Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 4 febbraio 2012
Pini, il leghista evasore a sua insaputa. Chi è l’uomo che vuole farla pagare ai giudici. - di Sandra Amurri
E' lui l'autore dell'emendamento sulla responsabilità civile. Il suo curriculum passa da inchieste per false fatturazioni alla richiesta di far trasferire il questore Germanà.
Anche l’onorevole leghista Gianluca Pini, autore dell’emendamento approvato giovedì dalla Camera sulla responsabilità civile dei giudici- come da copione vanta una storia di una truffa avvenuta a “sua insaputa”. Quando la Guardia di Finanza scopre che la società Scyltian dicasi “cartiera” ha tra i vari clienti anche la sua ditta, laNikenny, per impedire ogni verifica, ricorre all’alibi del furto della contabilità aziendale (per la legge è reato solo l’uso della fattura falsa). Così in mancanza di accertamenti ne esce “illeso” penalmente. Paga solo 196, 467 mila euro più 23, 92 mila euro di interessi sui 679 mila eurocontestatigli dall’Agenzia delle Entrate. Pini è un imprenditore “flessibile” passa dall’import-export di elettronica di consumo – la Nikenny chiusa nel 2005 – alla Nikenny Corporation srl messa in liquidazione nel 2011 di cui Pini è procuratore institore con una vasta gamma di poteri.
Ma ad essere accusata dalla Procura della Repubblica di Forlì di aver “utilizzato ed emesso al fine di evadere le imposte sui redditi e o sul valore aggiunto fatture per operazioni inesistenti per l’anno 2004 per complessivi euro un milione 419, 044 mila emesse dalla Tech line srl e nell’anno 2003 per fatture emesse dalla Full service srl per euro 627, 00 mi-la nonché l’emissione di fatture alla “Full service” srl per euro 217, 243, 61” è l’Amministratore, Alessia Ferrari, ex dipendente della Nichenny di Pini, società che era tra i clienti della “cartiera”.
Al momento della liquidazione è anche emerso che non erano state pagate multe per 4 mila e trecento euro. L’auto, ancora oggi usata dall’onorevole leghista, una Bmw X 6 nera, è una di quelle intestate alla società. A seguire nasce la Gold Choice srl, import-export di caffè, amministratrice la sua compagna Paola Ragazzini, infermiera all’ospedale di Lugo in aspettativa da quando è diventata suo “portaborse” ed infine germoglia la Grado Golf and Resort srl, con sede a Roma in via Frattina. Società che nasce esclusivamente per la realizzazione di un Resort sui terreni di proprietà di Zamparini della Palermo Calcio. Operazione da 150 milioni di euro. Ad occuparsi di trovare investitori è il professionista Roberto Zullo: nomi protetti dallo schermo di una società inglese Reset Ltd. Ma l’operazione salta e la società resta inattiva.
Pini fa eleggere consigliere comunale Francesco Aprigliano, poliziotto di Rossano Calabro in servizio a Forlì. E quando questo viene sottoposto a provvedimento disciplinare dal questoreCalogero Germanà perché svolgeva l’attività di immobiliarista e imprenditore, Pini presenta un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno Maroni, suo uomo di riferimento nella Lega, per chiedere l’immediato trasferimento di Germanà. Germanà, vale la pena ricordarlo, è l’investigatore miracolosamente scampato, dopo due mesi dalla strage di Via D’Amelio in cui venne ucciso Paolo Borselino di cui era stretto collaboratore, all’agguato sul lungomare di Mazzara del Vallo. A sparargli con fucili a pallettoni e kalashnikov il gotha di Cosa Nostra: Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella e Giuseppe Graviano. Un eroe vivente, seppure sia stato nominato questore dopo 12 anni.
Pini prendendo a pretesto una denuncia, archiviata per infondatezza, nei confronti del questore da parte del sindacato Siulp in merito a presunte disparità di trattamento degli straordinari scrive: “Mi chiedo se il Ministro intenda provvedere celermente con un provvedimento di turnazione nei confronti del questore evitando altresì che la nuova sede non sia vicina a quella attuale”. Ritenendo Ravenna, sede vacante, troppo vicina a Forlì per un questore, ritenuto così “scomodo” chissà perché. Germanà, simbolo della lotta alla mafia, viene inviato a Piacenza dall’ex Ministro che ama rivendicare i meriti della cattura dei latitanti. Forse per questo Pini non potendo far trasferire i magistrati scomodi ha pensato ad una norma per punirli minandone l’indipendenza?
Ma ad essere accusata dalla Procura della Repubblica di Forlì di aver “utilizzato ed emesso al fine di evadere le imposte sui redditi e o sul valore aggiunto fatture per operazioni inesistenti per l’anno 2004 per complessivi euro un milione 419, 044 mila emesse dalla Tech line srl e nell’anno 2003 per fatture emesse dalla Full service srl per euro 627, 00 mi-la nonché l’emissione di fatture alla “Full service” srl per euro 217, 243, 61” è l’Amministratore, Alessia Ferrari, ex dipendente della Nichenny di Pini, società che era tra i clienti della “cartiera”.
Al momento della liquidazione è anche emerso che non erano state pagate multe per 4 mila e trecento euro. L’auto, ancora oggi usata dall’onorevole leghista, una Bmw X 6 nera, è una di quelle intestate alla società. A seguire nasce la Gold Choice srl, import-export di caffè, amministratrice la sua compagna Paola Ragazzini, infermiera all’ospedale di Lugo in aspettativa da quando è diventata suo “portaborse” ed infine germoglia la Grado Golf and Resort srl, con sede a Roma in via Frattina. Società che nasce esclusivamente per la realizzazione di un Resort sui terreni di proprietà di Zamparini della Palermo Calcio. Operazione da 150 milioni di euro. Ad occuparsi di trovare investitori è il professionista Roberto Zullo: nomi protetti dallo schermo di una società inglese Reset Ltd. Ma l’operazione salta e la società resta inattiva.
Pini fa eleggere consigliere comunale Francesco Aprigliano, poliziotto di Rossano Calabro in servizio a Forlì. E quando questo viene sottoposto a provvedimento disciplinare dal questoreCalogero Germanà perché svolgeva l’attività di immobiliarista e imprenditore, Pini presenta un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno Maroni, suo uomo di riferimento nella Lega, per chiedere l’immediato trasferimento di Germanà. Germanà, vale la pena ricordarlo, è l’investigatore miracolosamente scampato, dopo due mesi dalla strage di Via D’Amelio in cui venne ucciso Paolo Borselino di cui era stretto collaboratore, all’agguato sul lungomare di Mazzara del Vallo. A sparargli con fucili a pallettoni e kalashnikov il gotha di Cosa Nostra: Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella e Giuseppe Graviano. Un eroe vivente, seppure sia stato nominato questore dopo 12 anni.
Pini prendendo a pretesto una denuncia, archiviata per infondatezza, nei confronti del questore da parte del sindacato Siulp in merito a presunte disparità di trattamento degli straordinari scrive: “Mi chiedo se il Ministro intenda provvedere celermente con un provvedimento di turnazione nei confronti del questore evitando altresì che la nuova sede non sia vicina a quella attuale”. Ritenendo Ravenna, sede vacante, troppo vicina a Forlì per un questore, ritenuto così “scomodo” chissà perché. Germanà, simbolo della lotta alla mafia, viene inviato a Piacenza dall’ex Ministro che ama rivendicare i meriti della cattura dei latitanti. Forse per questo Pini non potendo far trasferire i magistrati scomodi ha pensato ad una norma per punirli minandone l’indipendenza?
Quant’è monotona la figlia della Fornero: ha più di un posto fisso.
Quando si tratta di pontificare, questi “tecnici” del governo, non si tirano mai indietro: dispensano predicozzi a destra e a manca, lanciano affondi a reti unificate perché tanto loro non sono mica politici, stanno lì per “salvare” il Paese dalla crisi che i loro sponsor hanno creato. Sì ok ma da questi tecnici e dalla loro arroganza chi ci salva? Chi ci salva da quel tal Michel Martone, superaccomandato viceministro al welfare, amico di Brunetta, Dell’Utri e Previsti, ormai celebre per la sua indegna uscita sugli sfigati che in qualsiasi altro Paese avrebbe comportato immediate dimissioni. Chi ci salva da Monti che ieri a Matrix ci ha regalato un’altra preziosissima indicazione esistenziale: “Il lavoro fisso? Che monotonia” ha detto il senatore a vita.
E poi però, se vai a guardare bene, questi “tecnici” del governo al posto fisso ci tengono eccome. E mica solo per loro ma anche per i loro figli. Vedi per esempio Elsa Fornero, ministro del lavoro: sua figlia, Silvia Deaglio, di anni 32, è ricercatrice in genetica medica, professore associato alla facoltà di Medicina dell’Università di Torino, il medesimo ateneo in cui insegnano, ad Economia, i suoi illustri genitori, mamma Elsa e papà Mario Deaglio. Un conflitto di interessi grande come una casa. Ma non è finita: la figlia della Fornero è anche responsabile unità di ricerca, ruolo assegnatole dalla HuGeF, fondazione che ha come mission la ricerca di eccellenza e la formazione avanzata nel campo della genetica, genomica e proteomica umana.
La HuGeF è un’istituzione creata e finanziata dalla Compagnia di San Paolo, ente del quale la Fornero è stata vicepresidente dal 2008 al 2010 e per conto della quale è stata designata alla vicepresidenza della banca Intesa, carica lasciata solo dopo aver ricevuto la nomina ministeriale. Un altro conflitto di interessi grande come una casa.
Povera ragazza: chissà quanto si annoia.
In Giappone l'uomo gestisce la neve; in Italia la neve gestisce l'uomo.
Questo in Giappone, qui, con 10 cm di neve ci facciamo prendere dal panico!
Assurdo!
Per i senza cervello invece è garantito un posto caldo direttamente presso STUDIO
APERTO...
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=334918236547959&set=a.212016495504801.55305.212015282171589&type=1&theater
Truffa al concorso per poliziotti. Si fa sostituire dal suo prof.
Al test di cultura generale nell'hangar dell'aeroporto di Guidonia intervengono i carabinieri. Prende il posto del candidato, lo scopre un altro ex allievo.
ROMA - Si erano persi di vista dopo la fine del liceo, concluso l'esame di maturità non si erano più incontrati. Il primo professore, l'altro un suo alunno. Il destino ha però riservato loro una sorpresa: si sono ritrovati lunedì scorso all'aeroporto militare di Guidonia al concorso per diventare poliziotto. Ma quella che doveva essere davvero una rimpatriata inattesa è diventata una trappola per l'insegnante. L'ex alunno voleva andare a salutarlo, ma si è improvvisamente bloccato: all'appello dei candidati l'ha sentito rispondere ad un altro nome. Quello di un concorrente che in realtà nell'hangar affollato di aspiranti agenti non c'era proprio.
«Qualcuno sta barando», ha pensato subito il ragazzo che, come un vero poliziotto, ci ha voluto subito vedere chiaro. E così ha chiamato i carabinieri di guardia all'aeroporto. Il trucco, escogitato da un ragazzo campano di 25 anni concittadino del professore, per passare il concorso in tutta tranquillità è stato presto scoperto: messo alle strette l'insegnante ha mostrato ai militari dell'Arma una carta d'identità contraffatta, con la sua fotografia ma le generalità del vero concorrente iscritto alla prova.
E pensare che all'inizio nessuno se n'era accortonell'enorme capannone trasformato in aula per la prova preliminare, un test di cultura generale, del concorso per 2.800 allievi agenti della polizia di Stato. Fra loro laureati, diplomati, militari in congedo. Ma anche impiegati e disoccupati provenienti da ogni parte d'Italia. Centinaia di ragazzi e ragazze, tutti con l'obiettivo di indossare la divisa della polizia per un periodo di ferma variabile da uno a quattro anni. Ma qualcuno fra di loro non aveva capito che stava sostenendo un esame per diventare un tutore dell'ordine.
A far saltare i piani del giovane candidato, ex militare dell'Esercito, originario della provincia di Salerno, è stato così proprio l'ex alunno: il falso candidato, il suo professore di ginnastica, è stato invitato a seguire i carabinieri nella loro caserma all'interno dell'aeroporto dove è apparso subito chiaro che il documento che aveva presentato era stato falsificato. L'insegnante, G.M., 31 anni, napoletano ma residente anche lui nel casertano, è stato denunciato per truffa, sostituzione di persona, uso di atto falso e falsità materiale commessa da privato in concorso con il vero concorrente, C.A., anch'egli indagato dalla procura di Tivoli.
La carta d'identità contraffatta è stata sequestrata dai carabinieri che ora indagano per scoprire se nel corso di altri concorsi pubblici siano stati adottati stratagemmi analoghi per far passare candidati che altrimenti non avrebbero mai potuto superare le prove di abilitazione. Anche il professore riconosciuto e incastrato da un suo ex allievo era fino a poco tempo fa un volontario in ferma prolungata dell'Esercito ma si era poi congedato. Sia lui sia l'amico concorrente sono stati accompagnati in caserma e interrogati dagli investigatori per capire se oltre a loro ci fossero altre persone coinvolte nella truffa e se l'insegnante sia stato in qualche modo ricompensato per essersi presentato al concorso al posto di un altro. Le indagini sono tuttavia solo all'inizio, mentre le prove di ammissione della polizia sono proseguite regolarmente.
Apparteneva al Salai la copia della 'Gioconda' ritrovata al Prado.
Il documento notarile conservato presso l'Archivio di Stato di Milano
Roma - (Adnkronos) - Lo rivela un documento notarile del 1525 pubblicato nel volume della studiosa Carla Glori.
Roma, 3 feb. (Adnkronos) - Un'ulteriore conferma alla tesi che attribuisce al Salai la paternità della 'Gioconda' ritrovata al Prado di Madrid, arriva da un documento notarile del 1525, che attesta che l'opera era tra i beni dell'allievo prediletto di Leonardo da Vinci. L'atto, conservato presso l'Archivio di Stato di Milano, è stato scoperto nel 1990 da Shell-Sironi, e attesta che nel 1525 in un inventario dei beni di Gian Giacomo Caprotti da Oreno detto Salai, morto l'anno precedente, c'è anche un quadro ''de una dona aretrata dicto la honda C°'', e corretto con ''dicto la Joconda''.
Il documento è pubblicato nella seconda versione, attualmente in fase di stampa presso l'editore Cappello, del volume 'Enigma Leonardo: decifrazioni e scoperte. La Gioconda. In memoria di Bianca', di Carla Glori. L'opera in possesso del Salai, secondo la Glori con molta probabilità coincide proprio con la copia del Prado, che gli esperti indicano come dipinta in contemporanea con l'originale.
La scoperta fatta da Shell-Sironi nell'Archivio di Stato di Milano andrebbe, in base alla tesi della Glori, a costituire traccia documentale dell'esistenza in mani del Salai della sua copia coeva della Gioconda, e coinciderebbe quindi con quella del Prado. Per quanto concerne la dicitura cancellata dal documento, ''la honda C°'', secondo la Glori costituirebbe una prova che l'opera del Salai sia contemporanea dell'originale di Leonardo. La lettera C infatti, secondo la studiosa, sarebbe l'iniziale di una delle tre parole latine 'collatio', 'comparatio', 'contentio', ad indicare appunto 'comparazione', 'confronto', 'paragone'.
http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cultura/Apparteneva-al-Salai-la-copia-della-Gioconda-ritrovata-al-Prado_312936696482.html
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