gli operatori analogici terrestri, come Mediaset, “non risultava un provvedimento proporzionato” e “produceva distorsioni della concorrenza”. In altre parole ci guadagnava solo Mediaset e per giunta con i soldi di tutti.
Oggi, dopo il fallimento del ricorso al Tribunale, l’altra doccia fredda. L’Alta Corte condivide infatti il ragionamento del Tribunale secondo cui “l’elemento di selettività basato sulle caratteristiche tecnologiche, che favorisce la tecnologia digitale terrestre rispetto a quella satellitare, ha comportato una distorsione della concorrenza, ragion per cui la misura di cui trattasi è incompatibile con il mercato comune”.
Adesso le autorità nazionali dovranno mettere mano al portafogli e calcolare loro stesse la cifra da recuperare, visto che “il diritto dell’Unione non impone alla Commissione di fissare l’importo esatto dell’aiuto da restituire”. E qui sorge un altro problema, visto che l’Italia non è esattamente uncampione di velocità nel recupero fondi. È recentemente successo con gli aiuti stanziati dall’Italia per le alluvioni e disastri naturali del 2002 che secondo l’Ue erano illegittimi e troppo alti. Condannato al recupero di tali aiuti, il governo nazionale si è fatta ulteriormente sanzionare dall’Alta Corte per il ritardo del recupero stesso, accumulando sanzioni su sanzioni.
“E’ stata bocciata una legge ad aziendam”, dice David Sassoli, presidente degli eurodeputati del Pd, che sottolinea come la decisione riaccenda i riflettori sul “confitto d’interesse del presidente del Consiglio”.