venerdì 17 agosto 2012

Un grande esponente del fare niente e guadagnare molto....



Bossi: "Io non ho bisogno di titoli".
Infatti coglione è un aggettivo.


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Politici, funzionari, manager Inchiesta bis con 13 indagati. - Guido Ruotolo


L'incontro sospetto all'interno dell'autogrill

Corruzione, la mazzetta al perito consegnata in autogrill.

Tredici indagati, per concussione e corruzione. Politici, funzionari pubblici, dirigenti Ilva, il rampollo del patron Emilio, il «ragioniere» Fabio Riva. Gli uomini della Finanza l’hanno chiamata «environment sold out», ambiente svenduto. E rende l’idea di una città disperata, sotto ricatto permanente. Da un anno la procura di Franco Sebastio ha l’esplosiva informativa dal nucleo operativo della Guardia di Finanza di Taranto. Che solo in minima parte, con tantissimi omissis, è stata depositata al Riesame, che ha confermato il sequestro degli impianti Ilva.

Sarà anche vero che l’Italsider pubblica era un «assumificio» per clientele e notabilati politici. Ma anche il privato, Emilio Riva, che ha preso l’acciaieria nel ’95, ha messo sotto tutela la città. L’ha comprata, corrotta, intimidita, blandita, come dimostra questa inchiesta con le sue chiarissime intercettazioni telefoniche e ambientali.

L’uomo nero di questa storia è Girolamo Archinà, il potente pr, pubbliche relazioni Ilva, detronizzato dal presidente dell’Ilva Ferrante appena avuta lettura degli stralci di intercettazioni depositate al Riesame. C’è una storia, che può apparire banale, ordinaria per la sua dinamica. Un autogrill, le telecamere della sicurezza che riprendono i due uomini passeggiare, con uno che consegna all’altro una busta bianca. Storia ordinaria di corruzione. Solo che uno dei due è un professor universitario, un perito nominato dal pm Mariano Buccoliero, Lorenzo Liberti, e l’altro è il grande corruttore (che agisce su mandato della proprietà) Girolamo Archinà. Sono loro, anche perché riconosciuti da una dipendente dell’autogrill in questione. Liberti era uno dei periti che doveva accertare la provenienza delle diossine che avevano avvelenato capre e pecore.

Il giorno prima di questa sequenza, Archinà chiamò il cassiere dell’Ilva, Francesco Cinieri, chiedendogli di preparare 10.000 euro («dieci per domani, se sono da cinquecento è meglio»). Ma i tagli utilizzati furono da 50 e 100 euro. «E’ tutto pronto... tra un’oretta c’è G. (l’autista, ndr) da te». «Ma devo portare la valigetta per ritirare la somma?». Cinieri: «La busta entra in tasca...».

Grande Archinà, che non delega il lavoro sporco a qualche suo sottoposto. E’ lui che consegna le buste. Che ha rapporti con sindacalisti diventati politici, politici diventati uomini delle istituzioni, pubblici funzionari e persino prelati. Sempre nella logica di fare opere di bene. In cambio, però, di non far disturbare il manovratore. Ci voleva pure l’Aia, autorizzazione integrata ambientale, con tutte le prescrizioni e un inter burocratico di sette anni.

«Per quanto riguarda la commissione Ipcc (la commissione delegata a fare l’istruttoria per l’Aia, ndr), si rileva che il Girolamo Archinà si è appositamente accordato con il dottor Palmisano, che è un funzionario della Regione Puglia incaricato di rappresentare l’ente nelle riunioni della conferenza dei servizi che si tengono presso il ministero dell’Ambiente, finalizzate a istruire la pratica per il rilascio dell’Aia. Dalle telefonate si rileva che l’intervento dell’Archinà verso il predetto Palmisano sia stato finalizzato a sensibilizzare quest’ultimo nel dare una mano all’Ilva. Emerge anche il tentativo di pilotare i lavori della commissione Ipcc a favore dell’Ilva, evidenza, questa, che ancora una volta dimostra la capacità di infiltrazione degli uomini dell’Ilva a tutti i livelli».

Era l’inviato a L’Avana, Palmisano. Ufficialmente partecipava alle riunioni per conto della Regione, in realtà, sospettano gli uomini della Finanza, curava gli interessi dell’Ilva. Un doppiogiochista, insomma. «Il fatto che la commissione debba essere pilotata e che, comunque, sia stata in un certo modo in parte avvicinata, si rileva anche dalla seguente conversazione nella quale l’avvocato Perli di Milano (legale esterno dell’Ilva) aggiorna il ragionier Fabio Riva sui rapporti avuti con l’avvocato Luigi Pelaggi, che è capo dipartimento presso il ministero dell’Ambiente. Perli gli comunica che Pelaggi gli ha anche riferito che la commissione ha accettato il 90 per cento delle loro osservazioni e la visita riguarda il 10 per cento restante. Perli aggiunge che non avranno sorprese e comunque la visita della commissione in stabilimento va un po’ pilotata».

Che presenza soffocante, l’Ilva a Taranto. Adesso il nuovo numero uno, Bruno Ferrante, promette di voltare pagina. Ma il passato rischia di tornare attualissimo. Sotto forma di un provvedimento dell’autorità giudiziaria.

Processione di S. Antonio Abate da Mele ad Acquasanta


Le altre foto: https://www.facebook.com/media/set/?set=a.4282611474104.2169325.1550850513&type=1&fb_source=message

Anche se con un po’ di ritardo, voglio porgerti gli auguri di Ferragosto che spero ed auspico avrai trascorso serenamente con le persone più care ed amate. Allego le foto della festa patronale del mio paese che coincide con la festività dell’Assunta. È tradizione secolare, quella di portare in pellegrinaggio ,la cassa lignea raffigurante S. Antonio Abate mentre contempla il corpo di San Paolo Eremita con due leoni che scavano una fossa e l’anima sorretta da angeli s’invola al cielo. La cassa votiva viene portata al santuario dell’Acquasanta, distante da Mele sei/sette km, nei tempi antichi i paesani la portavano a spalla e/o su carri trainati da cavalli,l’ opera è dello scultore genovese del tardo 600”, Anton Maria Maragliano, pesa 14 quintali ed occorrono squadre di 16 uomini cadauna, dal dopoguerra i miei compaesani si sono adeguati ai tempi, ma il giro del paese e l’arrivo al santuario lo fanno ancora alla vecchia maniera. Non ci sono più gli uomini di un tempo, operai delle cartiere e contadini, uomini abituati a faticare ed compiere sforzi , i giovani palestrati del giorno d’oggi vacillano sotto il peso della grande scultura che quegli omacci per la maggior parte di loro, trasportavano da ubriachi. Infatti dal paese al Santuario c’erano ad ogni angolo delle osterie dove era obbligatoria la tappa. Di votivo e religioso ci ho sempre visto ben poco o niente, bestemmie e linguaggio da trivio tra i portatori, tra l’altro quasi tutti comunisti iscritti al partito, le ragazze più procaci del paese che salivano sul cassone degli autocarri che trasportavano i “Cristi” ed altre amenità, ci andavo vicino per vederle salire e sbirciare sotto la gonna, però data la tenera età non mi era consentito di essere tra i “volenterosi” che le aiutavano a montare. Poi , le melanzane al forno ripiene, che ogni famiglia portava per il pranzo al sacco, ai tempi, era impensabile recarsi a mangiare in trattoria, i bambini vestiti da pellegrini con il cappello e la cappa,il bastone con canestrello dolce appeso, le bambine, “le verginelle” con il vestitino bianco e la fascia azzurra. Devo essere uno dei pochi melesi a non aver mai partecipato in forma attiva alla processione, da bambino , nostro padre allora comunista ed ateo non aveva piacere, però alla festa ci portava e ci dava il liberi tutti, le occasioni di svago non erano molte, poi da Testimone di Geova, abominio e rito pagano con risvolti satanici ! !! Ancora oggi, gli amici coetanei mi rimproverano il fatto di non essere mai andato a portare S. Antonio, rispondo che se ci vado , il santo mi prende a bastonate come del resto spiego che non vado mai in chiesa perché ho paura che mi crolli sulla testa. Rispetto la tradizione è parte della cultura del mio paese natio e del resto la festa non è della chiesa, bensì della Confraternità locale, spesso in attrito con il parroco del paese, quello precedente, gli faceva trovare la porta della chiesa chiusa e la Confraternità era costretta a chiamare un prete da fuori. Negli anni della contestazione, quando tutto si metteva in discussione, nessuno però si è permesso mai di irridere i portatori della cassa, quelli dei Cristi si, ovviamente, ma in quei di Genova lo si è sempre fatto ed esiste il detto: pescatori da canna, cacciatori da vischio e portatori di Cristo sono i tre più “abbelinati” che abbia mai visto. “Abbelineou” in genovese è sinonimo di stupido, coglione.,etc ….. i tempi comunque cambiano ed ho nostalgia delle melanzane ripiene, degli avvinazzati che alla sera facevano ballare il santo alla musica di una allegra marcetta suonata dalla banda musicale, oggi è tutto piu … asettico. Ah! Dimenticavo, a Mele, non si dice S. Antonio, lo chiamiamo “Tognu”, cioè Tonio e basta.

Giuseppe Bruzzone

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giovedì 16 agosto 2012

Lega, la prima estate di Bossi da ex capo del Carroccio. Tra feste di paese e sagre. - Alessandro Madron


bossi a ferragosto interna


Tra comizi e eventi locali organizzati dai (pochi) fedelissimi che continuano a tenerlo in altissima considerazione, il Senatùr non fa mistero delle proprie aspirazioni e assicura: “Da primo o da ultimo non importa, io continuerò ad esserci e a combattere per il partito”.

Lo hanno fatto presidente a vita, non è più il capo della Lega, ma Umberto Bossi non si è ancora dato per vinto. Anche in questi giorni sta continuando a girare per comizi e festicciole organizzate dai (pochi) fedelissimi che continuano a tenerlo in altissima considerazione. Lui non fa mistero delle proprie aspirazioni e assicura: “Da primo o da ultimo non importa, io continuerò ad esserci e a combattere per la Lega”. Ecco che allora, mentre il nuovo gotha del Carroccio si gode le ferie estive, limitandosi a qualche apparizione sui social network, lui non demorde e si dedica al partito, concedendosi un tour da pop star, con dieci date e altrettanti comizi nell’arco di quindici giorni. Decisamente troppo per un soprammobile impolverato.
Così nel primo weekend di agosto è stato ad Arcene, in provincia di Bergamo, poi a Vergiate, nella sua Varese, dove ha avuto modo di prendersela con Alessandro Manzoni. Il 9 è tornato in provincia di Bergamo a Calcio, il 10 a Pompiano, in provincia di Brescia, l’11 e il 12 in provincia di Trento, prima a Cembra e poi a Pieve Tesino. La vera sorpresa è arrivata però a Ferragosto. Per la prima volta dopo anni il Senatùr ha deciso di disertare l’appuntamento di Ponte di Legno, dove dal 1989 fino allo scorso anno è sempre andato a trascorrere qualche giorno di ferie, per partecipare alla grande festa leghista della Valle Camonica. Al suo posto hanno presenziato Roberto Cota eMatteo Salvini. Le spaccature interne al partito e l’avvento della Lega maroniana hanno portato anche a questo drastico cambio di programma.
Il vecchio capo, alla tradizionale località montana (vicina alla Lega di Maroni), quest’anno ha preferito Pontida, dove ha partecipato ad un comizio serale alla festa locale del partito. La scelta del luogo ha tutto il sapore di una sfida alla Lega 2.0 del segretario Maroni. Quest’anno, proprio a causa dei dissidi interni al partito è infatti saltato il tradizionale raduno che si tiene ogni anno sul “sacro prato” di Pontida, rimandato alla prossima primavera. Un gioco sottile, quello di Bossi, anche perché a parole, proprio ieri sera, ha ribadito la volontà di ricucire lo strappo interno: “Noi non possiamo litigare nella Lega perché vorrebbe dire aiutare Roma” e, ancora: “Non tollero che per un posto a me o a Maroni ci si metta a litigare”. In quel luogo simbolo del suo potere ormai sbiadito, Bossi ha parlato anche della legge elettorale e della crisi europea, rincorrendo il mito di un leader graffiante, senza però trovare le folle oceaniche di un tempo ad ascoltarlo ed osannarlo.
Il viaggio di Bossi continua oggi, 16 agosto, a Capriata d’Orba, in Piemonte, poi sarà il 19 ad Arcore, a due passi dalla casa dell’amico Silvio e il 20 chiude il tour de force a Sommacampagna, in provincia di Verona. Nei giorni successivi ci sarà spazio anche per una capatina alla lunga festa di Alzano Lombardo, anche se al momento l’intervento non è ancora stato programmato. Alla festa bergamasca ci saranno tutti i big del partito, compreso il segretario Roberto Maroni, che intanto fa capolino sul mondo affacciandosi da twitter o facebook, esprimendo opinioni e pareri digitati magari standosene spaparanzato al sole.
Nelle scorse ore, rilanciando l’intervista rilasciata a Repubblica, ha ribadito: “Voglio un referendum sull’Europa e sull’euro, perché le decisioni importanti devono essere prese dai popoli e non dai banchieri”. La Lega a fine agosto presenterà infatti in Cassazione “una proposta di legge di iniziativa popolare per abbinare alle politiche del 2013 un referendum consultivo nel quale i cittadini italiani possono esprimersi sull’euro”. Il leader leghista ha anche precisato che quella del suo partito “non è una visione non anti-europeista, ma neo-europeista”.

La stele di Rosetta delle proteine così si producono i mattoni della vita


La stele di Rosetta delle proteine così si producono i mattoni della vita


La ricerca dell'Università britannica di Sheffield, in collaborazione con l'Harvard medical school, apre nuove prospettive per la cura dei disturbi del movimento, delle distrofie muscolari e del cancro.

ROMA - L'hanno già ribattezzata la "stele di Rosetta" delle proteine,  e come dargli torto: del processo che permette di produrre i mattoni della vita, sia negli organismi più semplici come i lieviti, sia in quelli più complessi come l'uomo, non si sapeva nulla fino ad ora. A scoprire come funziona l'affascinante procedimento, con uno studio pubblicato su Nature Communications, sono stati i ricercatori delle università di Sheffield e di Harvard, aprendo così la strada a nuove terapie per i disturbi del movimento, le distrofie muscolari e il cancro.

La ricerca rivela per la prima volta come all'interno della cellula viene regolato il trasporto dello "stampo" necessario alla fabbricazione delle proteine, ovvero la molecola di Rna messaggero (mRna). Una volta prodotto nel nucleo della cellula a partire dalle informazioni contenute nei geni del Dna, l'mRna deve infatti essere trasferito nel citoplasma, dove viene usato come stampo per la produzione delle proteine in una specie di catena di montaggio costituita dai ribosomi. Grazie a questa ricerca, è stato possibile scoprire che il passaggio dal nucleo al citoplasma è regolato da un complesso sistema di proteine chiamato Trex, che consegna il passaporto alle molecole di mRna pronte per il viaggio perchè complete e promosse ai test di controllo qualità nel nucleo.

Il trasporto vero e proprio è poi affidato alla proteina Nxf1, che attraversa la "dogana" della membrananucleare. "Quando un'auto viene prodotta in una fabbrica, attraversa diversi stadi in cui vengono man mano aggiunti pezzi, e alla fine viene sottoposta a un controllo di qualità prima di uscire per finire negli autosaloni", spiega il coordinatore dello studio Stuart Wilson.

"Allo stesso modo - aggiunge - l'mRna passa attraverso diverse modificazioni nel nucleo, dove alcuni pezzi vengono aggiunti e altri rimossi. Solo quando raggiunge la fine della linea di produzione e passa tutti i controlli, ottiene il passaporto che le permette di andare nel citoplasma per la produzione delle proteine. Finora non era chiaro come la cellula venisse a sapere che l'mRna fosse pronto. Ora abbiamo scoperto come viene rilasciato questo passaporto, permettendo il trasporto dell'mRna nel citoplasma e la produzione delle proteine".

"Questo processo è essenziale per la vita e quando funziona male nell'uomo può provocare malattie come quelle che colpiscono i neuroni del movimento o il cancro", ricorda Wilson. "Un tipico esempio è quello delle malattie da accumulo di Rna come la distrofia miotonica", afferma Giuseppe Novelli, genetista dell'università Tor Vergata di Roma. "In questi malati si ha la produzione di una molecola di mRna difettosa, troppo lunga, che non riesce a uscire dal nucleo: forma così degli agglomerati che vanno a bloccare anche il trasporto degli mRna di altri geni. Per questo si tratta di una malattia molto complessa e multisistemica, che non colpisce solo i muscoli".

Al momento sono diverse le terapie sperimentali allo studio, "come quelle che usano degli 'spazzini' molecolari per liberare il nucleo dagli agglomerati, ma grazie a questa nuova scoperta - conclude Novelli - sarà possibile mettere a punto nuove strategie che risolvano questo intasamento andando ad agire direttamente sui meccanismi di trasporto".

L'Ecuador concede asilo ad Assange, Londra minaccia blitz.



(AGI) - Quito, 16 ago. - Scoppia un caso diplomatico tra Londra e Quito: l'Ecuador ha deciso di concedere asilo politico a Julian Assange e la Gran Bretagna minaccia di attaccare l'ambasciata dell'Ecuador nella capitale britannica e prendersi cosi' il fondatore di Wikileaks. Nel frattempo, la polizia di Londra si e' scontrata con i sostenitori di Assange che sfilavano davanti all'ambasciata dell'Ecuador in Gran Bretagna.

Il ministro degli Esteri dell'Ecuador Ricardo Patino ha spiegato che la decisione e' giustificata dal diritto internazionale. Patino ha inoltre affermato di aver deciso di concere l'asilo politico perche' Assange sarebbe in pericolo se estradato negli Stati Uniti. Patino ha spiegato che il suo governo ha preso la decisione dopo che Gran Bretagna, Svezia e Usa si sono rifiutati di garantire che Assange non sara' estradato negli Stati Uniti, dove il fondatore di Wikileaks teme di essere processato per la diffusione dei documenti diplomatici riservati. "Se fosse estradato negli Usa, Assange non riceverebbe un processo equo e potrebbe essere giudicato da tribunali speciali o militari", ha detto il ministro. "Sarebbe sottoposto a trattamenti crudeli e degradanti e condannato all'ergastolo o alla pena capitale", ha aggiunto Patino. "Di conseguenza, l'Ecuador sente che i timori di Assange sono veritieri, che Assange potrebbe essere vittima di persecuzione politica a causa della sua decisa difesa della liberta' di espressione e di stampa", ha spiegato il capo della diplomazia di Quito. Il governo britannico e' furioso ed e' deciso a dare battaglia. Per il Foreign Office la decisione di Quito non cambia le cose: "Assange sara' estradato. Rispetteremo l'obbligo vincolante di estradizione in Svezia", fanno sapere dal ministero. In un comunicato si spiega che Assange ha esaurito le opportunita' di appello". Per questo il governo britannico e' vincolato ad estradarlo in Svezia. Mentre Assange ha parlato di "vittoria significativa", la Svezia ha convocato l'ambasciatore dell'Ecuador a Stoccolma. "L'ambasciatore dell'Ecuador e' atteso al ministero al piu' presto possibile.


Le accuse formulate dal ministro degli Esteri sono serie e inaccettabili. L'Ecuador vuole bloccare il processo giudiziario svedese e la cooperazione giudiziaria europea", ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri svedese Anders Joerle.
Londra, in ogni caso, non fornira' un salvacondotto ad Assange.
"Mettiamo in chiaro in modo assoluto", ha affermato l'incaricato d'affari britannico nel Paese sudamericano, "che se ci arrivasse una richiesta di salvacondotto, la rifiuteremmo". (AGI) .


http://www.agi.it/in-primo-piano/notizie/201208161705-ipp-rt10110-l_ecuador_concede_asilo_ad_assange_londra_minaccia_blitz

Roma è ‘na carta sporca e nisciuno se ne importa. - Rita Di Giovacchino


(Immagine di repertorio)
Chiuso nella sua piccola casa, al secondo piano di un alloggio popolare alla Garbatella, che otto anni fa gli è stata regolarmente assegnata dall’assessore Galloro, c’è un uomo anziano, solo, invalido civile e cardiopatico che da dieci giorni ha smesso di mangiare. Si chiama Antonio Panci, è l’ex responsabile della commissione ecologica della Regione Lazio ma, da quando è andato in pensione, ha continuato per passione civile a svolgere gratuitamente il suo lavoro come consulente dello stesso ufficio e ha continuato a denunciare gli abusi edilizi commessi in stabili vincolati del centro storico di Roma. Appartamenti e palazzi prestigiosi affidati a nuovi e potenti assegnatari che, dopo aver cacciato i vecchi inquilini, vi sono andati ad abitare o hanno aperto uffici, atelier e alberghi. Dallo stilista Ungaro a Roberto Sciò, il famoso proprietario dell’hotel Pelicano di Porto Ercole dove incautamente l’ex sottosegretario Malinconico ha trascorso costose vacanze a spese di Francesco Piscicelli, l’imprenditore ridens del terremoto in Abruzzo. Panci ha denunciato anche costoro, incautamente.
Storie che abbiamo già raccontato sul Fatto quotidiano. Storie di corruzione e abusi vecchi e nuovi, commessi dai vigili di Roma sui quali la procura ha aperto più di un’inchiesta. E’ stato così che abbiamo conosciuto questo scrupoloso funzionario che rischia di pagare con la vita il modo inflessibile in cui ha svolto il suo ruolo. I vigili dell’XI Municipio lo vogliono cacciare di casa: dopo aver raccolto false dichiarazioni da parte di persone che aspirano a impossessarsi del suo alloggio, lo hanno cancellato dall’Anagrafe di Roma creando il presupposto di un’inesistente occupazione abusiva da parte di “non residente”. Lui si è barricato nell’appartamento, per timore che venga espugnato da gruppi organizzati di “senza casa”, ha inviato decine di comunicati, ha denunciato le vessazioni di cui si ritiene oggetto ai carabinieri, al ministro della Giustizia, ai magistrati romani. Otto giorni fa ha anche scritto una dolente lettera al nuovo comandante della polizia municipaleButtarelli in cui annunciava la protesta e chiedeva giustizia: “Lo Stato mi ha abbandonato come un cane di cui disfarsi quando si parte per le vacanze. Chi mi aiuterà a sopravvivere se intendo rimanere integro, combattere i corrotti, far trionfare la legalità? Devo morire?”.
Sì, Panci deve morire. Il silenzio che lo circonda è più assordante di un boato. Dopo aver scritto lettere e comunicati il consulente ecologico della Regione Lazio ha iniziato il digiuno che il medico curante ha scongiurato di interrompere: è dimagrito otto chili, sul suo corpo ormai scheletrico sono esplose ulcere ed ernie. Non potrà durare a lungo. A chi può interessare questa piccola storia ignobile in una Roma canicolare e ferragostana dove i disoccupati si danno fuoco davanti a Montecitorio nell’indifferenza generale? “Panci se l’è cercata”, sussurra qualcuno. “E’ sempre stato un rompicoglioni”, sibila qualcun altro. Lui insorge con l’ultimo filo di voce: “Sono vittima di una ritorsione senza precedenti per aver svolto con coscienza il mio lavoro e per aver denunciato gli abusi commessi da organi politici e facoltosi imprenditori”. Se non riprende a mangiare rischia la vita. Non solo Napoli, come canta Pino Daniele. anche Roma è “’na carta sporca e nisciuno se ne importa”.