Sabato a Cagliari i promotori del primo referendum anti-casta scenderanno in piazza: gli onorevoli sardi si sono ripresi gli stipendi che la consultazione popolare aveva chiesto di abolire ma nel resto d'Italia le cose non vanno meglio. Eccovi un piccolo viaggio alla scoperta dei mille scandali italiani.
Oggi a Cagliari i promotori del primo referendum anti-casta scenderanno in piazza: con un blitz notturno, gli onorevoli sardi si sono ripresi gli stipendi che la consultazione popolare aveva chiesto di abolire. Ma nel Continente non va meglio: mentre gli italiani sono alle prese con l’Imu, la disoccupazione alle stelle e il Pil a picco, nei palazzi del potere tutto prosegue come se nulla fosse. Abbiamo raccolto alcune delle ultime storie di sprechi nazionali. Dai soldi spesi per i corsi di aggiornamento su Facebook agli incarichi affidati senza curriculum. Dai fedelissimi che fanno carriera ai politici trombati alle elezioni e riciclati nella pubblica amministrazione. Ecco quelli che non pagano mai.
Renata e la fabbrica dei consulenti. Compaesani, vecchi collaboratori, aspiranti politici rimasti senza poltrona: non disperate, nella Regione Lazio c’è posto anche per voi. Basta sfogliare gli atti del Consiglio pubblicati sul Bollettino ufficiale: in sei mesi sono stati conferiti 42 incarichi, per un totale di 987 mila euro, a cui vanno aggiunti altri 500 mila euro per le consulenze esterne assegnate dalla Giunta. Tradotto, più di un milione di euro ogni anno per trovare quelle professionalità che tra i dipendenti della Regione Lazio non ci sono. Per esempio alla Pisana, sede del consiglio regionale, per valutare “i rischi da stress da lavoro correlato” non c’è nessuno meglio del geometra di Monte San Giovanni Campano, provincia di Frosinone, Antonio Buttarazzi. Dalla regione prende 15 mila euro l’anno. Cifre da poco conto, che lievitano con il moltiplicarsi degli incarichi. Dalla Ciociaria, il Pdl Mario Abbruzzese (presidente del consiglio regionale) ha portato l’avvocato Marco Lavalle. E poi l’ingegnere Arturo Losi, l’avvocato Rita Evangelista e Ofelia Palombo, che prima di arrivare in Regione era la sua addetta stampa quando era presidente del Cosilam. Tutti da Cassino, fatalità, come lui. In forze alla presidenza del consiglio anche il giornalista Enrico Fontana, già consigliere regionale per Sinistra e Libertà. La sua consulenza è scaduta cinque giorni fa, ma può essere rinnovata per un altro anno. È già successo a 28 dei 42 incarichi affidati nel 2011. Tra questi non c’è l’ex ministro Franco Bassanini che però, fino al marzo scorso, si è occupato di “ricerca sul tema delle politiche delle regioni contro il digital divide”, 20 mila euro per dodici mesi. È passato per le stanze della Pisana (ma solo a 6 mila euro l’anno) anche l’avvocato Francesco Saverio Marini, ora capo della segreteria tecnica del sottosegretario Catricalà. Confermata invece Alessandra Tibaldi. Il suo curriculum sul sito della regione non c’è, lo sanno tutti che, durante la giunta Marrazzo, era assessore regionale al Lavoro. Ha già avuto un contratto di un anno per 33 mila euro. Ora le è stato rinnovato per soli 8 mesi, ma sempre alla stessa cifra. Affianca il lavoro dell’Idv Claudio Bucci, che ha affidato un incarico per i problemi relativi all’eGovernment a Caterina Leone: nella precedente consiliatura, era segretaria della Commissione ambiente, presieduta guarda caso da Claudio Bucci in persona. A Bruno Astorre, vicepresidente del consiglio regionale in quota Pd, invece è costata cara (in termini di polemiche) la nomina a consulente del 37enne Marco Bosso, aspirante sindaco di Grottaferrata nel 2010. Gli andò male, ma un mese dopo era già seduto alla scrivania della regione per occuparsi (guarda il destino) delle problematiche relative all’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Sul Messaggero, due anni fa, il consigliere regionale de La Destra Roberto Buonasorte azzardò un’ipotesi: non è che quei 33 mila euro l’anno sono “risarcimento politico a fronte dell’atteggíamento tenuto da Bosso in sede di ballottaggio al Comune di Grottaferrata”? Marco Bosso aveva preso il 27 per cento con la sua lista civica ma al secondo turno non espresse nessuna preferenza e favorì, secondo Storace e i suoi, la vittoria del Pd.
di Paola Zanca
Medici. All’Enpam un buco da 500 milioni Le spese malaccorte di un ente. Il consigliere scomodo e i responsabili ancora al loro posto. Giansalvo Sciacchitano, docente universitario e consigliere d’amministrazione dell’Enpam, fondazione che si occupa delle pensioni dei medici, non ci sta. Sciacchitano, il 18 maggio 2011, firma, assieme ad altri cinque presidenti di consiglio dell’ordine di altre regioni, un esposto a Procura di Roma e Corte dei Conti, nel quale denuncia la mala gestione delle casse dell’Enpam. Finisce sotto inchiesta per truffa aggravata il presidente Eolo Parodi. Il buco finanziario sfiorerebbe i 500 milioni di euro. Sotto accusa gli investimenti in titoli tossici (nell’esposto si parla di altissime commissioni pagate: una di queste sfiorava i 2 milioni di euro). Per non parlare poi degli immobili di proprietà: “L’Enpam, nel 2001, aveva svenduto il palazzo di via Farini al gruppo Ligresti, che poi lo aveva rivenduto a circa il doppio all’Unipol dell’allora ingegner Consorte”, scrive il senatore Elio Lannutti, in un’interrogazione indirizzata al ministro del Lavoro il 14 marzo 2012. Adesso l’Enpam vorrebbe destituire il consigliere, ma la revoca non è prevista dal regolamento, obietta Sciacchitano. Il consiglio ha dunque chiesto un parere pro veritate ai professori Angelo Piazza (già legale dell’Unipol di Consorte), Francesco Caroleo ePasquale Sandulli. Spesa? 30 mila euro. Un signore attento ai bilanci anche da presidente dell’Ordine dei medici di Catania il professor Sciacchitano ma, nel dicembre 2011, scade il mandato e contro di lui viene presentata una lista targata Raffaele Lombardo. Il giorno delle elezioni, a far campagna elettorale, c’erano due parlamentari regionali del Mpa. “I medici apprezzeranno questo tuo impegno, la politica romana no. La pagherai a Catania”, l’aveva avvisato uno dei vertici dell’Enpam. Sciacchitano prese molti voti ma perse la presidenza, per l’inaspettato ribaltone del suo ex vicepresidente, passato all’opposizione.
di Giuseppe Giustolisi
Molise. Corso Facebook a Termoli per i dipendenti comunali Vuoi chattare? Vuoi conquistare follewers, vuoi sapere come si crea un post, un hashtag? Vuoi cinguettare abilmente su Twitter e diventare il numero uno di Facebook? Devi studiare, imparare, formarti . Per questo al Comune di Termoli hanno pensato di chiamare un consulente. Pagato, ovviamente. C’è la crisi, anche i 32mila abitanti della cittadina sul mare del Molise soffrono per Imu, Tarsu e diavolerie fiscali simili, ma poco importa. Perché al giorno d’oggi, chi non naviga è perduto. Ecco allora spuntare la consulenza ad una società cittadina per istruire impiegati, messi e funzionari del Comune all’uso dei social network. Ci saranno veri e propri corsi di formazione e naturalmente una spesa annua di ventimila euro. Per fare una cosa che un ragazzino smanettatore fa ad occhi chiusi, dicono gli scettici. Il sindaco Antonio Di Brino, Pdl, la pensa in modo diverso: o Facebook o morte. Tanto che voleva elevare il compenso a 30mila euro, cosa che i suoi assessori, assaliti da improvviso rossore, hanno impedito. Ecco la delibera, la n.188 del 24-05-2012: “É necessario e opportuno che la comunicazione e la capacità di essere trasparenti nella gestione dei rapporti tra i cittadini e la Pubblica Amministrazione passi attraverso un uso corretto dei social media che negli ultimi tempi hanno avuto una evoluzione rapidissima ed il cui uso si è esteso ad un numero sempre più crescente di cittadini che si relazionano con la Pubblica Amministrazione e che dalla stessa vogliono risposte in tempi rapidi. Ritenuto opportuno organizzare dei percorsi formativi per i dipendenti dell’Ente (…) affidandone la realizzazione a società specializzata nel settore e che abbia esperienza di accompagnamento delle Pubbliche Amministrazioni nei temi della comunicazione e dell’innovazione”.
di Luca Fieramosca
Piemonte. Al dirigente portaborse non serve il curriculum A sua insaputa non proprio. A quella degli altri, forse sì. Viorel Vigna, 32 anni, di professione assistente – volgarmente detto portaborse – dell’assessore regionale ai Trasporti del Piemonte Barbara Bonino (Pdl), sarà con molta probabilità il prossimo vicepresidente di 5T, società del gruppo Gtt (Gruppo torinese trasporti) partecipata da Regione, Provincia e Comune di Torino. Si occuperà di monitoraggio del traffico, centralizzazione semaforica, accesso alla Ztl e metterà a frutto il know how maturato in due anni di lavoro in Regione. Sono giorni concitati per il sottobosco politico subalpino. Il maxi-pacchetto di nomine da poco approvato dal consiglio comunale ha scatenato la corsa al posto. Nulla di strano – lo fanno tutti i partiti – che un esponente di spicco del Pdl indichi il suo uomo per una partecipata. Un po’ strano tuttavia – secondo quanto riporta lospiffero.com – è che Vigna non abbia nemmeno risposto al bando pubblico. Del suo curriculum, nelle carte della Regione, non c’è traccia. Il giovane, peraltro, non è nemmeno dipendente regionale (il che avrebbe in qualche modo giustificato la sua indicazione), è uno “staffista” stipendiato dal gruppo consiliare del Pdl e dunque potrà cumulare i due stipendi. Vigna – ex An verace – è anche consigliere comunale a Grugliasco, grosso comune che a Torino sta un po’ come Sesto San Giovanni a Milano, una piccola “Stalingrado”. Non è quindi facile per un candidato sindaco di centrodestra ottenere un buon risultato, ma raggiungere un misero 5% è ugualmente arduo. È accaduto al disastrato Pdl alle ultime amministrative. Il candidato sindaco era il grugliaschese Viorel Vigna, oggi unico consigliere comunale (terzo stipendio, per la verità assai esiguo) di centrodestra, nonché presidente della commissione istruzione del Comune. Pur di non scegliere l’insegnante Mariano Turigliatto (da non confondere con Franco, quello che sfiduciò Prodi), battitore libero della sinistra subalpina, già sindaco di Grugliasco per due mandati (uno in perfetta solitudine), il Pd ha votato in massa Vigna.
di Stefano Caselli
Sicilia. Tutti gli incarichi di Lupo voluti dalla Prestigiacomo Corrado Clini, ministro per l’Ambiente, non conoscerà bene il dirigente Marco Lupo. Anche se lo conosce, forse non può immaginare i suoi tribolati trascorsi. La scalata ministeriale accanto all’ex ministro Stefania Prestigiacomo, amica di famiglia, siciliana come lui. L’incarico di Lupo è lungo quanto i passi che ha compiuto per averlo: “Soggetto attuatore per fronteggiare l’emergenza in materia di bonifica e risanamento ambientale dei suoli, delle falde, dei sedimenti inquinanti, nonché di tutela delle acque superficiali e sotterranee dei cicli di depurazione della Regione Sicilia”. Finito. Eppure la parolina fondamentale è proprio l’ultima: Sicilia, sede di Palermo. In Sicilia opera la Comei dei Prestigiacomo, che si occupa di energia sostenibile (e insostenibile, come il petrolio), per anni in punta di piedi sul conflitto d’interessi. Appena insediata al ministero, quattro anni fa, la Prestigiacomo voleva imporre Lupo direttore generale per “la tutela ambientale”. Lupo fa una gavetta particolare: collaboratore, senza arte né parte, del dg quasi pensionato. Poi arriva l’occasione. E la berlusconiana di Sicuracusa – marzo 2009 – nomina Lupo. Non passa nemmeno un mese, e la Corte dei Conti boccia il ministero perché Lupo non ha i requisiti richiesti: insomma, il curriculum è carente. Il ministro non si rassegna, però. E la Corte dei Conti, a ferragosto, ci ripensa e rimette Lupo al posto tanto desiderato e agognato. I colleghi insorgono. E dunque c’è un ricorso contro Lupo e la stessa amministrazione: le sentenze, anche in appello, rimuovono le mostrine che il ministro gli aveva regalato. Il dirigente resta al ministero perché, durante la direzione generale, aveva ricevuto un mandato per “l’emergenza umanitaria in Nord Africa”. Siccome per la legge doveva decadere anche quest’ultimo tentativo, il governo Berlusconi, a novembre, un attimo prima di rassegnare le dimissioni, gli conferisce un ruolo senza specificare di che tipo: “Al dottor Lupo”. Per la fiducia. A marzo, miracolosamente, Mario Monti l’accontenta: “Soggetto attuatore per fronteggiare…”. Il professore conferma un altissimo dirigente in un settore dove i tagli si fanno sentire sin da Roma, ma a Palermo si fermano.
di Carlo Tecce
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