martedì 9 agosto 2011

WHY?- postato da Claudia Petrazzuolo.


Ho mal di pancia!, ancora, di nuovo.
“Non ti preoccupare – mi dice il medico all’ennesimo consulto – se fosse una cosa brutta…, ormai ce ne saremmo accorti: è lo stress, un po’ di colite…, mangia qualche giorno in bianco e vedrai, passa da solo… -
- Medicine … ? – gli chiedo nella speranza di attenuare quel sordo spasmo cronico che da tempo immemorabile mi è compagno di tutti i giorni.
- Ma no, sopporta, e poi non vorrai farmi sforare con la spesa sanitaria …, vai, vai… e se non passa… fammi sapere.-
Non sbatto la porta solo perché il suo studio di porte non ne ha. Una pesante tenda lo divide da un lungo corridoio che da nella sala d’aspetto. Il tutto alla faccia della privacy di ciascuno.
Salgo in macchina, ancora una volta mi tocca andare a spendere di tasca i soldi per il buscopan oppure per il rilaten o per qualsiasi cosa mi consiglierà il farmacista. Sono incazzato nero, il ventolin più di due al mese non si può, il mepral me lo devo comprare dato che è prescrivibile solo dopo una gastroscopia e per farne una o paghi o aspetti tre mesi, l’ecoaddome … non ne parliamo, di mesi ce ne vogliono quattro….
- Oh Signore! - Penso sgommando all’uscita del parcheggio , rendendomi immediatamente conto di aver fatto l’ennesima cazzata; il vigile messo lì dalla divina provvidenza e dalla fame di soldi comunale, alza immediatamente la paletta e fa segno di accostare. Mi affianco al marciapiedi, spengo il motore, che veda che voglio collaborare, e con il mio miglior sorriso lancio un accomodante, speranzoso “ buon giorno”.
- Lei è senza cintura – mi assale - guida come un pazzo …, per chi dovrebbe essere un buon giorno?... Patente e libretto. –
Gesù, ecco che ho di fronte un altro con la voglia di fare lo spiritoso o che magari è solamente incazzato pure lui. Lo guardo, no, non mi pare che manifesti qualche sintomo di dolore: ha l’aria tipica di quello che, indossata una divisa, ha deciso che adesso l’aggiusta lui il mondo:
- Veda è che … - gli porgo la patente- … il problema sta nel fatto che ho mal di pancia e avevo fretta di arrivare in farmacia ….-
- Lei era senza cintura … -
- Non lo nego … le stavo spiegando … -
- Io so solo che lei era senza cintura … -
S’è rotto questo qua e non ha alcuna intenzione di collaborare; adesso mi fa male anche lo stomaco, avessi almeno con me il mio Mepral: diciassette euro e quando ti serve non ce l’hai mai appresso:
- Mi lasci dire …, non posso mettere la cintura perché mi stringe sulla pancia e dato che mi fa male, allora non la metto …-
- Ah – esclama - Ha l’esenzione, bene, me la faccia vedere … -
- No guardi, l’esenzione non ce l’ho, per averla devo fare una visita specialistica che mi hanno programmato fra tre mesi e quindi … -
- E quindi è in contravvenzione …, che fa concilia?... –
- Guardi, ho le prescrizioni del mio medico … queste non vanno bene?-
- La legge dice che deve essere il Medico della Asl a fare il certificato …, allora concilia?-
- No, non solo non concilio, - cerco di tagliar corto tra uno spasmo intestinale ed uno gastrico - ma le contesto il verbale e pretendo che lei scriva che non ho nessuna intenzione di pagare la multa … e facciamo presto perché se no le vomito addosso ... .-
La minaccia funziona perché dopo poco sono di nuovo in macchina in cerca di una farmacia con in più un mal di stomaco bestiale ed un debito di 170 euro verso il sindaco che io ho votato e che ha abbassato i pantaloni a questo governo di merda … .
Passo davanti alla Asl, decido di fare il buon cittadino e mi metto in fila per la visita dal medico sanitario; due ore, finalmente è il mio turno, entro: sono una persona educata, saluto, mi siedo, spiego i miei sintomi, gli dico del mio medico, gli racconto come per fare gli accertamenti richiesti ci siano almeno tre mesi di attesa. Lo sa, ma sembra non gliene freghi nulla, gli chiedo di visitarmi e poi di certificare quanto di sua competenza. Sbuffa, mi guarda dice che non può certificare niente: senza quegli esami il certificato di esenzione all’obbligo della cintura non può farmelo. Nemmeno provvisorio.
- Ma dottore … - tento un dialogo da collaborazionista - … lei mi visiti.., la sua scienza le suggerirà di certo qualcosa, potrà certificare se non la causa, almeno i sintomi … .-
Si incazza, alza la voce, volge lo sguardo al cielo e poi intorno come a chiedere aiuto e protezione dalla protervia di questi rompicoglioni che ogni giorno vengono ad arrecargli fastidio, quindi puntando un dito tremante e minaccioso:
- Quello che posso o non posso fare – sbotta – lo decido io, ha capito?..-
Non lo lascio continuare, gli acchiappo quel dito con la mano e glielo spingo fin sotto il naso:
- Maledetto idiota – gli faccio – almeno certificami quanto sei stronzo! – poi lo mando affanculo ed esco sbattendo una porta, lui ce l’ha, che si apre in una sala di persone le quali, avendo sentito tutto nonostante la porta, sono plaudenti ed approvanti.
Non credo mi denuncerà, avrei troppi testimoni a mio favore; comunque sia, ormai sono lanciato, ho deciso che, per quanto mi riguarda, stomaco ed intestino vadano a farsi fottere anche loro, che crepino, si ulcerino, muoiano ed io con loro, ma questa volta non mi fermo: punto di arrivo la stazione dei caramba. Ha i capelli bianchi, arruffati, sembra si sia svegliato da poco ma la sua espressione è tipica di colui che “ almeno per oggi basta! “. E’ un maresciallo maggiore, dietro alla scrivania ricolma di carte ed incurante del telefono che continua a squillare mi esorta a raccontargli il motivo della mia visita. Lo stomaco si contorce strappandomi un gemito di dolore, si preoccupa, mi offre un bicchiere d’acqua che rifiuto per poi sotterrarlo nel pantano della mia storia.
Vedo, anzi intuisco che è tentato dal farmi un sermoncino sul rispetto che si deve ad un pubblico ufficiale, ma ci ripensa, poi scrolla le spalle e con fare rassegnato ma accomodante lancia un: - Ed io cosa dovrei fare?....? – che mi lascia disarmato e frustrato. Lo guardo, scrollo le spalle anche io, mi alzo, faccio per andarmene e, sulla porta, tento un ultima disperata carta:- Ma la legge Bassanini, non mi permetterebbe di autocertificare il mio stato di sofferenza? –
Scuote la testa senza rispondere, lo lascio che sorride forse pensando alla mia illusione o forse solamente al fatto che la giornata sta per terminare. L’insegna della farmacia, pretenziosamente scritta anche in greco, illumina le mie spalle, ho fatto rifornimento di tutto ciò che mi serviva: 60 euro di medicinali! Chissenefrega, li leverò dai soldi dell’iva e chi s’è visto s’è visto … .
Finalmente a casa.
I farmaci cominciano a fare il loro effetto mentre il televisore biascica notizie su notizie ed ogni telegiornale è normalizzato all’altro nel dire che: “ I mercati qui .., Berlusconi là …., Tremonti sopra …, Bossi sotto …, gli italiani comunque inchiappettati! ”. Socchiudo gli occhi e mi perdo in alte considerazioni socio-politico-filosofiche: “ Domani …, domani …, sto meglio e rompo il culo a tutti …, domani … FORSE … !.
Fortebraccio “



lunedì 8 agosto 2011

Londra brucia, ancora guerriglia nei quartieri. Arrestati in 225 e 35 poliziotti feriti.


Dopo gli scontri di sabato, ancora paura per le strade della capitale. Nuove violenze si sono registrate domenica sera nella vicina zona di Enfield. Nella notte gruppi di giovani incappucciati hanno attaccato diversi negozi a Brixton, Streatham, Turnpike Lane, Walthamstow, Chingford e Leyton.

Palazzo in fiamme a Tottenham, quartiere a nord di Londra

Dopo 225 arresti e due notti di delirio a Londra gli umori dei quartieri ‘difficili’ continuano a essere volatili quanto i listini delle borse. I nervi di politici e poliziotti dunque restano tesi. Un conto, infatti, è avere a che fare con un’ondata di teppismo, per quanto incubata all’interno di una situazione economico-sociale più che fragile, un altro è una rivolta su larga scala delle banlieu di sua Maestà. Al momento l’ago sembra pendere verso la prima ipotesi: le comunità locali hanno in gran parte preso le distanze dai facinorosi. Eppure le schermaglie continuano. E basta un errore, una manganellata di troppo, per rischiare un’altra escalation di violenza.

Theresa May, il ministro dell’Interno britannico, lo ha capito ed è tornata in anticipo dalle vacanze appositamente per discutere il da farsi con la polizia. Così pure Nick Clegg, il vicepremier. Che oggi, prima di recarsi in visita a Tottenham per ispezionare l’entità dei danni e ascoltare le ansie dei residenti, ha espresso dure parole di condanna per gli eventi definendoli come “un’inutile e opportunistica serie di furti e violenze che non ha assolutamente niente a che vedere con la morte di Mark Duggan“. Sarà. Sta di fatto che in pieno pomeriggio un centinaio di giovani si sono scontrati con gli agenti di Scotland Yard nel popolare quartiere di Hackney, nell’East End di Londra. Risultato: vetrine rotte, qualche furto, traffico deviato. Ovvero lo stesso andazzo di domenica notte. A Endfield, Edmonton, Brixton, storico quartiere della comunità afro-caraibica dove i danni sono stati più intensi, gli attacchi sono stati repentini, coordinati grazie al sistema di scambio messaggi ‘privato’ dei BlackBerry più che dai social network d’ordinanza come Facebook o Twitter.

Se dunque la scala dei disordini non può certo essere paragonata al disastro di Tottenham, alcune zone di Londra ieri notte erano irriconoscibili: centinaia di agenti per le strade, decine di cellulari in continuo movimento a sirene spiegate, elicotteri di pattuglia nei cieli armati di potenti fari che illuminano a giorno i marciapiedi. “Sono disgustata da questa inutile violenza”, ha detto questa mattina, osservando i danni nel suo quartiere, Yvonne Clarke, 48enne residente di Brixton. Un sentimento spesso condiviso: “a che serve svaligiare i negozi? perché spaccare tutto senza motivo?”, si chiedono gli abitanti dei rioni colpiti. Il comandante della Metropolitan Police Adrian Hanstock taglia corto: “Qui non si tratta di un gruppo di persone che agiscono per conto o con il sostegno delle comunità locali; sono al contrario le comunità locali ad essere sotto attacco”.

Ma c’è di più. I tagli decisi dal governo, infatti, stanno finalmente iniziando a mordere. A Tottenham, ad esempio, vi sono 50 persone per ogni lavoro disponibile, le richieste di sussidi alla disoccupazione sono saliti del 10% rispetto all’anno passato e la disoccupazione ha colpito i giovani duramente. Contemporaneamente il budget della circoscrizione di Haringey dedicato ai servizi per i ragazzi è stato ridotto del 75%. Così otto ‘youth club’ su tredici, centri ricreativi giovanili, sono stati chiusi dal comune. “Ora non sappiamo più cosa fare e giriamo per la strada; e la polizia ci ferma”, ha raccontato un ragazzo nero al Guardian. E non è raro che gli incidenti scoppino proprio a causa di semplici controlli e perquisizioni. Ad Hackney è andata così. Lo spettro, ad ogni modo, viene dal passato. “Non vogliamo tornare negli anni ’80″, ha messo in guardia l’ex sindaco Ken Livingstone. Eppure il paragone inizia a fare capolino: scontri, manifestazioni di protesta, l’economia che ristagna, un premier Tory a Downing Street.


Financial Times ironizza: “Crisi? Berlusconi la guarda dalla spiaggia”.



“Berlusconi guarda la crisi dalla spiaggia”. Questo il titolo dell’ultimo impietoso articolo che ilFinancial Times dedica all’Italia e alla sua situazione economica. Dietro le parole, il doppio significato che il giornale britannico legge nel ruolo del governo del Cavaliere nella risoluzione della crisi. Da un lato, infatti, Berlusconi è fisicamente assente: “Alla riapertura dei mercati sarà al mare – scriveva ieri sera il Financial Times – ansioso di sapere se le misure annunciate in fretta e furia saranno sufficienti per fermare la marea”. Talmente ansioso, scrive ancora il Times, da essersi “rifugiato nella sua lussuosa villa, ufficialmente per festeggiare il 45° compleanno di sua figlia Marina”.

Dall’altro, e qui la critica diventa feroce, nessuno sembra stracciarsi le vesti per la sua assenza: “I critici hanno insinuato che la cosa sia poco rilevante, considerato che la politica economica è nei fatti dettata dall’esterno, nel momento in cui l’Italia diventa l’ultimo fronte nella battaglia per salvare l’Euro dalla crisi dei debiti sovrani”.

Italia commissariata? Sì, almeno a leggere la successiva impietosa analisi della situazione della borsa italiana, della considerazione del premier e della lettura che i media del Belpaese danno della crisi. Insomma, sembra dire il Financial Times, che il premier guidi o meno l’Italia in questo momento non fa alcuna differenza.


Berlusconi si fa pagare il conto. - di Peter Gomez.




Dopo soli tre anni di governo Silvio Berlusconi ce l’ha finalmente fatta. Con la fortunata collaborazione di buona parte del parlamento il premier é riuscito a portare il Paese, che lui diceva stare “meglio degli altri”, a un passo dal baratro e a minacciare di tirarsi dietro nel precipizio tutto il resto di Europa. Risultato: da domenica le decisioni che riguardano la nostra economia, come dimostrano il comunicato congiunto di Merkel e Sarkozy e la lettera di Trichet e Draghi, non vengono più prese a Roma.

Ovviamente il commissariamento del nostro esecutivo non sarebbe di per sé un gran guaio. Per i bilanci dello Stato meno Berlusconi e il suo futuro ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, fanno e meglio è. Purtroppo però una cosa sono i conti pubblici e un’altra le condizioni reali dei cittadini. E già dai prossimi giorni gli elettori avranno modo di rendersene conto.

All’invito a fare in fretta e a passare dalle parole ai fatti, il governo non potrà che rispondere con un decreto legge. Dentro ci saranno più tasse (molte di più) e meno stato sociale (molto di meno). Presto, poi, si inizierà a discutere seriamente di patrimoniale. Ma non tarata sui ricchi, come sarebbe giusto e logico. Visto che si é arrivati in ritardo di almeno 24 mesi, si dovrà fare cassa subito. Per questo verranno colpiti i ceti medi. Il risparmio delle famiglie, del resto, è l’unica voce del bilancio italiano che, nel bene e nel male, continua a dare qualche soddisfazione (i depositi bancari tra il 2007 e il 2011 sono aumentanti in valore reale del 4,7 per cento). I denari per non fallire il governo non saprà far altro che andarli a prendere lì. Come, lo sapremo presto.

Le chiacchiere, del resto, stanno a zero. La conferenza stampa congiunta di venerdì sera tra i due separati in casa Berlusconi e Tremonti, ha rappresentato l’acme della tragicomica pochade messe in scena in questi anni dai due anziani politicanti. Il tentativo di far passare l’idea che per rendere competitivo il Paese fosse necessario cambiare l’articolo 41 della Costituzione è stato un insulto all’intelligenza. E non solo per una questione di merito. Anche per una questione di metodo.

Se pure il premier e il suo ex commercialista avessero ragione (e non ce l’hanno), non possono far finta di non sapere che per cambiare la Carta fondamentale ci vogliono, a essere ottimisti, 18 mesi e due terzi dei voti del Parlamento. Troppo. Decisamente troppo per un paese che di fronte a sé ha un futuro da contare non i mesi, non in settimane, ma in giorni.

Certo se (e non è per nulla detto) la cura da cavallo imposta da Parigi e Berlino, con i relativi acquisti di titoli di Stato da parte della Bce, servirà per farci sopravvivere alla tempesta dei mercati, resta il non secondario problema di che cosa fare per tentare di risalire la china.

Mentre si discute di privatizzazioni, liberalizzazioni e di tagli ai costi della politica (tutti scelte doverose) l’intervento più semplice è la drastica riduzione del denaro contante che circola nel nostro paese. Eliminare il cash infatti vuol dire dare, da subito, un duro colpo a evasione fiscale e corruzione.

Come farlo? Rendendo obbligatorio da subito l’utilizzo di bancomat, assegni e carte di credito in tutte le transazioni economiche superiori ai 500 euro (un limite che poi andrà ritoccato progressivamente verso il basso).

Un provvedimento del genere, questo è chiaro, Berlusconi non lo digerirà facilmente. Nel 2008, al grido “vogliono uno Stato di polizia tributaria”, eliminò tutte le disposizioni del governo Prodi sullatracciabilità dei pagamenti (poi solo parzialmente reintrodotte). E lo fece tra gli applausi. Del suo elettorato, dei professionisti, degli industriali, delle organizzazioni di categoria e, ovviamente, di buona parte dei media. Pure di quelli che oggi gli danno addosso.

Ma allora il premier era un vincente. Era un mercante di falsi sogni a cui gli italiani avevano fatto scivolare il Paese in mano. Oggi quel Paese non c’è più. I sogni del mercante lo hanno distrutto. Restano solo i conti. Che, purtroppo per noi, andranno pagati tutti.




Il signore col cane che ci ha tolto le parole di bocca.



Intervento di un cittadino durante un'intervista a Francesco Pionati di Alleanza di centro. Il signore asserisce che il suo cane è più intelligente di Pionati, io aggiungerei anche più serio.
1) Un italiano che manifesta dissenso e disagio non rompe le scatole, e queste parole hanno scatenato una reazione
2) Le ultime parole di Pionati: "ecco cosa è l'italia di oggi"
Appunto. Un politico ascolta, dialoga, media, non insulta.


Chiusa l'inchiesta sulla P3 "Era una società segreta".


Rischiano il processo Cosentino, Dell'Utri e Verdini. Nella richiesta di fine indagine dei pm di Roma potrebbero esserci nuovi nomi

di MARIA ELENA VINCENZI
ROMA - Nuovi indagati, nuovi scenari. L'indagine sulla P3 del procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo e del sostituto Rodolfo Sabelli è chiusa. Nei prossimi giorni, forse già oggi, verranno notificati gli avvisi di conclusione indagine per un'inchiesta che aveva messo a dura prova la maggioranza. E non solo: nel registro degli indagati, oltre al nome del coordinatore del Pdl Denis Verdini, del senatore e fedelissimo di Berlusconi, Marcello Dell'Utri, e del sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, anche quelli di molti magistrati e di politici locali. Tra cui il governatore della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, e dell'ex sottosegretario all'Economia e coordinatore Pdl della Campania, Nicola Cosentino.

Una vera e propria "loggia" che aveva mani ovunque, quella che emerge dalla carte della procura di Roma, capace di arrivare in molti uffici di potere. Un ciclone che si è tirato dietro molti nomi illustri che nella scorsa estate hanno sfilato a piazzale Clodio, sentiti chi come indagato, chi come testimone. Insomma, una nuova massoneria, secondo l'accusa, che tra gli altri reati imputati ai singoli, ha contestato a tutti le violazioni della legge Anselmi sulle società segrete. Il sistema messo in luce da Capaldo e Sabelli si reggeva su tre personaggi chiave: il faccendiere Flavio Carboni, l'imprenditore Arcangelo Martino e il magistrato tributarista Pasquale Lombardi, tutti e tre arrestati l'8 luglio del 2010. Per loro la richiesta di rinvio a giudizio - prevista tra circa un mese - è quasi scontata. Ma sono attese molte altre sorprese.

Anni di indagini condotte dai carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Roma che hanno portato a scoperchiare un gruppo che si era occupato di diverse questioni. Cinque i filoni in cui era divisa l'enorme inchiesta. Iniziata con alcune indagini sull'affare dell'eolico in Sardegna, su cui sono stati fatti molti altri accertamenti. Capitolo, questo, che coinvolge Verdini e Cappellacci e che potrebbe riservare novità. Che peraltro sono attese pure per la vicenda del contenzioso fiscale della Mondadori: episodio sul quale il "clan" si diede parecchio da fare per prendere tempo, tentando di evitare che la causa con l'Erario della casa editrice della famiglia del presidente del Consiglio finisse davanti a magistrati "troppo rigidi". Obiettivo riuscito: si strappò il rinvio alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Poi, ancora, nascosti tra convegni di magistrati e pranzi a casa Verdini, ci sono il falso dossieraggio per cercare di screditare, attraverso false notizie su presunte frequentazioni sessuali di quello che oggi è il governatore della Campania, la sua candidatura. Tra gli elementi di indagine la questione dell'esclusione della lista Formigoni dalle amministrative e le pressioni esercitate su moltissimi magistrati per cercare di sapere con anticipo come la Corte Costituzionale avrebbe deciso sul Lodo Alfano. Insomma, mentre la procura di Napoli si occupa della P4 (che ha comunque diversi legami con l'inchiesta romana) che sfiora il procuratore aggiunto di Roma per un pranzo a casa dell'avvocato Luigi Fischetti con il ministro Giulio Tremonti e il suo braccio destro Marco Milanese, questo capitolo continua la sua strada. E la procura romana si appresta a chiudere una delle inchieste che ha tenuto i palazzi del potere con il fiato sospeso.


Berlusconi “marionetta”. Draghi? “Pinocchio”. La stampa tedesca contro l’Italia. - di Mauro Meggiolaro


“L’Italia gioca al teatrino della politica sull’orlo del precipizio”, titolava mercoledì scorso la Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz), il più autorevole quotidiano tedesco, riferendosi alle scaramucce tra Berlusconi e Tremonti. Due attori che non avrebbero pensato agli “effetti delle loro performance sugli altri paesi dell’area Euro e soprattutto sui mercati finanziari”, contribuendo ad “alimentare le speculazioni sull’Italia”. Più che attori i politici italiani sarebbero però ormai delle “marionette” manovrate da Francia e Germania. Lo sostiene oggi il quotidiano liberale austriaco Der Standard: “il governo di Silvio Berlusconi non è più capace di agire”, scrive Thesy Kness-Bastaroli in un editoriale sulla crisi. “Venerdì, nel giro di poche ore, il primo ministro italiano e Giulio Tremonti hanno sostenuto esattamente il contrario di quello che avevano predicato nei giorni precedenti”. All’improvviso tutto è cambiato. La crisi, che fino a venerdì pomeriggio era “colpa dei mercati”, verso sera diventa una minaccia che “potrebbe portare al crollo dell’Italia”.

“Non è chiaro se le contromisure proposte dal governo basteranno a salvare il paese”, continua Kness-Bastaroli. “L’unica cosa certa è che ora l’Unione Europea, la BCE e anche la Germania reggono ormai le fila (della politica economica italiana, ndr). Berlusconi è diventato una marionetta nelle mani di decisori stranieri”. Per L’Italia, sempre per Der Standard, si tratta di un “declassamento politico”, perché “in futuro le decisioni sulla crisi italiana saranno prese sempre più spesso a Bruxelles o a Berlino piuttosto che a Roma”.

Sotto attacco finisce oggi anche il governatore della Banca d’Italia e futuro presidente della BCE Mario Draghi. Il quotidiano economico tedesco Handelsblatt gli dedica la rubrica “Pinocchio del giorno”, riservata alle dichiarazioni mendaci di politici ed esponenti del mondo economico. Draghi, solitamente coccolato dal giornale di Francoforte, viene preso di mira per aver detto, il 15 febbraio scorso (in un’intervista alla Faz) che “l’Italia non è un paese a rischio finanziario”. “Il nostro paese non rischia gli effetti disastrosi della crisi economica globale e vi sono diversi motivi alla base di questo ragionamento”, aveva dichiarato Draghi. “L’indebitamento delle famiglie e delle imprese italiane è tra i più bassi del vecchio continente: un fattore che dovrebbe incoraggiare ad essere più ottimisti”.

Oggi l’ottimismo si è esaurito. Di fronte all’attacco dei mercati, l’unica via d’uscita sembra essere la rapida approvazione di misure drastiche per ridurre il debito e rilanciare la crescita economica. “E’ vero che non ci si potevano aspettare da Draghi dichiarazioni negative sull’Italia che avrebbero potuto generare allarme nei mercati”, scrive Handelsblatt, nella sua rubrica. “Ma il governatore della Banca d’Italia avrebbe fatto bene a tacere. Perché sono i mercati che decidono se un paese è o meno a rischio, non i governatori delle banche centrali”.

Ai commenti dei giornali iniziano ad aggiungersi oggi anche le dichiarazioni dei politici tedeschi. Il primo ad uscire allo scoperto è Rainer Brüderle, capogruppo dell’FDP (Partito Liberale Tedesco, alleato di governo della Merkel), con un’intervista al quotidiano scandalistico tedesco Bild Zeitung, il giornale più venduto in Europa. “Ora dobbiamo salvare anche l’Italia signor Brüderle?”, gli chiede la Bild. “No. L’Italia non è la Grecia. La struttura economica del paese è chiaramente più stabile e competitiva di quella greca”, risponde Brüderle. “L’Italia ce la può fare con le proprie forze”. Tradotto dal politichese, come si affrettano a fare la Süddeutsche Zeitung e Reuters, questo significa una sola cosa: Brüderle, almeno a parole, è contrario agli aiuti europei all’Italia. E i liberali tedeschi potrebbero decidere di ostacolare il lancio del salvagente finanziario da parte del governo Merkel.