Mussari, presidente dell'Abi, con il ministro Passera e la Marcegaglia.
Pure i banchieri salgono sul traliccio della protesta. Per non sciupare l’abito lo fanno a modo loro, dimettendosi in blocco dai vertici dell’Abi, l’associazione di categoria. Non accettano che il governo abbia tolto alcune commissioni ai servizi che le banche erogano. Come dei no global qualsiasi non ci stanno e minacciano: se non si torna indietro diamo un altro giro di vite all’erogazione dei crediti a famiglie e imprese.
Banchieri "no global": barricate contro Monti.
Pure i banchieri salgono sul traliccio della protesta. Per non sciupare l’abito lo fanno a modo loro, dimettendosi in blocco dai vertici dell’Abi, l’associazione di categoria.
Motivo: non accettano che il governo abbia tolto alcune commissioni ai servizi che le banche erogano, quegli odiosi balzelli che si aggiungono al costo del conto e che, sommati a fine anno, fanno una cifra. Come dei no global qualsiasi non ci stanno e minacciano: se non si torna indietro diamo un altro giro di vite all’erogazione dei crediti a famiglie e imprese.
Strano questo Paese in cui in contemporanea i facinorosi bloccano autostrade e stazioni e il gotha della finanza blocca il credito.
Nel primo caso serve la polizia, nel secondo serve solo che il governo tenga duro, perché sono sicuro che tutti noi possiamo tranquillamente vivere senza l’Abi, anzi, se chiudesse per sempre il sistema bancario risparmierebbe pure un mucchio di soldi tra affitti, convegni, personale con stipendi che immagino non di second’ordine. Insomma, l’umore dei banchieri è meno importante di quello dei tassisti e dei farmacisti, anche perché è difficile immaginare che ci assistano meno di quanto stiano già facendo negli ultimi anni. La rivolta dei banchieri non è solo ridicola per principio (la classe dirigente del Paese, per di più miliardaria, non scende in piazza e non ricatta sulla pelle dei poveri cristi), ma è sfacciata nei fatti.
Il sistema bancario italiano ha infatti appena incassato dall’Europa oltre 250 miliardi che pagherà a tassi dell’uno per cento. Soldi destinati a noi e che invece sono finiti altrove, cioè in operazioni finanziarie più redditizie e sicure che il credito ad aziende e privati. Senza contare che piangere miseria è incompatibile con lo staccare assegni di liquidazione ai manager da decine di milioni di euro (caso Profumo-Unicredit), o pagare compensi astronomici (leggere la dichiarazione patrimoniale del ministro Passera, ex ad di Banca Intesa). Un sistema, quello bancario, che sta vivendo di incentivi pubblici (i soldi dall’Europa), come ogni tanto avviene per l’auto, non può fare il matto per un presunto, piccolo sgarbo.
Da banchieri ed ex banchieri prestati alla politica si pretende almeno un altro stile, perché tanto, nella sostanza, già lo sappiamo come andrà a finire: su questo traliccio nessuno dei due si farà male.