Si è impiccato con un cavo elettrico nella sua abitazione di Casaluce. L’uomo è stato trovato dai familiari che hanno avvisato i carabinieri. Il lavoratore soffriva di crisi depressive. Lascia moglie e due figli: nei giorni scorsi altri casi di disperazione. Il sindaco chiede l'intervento del governo.
Un muratore di 56 anni, Alfonso Salzano, si è tolto la vita impiccandosi con un cavo elettrico nella sua abitazione di Casaluce, nel Casertano. L’uomo è stato trovato dai familiari che hanno avvisato i carabinieri. Secondo quanto riferito dai congiunti l’uomo, senza lavoro da circa sei mesi, soffriva di crisi depressive. Salzano ha lasciato un bigliettino ai familiari in cui chiedeva perdono per il gesto estremo. Il muratore si è tolto la vita nella sua abitazione di via Vittorio Emanuele a Casaluce. L’uomo lascia moglie e quattro figli.
Salzano non aveva particolari in problemi economici, secondo quanto appurato dai carabinieri del reparto territoriale di Aversa, ma da gennaio non veniva più chiamato al lavoro. Salzano prima di togliersi la vita ha scritto un biglietto in cui chiedeva scusa ai familiari per quanto stava per compiere. L’uomo questa mattina avrebbe atteso che la moglie fosse uscita di casa per togliersi la vita. Sul caso il sindaco, Nazzaro Pagano, sottolinea che “in questo paese abbiamo il patto di stabilità da rispettare e, purtroppo, non possiamo investire sul lavoro. ‘Il governo deve intervenire: queste morti devono finire. E’ incredibile quanto sta accadendo soprattutto perché malgrado il nostro sia un Comune virtuoso, con soldi da spendere, a causa del patto di stabilità non possiamo dare corso ai nostri progetti e creare lavoro. Il settore edile della nostra zona è praticamente fermo – dice ancora Pagano – la nostra amministrazione ha soldi da spendere e, purtroppo, non possiamo farlo. Avrei potuto dare lavoro anche ad Alfonso e, forse, evitare che si uccidesse. Altro che patto di stabilità questo non è altro che un patto di stupidità”.
Nei giorni scorsi sono stati diversi i casi di suicidi per colpa della crisi, la perdita del lavoro o anche cartelle esattoriale. A Napoli un portiere che avrebbe perso casa e lavoro si è tolto la vita impiccandosi e in Sardegna a Nuoro un imprenditore dopo aver licenziato i sui figli ha deciso di togliersi la vita. Il 22 aprile un artigiano edile di Bosa, 52 anni, si è ammazzato perché dopo aver perso il lavoro non riusciva a mandare avanti la famiglia. L’uomo aveva chiesto aiuto anche al sindaco. Il 13 aprile a Donnalucata, nel ragusano, un imprenditore agricolo in difficoltà a causa della crisi economica si è impiccato. L’uomo di 28 anni, titolare di impianti serricoli, ha lasciato moglie e due figli. Il 13 aprile un imprenditore, la cui azienda era in crisi, ha tentato tenta di uccidersi sparandosi un colpo di fucile in piazza a Montecchio Maggiore (Vicenza). Il giorno prima un agricoltore di 53 anni si era ucciso ad Altivole, in provincia di Treviso, perché non in grado di coprire una serie di debiti che gravavano sulle sue spalle. La crisi e un’annata di siccità, che avrebbe compromesso il raccolto, le cause del drammatico gesto.
Monti: 'Senza vincoli bilancio, Italia nel vuoto'. Bonanni: 'Esecutivo non pensa ai deboli'.
Il commissario per la 'spending review', Enrico Bondi, è già al lavoro e le prime riunioni sulla questione della revisione della spesa sono in corso. Secondo quanto si apprende, avrebbe incontrato questa mattina il ministro per i Rapporti con il Parlamento Piero Giarda.
GOVERNO A CITTADINI,SEGNALATE SPRECHI - Il governo chiede aiuto anche ai cittadini contro gli sprechi della spesa pubblica. Con un modulo, inserito nella pagina della spending review, viene chiesto ai cittadini di "dare suggerimenti, segnalare uno spreco, aiutando i tecnici a completare il lavoro di analisi e ricerca delle spese futili". La segnalazione non potrà essere anonima. I cittadini dovranno compilare obbligatoriamente il campo relativo al nome e al cognome, indicando anche la propria mail e la città di provenienza. La compilazione del modulo autorizza formalmente il governo al trattamento dei dati personali. I cittadini dovranno quindi indicare l'oggetto dell'informativa e potranno inserire il testo indirizzato alla "redazione del governo".
SENATO: GOVERNO VA SOTTO IN AULA SU PENSIONI MANAGER - Il governo è stato battuto in Senato su un emendamento di Idv che ha abrogato un articolo del decreto sulle commissioni bancarie, che conteneva una norma a favoredelle pensioni dei manager pubblici. I favorevoli sono stati 124 (Idv, Lega e Pdl), i contrari 94.
PENSIONI MANAGER; BONANNI,GOVERNO NON PENSA A DEBOLI - "Bene ha fatto il Parlamento a bocciare la norma sulle pensioni d'oro dei manager pubblici. Con tutto il rispetto per queste persone, è assurdo privilegiare chi ha già di più, rispetto a chi ha di meno". Lo sottolineail Segretario Generale della Cisl, Raffaele Bonanni. "Sarebbe stato davvero assurdo oltre che ingiusto - dice - salvaguardare le pensioni degli alti dirigenti, mentre si blocca la perequazione delle pensioni medio basse e non si fa niente per migliaia di esodati senza reddito e senza pensione. Purtroppo questo Governo dimostra ancora una volta di non pensare ai più deboli. E questo non depone positivamente né alla sua immagine, né alla sostanza della politica che sta erroneamente portando avanti".
CATRICALA', PIANO BONDI PER 2,1 MLD TAGLI - "Entro 15 giorni Enrico Bondi dovrà presentare il piano per i tagli di sua competenza" pari a circa 2,1 miliardi di euro. Lo ha affermato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, a margine del bilancio di fine mandato dell'Agcom. Alla domanda su quanto sia la parte di tagli, del totale di 4,2 miliardi di euro, spettante a Bondi, Catricalà ha risposto, "più o meno la metà". IN 20 ANNI CALA SPESA SCUOLA, CRESCE SANITA' - Dal 1990 al 2009 la spesa per la scuola è diminuita, mentre è aumentata quella per la sanità. In 20 anni la spesa per l'istruzione è passata cioé dal 23,1% del totale (1990) al 17,7%, mentre quella per la sanità è passata dal 32,3% del totale al 37%. In lieve calo anche la spesa per l'ordine pubblico: nel 1990 era l'8,9% del totale, nel 2009 il 7,9%. E' quanto risulta dalla documentazione diffusa dal governo sulla 'spending review'.
RIVEDIBILE 97 MLD SPESA SANITA', 44 COMUNI - Nel medio periodo un terzo della spesa pubblica considerata "rivedibile" (cioé dei 295,1 miliardi di euro in totale) è attribuita al settore sanità: 97,6 miliardi. In questo comparto sono rivedibili soprattutto i consumi intermedi, per 69 miliardi. E' quanto emerge dalla documentazione diffusa dal governo sulla 'spending review'. Un altro terzo di spesa rivedibile, pari a 95,9 miliardi di euro, riguarda lo Stato e in questo comparto si guarda soprattutto alle retribuzione lorde (rivedibili 61,8 miliardi di euro). Nella classifica degli enti, la cui spesa pubblica può essere rivista, figurano poi i Comuni: 44,2 miliardi di euro, di cui 25,3 miliardi di consumi intermedi. A seguire le Regioni (20,2 miliardi di spesa rivedibile) che però hanno diverse voci che potrebbero pesare nel processo di 'spending review': contributi alla produzione (6,3 miliardi), consumi intermedi (5,5 mld) e retribuzioni lorde (4,5 mld), tutte voci, queste, considerate rivedibili. ENTRO 15 GIORNI CRONOPROGRAMMA A CDM - "Il commissario è tenuto a presentare entro 15 giorni dalla nomina un cronoprogramma al consiglio dei ministri" sulla 'spending review'. E' quanto si legge nella bozza del decreto legge, 14 articoli in tutto, che fissano le norme per procedere alla revisione della spesa. La durata dell'incarico non potrà superare un anno.
Sono esclusi dall'applicazione del decreto legge sulla 'spending review' "la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale e il Parlamento". Si tratta di organi che hanno una autonomia, che si estende anche agli aspetti economici, riconosciuta a livello costituzionale.
Le amministrazioni pubbliche "entro 24 mesi" adottano misure "finalizzate al contenimento dei consumi di energia". STOP CONVEGNI, STAFF DIRIGENTI A 'DIETA' - Eliminazione di spese di rappresentanza e spese per convegni, ridimensionamento delle strutture dirigenziali esistenti, riduzione anche mediante accorpamento degli enti strumentali e vigilati e delle società pubbliche. Sono alcune delle 11 attività di revisione della spesa contenute nella direttiva firmata dal presidente del Consiglio Mario Monti e dal ministro Piero Giarda per raggiungere, con la spending review, 4,2 miliardi di risparmi nel 2012.
COMMISSARIO POTRA' DECIDERE ISPEZIONI - Il Commissario alla 'spending review' "ha il potere di chiedere informazioni e documenti alle singole amministrazioni, nonché di disporre che vengano svolte ispezioni a cura del l'Ispettorato per la funzione pubblica e del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato". E' quanto si legge nella bozza del decreto legge sulla organizzazione per la revisione della spesa pubblica.
SE INUTILIZZATO IMMOBILE VA CEDUTO A DEMANIO - Gli immobili di proprietà pubblica che eccedono i fabbisogni delle amministrazioni andranno restituiti all'Agenzia del Demanio. E' una delle indicazioni della direttiva del premier Mario Monti e del ministro Piero Giarda alle amministrazioni pubbliche. Le amministrazioni dovranno fare una ricognizione degli immobili in uso e ridurre la spesa per le locazioni assicurando il controllo di gestione dei contratti. Andrà anche verificata la superficie usata dagli uffici in rapporto al numero degli occupanti.
IMPUGNARE SENTENZE PRIMO GRADO PRO-TRAVET - Le amministrazioni pubbliche impugneranno le sentenze di primo grado che riconoscono miglioramenti economici ai dipendenti pubblici "onde evitare che le stesse passino in giudicato". E' questa una delle indicazioni fornite ai ministeri dalla direttiva sulla spending review firmata dal Presidente del Consiglio Mario Monti e dal ministro dei rapporti con il Parlamento, Piero Giarda.
Entro il 30 aprile scadevano i termini per presentare il materiale accusatorio al Tribunale del Riesame di Genova. Spedito tramite posta, il fascicolo è arrivato in ritardo e una coppia di criminali che ha terrorizzato Albenga sarà scarcerata.
La raccomandata arriva in ritardo. E per i rapinatori in villa scatta la scarcerazione. Si fa presto a dire che bisogna combattere contro le rapine in villa. Poi, però, quando la polizia e i magistrati indagano, li trovano e li arrestano, ecco che rischiano di tornare a piede libero per colpa di un ritardo postale. Ma il Procuratore di Savona, Francantonio Granero, comprensibilmente non l’ha presa bene e sta pensando di scrivere una lettera (chissà se la invierà per posta) a Enrico Bondi candidato dal governo Monti a diventare commissario per la Spending Review dello Stato.
Una storia che racconta gli effetti dei tagli alla giustizia sulla sicurezza della gente. Tutto comincia poche settimane fa, quando ad Albenga vengono arrestate due persone. Sarebbero loro i protagonisti di una serie di rapine in ville e case che da tempo seminano la paura nel Ponente ligure. E’ stata un’indagine dura, difficile. Gli investigatori e i pm, però, ce l’hanno fatta: hanno raccolto centinaia di pagine di carte che, secondo l’accusa, non lasciano scampo ai presunti rapinatori. Così scattano le manette. E ad Albenga in molti tirano un sospiro di sollievo. Ma dura poco.
Entro il 30 aprile scadevano i termini per presentare il materiale accusatorio al Tribunale del Riesame di Genova. Facile a dirsi, ma ormai gli uffici giudiziari non hanno nemmeno i soldi per pagarsi la carta per le fotocopie. Altro che auto blu. In un Tribunale come quello di Savona gli autisti si contano sulle dita di una mano. La Procura di Savona, con la sede distaccata di Albenga a cinquanta chilometri e sette magistrati che viaggiano per seguire le indagini, può contare appena su una Punto mille di servizio. Impensabile, quindi, recapitare a mano le carte a Genova.
E niente corriere o altri sistemi di spedizione, perché costa troppo e si cerca di contenere in ogni modo i costi. Allora si ricorre alla vecchia e sana raccomandata per Genova. “Doveva essere recapitata il giorno successivo”, fanno sapere gli inquirenti savonesi mostrando la ricevuta dell’avvenuta spedizione. Data: 26 aprile. Insomma, raccontano gli inquirenti, “il 27 la documentazione sarebbe dovuta arrivare sul tavolo del magistrato genovese cui toccava decidere se tenere in carcere i due arrestati“. Ma non tutto gira per il verso giusto. E il 2 maggio ecco arrivare la telefonata del Tribunale del Riesame di Genova: “Ci dispiace, ma non abbiamo ricevuto il fascicolo. I due signori accusati di rapina saranno liberati”.
Come dire: per uscire di prigione non sempre serve una lima, a volte basta una lettera. Ma che cosa è successo? “Controlleremo subito. Dipende anche dall’ora di invio, perché il 26 aprile era giovedì e se l’hanno spedita di pomeriggio… poi ci sono stati i giorni di festa. Non è detto che la responsabilità sia nostra”, dicono ambienti liguri delle Poste. Alla fine si corre ai ripari: l’investigatore che ha arrestato i presunti rapinatori dovrà precipitarsi in Emilia per fermarli prima che escano dal carcere, notificando al volo un’altra misura cautelare. I due, insomma, avranno appena il tempo di affacciarsi al portone del carcere e respirare una boccata di libertà. Stavolta è andata bene, in un certo senso. Ma per un giorno il dirigente di polizia è dovuto correre in giro per l’Italia invece di dedicarsi alle sue indagini. Per non parlare della spesa: auto, benzina e via dicendo, soltanto per evitare che lo Stato liberasse due accusati di rapina in abitazioni che era già riuscito ad arrestare.
Centinaia di afghani hanno bloccato l’autostrada Kabul-Kandahar chiedendo di aprire l’indagine sulla morte di quattro bambini, uccisi, secondo le accuse, da dei soldati della Forza Internazionale. I manifestanti hanno mostrato i corpi dei morti ed hanno scandito slogan antiamericani. Il vicegovernatore della provincia di Kabul ha dichiarato che questi bambini, da 8 a 12 anni di età, sono morti lunedì durante un combattimento tra le forze della NATO ed i talebani. Secondo il vicegovernatore, ci sono testimoni oculari che dicono che a sparare contro il bambini sono stati i talebani anziché soldati della NATO.
Il presidente dell'Agcom a tutto campo: "Con il web la par condicio va rivista". E sulla Rai: "La politica resti fuori". Secondo l'Authority il duopolio con Mediaset è stato soppiantato grazie alla crescita di Sky, ma la legge sul conflitto d'interessi resta "carente". L'Italia rimane ancora teledipendente e alle prese con un'informazione sovraccarica di cronaca nera e processi mediatici.
Il costo dei ritardi nello sviluppo della banda larga costa all’Italia tra l’1 e l’1,5% del Pil. Il dato è fornito dall’Autorità Garante per le Comunicazioni che oggi ha presentato un rapporto di fine mandato (che scadrà a metà maggio). Per giunta Internet, spiega il presidente dell’Authority, “è un fenomenale motore di crescita sociale ed economica”, ma la rete fissa in Italia è “satura e quella mobile rischia ricorrenti crisi asmatiche”.
Per quanto riguarda la banda larga fissa, spiega l’Agcom, l’Italia è sotto la media europea, con 21 linee ogni 100 abitanti contro le 27 dell’Europa, per numero di famiglie connesse a internet (62% contro il 73%) e a internet veloce (52% contro 67%), per gli acquisti e per il commercio on line. Per le esportazioni mediante l’Ict l’Italia è fanalino di coda in Europa; solo il 4% delle pmi vendono online, mentre la media Ue-27 è del 12%.
Video – Calabrò: “Gravi i ritardi sulla banda larga”
Par condicio. Rimanendo a internet Calabrò ha anche spiegato che al tempo del web la legge sullapar condicio “va aggiornata per tener conto delle mutazioni subite dalla comunicazione televisiva (specie con l’inserimento dei politici nei programmi informativi) ed è da riconsiderare in relazione all’incalzante realtà di Internet“. Calabrò riconosce che “l’impianto normativo a tutela della par condicio si è dimostrato un indispensabile strumento a tutela della democrazia” e che “l’Autorità ne ha fatto attenta e pronta applicazione”, tra l’altro irrogando sanzioni per “oltre 2,2 milioni di euro”. Provvedimenti “quasi sempre impugnati”, ma nessuno dei quali “è stato annullato dal giudice amministrativo”. Su questo punto si registra la risposta amara di Enzo Mazza, presidente della Fimi: “Calabrò – commenta – ha di fatto sancito la resa dell’Autorità, consegnando virtualmente la maglia dell’Agcom agli ultras della pirateria. Bene ha fatto l’amministrazione Obama ha mantenere l’Italia nella lista nera dei Paesi con scarsa tutela dei diritti di proprietà intellettuale”.
Diritto d’autore. Parlando invece di tutela di copyright sul web, il presidente dell’Autorità per le comunicazioni aggiunge che finché il Governo non adotterà la norma interpretativa, “non ci sentiremo tenuti alla deliberazione del regolamento, pur così equilibrato, che abbiamo predisposto”. “L’intesa – prosegue – era che il Governo avrebbe adottato una norma di interpretazione autentica che rendesse leggibili per tutti le norme primarie che inquadrano la nostra competenza. E’ vero che una tale norma non è indispensabile, ma sarebbe certamente utile in una materia, qual è quella in questione, nella quale, per la sua sensibilità, è auspicabile la massima chiarezza”.
Il presidente Agcom invita quindi il popolo della rete a non avere timori. “L’Agcom – spiega – saprà conciliare il diritto alla libera circolazione del pensiero sulla rete nelle nuove forme della tecnologia col diritto d’autore, ch’è il fertilizzante della società dell’oggi e di quella a venire: anche a esso ha riguardo la Costituzione. Internet ha un’insostituibile funzione informativa; nessuno più di noi ne è consapevole. Ma nessun diritto è senza limiti”.
Internet per 27 milioni di italiani. In 7 anni gli utenti di internet in Italia sono passati da 2 a 27 milioni. Una crescita che significa un mutamento della faccia e della mentalità del mondo dei media, perché il web “ha dematerializzato servizi e prodotti, cambiato la fruizione stessa dello spazio e del tempo”. E ovviamente ha allargato l’area dei lettori dei libri e dei giornali.
“Politica fuori dalla Rai”. Calabrò parla anche di tv pubblica, specificando che è arrivato il tempo che la politica abbandoni le pressioni. “Nei limiti della propria competenza – sottolinea il presidente Calabrò – l’Autorità ha tentato di promuovere una riforma della Rai. Si trattava di proposte misurate e, in quanto tali, a nostro avviso praticabili, che abbiamo rilanciato anno dopo anno. Ma hanno subito la sorte di tutte le altre”. Si tratta di una riforma pensata per svincolare “la Rai dalla somatizzata influenza politica e ne reimpostasse l’organizzazione con una governance efficiente, una migliore utilizzazione delle risorse e la valorizzazione del servizio pubblico. Parafrasando una frase famosa (di Platone, ndr) potremmo dire che ‘solo i morti hanno visto la fine del dibattito sulla Rai’”. Nel dibattito si inserisce anche lo stesso presidente della Rai, Paolo Garimberti: “E’ difficile non essere d’accordocon Monti soprattutto sul rapporto tra politica e Rai. Ora ci potrebbe essere una svolta. E’ una buona occasione per dimostrare che alle parole seguono i fatti e che la politica cerca di ingerire di meno”.
“Il duopolio Rai-Mediaset non c’è più”. Lo scenario tv sta mutando, calano gli ascolti delle reti generaliste, ma sul fronte delle risorse “permane fondamentalmente la tripartizione tra Rai, Mediaset e Sky Italia”, che “a partire dal 2009 ha soppiantato il duopolio”. A fine 2010, si legge nella relazione, Mediaset rappresentava il 30,9% delle risorse complessive, Sky il 29,3%, Rai il 28,5%. Intanto però la situazione tv “è – sia pure lentamente – in trasformazione”, ricordando che “le sei reti generaliste di Rai e Mediaset detengono oggi circa il 67% dello share medio giornaliero (era l’85% nel 2005, oltre il 73% un anno fa); La7 quasi il 4%; Sky oltre il 5%. Si è affacciata alla ribalta qualche significativa tv locale. I canali tematici in chiaro sono cresciuti in audience del 27% in un anno”. E sul fronte del digitale terrestre “siamo a circa 80 programmi nazionale in chiaro”. Il panorama, spiega Calabrò, “è destinato a un’ulteriore evoluzione in virtù dell’utilizzazione del dividendo digitale che avverrà con l’asta che sostituirà il beauty contest, la quale ridefinirà lo spettro in coerenza con la redistribuzione delle frequenze e la razionalizzazione del loro uso prefigurate nella Conferenza di Ginevra del febbraio scorso”.
“Conflitto d’interessi la legge è carente”. Le norme sul sostegno privilegiato contenute nella legge sul conflitto d’interessi presentano “aporie e imperfezioni”. Calabrò lo ribadisce dopo varie segnalazioni al Parlamento: “Qualcuno avrebbe voluto che noi facessimo di più. Ma questa sì è materia fondamentalmente riservata alla legge”. In particolare, Calabrò lamenta il fatto che “si è voluto che questa Autorità stesse in agguato per cogliere in fallo l’impresa che avesse in concreto sostenuto l’esponente governativo: ma non per fischiare la squalifica bensì semplicemente per infliggere un’ammonizione”.
L’Agcom, sottolinea ancora, “non può prestarsi ad avventurose supplenze del legislatore”. Il presidente uscente cita l’opposizione dell’Autorità “all’assunto ministeriale che la pretesa mancanza di reciprocità comportasse l’esclusione di Sky dal beauty contest. E il Consiglio di Stato – sottolinea – con un motivatissimo parere, ha dato ragione all’Autorità, riaffermandone l’indipendenza e la competenza nell’assicurare il rispetto dei principi e delle decisioni comunitari. Lo stesso deve valere nei confronti di analoghe invasioni di campo, da qualsiasi parte provengano. Non è accettabile che da destra o da sinistra si reclutino le Autorità indipendenti per gettarle in combattimenti gladiatori nell’arena politica”.
Italia ancora teledipendente. In realtà, anche osservando lo sviluppo dell’utilizzo di internet “l’Italia è tuttora un Paese teledipendente”. Anche se “il maggior numero di informazioni proviene oggi” dalla rete, spiega Calabrò, “l’informazione più influente è ancora quella fornita dalla televisione”. E ancora: “Le nuove forme della democrazia corrono sulla rete ma la politica visibile in Italia si fa pur sempre in televisione”, incalza Calabrò.
Cronaca nera e processi mediatici. La nostra televisione, per altro, resta “fondamentalmente una finestra sul cortile di casa nostra, una grande tv locale, con un esagerato interesse per i fatti di cronaca nera e con la tendenza a trasformare i processi giudiziari in processi mediatici” riflette il presidente Agcom. “E’ rimasto deluso l’auspicio, condiviso dal presidente della Repubblica – sottolinea – che a tale fuorviante tendenza ponesse il Comitato di autoregolamentazione dei processi in tv”. Persiste “il divario tra le nostre televisioni e le migliori straniere, per la ricchezza d’informazione sui vari Paesi del mondo e per l’approfondimento qualificato dei temi trattati”.
Valore delle tlc al 2,7% del Pil. Il peso del settore telecomunicazioni sul Pil è del 2,7 per cento, con il mobile che vale stabilmente più del fisso (52%). E’ sempre Calabrò a fornire i dati. Il prepotente sviluppo della telefonia cellulare si nota sia nel numero di sim, oltre una e mezza per abitante, ma soprattutto nella grande diffusione degli smartphone, che sono ormai circa il 30% del totale dei telefonini. L’Italia, inoltre, presenta la più alta penetrazione di smartphone tra i giovani (47%). Nelle reti mobili, continua Calabrò, il traffico dati ha superato il tradizionale traffico voce, grazie alle tecnologie 3G e alla forte diffusione di nuovi terminali, come smartphone e tablet.
L’Italia al top per cellulari. L’Italia è il Paese col maggior numero, in Europa, di telefoni cellulari e con la maggiore diffusione di apparecchi idonei a ricevere e trasmettere dati in mobilità (smartphone, ipad, chiavette Usb). Nella portabilità del numero telefonico siamo ai primi posti con 30 milioni di passaggi (dal 2006) e con tempi ridotti a un giorno lavorativo, contro i 20 di media di tre anni fa. I cambi di operatore negli ultimi 12 mesi hanno superato i 9 milioni, dato record in Europa.