Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 22 gennaio 2012
sabato 21 gennaio 2012
Adolescente chiede lo scontrino in una cartoleria e lo cacciano via. - di Antonio De Florio
Il papà ha denunciato il titolare del negozio alla Guardia di Finanza: «Anche gli insulti».
ROMA - Francesco ha 16 anni ed è un piccolo marziano. Entra in un negozio di cartoleria e tabacchi, compra dei fogli protocollo per il compito di italiano e pretende lo scontrino fiscale. Probabilmente a casa o a scuola avrà sentito discorsi del genere «se tutti pagano le tasse, ne paghiamo meno», «chi vende in nero frega i concorrenti leali e lo stato».
Il negoziante dietro il bancone, sui quaranta anni,alla timida richiesta del ragazzo, va su tutte le furie, quasi fosse un’offesa personale. «Vuoi lo scontrino fiscale? - attacca - Il registratore di cassa è rotto. Ecco i tuoi 50 centesimi e fuori dal negozio...». Gli ha appena strappato di mano i fogli. Non siamo a Cortina, ma al quartiere Trieste di Roma.
Il ragazzo esce dalla tabaccheria-cartoleria, fa pochi passi e chiama il papà con il telefonino. «È la seconda volta - spiega al genitore - che il tabaccaio dice di aver il registratore rotto e non dà lo scontrino. Mi ha cacciato fuori». «Vai a scuola, passo io dal negoziante...», dice il babbo conciliante. Il papà di Francesco ha superato i 50 anni, è stato ufficiale della guardia di finanza, lavora ora per la security di una grande impresa e va dal negoziante per avere spiegazioni.
«Scusi, sono il papà del ragazzo dei fogli protocollo - dice - ma lei quando ha un guasto al registratore di cassa annota sul registro dei corrispettivi le entrate delle vendite?». Il tabaccaio raggiunto nel frattempo da un amico si irrigidisce subito. «Io non ho nessun registro dei corrispettivi - sbotta - lei faccia il padre, vada a tagliare i capelli a quel ragazzaccio. Anzi... mi dia il suo nome. Voglio querelarla...».
Esce da dietro il bancone e e si piazza davanti alla porta del negozio. Ci sono un paio di avventori. Loro assistono muti al battibecco e non vogliono prendere partito. «Mi dia il suo nome», ripete il tabaccaio. E il genitore: «Che fa, mi vuole sequestrare?». Il papà di Francesco chiede agli avventori di testimoniare e loro rispondono «Non abbiamo visto niente». Il negoziante, forse capisce di aver passato il segno, riapre la porta e urla al genitore: «Fuori da qui, mi lasci lavorare...».
Il papà di Francesco ha presentato una denuncia alla Guardia di finanza. «Mio figlio è rimasto molto turbato - dice - chiedere lo scontrino fiscale gli è sembrato la cosa più naturale e invece...». Per l’esercizio commerciale del quartiere Trieste molto probabilmente scatterà un accertamento fiscale. Ma si può cacciare un ragazzo dal negozio solo perché chiede uno scontrino?
Il negoziante dietro il bancone, sui quaranta anni,alla timida richiesta del ragazzo, va su tutte le furie, quasi fosse un’offesa personale. «Vuoi lo scontrino fiscale? - attacca - Il registratore di cassa è rotto. Ecco i tuoi 50 centesimi e fuori dal negozio...». Gli ha appena strappato di mano i fogli. Non siamo a Cortina, ma al quartiere Trieste di Roma.
Il ragazzo esce dalla tabaccheria-cartoleria, fa pochi passi e chiama il papà con il telefonino. «È la seconda volta - spiega al genitore - che il tabaccaio dice di aver il registratore rotto e non dà lo scontrino. Mi ha cacciato fuori». «Vai a scuola, passo io dal negoziante...», dice il babbo conciliante. Il papà di Francesco ha superato i 50 anni, è stato ufficiale della guardia di finanza, lavora ora per la security di una grande impresa e va dal negoziante per avere spiegazioni.
«Scusi, sono il papà del ragazzo dei fogli protocollo - dice - ma lei quando ha un guasto al registratore di cassa annota sul registro dei corrispettivi le entrate delle vendite?». Il tabaccaio raggiunto nel frattempo da un amico si irrigidisce subito. «Io non ho nessun registro dei corrispettivi - sbotta - lei faccia il padre, vada a tagliare i capelli a quel ragazzaccio. Anzi... mi dia il suo nome. Voglio querelarla...».
Esce da dietro il bancone e e si piazza davanti alla porta del negozio. Ci sono un paio di avventori. Loro assistono muti al battibecco e non vogliono prendere partito. «Mi dia il suo nome», ripete il tabaccaio. E il genitore: «Che fa, mi vuole sequestrare?». Il papà di Francesco chiede agli avventori di testimoniare e loro rispondono «Non abbiamo visto niente». Il negoziante, forse capisce di aver passato il segno, riapre la porta e urla al genitore: «Fuori da qui, mi lasci lavorare...».
Il papà di Francesco ha presentato una denuncia alla Guardia di finanza. «Mio figlio è rimasto molto turbato - dice - chiedere lo scontrino fiscale gli è sembrato la cosa più naturale e invece...». Per l’esercizio commerciale del quartiere Trieste molto probabilmente scatterà un accertamento fiscale. Ma si può cacciare un ragazzo dal negozio solo perché chiede uno scontrino?
Sicilia, auto blu per accompagnare la fidanzata magistrato: è bufera sull’assessore Armao. - di Giuseppe Pipitone
L'uso improprio del mezzo d'ordinanza - con tanto di autista e lampeggiante - rivelato da l'Espresso. Il titolare del Bilancio regionale è un fedelissimo del governatore Raffaele Lombardo, ma dice di essere un tecnico. Il suo nome è stato fatto più volte - e da tutti i partiti - come candidato sindaco di Palermo.
La dottoressa Bartolozzi, quindi, in quanto magistrato dovrebbe ben sapere che l’utilizzo di quel mezzo non dovrebbe esserle consentito. E dovrebbe saperlo bene anche Armao, che in quanto esperto avvocato amministrativista è stato chiamato ad amministrare i conti dell’isola, non certo floridi. Ed è proprio per sanare questi conti che negli ultimi tempi il governatore Lombardo, incalzato dai giornali, ha deciso di dichiarare guerra agli sprechi: niente più Audi A6 per gli assessori, ma soltanto Audi A4, berline più piccole, che ai contribuenti costano ‘al massimo’ 35 mila euro. Armao però finora non ha voluto rinunciare ai suoi atti di galanteria. Anzi, in certi casi avrebbe addirittura utilizzato l’auto blu con autista per accompagnare a casa la tata della figlia.
Già consulente e consigliere di Gianfranco Miccichè, ex console onorario del piccolo stato del Belize (incarico che gli garantisce ancora oggi un parcheggio riservato sotto casa), custode giudiziario dei beni di Stefano Ricucci, Armao ci tiene a sottolineare spesso la sua lontananza dalla politica. “Io sono un tecnico” ripete sempre nelle sue uscite pubbliche come custode del bilancio regionale. Un tecnico che piace a tanti, a tutti. Piace talmente tanto da essere considerato il possibile candidato a sindaco di Palermo praticamente di tutte le possibili alleanze elettorali: un giorno lo candiderebbero il Pd e l’Mpa, un altro il Terzo polo, un altro ancora lo appoggerebbe volentieri il centrodestra e l’Udc. Un tecnico trasversalissimo. Che nonostante abbia assunto dal 2008 l’incarico di assessore regionale non ha rinunciato nel frattempo a difendere da avvocato i suoi clienti nelle cause contro la Regione Sicilia, ovvero contro lo stesso ente che gli paga l’unico stipendio (11mila euro al mese) che dichiara. Addirittura come legale di una società di energia è arrivato a fare causa all’assessorato ai Beni Culturali, che aveva negato la realizzazione di un parco eolico a Caltanissetta. Assessorato che Armao ha guidato ad interim nel 2009: in quel caso quindi l’avvocato galante che spedisce l’auto blu a fare da scorta alla compagna è riuscito nell’intento di farsi causa da solo.
Iscriviti a:
Post (Atom)