giovedì 19 luglio 2012

A proposito di Sicilia fallita. - Daniele Martinelli

gaetano salvemini


«I governi italiani per avere i voti del Sud concessero i pieni poteri alla piccola borghesia, delinquente e putrefatta, spiantata, imbestialita, cacciatrice d’impieghi e di favori personali, ostile a qualunque iniziativa potesse condurre a una vita meno ignobile e più umana. Qualunque gruppo di uomini onesti di qualsiasi partito avesse voluto mettere un po’ di freno alla iniquità di una sola fra le clientele che facevano capo a un deputato meridionale, era sicuro di trovarsi contro tutta la marmaglia compatta». 


Gaetano Salvemini, Molfetta 1873 – Sorrento 1957, storico, politico antifascista.


http://www.tzetze.it/tzetze_news.php?url=http%3A%2F%2Fwww.danielemartinelli.it%2F2012%2F07%2F18%2Fa-proposito-di-sicilia-fallita%2F&key=df3a1c551d97fa22b1c6a3324f9e991c4b43d151

Palermo, cori contro Napolitano: “Ha messo un macigno sulla giustizia”. - Giuseppe Pipitone




Durante l'incontro organizzato dalla rivista Antimafia Duemila, il corteo delle Agende Rosse ha chiesto a gran voce le dimissioni del capo dello Stato. Duro il fratello del magistrato: "Grave quel che ha fatto il presidente della Repubblica".

”Nessun silenzio né baciamano al presidente della Repubblica Napolitano” è stato il coro che ha scandito il corteo del popolo delle Agende Rosse, a Palermo per commemorare il ventesimo anniversario della strage di via d’Amelio. Negli stessi giorni in cui il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha sollevato un conflitto d’attribuzione di fronte la Corte Costituzionale contro la procura di Palermo che indaga sulla trattativa tra pezzi dello Stato e le istituzioni, non poteva che essere l’operato del capo dello Stato l’argomento principale del dibattito organizzato nell’atrio della facoltà di Giurisprudenza per commemorare il giudice Paolo Borsellino e i ragazzi della scorta assassinati il 19 luglio del 1992.
“E’ estremamente grave che un presidente della Repubblica, a pochi giorni dall’anniversario dell’assassinio di Borsellino, ponga un macigno sulla strada della giustizia: un macigno sconvolgente in questi giorni in cui si cominciano finalmente a vedere degli spiragli di luce e di verità sulla morte di mio fratello e su quelle stragi”, ha detto Salvatore Borsellino mentre i ragazzi delle Agende Rosse chiedevano a gran voce le dimissioni del capo dello Stato. Al dibattito, organizzato dalla rivista Antimafia Duemila e seguito da alcune centinaia di persone (tra il pubblico anche il figlio del giudice, Manfredi Borsellino) hanno partecipato il procuratore aggiunto di Caltanissetta Nico Gozzo, il procuratore generale nisseno Roberto Scarpinato e i pm della procura di Palermo Nino Di Matteo e Antonio Ingroia.
Di Matteo ha analizzato gli ultimi difficili giorni della procura palermitana dopo le polemiche sulle intercettazioni di Nicola Mancino con Napolitano, che hanno portato il Quirinale a chiedere un provvedimento senza precedenti alla Consulta. “Andando avanti nelle indagini – ha raccontato il magistrato – abbiamo percepito sempre più crescere la diffidenza e il fastidio verso le stesse. Molti erano convinti che queste non avrebbero portato a nulla o al massimo ad una richiesta di archiviazione. Quando invece quelle inchieste hanno iniziato a produrre i loro effetti ecco che siamo stati vittima di un vero e proprio attacco continuo. Da una parte autorevoli esponenti politici che hanno definito i magistrati di Palermo come schegge eversive della magistratura con obiettivi intimidatori, dall’altra gli attacchi di certa stampa che ha chiesto provvedimenti disciplinari a nostro riguardo. Nessuno ha ritenuto di dover intervenire per difendere e proteggere l’autonomia e la dignità personale dei magistrati, né il ministro della Giustizia né il Csm, né l’Associazione Nazionale Magistrati nei suoi organismi centrali, che danno voce ad un assordante silenzio. Mi auguro che assieme all’isolamento non tornino i rischi che questo porta”.
Molto applaudito anche l’intervento del giornalista Saverio Lodato, che ha invece focalizzato l’attenzione del pubblico sulla condotta dell’ex ministro dell’interno Nicola Mancino, intercettato al telefono con il consigliere giuridico del Quirinale Loris D’Ambrosio, mentre cercava di evitare una possibile inquisizione nell’indagine sulla trattativa. “Il cittadino Mancino Nicola – ha detto l’ex firma de L’Unità – privato cittadino come tutti noi è andato in giro per mesi cercando di dimostrare che il primo luglio del 1992, il giorno del suo insediamento al Viminale, non aveva incontrato Paolo Borsellino. Il privato cittadino Mancino Nicola è andato in giro con le agende vuote, agende bianche, per convincerci che lui Borsellino non l’ha mai incontrato. Poi due giorni fa ha ammesso in televisione di avergli stretto la mano nel suo studio: davvero fragorosa come situazione”. Salvatore Borsellino ha quindi concluso il dibattito ricordando le complesse vicissitudini giudiziarie dell’agenda rossa del fratello Paolo, mai più ritrovata dopo la strage di via d’Amelio. “Su chi prese la valigetta di mio fratello Paolo un magistrato come Giuseppe Ayala è riuscito a dare ben quattro versioni diverse contraddicendosi clamorosamente. Quell’agenda rossa rappresenta i mali di questa Repubblica, di queste istituzioni, che hanno paura a venire in via d’Amelio il 19 luglio, da quando noi della società civile la presidiamo”. Poi conclude: “Che tipo di rappresentanti delle istituzioni sono quelli che hanno paura delle contestazioni della società civile?”.

Palermo, il corteo delle Agende Rosse nel ricordo di Borsellino. - Giuseppe Pipitone e Silvia Bellotti



Una lunga carovana di agende rosse alzate al cielo. Un corteo che dal Castello Utvegio è arrivato alla facoltà di giurisprudenza. Così il popolo delle agende Rosse ha riempito le strade di Palermo per commemorare Paolo Borsellino e i ragazzi della scorta a vent’anni della strage di via d’Amelio. Tra i cori intonati dai manifestanti alcuni  che chiedevano le dimissioni di Giorgio Napolitano, altri contro il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri e l’ormai classico “fuori la mafia dallo Stato”.  
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Di Matteo: “La solitudine si percepisce ma andremo avanti a cercare la verità”.


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Palermo. “Andando avanti nelle indagini abbiamo percepito sempre più crescere la diffidenza e il fastidio verso le stesse. Molti erano convinti che queste non avrebbero portato a nulla o al massimo ad una richiesta di archiviazione.” ha detto il pubblico ministero della Dda di Palermo Nino Di Matteo.
“Quando poi è stato chiaro che si sarebbe arrivati ad una contestazione di reato e forse anche ad un processo ecco che si è fatto evidente il cambiamento. E quel malcelato fastidio è diventato un manifesto attacco per delegittimare in partenza le inchieste ed i magistrati che le conducono”. “Un attacco continuo – ha aggiunto Di Matteo – quando autorevoli esponenti politici che hanno definito i magistrati di Palermo come schegge eversive della magistratura con obiettivi intimidatori, e che è poi continuato anche su certa stampa che ha chiesto provvedimenti disciplinari a nostro riguardo. Nessuno ha ritenuto di dover intervenire per difendere e proteggere l'autonomia e la dignità personale dei magistrati, né il ministro della Giustizia né il Csm, né l'Anm nei suoi organismi centrali, che danno voce ad un assordante silenzio. Mi auguro che assieme all'isolamento non tornino i rischi che questo porta. Certo forse rispetto al passato la forza militare di Cosa nostra è più debole ma non è sufficiente questa speranza per accettare il rischio della delegittimazione e dell'attacco continuo”. Quindi ha concluso: “Noi continueremo a fare il nostro dovere, a cercare le verità senza paure, anche quelle verità troppo scomode, senza cedere allo scoramento e alla tentazione della polemica e della rassegnazione. A chiedercelo è la sete di verità e giustizia della parte migliore di questo Paese, oltre a tutti i nostri morti, come Falcone e Borsellino, e l'amore per il nostro Paese”.

Paolo Borsellino.



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Che colpe hanno?



 

 

 
 
 
 
 

Che colpe hanno?

Ventiseimila bimbi morti al giorno E la metà dei decessi è per fame.




ROMA - Ventiseimila ogni giorno, una strage continua: è questo il numero dei bambini che muoiono nel mondo prima di arrivare ai cinque anni d'età. E le cause sono facilmente prevenibili, dalle malattie infettive alla diarrea, dalla fame alle scarse condizioni igieniche. La fotografia illustrata oggi nell'ultimo rapporto dell'Unicef sulla condizione dell'infanzia presenta zone d'ombra soprattutto nell'Africa subsahariana e nell'Asia meridionale, dove si verificano l'80 per cento dei decessi infantili: percentuale lontana anni luce dalla condizione dei paesi occidentali. 

Il rapporto dell'agenzia Onu per i bambini è dedicato quest'anno al diritto alla salute, per "nascere e crescere sani" e traccia un quadro che lascia ancora molto a desiderare rispetto al quarto obiettivo di sviluppo del millennio, che prevede la riduzione di due terzi della mortalità infantile nel mondo entro il 2015. 

Passi avanti ne sono stati fatti, ricorda l'agenzia: nel 2006 per la prima volta le morti sono scese sotto quota 10 milioni, mentre nel 1960 erano bel il doppo, 20 milioni. Ma ancora 9.7 milioni di piccoli non sopravvivono a causa delle guerre, dei disastri naturali, dell'Aids, o ancora per le condizioni di miseria in cui sono costretti a vivere e per la mancanza di strutture medico-sanitarie adeguate. 

Un bambino su quattro nel mondo è sottopeso; percentuale che nei paesi meno sviluppati arriva ad uno ogni tre; cinque milioni di bambini sotto i cinque anni d'età muoiono di malnutrizione o fame. L'allarme dell'Unicef non risparmia poi le madri, la cui condizione non è certo incoraggante: mezzo milione di donne ogni anno muoiono per complicazioni di parto o di gravidanza. E il rischio aumenta per le più giovani: le ragazze sotto i 15 anni di età hanno cinque volte più possibilità di morire rispetto alle ventenni durante il parto. La maglia nera, sotto questo aspetto, tocca al Niger, dove le donne hanno una possibilità su sette di morire dando alla luce il proprio bambino; seguono Sierra Leone e Afghanistan (una su otto), mentre all'altro estremo della classifica ci sono l'Argentina (una possibilità su 530), la Tunisia (una su 500) e la Giordania (una su 450). 


Fra i paesi in via di sviluppo le condizioni dei bambini, invece, sono nettamente migliorate a Cuba (sette morti ogni mille nati vivi), in Sri Lanka (13) e Siria (14). Va male invece in Sierra Leone (270), Angola (260) e Afghanistan (257), lontanissime dall'Occidente, in cui svettano Svezia e Singapore, al 189esimo posto nella classifica mondiale per la mortalità infantile che vede l'Italia al 175esimo posto. 

Ma di cosa muoiono i bambini? Complicazioni neo-natali (36 per cento), polmonite (19 per cento), diarrea (17 per cento), malaria (8 per cento), morbillo (4 per cento), Aids (3 per cento). La situazione non è identica fra i paesi in via di sviluppo: dove sono stati fatti interventi, i risultati si sono avuti. Paesi poveri con enormi difficoltà come Mozambico, Malawi, Eritrea ed Etiopia sono infatti riusciti a ridurre la mortalità dei più piccoli del 40 per cento dal 1990 ad oggi. E a fare la differenza sono spesso le piccole cose: misure salvavita semplici ed economicamente sostenibili come l'allattamento al seno esclusivo e le vaccinazioni, l'uso di zanzariere con insetticidi, gli integratori di vitamina A. Tutti questi accorgimenti hanno contribuito negli ultimi anni a ridurre il tasso dei decessi, sottolinea il direttore generale dell'Unicef, Ann M. Veneman. 

Con qualche investimento in più, di modesta entità, si potrebbe migliorare di molto: l'agenzia stima che un pacchetto minimo per l'Africa subsahariana porterebbe ad un calo del 30 per cento dei decessi fra i più piccoli, e del 15 per cento per le madri, con un costo di 2-3 dollari in più a persona rispetto ai programmi già adottati. Percentuali che salirebbero al 60 per cento per mamma e bambino con un investimento ulteriore di 12-15 dollari pro capite. (art. del 22 gen. 2008)




http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/esteri/unicef-rapporto-infanzia/unicef-rapporto-infanzia/unicef-rapporto-infanzia.html

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http://www.cosechenonvanno.com/cronaca/ogni-giorno-muoiono-ben-26-mila-bambini-uno-ogni-3-secondi











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