Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 23 gennaio 2012
Maxi-evasione: Non pagava i contributi a 300 operai per comprarsi il figlio di Varenne!
Con lui l'evasione fiscale galoppava!
Il blitz delle fiamme gialle, insospettite da un tenore di vita enormemente superiore ai redditi dichiarati, ha scoperto una storia che ha del clamoroso:
un imprenditore padovano, titolare di una ditta di trasporti e logistica, non pagava i contributi a ben 300 operai e usava questi profitti illeciti per comprare cavalli da corsa!
Le cifre della maxi-evasione riguardavano ogni anno 2,2 milioni di euro di mancato pagamento dei contributi inps e 1,5 milioni di euro di omesso versamento IVA e ritenute Irpef.
Circa 4 milioni di euro all'anno per tre anni investiti in un'autentica scuderia di purosangue, tra cui spiccava pure il figlio di Varenne, Mustang Grif, giovanissimo e promettente puledro che ha già vinto 150.000 euro in premi e che da oggi in poi continuerà a correre... per l'erario. I suoi premi saranno infatti intascati dallo Stato.
Al momento del blitz si è scoperto che tutta la documentazione contabile dell'imprenditore, 20 metri cubi di carteggio per dieci quintali di peso (!), era stipata in due furgoni pronti alla fuga in caso di necessità e bloccati all'ultimo momento dalla guardia di finanza. L'uomo è stato denunciato per reati tributari, ma nei guai sono anche la moglie per riciclaggio e una terza persona per "utilizzo di beni di dubbia provenienza".
In pratica il denaro sottratto al fisco veniva riciclato tramite una fiduciaria svizzera e poi reinvestito in Italia in cavalli da corsa.
http://infoaltra.blogspot.com/2012/01/maxi-evasione-non-pagava-i-contributi.html
Monti: "Sul lavoro riforme strutturali" Fornero annuncia: "In un mese l'intesa"
L'auspicio del premier all'incontro con i rappresentanti delle parti sociali: "Stiamo creando spazio per le forze produttive e spero che si trovino soluzioni in grando di migliorare la situazione delle imprese e dei lavoratori". No al decreto, ma tempi del confronto devono essere brevi.
ROMA - Per la riforma del mercato del lavoro servono "soluzioni strutturali". In apertura dell'incontro tra Governo e parti sociali a Palazzo Chigi il presidente del Consiglio Mario Monti ha sottolineato la necessità di un lavoro ampio, con l'auspicio che "si riesca a non ridurre il messaggio che mandiamo sulla riforma del mercato del lavoro solo all'articolo 18". Al tavolo sono presenti anche il sottosegretario alla Presidenza Antonio Catricalà, il ministro del Lavoro Elsa Fornero e il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera. Cgil, Cisl, Uil e Ugl sono rappresentate dai segretari generali Susanna Camusso, Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti e Giovanni Centrella, mentre a rappresentare Confindustria è il presidente Emma Marcegaglia. Per Rete Imprese Italia c'è il presidente di turno, Marco Venturi. Presenti anche le delegazioni di Abi e Ania.
"Spero che il maggior spazio che stiamo creando per le forze produttive del Paese - ha aggiunto Monti - ci aiuti a far sì che quello che verrà fuori dal vostro tavolo serva a migliorare la situazione delle imprese e dei lavoratori e a migliorare la situazione della Ue". Rivolgendosi agli imprenditori, il premier ha aggiunto: "Voi forze produttive avete il mondo dove competere. Noi, come governo, agiamo in Italia e abbiamo un lavoro non facilissimo da condurre in Europa".
Monti - che ha lasciato poi Palazzo Chigi diretto a Bruxelles, dove partecipa al vertice dell'Eurogruppo - ha indicato il percorso dei provvedimenti in materia di lavoro: "Non faremo un decreto legge", ha detto, ma i tempi del confronto "non possono essere lunghi". Subito dopo, il ministro del Lavoro Elsa Fornero ha dato un'indicazione precisa: l'obiettivo è chiudere in tre, quattro settimane, avvalendosi del coordinamento del Governo. E di arrivare a un contratto unico, che "evolva con l'età piuttosto che contratti nazionali specifici che evolvono per ogni età", ha detto ancora Fornero, aggiungendo, però che se ne parlerà solo al termine del confronto.
Il documento con le linee guida del Governo sulla riforma del lavoro che il ministro illustra a Palazzo Chigi è articolato in cinque capitoli: tipologie contrattuali; formazione e apprendistato; flessibilità; ammortizzatori sociali; servizi per il lavoro. Verranno istituiti altrettanti gruppi di discussione "informatici", un nuovo approccio alla trattativa in cui gli input vengono forniti dal Governo per poi lasciare risposte, suggerimenti, indicazioni e critiche alle parti sociali.
"E' una riforma ambiziosa, ma non c'è alcuna pretesa di farla senza un largo consenso", ha assicurato il ministro.
Secondo quanto trapela da fonti presenti all'incontro, Fornero avrebbe indicato al tavolo con le parti sociali l'obiettivo di rivedere il sistema degli ammortizzatori sociali puntando a "un sistema integrato su due pilastri", sul modello della cassa integrazione per le riduzioni temporanee di attività, e con un sostegno al reddito per chi ha perso il lavoro. Si sta ragionando sul reddito minimo, ma le risorse necessarie sarebbero al momento "non individuabili". Da qui l'ipotesi di inserirlo comunque nella riforma prevedendo però "una applicazione dilazionata".
Stretta sulla Cig. Secondo quanto trapela dall'incontro, nel documento del governo si va verso una revisione del sistema della cassa integrazione con una stretta sull'attuale durata e la sostanziale limitazione alla cassa ordinaria (52 settimane). L'uso della cassa sarà quindi limitatissimo e nei casi in cui si possa riprendere il lavoro rapidamente. Per il resto, dopo l'uscita dall'azienda, ci sarà un'indennità risarcitoria.
Lavoro flessibile costerà di più. Il lavoro flessibile dovrà costare di più, mentre la conversione da contratto a tempo determinato a indeterminato sarà favorita con la graduazione degli sgravi contributivi anche in rapporto alla formazione svolta. Questo, a quanto si apprende, lo schema del documento del governo.
Raffaele Bonanni apre al dialogo, ma con cautela, alla ricerca di soluzioni che uniscano e non dividano. Sì quindi alla discussione, ma "senza rompere la necessaria coesione sociale", dice il leader della Cisl. Sulle tipologie contrattuali, secondo Bonanni, "possiamo lavorare insieme su strumenti che hanno trovato già il favore di tutti, come l'apprendistato per i giovani, migliorando questi strumenti. Sappiamo tutti che c'è un uso improprio di alcuni istituti come le partite Iva. Per questo la strada è quella di alzare la contribuzione per evitare questo dumping nel mercato del lavoro". Sulla riforma degli ammortizzatori sociali "il sostegno al reddito va legato alla formazione per consentire ai lavoratori di riqualificarsi. Lavoriamo su questi temi, ma senza forzature o fughe in avanti", ha concluso.
"La definizione delle soluzioni deve essere il prodotto di un confronto negoziale vero" afferma invece il segretario della Uil Luigi Angeletti, altrimenti "ci si incamminerebbe verso il disastro politico". Queste, secondo quanto riferito da partecipanti alla riunione a Palazzo Chigi, le parole del leader sindacale. "Le parti sociali
sono capaci di risolvere l'80% dei problemi. Temo - avrebbe aggiunto Angeletti - che il metodo suggerito possa favorire il disastro".
Per Luigi Centrella, leader di Ugl, "accanto a quella sul lavoro non possono mancare una riforma fiscale e stimoli agli investimenti, altrimenti questo tavolo non produrrà gli effetti sperati". Il fisco deve essere "più equo per operai, impiegati e pensionati" e in materia di lavoro "la discussione dovrebbe partire dal documento di Cgil, Cisl e Uil convidiso dall'Ugl, se davvero il governo cerca la coesione".
Sull'articolo 18, Antonio Di Pietro è durissimo. "Non è una fisima di lavoratori o sindacati, ma una garanzia di legge a cui tutti dovrebbero aspirare, non un punto di esclusione, che crea tensione sociale", dice il leader dell'Idv, che chiede a Monti di non fare il professore ma il presidente del Consiglio, "che quindi deve tenere conto dei diritti di tutti".
"Spero che il maggior spazio che stiamo creando per le forze produttive del Paese - ha aggiunto Monti - ci aiuti a far sì che quello che verrà fuori dal vostro tavolo serva a migliorare la situazione delle imprese e dei lavoratori e a migliorare la situazione della Ue". Rivolgendosi agli imprenditori, il premier ha aggiunto: "Voi forze produttive avete il mondo dove competere. Noi, come governo, agiamo in Italia e abbiamo un lavoro non facilissimo da condurre in Europa".
Monti - che ha lasciato poi Palazzo Chigi diretto a Bruxelles, dove partecipa al vertice dell'Eurogruppo - ha indicato il percorso dei provvedimenti in materia di lavoro: "Non faremo un decreto legge", ha detto, ma i tempi del confronto "non possono essere lunghi". Subito dopo, il ministro del Lavoro Elsa Fornero ha dato un'indicazione precisa: l'obiettivo è chiudere in tre, quattro settimane, avvalendosi del coordinamento del Governo. E di arrivare a un contratto unico, che "evolva con l'età piuttosto che contratti nazionali specifici che evolvono per ogni età", ha detto ancora Fornero, aggiungendo, però che se ne parlerà solo al termine del confronto.
Il documento con le linee guida del Governo sulla riforma del lavoro che il ministro illustra a Palazzo Chigi è articolato in cinque capitoli: tipologie contrattuali; formazione e apprendistato; flessibilità; ammortizzatori sociali; servizi per il lavoro. Verranno istituiti altrettanti gruppi di discussione "informatici", un nuovo approccio alla trattativa in cui gli input vengono forniti dal Governo per poi lasciare risposte, suggerimenti, indicazioni e critiche alle parti sociali.
"E' una riforma ambiziosa, ma non c'è alcuna pretesa di farla senza un largo consenso", ha assicurato il ministro.
Secondo quanto trapela da fonti presenti all'incontro, Fornero avrebbe indicato al tavolo con le parti sociali l'obiettivo di rivedere il sistema degli ammortizzatori sociali puntando a "un sistema integrato su due pilastri", sul modello della cassa integrazione per le riduzioni temporanee di attività, e con un sostegno al reddito per chi ha perso il lavoro. Si sta ragionando sul reddito minimo, ma le risorse necessarie sarebbero al momento "non individuabili". Da qui l'ipotesi di inserirlo comunque nella riforma prevedendo però "una applicazione dilazionata".
Stretta sulla Cig. Secondo quanto trapela dall'incontro, nel documento del governo si va verso una revisione del sistema della cassa integrazione con una stretta sull'attuale durata e la sostanziale limitazione alla cassa ordinaria (52 settimane). L'uso della cassa sarà quindi limitatissimo e nei casi in cui si possa riprendere il lavoro rapidamente. Per il resto, dopo l'uscita dall'azienda, ci sarà un'indennità risarcitoria.
Lavoro flessibile costerà di più. Il lavoro flessibile dovrà costare di più, mentre la conversione da contratto a tempo determinato a indeterminato sarà favorita con la graduazione degli sgravi contributivi anche in rapporto alla formazione svolta. Questo, a quanto si apprende, lo schema del documento del governo.
Raffaele Bonanni apre al dialogo, ma con cautela, alla ricerca di soluzioni che uniscano e non dividano. Sì quindi alla discussione, ma "senza rompere la necessaria coesione sociale", dice il leader della Cisl. Sulle tipologie contrattuali, secondo Bonanni, "possiamo lavorare insieme su strumenti che hanno trovato già il favore di tutti, come l'apprendistato per i giovani, migliorando questi strumenti. Sappiamo tutti che c'è un uso improprio di alcuni istituti come le partite Iva. Per questo la strada è quella di alzare la contribuzione per evitare questo dumping nel mercato del lavoro". Sulla riforma degli ammortizzatori sociali "il sostegno al reddito va legato alla formazione per consentire ai lavoratori di riqualificarsi. Lavoriamo su questi temi, ma senza forzature o fughe in avanti", ha concluso.
"La definizione delle soluzioni deve essere il prodotto di un confronto negoziale vero" afferma invece il segretario della Uil Luigi Angeletti, altrimenti "ci si incamminerebbe verso il disastro politico". Queste, secondo quanto riferito da partecipanti alla riunione a Palazzo Chigi, le parole del leader sindacale. "Le parti sociali
sono capaci di risolvere l'80% dei problemi. Temo - avrebbe aggiunto Angeletti - che il metodo suggerito possa favorire il disastro".
Per Luigi Centrella, leader di Ugl, "accanto a quella sul lavoro non possono mancare una riforma fiscale e stimoli agli investimenti, altrimenti questo tavolo non produrrà gli effetti sperati". Il fisco deve essere "più equo per operai, impiegati e pensionati" e in materia di lavoro "la discussione dovrebbe partire dal documento di Cgil, Cisl e Uil convidiso dall'Ugl, se davvero il governo cerca la coesione".
Sull'articolo 18, Antonio Di Pietro è durissimo. "Non è una fisima di lavoratori o sindacati, ma una garanzia di legge a cui tutti dovrebbero aspirare, non un punto di esclusione, che crea tensione sociale", dice il leader dell'Idv, che chiede a Monti di non fare il professore ma il presidente del Consiglio, "che quindi deve tenere conto dei diritti di tutti".
Sciopero tir in tutta Italia Cancellieri: "Siamo molto attenti"
Le manifestazioni, partite dalla Sicilia, si sono allargate a tutto il Paese e andranno avanti per 5 giorni. Disagi su molti tratti della rete autostradale. Chiusi due caselli sulla A1 nel Lazio, blocchi in Campania, Puglia e Lombardia. Problemi anche in Lombardia. Il ministro dell'Interno: "Nulla esclude che questi malesseri possano sfociare in manifestazioni di tipo diverso". Taxi fermi dalle 8 alle 22. A Roma raduno al Circo Massimo.
http://www.repubblica.it/politica/2012/01/23/dirette/sciopero_tir_in_tutta_italia_cancellieri_siamo_molto_attenti-28604631/?ref=HREA-1
Mills, tutte le mosse di Berlusconi contro un verdetto al fotofinish. - di PIERO COLAPRICO e EMILIO RANDACIO
MILANO - Risuona tra i marmi del tribunale il lamento di Silvio Berlusconi: "A Milano processano solo me". Ma se il "processo Mills" è diventato questa tragicommedia bilingue, se è nata questa sequenza di udienze con traduttore, se c'è la corsa a ostacoli per arrivare a una sentenza, è perché Berlusconi, grazie ai suoi super-poteri, sinora era riuscito a farsi difendere sia dagli avvocati sia dal Parlamento. Secondo gli ultimi calcoli, forse si saprà se Berlusconi è colpevole o innocente, se ha corrotto o no un testimone, appena settantadue ore prima che su ogni parola cali la mannaia della prescrizione, che cancella le pene. I fatti sono questi, hanno la loro forza, e se qualcuno li vuole ascoltare, sono limpidi, e nella piena luce del sole.
Partono da una data che Berlusconi e Mills conoscono bene, il 18 luglio del 2004. David Mackenzie Donald Mills, avvocato, marito di un ministro, ha allora 60 anni. È uno stimato legale con studio nella City a Regent Street. Si occupa di patrimoni e di società off shore, cioè con la sede nei "paradisi" senza controlli, dove i ricchi, i mafiosi, gli evasori fiscali sono di casa. Mills ha ricevuto dalla procura di Milano un invito a comparire, l'accusa è riciclaggio. L'elegante avvocato, quel giorno di fa milanese, si presenta alle 14.45 al quarto piano della procura con a fianco il legale di fiducia, Federico Cecconi.
IL LUNGO INTERROGATORIO
Davanti ai pm Fabio De Pasquale e Alfredo Robledo, comincia a spiegare di essere entrato in contatto con il gruppo Fininvest a metà degli anni '80". Cita "Massimo Maria Berruti", oggi esponente del Pdl, ex finanziere, incappato in più di una disavventura giudiziaria. Aggiunge come "l'incontro più importante" sia stato "con Livio Gironi (il tesoriere del gruppo Fininvest, ndr), che era direttamente legato a Silvio Berlusconi e che era - parole di Mills - l'uomo che amministrava il suo patrimonio personale". In tredici ore di faccia a faccia, i magistrati lo lasciano parlare, sornioni. Finché, poco dopo l'una di notte, offrono a Mills un colpo di scena.
Gli mostrano una lettera sequestrata a Londra. Porta la data del 2 febbraio precedente: è firmata da Mills e indirizzata al suo commercialista, Bob Drennan. Mills, riconoscendo la lettera, impallidisce: "Sono molto turbato a rileggerla", confessa. E smette di menare il can per l'aia: "A questo punto credo che, per quanto difficile, la cosa più giusta da fare sia spiegare il fatto con la massima chiarezza". Il fatto, dunque, secondo Mills.
LA CONFESSIONE
Mills racconta che s'è rivolto al suo commercialista per essere difeso da una contestazione del fisco inglese. E in Inghilterra, quando non ci si sa spiegare con gli agenti delle tasse, si può finire molto, molto male, anche radiati dalla professione. Mills davanti ai magistrati non esita più: "Sono stato ascoltato più volte in indagini e processi che riguardavano Silvio Berlusconi e il gruppo Fininvest e, pur non avendo mai detto il falso, ho tentato di proteggerlo nella massima misura possibile. E di mantenere una certa riservatezza sulle operazioni che ho compiuto per lui". Per Silvio Berlusconi.
E 600mila dollari gli arrivano come ringraziamento nel 1999. Nei mesi precedenti si erano infatti tenuti i processi aggiustati. Uno per le tangenti versate dai manager Fininvest per annacquare i controlli della Guardia di Finanza (intere squadre, come si sa, vennero travolte dall'inchiesta Mani pulite). L'altro per scoprire le operazioni illecite della società svizzera All Iberian, sempre berlusconiana. "Carlo Bernasconi (scomparso manager Fininvest, ndr), mi disse che Berlusconi a titolo di riconoscenza per il modo in cui ero riuscito a proteggerlo nel corso delle indagini giudiziarie e nei processi, aveva deciso di destinare a mio favore - questa l'autoaccusa nel cuore di una notte milanese - una somma". In nero, estero su estero, e il fisco inglese non molla.
LA SMENTITA
La procura chiede il rinvio a giudizio per il professionista inglese e per il suo "dante causa" italiano, e cioè Berlusconi. Mills, nel frattempo, si chiude nel totale mutismo, rotto solo dalla spedizione di un memoriale ai pm. Smentisce quello che avava confessato. Quei 600 mila dollari gli arrivano - assicura - da un altro suo cliente, l'armatore campano, Diego Attanasio. Era tanto lo stress da interrogatorio - il legale che lo ha assistito per tutte le 13 ore non ha mai contestato la correttezza dei magistrati - da fargli dire una cosa per l'altra, tutto qui.
Credergli? Non credergli? Il dibattimento, davanti alla decima sezione penale, prende il via il 13 marzo di cinque anni fa. E regge fino a quando Berlusconi, nell'aprile 2008, viene rieletto a Palazzo Chigi. Poi si frantuma. Perché tra i primi atti che il terzo esecutivo Berlusconi approva non c'è nulla che aiuti i cittadini ad ottenere una giustizia rapida ed efficiente, ma scatta invece il cosiddetto Lodo Alfano: bastano quattro frasi e le più alte cariche dello Stato ottengono l'immunità processuale. Moltissimi, tranne che nei partiti di centrodestra, ritengono la pseudoriforma delirante: fa sparire un principio sacrosanto in Italia, e cioè l'eguaglianza formale dei cittadini davanti alla legge.
Dopo appena un anno - il tempo minimo che ci vuole - la Consulta boccia Alfano, ma un risultato ad esclusivo beneficio di chi ora piange nel palazzo di Giustizia è stato ottenuto: nell'imbarazzante processo Mills, Berlusconi non c'è più. La sua posizione si è "pietrificata": in aula resta solo l'inglese. Il quale, sempre ammutolito, va incontro al suo destino. E viene condannato: sia in primo che in secondo grado. Tra gli innumerevoli testimoni, ascoltati in Italia o all'estero per rogatoria, c'è proprio l'armatore del suo alibi, Attanasio: "Mai ho dato o regalato o prestato 600 mila dollari a Mills, non ce ne sarebbe stato il motivo", dice. Lo stesso affermano ragionieri ed analisti di conti.
LA CONDANNA
Il 25 febbraio 2010 la Corte di Cassazione, a sezioni unite, riconosce la colpevolezza di Mills. Lo condanna a un risarcimento del danno pari a 250 mila euro, ma dichiara il reato prescritto. Troppo è il tempo passato. Se la sorte processuale di quello che possiamo chiamare un "testimone corrotto" è chiara, che cosa accade al presunto corruttore, che non è Attanasio, ma era e resta l'imputato Berlusconi?
"Non ho nemmeno mai incontrato Mills, lo giuro sui miei figli", attacca nelle tv e nelle piazze, ma agisce all'ombra del Parlamento: già digerita la sconfitta per il Lodo, la maggioranza rifà un'altra figuraccia introducendo il "legittimo impedimento", secondo cui chi ha impegni istituzionali può saltare le udienze del processo. Anche questa idea ad personam finisce davanti alla Corte Costituzionale, che la ridimensiona non poco.
LA CORSA
Ora che al governo ci sono Mario Monti e i "tecnici", ora che Berlusconi, sommerso dallo scandalo di Ruby Rubacuori e del bunga bunga, con la credibilità appannata, senza una maggioranza solida, ha dato le dimissioni, ora il dibattimento Mills può però correre davvero. Come una "corsa da formula uno", sfotte e critica l'ex ministro Alfano. Ma di quale corsa parliamo? L'avvocato inglese, che deve finalmente rispondere alle domande, si sente male, è il cuore. Sono stati chiamati a difesa testi e perditempo di ogni tipo. "Qualunque sentenza non avrà effetto", annuncia Berlusconi, mentre gli ultimi calcoli ricordano il fotofinish: se si dovesse rispettare il calendario fissato dal collegio presieduto da Francesca Vitale, la sentenza verrebbe emessa sabato 11 febbraio. Ossia, settantadue ore prima della prescrizione.
I berlusconiani amano parlare di persecuzione, ma è la regolarità dei processi il valore da difendere. Perché viene considerata - non solo da chi si occupa di processi, come i magistrati - una base della democrazia. Berlusconi ha avuto in questo campo altre disavventure pesanti, come raccontano le condanne per l'ex ministro e avvocato Cesare Previti, che ha comprato una sentenza pagando i giudici. Sono solo fatti. E se non fossero state approvate dalla sua maggioranza leggi dichiarate illegali e ingiuste, se non ci fosse stato un Parlamento così succube, il processo per Berlusconi sarebbe finito, come successo per Mills, nel 2010. Due anni fa. E anche questa contestazione non piace a chi rivuole il potere, e gli abusi del potere. La realtà è soltanto questa.
Arsenico nell'acqua, risarcimento di 100 euro.
Tar condanna ministeri Ambiente e Salute.
I ministeri dell'Ambiente e della Salute sono stati condannati dal Tar del Lazio a risarcire con 100 euro ciascuno circa 2.000 utenti di varie regioni (Lazio, Toscana, Trentino Alto Adige, Lombardia, Umbria) che lamentano la presenza di arsenico nell'acqua. Lo annuncia il Codacons, che aveva presentato ricorso.
Secondo i giudici amministrativi di primo grado, riferisce il Codacons, bere "acqua all'arsenico può produrre tumori al fegato, alla cistifellea e pelle, nonché malattie cardiovascolari". "La sentenza - afferma il Codacons in una nota - apre una strada di incredibile valore, affermando che fornire servizi insufficienti o difettosi o inquinati determina la responsabilità della pubblica amministrazione per danno alla vita di relazione, stress, rischio di danno alla salute". "Ora questa strada - prosegue la nota - sarà percorsa anche per chiedere i danni da inquinamento dell'aria e da degrado sia a Napoli che a Roma e nelle altre grandi città in cui la vivibilità è fortemente pregiudicata dal degrado ambientale". Per Carlo Rienzi, presidente dell'associazione di utenti e consumatori, si "tratta di una vittoria importantissima perché pone termine alla impunità di regioni e ministeri che per non spendere i soldi stanziati o non sapendoli spendere hanno tenuto la popolazione in condizioni di degrado e di rischio di avvelenamento da arsenico. Ora i singoli presidenti delle regioni e i singoli Ministri dell'Ambiente e della Salute succedutisi negli ultimi anni, quando promettevano all'Europa bonifiche delle falde in cambio di aumento dei limiti di presenza del metallo velenoso nelle acque, dovranno essere perseguiti dalla Corte dei Conti per rimborsare l'erario dei soldi che dovranno risarcire agli utenti".
domenica 22 gennaio 2012
La mamma degli stupidi è sempre incinta.
Poveri idioti, si sono immortalati in una foto da tragedia.
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=3140562594567&set=a.1131655173137.128816.1279993211&type=1
L’Orologio dell’Apocalisse accelera: la fine del mondo si avvicina di un minuto.
Il Doomsday Clock, che scandisce il tempo con cui la Terra corre verso la propria autodistruzione, suona la sveglia simbolica: il pericolo nucleare, i cambiamenti climatici e la necessità di trovare fonti energetiche sicure e sostenibili non fanno ben sperare per la salute del pianeta.
L’anno nuovo porta cattive notizie per il nostro pianeta: la fine del mondo si avvicina di un minuto. Non stiamo parlano della fantomatica profezia dei Maya, ma dell’orologio che scandisce il tempo con cui la Terra corre verso la propria autodistruzione. Si tratta del cosiddetto Doomsday Clock, letteralmente Orologio dell’Apocalisse. Creato nel 1947 dagli scienziati del Bulletin of the Atomic Scientists dell’Università di Chicago - la rivista fondata nel 1945 dagli studiosi che hanno partecipato al Progetto Manhattan - è un orologio simbolico. Le sue lancette scandiscono il breve intervallo di tempo che ci separa dalla mezzanotte, emblema della fine del mondo provocata da una guerra termonucleare.
Al momento della sua creazione, in piena Guerra fredda, con il mondo diviso in due blocchi contrapposti, le lancette furono impostate a sette minuti dalla mezzanotte. In questi decenni si sono mosse 19 volte, toccando il loro minimo negli anni 50, con appena due minuti di sopravvivenza. L’ultimo spostamento risale a due anni fa. Si trattò allora di un passo indietro e la Terra sembrò sollevare un sospiro di sollievo. Ma da gennaio le lancette hanno ripreso a camminare in avanti e il nostro tempo, secondo gli scienziati del Bulletin, si è di nuovo accorciato: adesso l’Orologio dell’Apocalisse segna mezzanotte meno cinque.
Gli scienziati, con questa decisione, sembrano volerci dare la sveglia, come se non bastasse la complicata crisi economico-finanziaria che stiamo attraversando. Ma cosa li spinge a essere ancora più pessimisti in questo 2012? “Due anni fa sembrava che i leader mondiali potessero fronteggiare davvero le minacce globali che abbiamo di fronte”, si legge nella nota con cui il Bulletin of the Atomic Scientists ha annunciato la decisione di muovere in avanti le lancette. “In molti casi quel trend positivo si è arrestato o è stato invertito. Per questa ragione – continua il comunicato – il Doomsday Clock è stato spostato un minuto in avanti, tornando a segnare la stessa ora del 2007″.
A rendere i tempi che viviamo ancora più incerti concorrono molteplici fattori. Il primo è lo stesso che ha portato alla nascita dell’Orologio dell’Apocalisse. Il pericolo di saltare tutti in aria, all’ombra di un gigantesco fungo atomico. Il muro di Berlino è caduto ormai da più di vent’anni, ma il mondo non è diventato per questo un luogo più sicuro in cui vivere. Le 22.400 testate nucleari ancora esistenti, capaci da sole di cancellare più volte la vita dalla faccia della Terra, sono ancora tutte lì a ricordarcelo. Le speranze di disarmo bilaterale tra USA e Federazione Russa, ancora custodi della gran parte degli ordigni nucleari del pianeta, suscitate all’inizio della presidenza Obama dalla promessa di un nuovo spirito di cooperazione internazionale – il cosiddetto ‘reset’ sfociato nella firma del nuovo trattato Start - sembrano un lontano, pallido ricordo. I venti di guerra in Iran spirano sempre più minacciosi e l’instabilità geopolitica del Medio Oriente aumenta. Uno scenario che moltiplica i rischi di proliferazione nucleare in tutto il mondo.
Ma altre nubi si addensano sul pianeta, secondo gli scienziati. L’approssimarsi della mezzanotte è motivata anche dalla “inazione su temi chiave come i cambiamenti climatici e la necessità di trovare fonti energetiche sicure e sostenibili, per spingere la crescita economica dei paesi industrializzati e in via di sviluppo senza recare danno al clima”, commenta Lawrence Krauss, fisico teorico e co-presidente del Bulletin. Gli scienziati considerano i cambiamenti climatici “questione ormai vitale per la nostra specie”, soprattutto in assenza di accordi vincolanti per i Paesi – in primo luogo i più inquinanti, Cina e USA su tutti – che prendano il posto del Protocollo di Kyoto, in scadenza proprio alla fine del 2012.
Gli scienziati del Bulletin restano, tuttavia, ottimisti e, “incoraggiati dalla Primavera Araba, dai movimenti Occupy, dalle proteste politiche in Russia e dei cittadini comuni in Giappone” dopo l’incidente di Fukushima, lanciano un appello “a tutti gli scienziati ed esperti a unirsi ai comuni cittadini per chiedere, insieme, ai decisori politici e ai leader industriali risposte e azione”. Possibilmente entro la mezzanotte.
di Davide Patitucci
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