mercoledì 19 ottobre 2011

Firme false, la lista di 1.500 nomi nel pc dell'assistente della Minetti.



Firme false, la lista di 1.500 nomi nel pc dell'assistente della Minetti
Nicole Minetti e Clotilde Strada



I radicali chiedono l'intervento del presidente Napolitano. Formigoni: "Ho vinto col 57 per cento dei voti. Il resto è un'acrobazia da legulei". Il Pd: "Pdl e Lega si assumano le loro responsabilità".


di DAVIDE CARLUCCI e TIZIANA DE GIORGIO


La prova regina, i carabinieri della sezione di polizia giudiziaria e del nucleo operativo che indagano con il procuratore aggiunto Alfredo Robledo l’hanno trovata nel computer di Clotilde Strada, l’assistente personale del consigliere regionale Nicole Minetti. Nella memoria del pc — lo stesso che i pm Antonio Sangermano e Ilda Boccassini hanno analizzato per conoscere i segreti del “caso Ruby” — c’era un file che potrebbe rivelarsi decisivo per dimostrare che le firme raccolte per la candidatura di Roberto Formigoni alle elezioni regionali del 2010 erano false. È un elenco di 1.500 nominativi, e relativi estremi anagrafici, che risale al 2005, ovvero alle precedenti regionali. 


Firme false, bufera su Formigoni I documenti taroccati I radicali in tribunale con le firme false


Quel che gli investigatori sospettavano da tempo ha trovato riscontro in quel file. Fra i 1.600 testimoni sentiti nel corso delle indagini, infatti, ce ne sono stati alcuni — meno di un centinaio — che hanno disconosciuto non solo le loro firme, ma anche gli estremi delle carte d’identità 
rilasciati per convalidare le loro sottoscrizioni. E le sigle identificative dei documenti personali sono state ritrovate nell’elenco del 2005. Spiegazione: erano le vecchie carte d’identità, nel frattempo scadute, degli inconsapevoli sottoscrittori che nel frattempo le avevano rinnovate. 


Ma non è l’unica sorpresa contenuta nelle informative dei carabinieri. Curiosa è anche la richiesta, da parte del consigliere provinciale pdl Barbara Calzavara, di 220 certificati elettorali al Comune di Milano di persone che di lì a dieci giorni si sarebbero ritrovati nell’elenco a loro insaputa. Altra incongruenza, i due “elenchi fotocopia” per Formigoni e per il Pdl: improbabili firmatari che un giorno sottoscrivono per il listino del governatore e il giorno dopo lo fanno, nello stesso ordine cronologico, per la lista provinciale. Com’è possibile?


Formigoni continua a non scomporsi. E si mantiene ben lontano da un gesto di scuse, chiesto anche da chi si è visto rubare la firma: «La gente di Lombardia ha deciso Formigoni con il 57 per cento, oltre 20 punti di distacco rispetto al secondo — ripete il governatore — questo è il dato che interessa». Il resto sono «acrobazie di legulei». E poi: «C’è un giudice imparziale che alla fine deciderà, prima è inutile chiacchierare».


Ma i radicali controbattono: «Le sentenze arriveranno solo dopo la fine della legislatura di questo consiglio regionale abusivo», dicono Marco Cappato e Lorenzo Lipparini davanti al gazebo allestito in piazza Cordusio, tappezzato con le riproduzioni degli elenchi con le firme fasulle. E rilanciano con una petizione al presidente Napolitano perché il giudizio arrivi in tempi brevi, vista la decisione della Corte costituzionale che autorizza solo il giudice civile a verificare la veridicità delle firme. Decisione, questa, che rischia di allungare a dismisura i tempi del giudizio. I radicali puntano il dito anche sui nomi degli indagati: «Ci sono solo gli esecutori materiali, mancano i mandanti politici». A chiedere a Pdl e Lega un’assunzione di responsabilità è anche il pd Giuseppe Civati. «Non possono continuare a far finta di niente».

http://milano.repubblica.it/cronaca/2011/10/19/news/firme_false_la_lista_di_1_500_nomi_nel_pc_dell_assistente_della_minetti-23465327/?ref=HREC1-7

Quei dossier segreti di Lavitola tra Cosentino e la Guardia di Finanza.

Quei dossier segreti di Lavitola tra Cosentino e la Guardia di Finanza


Le intercettazioni effettuate nell'ambito dell'inchiesta di Pescara mettono in luce tra l'altro lo stretto rapporto del faccendiere con il coordinatore del Pdl in Campania, per il quale i pm avevano chiesto l'arresto per concorso in associazione camorristica. I sospetti su Milanese, le telefonate al generale Poletti

ROMA - A Valter Lavitola piace la politica fatta coi dossier. Spionaggio e colpi bassi. Il suo mondo è questo. Ci si muove come un pesce. Lo dimostrò nel caso di Fini, della casa di Montecarlo, della falsa lettera prodotta nel paradiso fiscale di St. Lucia. Ora le intercettazioni di Pescara rivelano il suo stretto rapporto con un altro maestro di patacche. Nicola Cosentino, il coordinatore del Pdl in Campania, che i magistrati di Napoli avrebbero voluto arrestare per concorso in associazione camorristica, ma si salvò per il no di Montecitorio. Lui, quello che tramava contro l'attuale governatore Caldoro. Finito pure nell'inchiesta sulla loggia P3, Cosentino riceve i "baci" di Lavitola, insieme si scatenano contro Marco Milanese, allora potente uomo di Tremonti. Promette e porta con sé carte compromettenti il giornalista-faccendiere tutt'uno con Berlusconi. Incartamenti che si procura grazie ai suoi rapporti stretti con alti gradi delle polizie. Sono almeno una sessantina le sue telefonate agli atti con alti ufficiali della Gdf, tra cui il generale Paolo Poletti, vice capo dell'Aise, il servizio segreto civile, "James" come lo apostrofa Lavitola paragonandolo a Bond. Appuntamenti continui, tra un affare in Albania e una manovra per caldeggiare a Berlusconi un loro "protetto", il generale Spaziante.

Bisogna rendere pan per focaccia
(6 novembre 2009 ore 15.45)
Già ci sono sufficienti pezze d'appoggio, a Napoli, per dimostrare come Cosentino tramò contro Stefano Caldoro. Adesso se ne aggiunge un'altra, fattuale. Lavitola, proprio in quell'autunno del 2009 in vista delle amministrative dell'anno seguente, dà carte a Cosentino per giocarsele contro chi lo attacca, come l'allora compagno di partito Italo Bocchino.
Cosentino "Valter, sò Nicola".
Lavitola "Ehi Nick, t'avevo appena chiamato. Ti volevo dire due cose: sulRoma ci sta una porcata in prima pagina che tu saprai no? (il 6 novembre sul quotidiano che fa capo a Bocchino esce la notizia della richiesta d'arresto per Cosentino, ndr.)".
C. "Sì, sì".
L. "Io ti chiederei, se ti è possibile, di chiamare il presidente e scagliarti ufficialmente contro quella checca e poi utilizzare immediatamente quelle cose che ti avevo dato io ieri, perché a stò punto bisogna rendere pan per focaccia".
C. "Sì, sì, ho già provveduto a fare una cosa contro di lui, al presidente gli ho mandato un report che gli è arrivato".
L. "Vabbè, ma telefonalo scusami. Telefonalo e scagliati contro di lui ufficialmente, dammi retta a me, ti prego, fallo".
C. "L'ho fatto già".
L. "Ma ci hai parlato?".
C. "No, gli ho mandato una cosa che lui sicuramente legge".
L. "Telefonalo e fai l'incazzato, dicendo "questo qua mi ha rotto i coglioni", quando ci parli chiamami che subito dopo lo chiamo io".
C. "Ho capito, vabbè".
L. "Fammi sapè Nico', un bacione".

Milanese lavora per incularci
(3 novembre 2009 ore 18) 
Lavitola avanza un sospetto pesante, che ci sia Marco Milanese dietro le fughe di notizie su Cosentino, per fargli perdere la corsa alla presidenza della Regione Campania.
Lavitola "Ti volevo dire, tu con Milanese che rapporto c'hai?"
Cosentino "Buono...".
L. "Vedi che è lui che sta lavorando per incularci...".
C. "Siiiiì...".
L. "Finalmente l'ho scoperto, al 90% va, non voglio dire al 99 per non eccedere in presunzione".
C. "Ah, e perché secondo te?".
L. "Non lo so, questo mo' mi chiedi troppo. Non lo so, però sono quasi certo che chi sta facendo uscire le notizie a Repubblica e al Corriere, eccetera, è lui al 90%, perché con te non posso fa figure di merda che ti dico al 99. E chi sta dando segnali molto negativi sulla tua candidatura utilizzando una serie di cazzi, è lui".
C. "È lui...".
L. "Sì, comunque vediamoci e ti dico".

Ciao james, ho cose interessanti
(12 novembre 2009 ore 13.13)
Sono tante le chiamate tra Lavitola e Poletti. A cominciare da quella in cui lo chiama James.
Poletti "Pronto".
Lavitola "Ciao James".
P. "Oh, come stai?".
L. "Bene, tu come va?".
P. "Eh, sopravvivo, è una giornataccia".
L. "Poi dicono che i servizi non lavorano eh eh...".
P. "Burocrazia ma lavorano... grande burocrazia".
L. "Tutte le cose che mi piacerebbe fare a me, missioni impossibile tipo film non le fai tu".
P. "Per quelle devi andare al cinema".
L. "A me non mi potreste arruolare e farmi fare qualche cosa dal genere?".
P. "Al cinema, io parlo con un regista, ti faccio assume dal regista".
L. "Ci vediamo per piglià un caffè, pago io ovviamente. (... ) Ti voglio raccontà un po' di cose interessanti".

Dove sei? passa subito da me in ufficio
(19 ottobre 2009 alle 17.56)
Lavitola "Comandante...".
Poletti "Dove sei?".
L. "In ufficio".
P. "Io sono di passaggio a piazza San Silvestro, tu puoi passare da me in ufficio subito?".
L. "In ufficio da te subito? Sì. O vengo a piazza San Silvestro".
P. "Però ci devi impiegare tre secondi perché sto veramente...".
L. "Ok io esco, in questo istante...".

So che su di te posso fare affidamento
(3 novembre 2009 ore 11.51)
Tono familiare tra Lavitola e Poletti. Il primo deve concludere un affare in Albania e ne parla ripetutamente con il generale. Che per certo lo sta a sentire.
Segretario "Signor Lavitola? Le passo il generale Poletti".
Lavitola "Pronto? Paolo? Walter... io lo so che ti rompo però".
Poletti "No no no...".
L. "Ti devo dire la verità, io non so che cosa fare, la mattina mi hai detto di andare da lui (Berlusconi, ndr.) per parlare di queste cose, mo' abbiamo fatto una lunga chiacchierata al telefono, io non so che cazzo dirgli, dico la verità comincio ad essere preoccupato. Poi, con quelli lì di fuori, io sono stato lì, ti dico la verità, se è vero il 5% di quello che ho visto io, ci sta da fare bingo, ma un bingo biblico. Però a me, al di là degli affari miei che so che su di te ci posso fare affidamento, però Paolo io ho bisogno di vedere te per sapere se è possibile, scusami se mi permetto, ma vorrei delle risposte certe e definite perché mo' mi sto ficcando in una papocchia... e l'altra è parlare con questo qua prima di giovedì assolutamente, perché se no faccio la figura del buffone, mi scoccerebbe tanto..."
P. "... eh vediamo un attimo che posso fa...".
L. "Ma tu per quella questione dell'Albania mi confermi che si può andare avanti?".
P. "Lì sì, sì, si può andare...".
L. "Paolo scusami se insisto, ma ti dico la verità, mi metto in un pasticcio micidiale, io se non si fosse trattato di te non mi sarei neanche mai...".
P. "L'Albania d'accordo è un fatto...".
L. "Ma pure quell'altra... io non so se ti rendi conto ma è una cosa delicatissima... che poi non era come ti diceva il tuo amico... poi ti dico insomma... il capo lì non se ne sbatteva minimamente i coglioni, anzi non si fida per quei motivi che diciamo noi, io gli ho chiesto cinque volte, no una volta, ti fidi? siamo sicuri? ti fidi?... io gli ho detto che era una cosa tramite te, però Paolo scusami ti ripeto... ci dobbiamo vedere... anche se la mattina presto, la notte, quando te pare... anche se non sei proprio il mio tipo...".
P. "Farò quello che posso... visto che mo' se po' cambia'...".
L. "I tacchi te devi mette... sei più affascinante...".

Il capo ha detto che si fa garante della situazione
(14 ottobre 2009 ore 20.16)
Lavitola si batte come un leone per accreditare il generale della Gdf Spaziante presso Berlusconi e farlo nominare ai vertici della Gdf. Per questo lo fa anche incontrare con lui il 14 ottobre alle 18. Subito dopo parla dell'avvenuto incontro con Poletti, altro suo sponsor.
Lavitola "Hai avuto notizie?".
Poletti "Sì, sì, ho finito mo' la riunione, ... (Spaziante, ndr.) ha trovato la situazione già fatta, nel senso che quello ha detto sì, ma bisogna fa prima quello, poi io mi faccio garante di te, bisogna fa prima quello eccetera eccetera".
L. "Come avevamo scritto noi...".
P. "Esattamente".
L. "E vabbè, ma del vice comandante?".
P. "No, non gli ha detto niente".
L. "Ma il bilancio com'è stato, io mo' sto andando là e non so che cazzo dire".
P. "Il bilancio è stato questo qui...".
L. "Ma lui è restato soddisfatto, non soddisfatto...".
P. "Soddisfatto sì, assolutamente sì".

martedì 18 ottobre 2011

Profumo accusato di frode fiscale Sequestrati 245 milioni a Unicredit.




Sotto inchiesta altri 16 manager. Il reato risalirebbe al 2007-2008 e sarebbe stato commesso con la banca inglese Barclays. L'istituto di credito italiano avrebbe risparmiato.

MILANO - Alessandro Profumo, ex amministratore delegato di Unicredit, è indagato dalla Procura di Milano per frode fiscale nell'ambito del caso 'Brontos'. Con lui, sotto inchiesta, altri 16 manager. E a Unicredit sono stati sequestrati 245 milioni, quantificati come il profitto del reato che sarebbe stato commesso dalla banca tra il 2007 e il 2008 attraverso l'operazione. La presunta maxi frode fiscale sarebbe stata organizzata con la banca inglese Barclays, con interessi travestiti da dividendi.

In base alla normativa italiana, Unicredit avrebbe dovuto pagare le tasse sul 100% degli interessi di deposito interbancario e invece  ha pagato soltanto il 5% sui dividendi dell’apparente operazione «pronti contro termine», perché per legge essi sono deducibili al 95%. Travestendo in dividendi quelli che erano interessi insomma - secondo il procuratore aggiunto Alfredo Robledo - Unicredit avrebbe ottenuto un enorme risparmio di imposte Ires e Irep: al fisco sarebbe così stato sottratto un imponibile di centinaia di milioni di euro.

Il banchiere Profumo è accusato di «dichiarazione fiscale fraudolenta mediante altri artifici» per aver dato il via libera alla richiesta di approvazione dell'operazione. Indagate altre 16 persone, compresi gli allora responsabili in Unicredit spa dell’area Finanza (Luciano Tuzzi), dell’area Affari fiscali (Patrizio Braccioni) e della Direzione Programmazione-finanza-amministrazione (Ranieri De Marchis). Altri tre indagati appartengono invece alla banca inglese Barclays, che avrebbe proposto l'operazione Barclays. 



http://www.repubblica.it/cronaca/2011/10/18/news/profumo-23458258/



Il 15 ottobre segna uno spartiacque.




Assieme a centinaia di migliaia di persone mi sono sentito espropriato di un diritto democratico, quello di manifestare pacificamente contro il Governo e la Banca Centrale Europea, cosi come deciso dai promotori della manifestazione del 15 ottobre.
Un diritto democratico che appartiene a tutti e se altri soggetti pensano che bisogna cercare lo scontro con la polizia e il saccheggio della città hanno il diritto di farsi la “loro manifestazione”.
Ciò che non è tollerabile è quello di usare strumentalmente come scudo protettivo centinaia di migliaia di persone per perseguire vigliaccamente il loro obiettivo.
L'oceanica manifestazione del 15 ottobre è stato oggetto dell'aggressione da parte di gruppi organizzati con un piano preordinato che aveva l'obiettivo di fare fallire, dimostrare l'impossibilità di potere svolgere una pacifica manifestazione con la sua conclusione in Piazza S.Giovanni. 
Ci sono riusciti, hanno raggiunto l'obiettivo ed ora tenteranno una campagna di reclutamento, perchè loro, insieme al Governo e alla BCE, sono i “vincitori” di quella giornata.
Di questo stiamo parlando e non di fantomatiche rivolte e/o di gente incazzata, di disagio sociale che non c'entrano assolutamente nulla. Se il corteo fosse entrato in Piazza S. Giovanni sarebbe successo un macello dalle proporzioni inimmaginabili ed è per questa ragione che vari spezzoni del corteo, dagli studenti a Uniti per l'Alternativa, alla Fiom hanno deciso di deviare per altri percorsi, dal Circo Massimo a Piazza Vittorio.
Non dico nulla sulle responsabilità politiche, la situazione della sinistra, la polizia, che considero scontate perché quello che mi interessa è il futuro di questo Movimento che doveva trovare nel 15 ottobre un momento di crescita e di espansione importante, ed invece, oggi deve fare i conti con un disastro politico.
Da dove ripartire?
Da quel corteo che inveiva contro gli omini vestiti di nero, che urlava “fascisti” e “fuori, fuori dal corteo”; dal corteo di decine di migliaia di giovani che la sera si sono riappropriati della manifestazione tornando alla Sapienza.
Questo Movimento, penso agli studenti, ai Referendum, ai Metalmeccanici hanno fatto della democrazia e della partecipazione un aspetto decisivo, eversivo rispetto ai processi sociali, istituzionali e politici in atto, che oggi deve fare i conti con un soggetto comunque camuffato che teorizza e pratica l'opposto, quello dei commando militari, della negazione della democrazia.
Non ci possono essere ambiguità, perché i guasti che si sono prodotti sono pesanti per tutti e non ci troviamo di fronte alla espressione sbagliata di una parte del Movimento, ma alla sua totale estraneità, alla sua totale contrapposizione. Il 15 ottobre non può che essere uno spartiacque, tanto più con le sfide che avremo di fronte, per la crescita di un Movimento dalle molteplici voci ed esperienze di lotta che ha assunto la  democrazia come pratica  identitaria e dunque non può ne giustificare, ne tollerare ciò che è accaduto.

Gianni Rinaldini


Gli "arresti preventivi" di Robert Kennedy



Kennedy si confronta con lo sceriffo della contea di Kern sul tema degli "arresti preventivi".



A Cicchitto: ''Il capo è fuori brocca, ti devo parlare''.



Lavitola chiama il capogruppo del Pdl alla camera, Cicchitto: ''Ti devo parlare 


subito, per una cosa del capo''. Cicchitto: ''Adesso non posso parlare e delle cose 


del capo me ne sbatto il c..."


http://tv.repubblica.it/politica/a-cicchitto-il-capo-e-fuori-brocca-ti-devo-parlare/78480/76870?pagefrom=1

Mancato controllo sui fondi agricoli. Ue all’Italia: restituisca 78 milioni. - di Alessio Pisanò




L'Italia deve restituire a Bruxelles 78,5 milioni di euro per irregolarità nella gestione dei fondi assegnati al settore lattiero-casearo e per carenza di controlli. Se non paga si va in Corte di Giustizia e poi scatta la multa. E intanto si definisce la nuova Politica agricola comune. A rappresentare l'Italia ci sarà il ministro Romano.
Questa volta il conto è di quasi 78,5 milioni di euro. Quasi 71 milioni da restituire al più presto a Bruxelles “come rettifica proposta per gli esercizi finanziari 2005-2007 per controlli tardivi nel settore dei prodotti lattiero-caseari”, a cui vanno ad aggiungersi 7,6 milioni di aiuti agricoli per spese effettuate in modo irregolare. Un assegno non facile da staccare visto il periodo di vacche magre, è il caso di dirlo, per un Paese alle prese con tagli selvaggi e una quadratura di bilancio che proprio non arriva. E il capitolo di spesa maggiore di quanto chiede la Ue (71 milioni) sono legati alla gestione delle cosiddette quote latte.

Si tratta di fondi della Politica agricola comune (Pac) dei quali sono responsabili gli Stati membri, sia della loro ridistribuzione sul territorio che del loro effettivo utilizzo, ad esempio verificando le domande che gli agricoltori compilano per ottenere i pagamenti diretti. Succede che la Commissione, vista il numero dei beneficiari in Europa, fa 100 controlli a campione ogni anno. Verifica anche che le eventuali “correzioni” apportate dagli Stati membri siano efficaci a garantire che i fondi europei siano stati spesi correttamente. Sì perché come ha confermato un recentissimo rapporto Ocse, una fetta rilevante degli aiuti Ue all’agricoltura finiscono a chi di aiuto non ha proprio bisogno, o peggio ancora a chi con l’agricoltura non centra davvero niente .

E di magagne quest’anno la Commissione ne ha trovate parecchie, e non solo in Italia. Sorpresa sorpresa la Svezia, ad esempio, dovrà restituire ben 76,6 milioni di euro per “carenze nel sistema di identificazione delle particelle agricole (Sipa), di informazione geografica (Sig), nei controlli amministrativi e nelle sanzioni relativi alle spese per gli aiuti per superficie”. La Danimarca dovrà dare indietro 22,3 milioni per carenze nei sistemi Sipa e Sig, nei controlli in loco e nel calcolo delle sanzioni”. E poi ancora Cipro 10 milioni, il Regno Unito 6 milioni e l’Olanda 2,2 milioni. Nessuna pietà nemmeno per la Grecia, che dovrà restituire 10 milioni.

Bruxelles sta diventando piuttosto attenta alla spesa dei fondi comunitari, soprattutto perché gli aiuti all’agricoltura costituiscono una bella fetta dell’intero bilancio europeo. Nel periodo 2007-2013 la quota della spesa agricola costituisce addirittura il 34% dei 142 miliardi di euro spesi dall’Ue, a cui va aggiunto l’11% dedicato allo sviluppo rurale. Ovviamente la Commissione europea non può essere ovunque, quindi questi finanziamenti vengono principalmente amministrati dagli Stati nazionale e dalle Regioni, che a loro volta lanciano dei bandi per aggiudicarli e dovrebbero essere responsabili dei controlli sul loro utilizzo.

Nel caso dell’Italia proprio i controlli, guarda caso, sono il principale problema. Infatti i 71 milioni di euro da restituire si riferiscono proprio a controlli carenti e solo per l’anno 2005-2007, il che lascia intendere che ci potrebbero essere altre rate da pagare. E in questo caso chi apre il portafogli? Non potendo indagare tutti i beneficiari di questi finanziamenti, a pagare sarà Roma, quindi tanto per cambiare le casse pubbliche. E non è finita qui. Come nel caso di altri fondi stanziati in modo irregolare, vedasi gli aiuti di stato per le calamità naturali del 2002-2003, l’Italia non è un fulmine a restituire l’illegittimo a Bruxelles. E allora cosa succede? Solita trafila: Corte di Giustizia, sollecito di pagamento e multa aggiuntiva.

Tra l’altro proprio in questi mesi a Bruxelles è in corso la revisione della politica agricola comune. La Commissione europea ha annunciato un paio di giorni fa una proposta che vedrebbe da un lato maggiori controlli e dall’altro un tetto ai finanziamenti massimi per ogni Stato. Se approvata così come proposta, la nuova Pac comporterà per l’Italia un cospicuo taglio ai 5,5 miliardi di euro che ogni anno riceve da Bruxelles, tra aiuti diretti ai produttori e misure di sviluppo rurale. Il 7 Novembre, rappresentanti della Commissione europea, del Parlamento e del Consiglio Ue si riuniranno per iniziare i negoziati. A rappresentare l’Italia, a meno di novità dell’ultim’ora, ci sarà il ministro italiano dell’agricoltura Saverio Romano.