Proseguono sulla pista dei soldi le indagini che legano Marcello Dell’Utri alla trattativa siglata tra lo Stato e la mafia negli anni delle stragi. Come anticipato a novembre da Antimafia DuemilaAntimafia Duemila, i magistrati che hanno iscritto il senatore del Pdl nel registro degli indagati per “violenza o minaccia a un Corpo Politico, amministrativo o giudiziario”, stanno infatti passando in rassegna una serie di anomali e ingiustificati versamenti milionari di Silvio Berlusconi all’amico Marcello. Scoperti grazie alle indagini sulla cosiddetta P3,nella quale lo stesso Dell’Utri è indagato insieme a personaggi della portata di Flavio Carboni, faccendiere, da sempre vicino ad ambienti criminali.
In quelle carte si legge che il 22 maggio del 2008 Berlusconi aveva versato sul conto dell’amico Marcello, un bonifico di 1,5 milioni di Euro” con la causale “prestito infruttifero”. Operazione che si era ripetuta il 25 febbraio e l’11 marzo 2011, date in cui, con la medesima causale, l’allora Presidente del Consiglio aveva elargito a Dell’Utri rispettivamente 1 milione e 7 milioni di euro. Per un totale di 9 milioni e mezzo.
Soldi che in parte, avevano ricostruito Uif e Guardia di Finanza, erano stati utilizzati per pagare i lavori di ristrutturazione della splendida villa sul lago di Como del senatore. E oggi è proprio quella villa la protagonista di questo nuovo capitolo delle indagini sulla trattativa, con la notizia pubblicata ieri da Il Fatto Quotidiano dell’insolito acquisto della dimora da favola di Dell’Utri da parte, ancora, di Silvio Berlusconi: 21 milioni di Euro per una proprietà che ne valeva 9. E una spesa effettuata alla vigilia del pronunciamento della Cassazione al processo contro il senatore del Pdl, condannato nei precedenti gradi di giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa.
L’esito in Cassazione è noto a tutti: accogliendo la richiesta del sostituto procuratore generale Iacoviello il presidente Grassi ha deciso per un rinvio del processo in Corte d’Appello. Una richiesta a dir poco discutibile alla quale ora si aggiunge il nuovo interessante elemento dell’acquisto della villa a poche ore del verdetto. In quello che sarebbe potuto essere l’ultimo giorno di libertà per Marcello Dell’Utri, che con quei soldi avrebbe estinto debiti e ipoteche della casa (bene che in caso di condanna sarebbe stato a rischio sequestro) e rimpinguato il conto della moglie Miranda Ratti.
L’anomalo acquisto è adesso al vaglio del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e dei sostituti Lia Sava, Nino Di Matteo e Paolo Guido, che stanno ricostruendo le innumerevoli operazioni finanziarie mai chiarite che, da sempre, caratterizzano la storia dell’impero di Silvio Berlusconi. E che tenteranno di rispondere ai tanti perché di quella vendita in una data e a un costo che destano sospetti.
Soprattutto alla luce delle dichiarazioni di Massimo Ciancimino e del pentito Gaspare Spatuzza, sottoposte ad attenta verifica da parte della Dda, che hanno delineato l’importante ruolo rivestito da Marcello Dell’Utri nella trattativa tra Stato e mafia. Secondo il primo, tra la fine del '92 e il '93 il senatore avrebbe preso il posto del padre, Vito Ciancimino, diventando il nuovo referente delle cosche anche negli anni della nascita di Forza Italia, il partito che i boss hanno successivamente sostenuto con il proprio voto. Mentre è il secondo a raccontare di un incontro con il capomafia Giuseppe Graviano, che nel gennaio del 1994, seduto a un tavolino del bar Doney di Roma, gli avrebbe detto: “Abbiamo chiuso tutto e ottenuto quello che cercavamo”, grazie alla “serietà” di Berlusconi e “del nostro compaesano Dell’Utri”, con i quali “ci eravamo messi il paese nelle mani”.
Da qui la decisione dei pm palermitani di acquisire l´atto di compravendita, che ora è parte della corposa inchiesta su quegli anni bui che hanno dato i natali alla seconda Repubblica. Anche se i dettagli di questa operazione sono ancora tutti da definire.
Soldi che in parte, avevano ricostruito Uif e Guardia di Finanza, erano stati utilizzati per pagare i lavori di ristrutturazione della splendida villa sul lago di Como del senatore. E oggi è proprio quella villa la protagonista di questo nuovo capitolo delle indagini sulla trattativa, con la notizia pubblicata ieri da Il Fatto Quotidiano dell’insolito acquisto della dimora da favola di Dell’Utri da parte, ancora, di Silvio Berlusconi: 21 milioni di Euro per una proprietà che ne valeva 9. E una spesa effettuata alla vigilia del pronunciamento della Cassazione al processo contro il senatore del Pdl, condannato nei precedenti gradi di giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa.
L’esito in Cassazione è noto a tutti: accogliendo la richiesta del sostituto procuratore generale Iacoviello il presidente Grassi ha deciso per un rinvio del processo in Corte d’Appello. Una richiesta a dir poco discutibile alla quale ora si aggiunge il nuovo interessante elemento dell’acquisto della villa a poche ore del verdetto. In quello che sarebbe potuto essere l’ultimo giorno di libertà per Marcello Dell’Utri, che con quei soldi avrebbe estinto debiti e ipoteche della casa (bene che in caso di condanna sarebbe stato a rischio sequestro) e rimpinguato il conto della moglie Miranda Ratti.
L’anomalo acquisto è adesso al vaglio del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e dei sostituti Lia Sava, Nino Di Matteo e Paolo Guido, che stanno ricostruendo le innumerevoli operazioni finanziarie mai chiarite che, da sempre, caratterizzano la storia dell’impero di Silvio Berlusconi. E che tenteranno di rispondere ai tanti perché di quella vendita in una data e a un costo che destano sospetti.
Soprattutto alla luce delle dichiarazioni di Massimo Ciancimino e del pentito Gaspare Spatuzza, sottoposte ad attenta verifica da parte della Dda, che hanno delineato l’importante ruolo rivestito da Marcello Dell’Utri nella trattativa tra Stato e mafia. Secondo il primo, tra la fine del '92 e il '93 il senatore avrebbe preso il posto del padre, Vito Ciancimino, diventando il nuovo referente delle cosche anche negli anni della nascita di Forza Italia, il partito che i boss hanno successivamente sostenuto con il proprio voto. Mentre è il secondo a raccontare di un incontro con il capomafia Giuseppe Graviano, che nel gennaio del 1994, seduto a un tavolino del bar Doney di Roma, gli avrebbe detto: “Abbiamo chiuso tutto e ottenuto quello che cercavamo”, grazie alla “serietà” di Berlusconi e “del nostro compaesano Dell’Utri”, con i quali “ci eravamo messi il paese nelle mani”.
Da qui la decisione dei pm palermitani di acquisire l´atto di compravendita, che ora è parte della corposa inchiesta su quegli anni bui che hanno dato i natali alla seconda Repubblica. Anche se i dettagli di questa operazione sono ancora tutti da definire.