lunedì 3 settembre 2012

Hai medicato i feriti: devi morire!


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Mi scuserete se l'immagine urta la sensibilità di qualcuno... sicuramente non più di quella della madre di questo ragazzo... ma pubblico l'immagine perché ha un significato particolare...
A sinistra il ragazzo... bellissimo come tutti i fiori della Siria recisi dal criminale con i suoi alleati mondiali... a destra il ragazzo dopo l'esecuzione sul campo perpetrata dalle bande criminali di alasad.... ancor più bello nonostante il sangue, o forse per il sangue, il suo, bello della bellezza del martire, con il profumo di muschio e la fronte alta di chi non ha abbandonato il suo popolo ed ha dato la vita per esso.
Eh già... quella verde è proprio la casacca da sala operatoria e quello che era bianco ora rossa del sangue era il suo camice.... era un infermiere e stava commettendo il crimine di soccorrere i feriti .... per questo l'hanno trucidato!!!
Quel sangue sulla casacca e sul camice sono medaglie al valore di tutto il personale sanitario che opera in Siria... soccorrere un ferito per i criminali equivale ad imbracciare testate nucleari.
Dio abbia misericordia di te, martire della vita! Qutaiba Barhamji... il tuo nome brilla nel firmamento di coloro che hanno reso la professione sanitaria una missione ed hanno dato la vita per essa. Onore a te, martire della vita!
di Noura Dachan
Osservatorio Italo Siriano 2 settembre 2012


Eppure li paghiamo noi. - Antonio Padellaro


Forse davvero alla Convention repubblicana Clint Eastwood ha parlato da “vecchio pazzo” (Michael Moore), ma una cosa vera l’ha detta: “Noi siamo i proprietari di questo Paese e i politici sono i nostri dipendenti”.
Un concetto elementare per qualsiasi democrazia rispettosa dei propri cittadini. Non certo per i poveri sudditi italiani, costretti a foraggiare una classe dirigente che non dirige più niente se non la bancarotta a cui ha ridotto lo Stato. Basta osservarli, politici falliti e tecnici impantanati, mentre con le faccette abbronzate e i vezzosi pulloverini transumano da una festa di partito all’altra, blindati da plotoni di agenti sottratti alla pubblica sicurezza.
Basta ascoltarli mentre, impalcati e microfonati, dispensano perle di buon governo. Si limitassero all’inettitudine, pace. No, annunciano al vento fantasmagorici patti per la crescita o immaginarie leggi anticorruzione, quando sanno benissimo che a crescere rigogliosamente sono soltanto la disoccupazione, i precari (3 milioni), i giovani a caccia del primo impiego (618mila), i furti e gli sprechi, le mazzette pagate per avvelenare impunemente gli abitanti di Taranto e non solo loro.
Invece di nascondersi per la vergogna, si muovono compatti come falange (non ingannino le finte dispute da pollaio), convinti di potersi permettere di tutto, visto che giornali e giornalisti cresciuti alla scuola del servo encomio tengono loro bordone, alcuni per chiara vocazione, altri per non farsi chiudere i rubinetti delle provvidenze. Esemplare il caso delle telefonate tra il Capo dello Stato e un ex alto dignitario coinvolto nell’indagine sulla trattativa Stato-mafia e provvisto di robusta coda di paglia.
Appena si fa l’ipotesi che quelle conversazioni possano essere rese pubbliche per dovere di trasparenza, è subito tutto un arrampicarsi trafelato sul Colle di premier, ministri e segretari di partito, tutto uno stracciar di vesti, un gridare al complotto ordito certamente da menti raffinatissime determinate a impedire il cambiamento. In realtà, tutto quel solidarizzare e stringersi a coorte mira a conservare l’esistente, con annesse poltrone e pennacchi. Esistente che in Italia, caro ispettore Callaghan, significa che i proprietari del Paese sono i politici e noi i loro dipendenti (che a volte, per farsi ascoltare da una miniera, si legano a una carica di tritolo).
Il Fatto Quotidiano, 2 Settembre 2012

domenica 2 settembre 2012

Crisi e lavoro, l’Italia ancora al passo di B. I tecnici tra mini-riforme e annunci. - Stefano Feltri


grilli fornero monti passera interna nuova


I ministri del governo Monti non devono essere (ri)eletti. E i loro risultati stanno nelle cifre dell'Istat: giovani disoccupati al 35 per cento, senza lavoro al 10,7, Pil a -2,5. Nonostante l'esecutivo sia al potere da quasi un anno e i destini di medio termine continuino a essere incerti.

Chissà se Mitt Romney riuscirà ad andare alla Casa Bianca. Dovesse farcela, il merito non sarebbe certo del suo carisma, ma della visione della politica che incarna: i problemi sono complessi, non serve un uomo di palazzo per risolverli, ma un businessman di successo (vi ricorda qualcosa?). Clint Eastwood ha conquistato più applausi di Romney alla convention repubblicana di Tampa, due giorni fa, declinando così la ragione per cui bisogna votare l’ex capo della Bain Capital invece che il sogno democratico di Barack Obama: “Io e voi possediamo questo Paese. Non i politici. I politici sono nostri dipendenti. Il voto è importante. Non conta che tu sia repubblicano, democratico, libertario o qualunque altra cosa, siete voi migliori. Non dimenticatelo. E quando qualcuno non fa il suo lavoro, dobbiamo mandarlo via”. Il vecchio regista conservatore dice di essersi commosso più per i 23 milioni di disoccupati che per le interviste di Obama da Oprah Winfrey.
I tecnici del governo Monti, a differenza di Romney e Obama, non devono essere (ri)eletti. Ma l’eastooding, il metodo Clint, si può applicare anche a loro. Senza neppure dover fare le domande a una sedia vuota, come ha fatto il regista di Gran Torino a Tampa, a causa dell’ovvia assenza di Obama. Le risposte ci sono già nei numeri diffusi dall’Istat: i giovani disoccupati sono sempre al 35 per cento, i disoccupati complessivi al 10,7, il Pil nel 2012 a -2,5 e in recessione anche nel 2013, lo spread sopra 450.
Alcune riforme sono state fatte – lavoro, pensioni, liberalizzazioni – e hanno dato risultati alterni ma almeno in gran parte misurabili. Altri ministri hanno fatto parecchi annunci, su tutti il titolare dello Sviluppo Corrado Passera, le cui tracce concrete sono impercettibili. Altri ministri, per quanto privi di portafoglio e quindi di un potere di spesa autonomo, hanno sfruttato al meglio le risorse scarse a loro disposizione, da Enzo Moavero che ha massimizzato il peso diplomatico di Monti e dell’Italia nei negoziati europei a Fabrizio Barca, capace di far arrivare sul territorio decine di miliardi di fondi non spesi che parevano destinati a restare soltanto sulla carta o a tornare a Bruxelles.
I tecnici sono al potere da quasi un anno. L’Italia che tra qualche mese lasceranno non pare tanto migliore di quella che hanno ereditato, salvo che per il non trascurabile dettaglio che Silvio Berlusconi è a distanza di sicurezza dal potere. I destini di medio termine sono incerti quasi come un anno fa, ancora si discute di se e come dovremo chiedere aiuto ai fondi salva Stati. Le colpe non sono tutte dei “nostri dipendenti” al governo, ovviamente, ma qualche responsabilità sì. Chissà cosa ne penserebbe Eastwood, se li giudicherebbe degni dello stipendio pagato dai contribuenti o invece li licenzierebbe con la disinvoltura tipica di Mitt Romney quando rilevava aziende per rivenderle spezzettate.

Insultato e diffamato, la guerra di Grillo contro media e politici. - Emiliano Liuzzi e Giulia Zaccariello


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Il comico genovese risponde alla pressante campagna messa in piedi contro di lui da buona parte della politica italiana. Tutto nasce con l'espulsione di Valentino Tavolazzi dal M5s per arrivare agli ultimi articoli sparati da UNità e Repubblica.

L’intervento di Grillo sul suo blog arriva il giorno della pubblicazione di due articoli. L’Unità, il quotidiano di area Pd, titola “Le balle di Grillo: l’Aids non esiste”, mentre Il Giornale mette in prima pagina una sua foto (un fotomontaggio tratto dal film“Scemo di guerra”, di Dino Risi) con lui che fa il saluto fascista (il titolo è “Quando Beppe Grillo era fascista”). In realtà, per Grillo, quella che sta per finire è stata un estate segnata da una serie di attacchi durissimi, interni ed esterni.
In due mesi ha ricevuto siluri da ogni parte. E nessuno ci è mai andato giù per il sottile. A partire da Bersani che, scordando a casa la compostezza, gli ha dato del fascista. “Venga qui (inteso come la festa dell’Unità ndr) a dirci che siamo zombie”. E Grillo, che sul ring è abituato più a picchiare che a incassare, oggi ha risposto per le rime: “Istigano perché qualcuno mi elimini”. Politicamente, fisicamente anche.
Se vogliamo trovare un inizio alla campagna contro Grillo bisogna andare ai margini del suo stesso Movimento, il 5 stelle, e trovare un altro personaggio che della compostezza ha fatto una carriera. Parliamo di Valentino Tavolazzi, primo espulso dalla Grillo & Casaleggio. A metà luglio il consigliere comunale di Ferrara rompe il silenzio e pubblica una lettera aperta: “Centinaia di migliaia di cittadini – scrive – non vogliono che il progetto politico Movimento sia a scadenza come il latte né che sia un esperimento di marketing politico. Se anche Grillo e Casaleggio non lo vogliono, si diano una mossa per farlo camminare con le proprie gambe”. Segue, meno di un mese dopo, un altro j’accuse, sempre firmato Tavolazzi: “È Casaleggio il vero padrone del Movimento 5 stelle” dichiara il ferrarese, che, non avendo avuto risposta dall’appello precedente, sembra così volersi togliere più di un sassolino dalle scarpe.
Tavolazzi, da anonimo consigliere comunale, riempie i titoli dei giornali. Diventa il pretesto degli avversari di Grillo (dentro e fuori dall’orbita dello stesso comico) per attaccare il comico un giorno sì e l’altro anche. A ferragosto, poi, esplode il caso delle interviste tv a pagamento. La bufera mediatica si abbatte soprattutto sui consiglieri regionali a 5 stelle dell’Emilia Romagna e del Piemonte, Giovanni Favia e Davide Bono, che ammettono di aver usato soldi pubblici per acquistare visibilità su alcune emittenti locali. Uno scivolone che non sfugge a Grillo, che tempo due giorni bacchetta i suoi, sempre per mezzo del suo blog: “Pagare per farsi intervistare è come pagare per andare al proprio funerale”. Ma non si accontenta, e nello stesso intervento denuncia una sorta di campagna mediatica contro il suo ‘non partito’. Con toni aspri. “Da mesi, con un ritmo sfiancante, i quotidiani, e le testate on line che vivono di notizie ‘copia e incolla’ e rimbalzano le falsità, insultano, diffamano, spargono menzogne, inventano fatti, creano dissidi inesistenti, diffondono odio su di me e sul Movimento 5 Stelle”. Sarà il Fatto Quotidiano a scoprire che la pratica era di tutti i partiti, compreso il Pd che aveva definito l’acquisto di spazi pubblicitari come “immorale”.
Passa poco più di una settimana e scoppia una lite feroce con il leader del centrosinistra Pier Luigi Bersani. Il segretario del Pd, alla sua prima uscita dopo la pausa estiva alla Festa di Reggio Emilia, punta il dito contro la campagna degli “zombie” , promossa da Grillo sul suo blog e ripresa anche dall’Idv, definendola fascista. Un attacco al quale il comico genovese risponde dando al numero uno del Pd del “fallito che ha ‘agito in accordo con ex fascisti e piduisti per un ventennio, spartendo insieme a loro anche le ossa della Nazione”. Ma Bersani non molla e prepara un contrattacco, che nei giorni seguenti si traduce in due stoccate lanciate dai palchi delle Feste dell’Unità . Prima, a Bologna, dà del “pirla” a Grillo e a tutti coloro che accusano il segretario Pd di “essere contro la rete”. Poi, a Piacenza, lancia la provocazione: “Grillo governerà da un tabernacolo?”, facendo riferimento al fatto che appare e scompare.
Questa mattina, probabilmente, non ha resistito. Non sono Cassius Clay e di incassare non ho nessuna voglia, deve aver pensato. Lo ha fatto aprendo i giornali, Repubblica in particolare, che indica all’interno del Movimento una sorta di chiamata alle armi contro Grillo. Il pretesto è l’espulsione di un consigliere del quartiere Saragozza, a Bologna. In realtà il caso si sgonfia in poche ore. Boriani spiega al fattoquotidiano.it di non aver nessuna intenzione di diventare un caso Tavolazzi, di aver preso accordi a suo tempo e di aver già firmato la sua sospensione perché aveva fatto due mandati.
Repubblica Bologna però rilancia e dice che i “grillini” avrebbero presentato un esposto all’Agcom. In realtà è una svista colossale. L’esposto è stato fatto, sì, ma all’Agcm, autorità per la concorrenza. E non è firmato da nessun esponente del Movimento, ma da un simpatizzante, senza nessuna carica. E a quel punto Grillo salta in piedi, e spara dal blog. “Vogliono eliminarmi”. Risponde come lui sa fare, probabilmente meglio degli altri. Sommergendo l’avversario di parole e demagogia, pugni e calci.

Grillo: “Da media istigazione a delinquere. Come negli anni di piombo”.


beppe grillo interna nuova


Il leader del Movimento 5 Stelle scrive sul suo blog e riadatta un passaggio di 1984 di George Orwell. Poi ammonisce e avverte: "Dal tiro al bersaglio metaforico, si passerà a quello reale? ... Li diffami, li isoli e poi qualcuno li elimina. Ci vediamo in Parlamento. Sarà un piacere".

Tutti contro Grillo. Grillo contro tutti. Non è un gioco di parole, ma un gioco al massacro che oggi il leader del Movimento 5 Stelle ribattezza “Il rito dell’Odio” ripescando un intero passaggio del libro “1984″ di George Orwell. Il comico genovese attacca, rievoca “gli anni di piombo”, squaderna sul suo blog gli epiteti che gli sono stati affibbiati negli ultimi tempi e punta il dito contro i media: “Istigazione a delinquere”. ”Il rito dell’Odio era cominciato. Come al solito, la faccia di Beppe Grillo, il Nemico del Popolo, era apparsa sullo schermo. S’udì qualche fischio, qua e là, fra i presenti. La donnetta dai capelli color sabbia diede in una sorta di gemito in cui erano mescolati paura e disgusto. Grillo era il rinnegato. Durante il suo secondo minuto, l’Odio arrivò fino al delirio…. “Porco! Porco! Porco! ” “Populista! Populista! Populista!” “Fascista! Fascista! Fascista!” “Assassino! Assassino! Assassino!” “Evasore! Evasore! Evasore!”… La cosa più terribile dei Due Minuti d’Odio non consisteva tanto nel fatto che bisognava prendervi parte, ma, al contrario, proprio nel fatto che non si poteva trovar modo di evitare di unirsi al coro delle esecrazioni”. 
Dopo la prolungata lite a distanza con Pier Luigi Bersani oggi da due sponde diverse del giornalismo arrivano gli “attacchi”. L’Unità, quotidiano fondato da Antonio Gramsci e di area Pd, titola “Le balle di Grillo: l’Aids non esiste”, mentre Il Giornale, fondato da Indro Montanelli e appartenente alla famiglia Berlusconi.  mette in prima pagina una sua foto di quando recitava. Un fotogramma estrapolato dal film di Dino Risi “Scemo di guerra” con l’allora giovane interprete che fa il saluto fascista; titolo dell’immagine “Quando Beppe Grillo era fascista”. Eppure a scorrere gli archivi non è la prima volta che Grillo diventa “bersaglio metaforico” come scrive oggi. Nei mesi e negli anni passati tanti hanno detto “male” di lui. Questa la definizione di Silvio Berlusconi: “Grillo è l’espressione peggiore della sinistra peggiore”, Valter Veltroni: “Grillo semina zizzania”, Eugenio Scalfari, fondatore ex direttore del quotidiano la Repubblica: “Peggiore Destra, quella populista, demagogica, qualunquista che cerca un capo in grado di de-responsabilizzarla”. E proprio sul quotidiano, diretto da Ezio Mauro, nelle pagine bolognesi si legge di “una guerra vera e propria. In Emilia Romagna”  dove si starebbe allargando “la frattura tra la base e lo Staff del blogger” compreso un “esposto all’Agcm (Autorità garante della concorrenza e del mercato) degli “epurati” contro la “Casaleggio e Associati”, che possiede il simbolo del Movimento 5 Stelle”.  Ma Grillo proprio stamattina ha smentito: “Contrariamente a quanto riportano oggi i giornali il simbolo del Movimento 5 Stelle è registrato a mio nome e non della Casaleggio associati. Basterebbe una verifica per non fare figure di merda”. 
E così a difesa, quasi a scudo, contro questa ondata, Grillo cita Orwell, autore della “rivoluzionaria” Fattoria degli animali, lanciando il suo anatema contro i media e contro gli avversari. ”Il rito quotidiano dell’Odio da parte di aizzatori di professione nei miei confronti, nei confronti degli appartenenti al Movimento 5 Stelle e dei miei collaboratori sta diventando fragoroso, insopportabile, indecente – argomenta -. Lo scopo è quello, chiaro, di creare dei mostri da abbattere per mantenere lo status quo”, prosegue accusando i critici perché “non discutono mai nel merito, ad esempio del Programma del M5S, insultano, fomentano con l’obiettivo di isolare, infamare, distruggere”. “E dopo? Cosa verrà dopo?”, si domanda Grillo che passa a fornire anche uno scenario: “Dal tiro al bersaglio metaforico, si passerà a quello reale? L’informazione sta sconfinando in molti casi in istigazione a delinquere, come avvenne negli anni di piombo. Li diffami, li isoli e poi qualcuno li elimina. Ci vediamo in Parlamento. Sarà un piacere”. 
Sostituendo il suo al nome dell’Emmanuel Goldstein creato dalla penna del scrittore britannico, Grillo ripercorre quel “rito dell’Odio” per poi fare la sua chiusa riprendendo il riadattamento della citazione: “E tutto un tratto afferrò un pesante dizionario di Neolingua della Casta e lo scaraventò sullo schermo. Questo andò a colpir diritto il naso di Grillo e poi ricadde a terra: la voce continuava inesorabile. Tutti strillavano e battevano furiosamente i tacchi contro il piolo della sedia. La cosa più terribile dei Due Minuti d’Odio non consisteva tanto nel fatto che bisognava prendervi parte, ma, al contrario, proprio nel fatto che non si poteva trovar modo di evitare di unirsi al coro delle esecrazioni”.

Eloquenti risposte.



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Brividi in Formula 1, l'incidente a Spa.

Belgium Formula One Grand Prix







La Ferrari di Fernando Alonso e la McLaren di Lewis Hamilton subito fuori al via del Gran Premio del Belgio sul circuito di Spa. La vettura dell'inglese toccata dalla Lotus di Grosjean ha innescato un tamponamento a catena al semaforo verde che ha costretto al ritiro diversi piloti compreso il leader del Mondiale. L'incidente alla partenza del Gp del Belgio ha messo fuori gioco anche la Sauber di Perez e la Lotus di Grosjean responsabile del pauroso tamponamento a catena. Il francese ha sbarrato la strada ad Hamilton che lo ha preso in pieno facendo volare la sua vettura, atterrata poi pericolosamente sulla parte anteriore della Ferrari di Alonso. Dopo l'incidente è entrata la safety-car rimasta in pista per quattro giri per permettere la pulizia del tracciato. In testa alla gara la McLaren di Button.

http://www.ansa.it/web/notizie/photostory/sport/2012/09/02/Brividi-Formula-1-incidente-Spa_7412731.html