Allarme terrorismo? Il ministro del Welfare,Maurizio Sacconi, dice di temere per l’incolumità fisica di chi gli sta vicino e non è protetto: “Ho paura, ma non per me perché sono protetto – ha detto intervistato da Maria Latella su Sky – ho paura per persone potrebbero non essere protette e proprio per questo diventare bersaglio della violenza politica che, nel nostro paese non si è del tutto estinta”.
“Oggi – ha aggiunto Sacconi – vedo una sequenza dalla violenza verbale, alla violenza spontanea, alla violenza organizzata che mi auguro non arrivi ancora una volta anche all’omicidio come è accaduto, l’ultima volta dieci anni fa proprio con il povero Marco Biagi(definito un ‘rompicoglioni’ dall’allora ministro dell’Interno Claudio Scajola, ndr) nel contesto di una discussione per molti aspetti simile a quella di oggi. Perché – ha ricordato il ministro – già allora parlavamo non di licenziamenti facili – termine che è assolutamente falso – ma, piuttosto, di come incoraggiare le imprese a intraprendere, ad assumere, ad ampliarsi, a crescere anche attraverso l’idea che se poi le cose non andassero bene, se poi le cose si rivelassero difficili, le imprese, come hanno fatto il passo in avanti dovrebbero fare magari anche un mezzo passo indietro”.
Anche il presidente della Camera Gianfranco Fini, intervenuto ieri a Firenze al congresso regionale di Fli, ha parlato di “tensione sociale” alimentato, secondo Fini da quella “libertà di licenziare” che il governo Berlusconi vorrebbe introdurre: “Se si tende soltanto a favorire la possibilità di licenziare, corriamo il rischio di veder moltiplicare il tasso di disoccupazione che da qualche anno a questa parte sta crescendo e che riguarda in particolare un’area del Paese”, ha affermato il presidente della Camera. “Mi auguro che il governo non sia così irresponsabile da non confrontarsi con le parti sociali e con le categorie economiche, per tutelare non solo le imprese ma anche per farle crescere e competere”. In caso contrario, “si rischia un autunno caldo che ci farebbe tornare indietro”.
Senza citarlo, Sacconi risponde a Fini: “Licenziamenti facili – ha sottolineato il ministro del Welfare – è un termine assolutamente falso”. Si tratta di norme, ha spiegato, su “come incoraggiare le imprese a intraprendere, ad assumere, ad ampliarsi, a crescere anche attraverso l’idea che se poi le cose non andassero bene, se poi le cose si rivelassero difficili, le imprese, come hanno fatto il passo in avanti dovrebbero fare magari anche un mezzo passo indietro”. Sacconi ha tenuto a precisare che ci saranno ” protezioni per i lavoratori perché nella nostra cultura c’è una solida consuetudine a dare protezione per i lavoratori più che in altri Paesi”. Insomma, parlare di “licenziamenti facili” per Sacconi significa fare disinformazione e quindi alimentare un clima di tensione sociale.
A lanciare un salvagente a Berlusconi sul tema dei licenziamenti è oggi il senatore Pd Pietro Ichino con una lettera – “Cambiamo insieme l’art. 18″ – al direttore Maurizio Belpietro dalle pagine di “Libero“. “L’articolo 18 è superato. Il governo vuole riprendere il mio disegno di legge? Se fa sul serio è giusto appoggiarlo”, scrive il giuslavorista. “Oggi la metà dei lavoratori non è protetta: ci vogliono nuove garanzie”, spiega ancora il senatore del Pd che due anni fa ha presentato in Senato un disegno di legge insieme ad oltre cinquanta senatori dell’opposizione. “La proposta di Ichino è molto interessante. Noi abbiamo le stesse idee”, risponde da Sky Sacconi: “Proseguiamo su questa strada e non su quella dello scontro imboccata dai sindacati”.
“Oggi – ha aggiunto Sacconi – vedo una sequenza dalla violenza verbale, alla violenza spontanea, alla violenza organizzata che mi auguro non arrivi ancora una volta anche all’omicidio come è accaduto, l’ultima volta dieci anni fa proprio con il povero Marco Biagi(definito un ‘rompicoglioni’ dall’allora ministro dell’Interno Claudio Scajola, ndr) nel contesto di una discussione per molti aspetti simile a quella di oggi. Perché – ha ricordato il ministro – già allora parlavamo non di licenziamenti facili – termine che è assolutamente falso – ma, piuttosto, di come incoraggiare le imprese a intraprendere, ad assumere, ad ampliarsi, a crescere anche attraverso l’idea che se poi le cose non andassero bene, se poi le cose si rivelassero difficili, le imprese, come hanno fatto il passo in avanti dovrebbero fare magari anche un mezzo passo indietro”.
Anche il presidente della Camera Gianfranco Fini, intervenuto ieri a Firenze al congresso regionale di Fli, ha parlato di “tensione sociale” alimentato, secondo Fini da quella “libertà di licenziare” che il governo Berlusconi vorrebbe introdurre: “Se si tende soltanto a favorire la possibilità di licenziare, corriamo il rischio di veder moltiplicare il tasso di disoccupazione che da qualche anno a questa parte sta crescendo e che riguarda in particolare un’area del Paese”, ha affermato il presidente della Camera. “Mi auguro che il governo non sia così irresponsabile da non confrontarsi con le parti sociali e con le categorie economiche, per tutelare non solo le imprese ma anche per farle crescere e competere”. In caso contrario, “si rischia un autunno caldo che ci farebbe tornare indietro”.
Senza citarlo, Sacconi risponde a Fini: “Licenziamenti facili – ha sottolineato il ministro del Welfare – è un termine assolutamente falso”. Si tratta di norme, ha spiegato, su “come incoraggiare le imprese a intraprendere, ad assumere, ad ampliarsi, a crescere anche attraverso l’idea che se poi le cose non andassero bene, se poi le cose si rivelassero difficili, le imprese, come hanno fatto il passo in avanti dovrebbero fare magari anche un mezzo passo indietro”. Sacconi ha tenuto a precisare che ci saranno ” protezioni per i lavoratori perché nella nostra cultura c’è una solida consuetudine a dare protezione per i lavoratori più che in altri Paesi”. Insomma, parlare di “licenziamenti facili” per Sacconi significa fare disinformazione e quindi alimentare un clima di tensione sociale.
A lanciare un salvagente a Berlusconi sul tema dei licenziamenti è oggi il senatore Pd Pietro Ichino con una lettera – “Cambiamo insieme l’art. 18″ – al direttore Maurizio Belpietro dalle pagine di “Libero“. “L’articolo 18 è superato. Il governo vuole riprendere il mio disegno di legge? Se fa sul serio è giusto appoggiarlo”, scrive il giuslavorista. “Oggi la metà dei lavoratori non è protetta: ci vogliono nuove garanzie”, spiega ancora il senatore del Pd che due anni fa ha presentato in Senato un disegno di legge insieme ad oltre cinquanta senatori dell’opposizione. “La proposta di Ichino è molto interessante. Noi abbiamo le stesse idee”, risponde da Sky Sacconi: “Proseguiamo su questa strada e non su quella dello scontro imboccata dai sindacati”.