Secondo la procura la madre, il padre e il fratello di Maria Concetta Cacciola avrebbero portato la donna a suicidarsi "attraverso reiterati atti di violenza fisica e psicologica". Le avevano fatto scrivere sotto la minaccia di non farle più vedere i suoi figli una lettera di ritrattazione di quanto aveva raccontato ai magistrati antimafia.
Maria Concetta Cacciola
REGGIO CALABRIA - L'hanno picchiata fino a rompergli le costole, le impedivano di uscire di casa e quando capitava la facevano seguire dai loro scagnozzi. Ma quel più le faceva male era quando la minacciavano di non farle vedere i suoi tre figli. Per questo Maria Concetta Cacciola ha deciso di farla finita bevendo l'acido muriatico. Per questo una donna di 31 anni che pure aveva iniziato a collaborare con la giustizia, aveva ritrattato tutto. Le avevano fatto scrivere sotto dettatura una lunga lettera pubblica e, come se non bastasse, le avevano fatto registrare un nastro audio nel quale confermava che le cose dette ai magistrati della Dda di Reggio Calabria erano false. Tutte false. Stamattina Michele e Giuseppe Cacciola, padre e fratello della donna, e la madre Anna Rosalba Lazzaro, sono stati arrestati. Contro di loro la Procura della Repubblica di Palmi muove un'accusa terribile: "Attraverso reiterati atti di violenza fisica e psicologica" l'avrebbero portata "a togliersi la vita".
La storia di Maria Concetta affonda le sue radici nella sua adoloscenza, quando a 13 anni sposa un uomo che non ama e da cui non è amata. Appartiene ad una famiglia contigua ai clan della 'ndrangheta di Rosarno. Una che insomma ha per anni respirato l'aria dei padrini della Piana di Gioia Tauro. Una vita di sofferenze e privazioni che lei stessa descrive in alcune lettere inviate alla madre il giorno in cui decide di lasciare Rosarno per affidarsi ai magistrati. Sceglie ad un certo punto della sua vita di seguire le orme di sua cugina, di Giuseppina Pesce, l'altra pentita della cosca riuscita a sfuggire assieme ai figli dalla Calabria solo pochi mesi prima. Maria Concetta parte, ma compie un errore. Affida alla madre i tre ragazzini, confidando nella solidarietà tra donne. E' un errore perché i bambini diventano lo strumento di pressione psicologica attraverso cui la famiglia la farà tornare a casa.
La storia di Maria Concetta affonda le sue radici nella sua adoloscenza, quando a 13 anni sposa un uomo che non ama e da cui non è amata. Appartiene ad una famiglia contigua ai clan della 'ndrangheta di Rosarno. Una che insomma ha per anni respirato l'aria dei padrini della Piana di Gioia Tauro. Una vita di sofferenze e privazioni che lei stessa descrive in alcune lettere inviate alla madre il giorno in cui decide di lasciare Rosarno per affidarsi ai magistrati. Sceglie ad un certo punto della sua vita di seguire le orme di sua cugina, di Giuseppina Pesce, l'altra pentita della cosca riuscita a sfuggire assieme ai figli dalla Calabria solo pochi mesi prima. Maria Concetta parte, ma compie un errore. Affida alla madre i tre ragazzini, confidando nella solidarietà tra donne. E' un errore perché i bambini diventano lo strumento di pressione psicologica attraverso cui la famiglia la farà tornare a casa.
Ed è qui che scattano le ritorsioni, feroci. La Cacciola tenta più volte di chiamare i carabinieri a cui chiede di andarla a prendere assieme ai figli. Ma c'è sempre gente in casa, è sempre circondata. E per le forze dell'ordine non è possibile fare irruzione in quella casa. Lei stessa aveva detto agli uomini del Ros che non voleva andarsene in presenza della madre contro cui si sarebbe scatenata l'ira del resto della famiglia. Deve essere lei a uscire volontariamente in un momento in cui non è vista. E' questo l'accordo preso il 18 agosto scorso con le forze dell'ordine. Qualcosa però non va per come sperato e la donna si uccide. Nel più atroce dei modi. Bevendo l'acido muriatico, il 20 agosto.
Scrive il Gip di Palmi, Fulvio Accurso, nell'ordinanza di custodia cautelare: "Se le pagine del processo che saranno a breve esaminate non fotografassero una realtà brutale e soffocante, si potrebbe credere di leggere l'appassionante scenografia di un film, nella quale una giovane donna di soli 31 anni, madre di tre figli e costretta a vivere una vita che non le appartiene, decide in un anonimo pomeriggio di fine estate di togliersi la vita, ingerendo acido muriatico, nella disperata illusione di poter riacquistare la tanta sognata libertà". All'alba, mentre polizia e carabinieri eseguivano l'ordine di custodia cautelare contro i familiari della donna, la Dda di Reggio Calabria faceva eseguire agli uomini del Ros e del Comando provinciale altri 13 fermi. In manette sono finiti altri affiiati della cosca guidata da Ciccio Pesce. E contro di loro saranno usati anche i contenuti degli unici tre verbali di dichiarazioni lasciate ai magistrati da Maria Concetta.
http://www.repubblica.it/cronaca/2012/02/09/news/arresti_famiglia_pentita-29577508/?ref=HREC1-1