martedì 4 settembre 2012

È morto Michael Clarke Duncan, il gigante buono de 'Il miglio verde'.




Los Angeles (California, Usa), 3 set. (LaPresse/AP) - Michael Clarke Duncan, l'attore statunitense noto per aver interpretato il gigante nero John Coffey in 'Il miglio verde', è morto all'età di 54 anni. Lo ha fatto sapere la sua fidanzata, Omarosa Manigault. L'attore si è spento in un ospedale di Los Angeles, dove era stato ricoverato in seguito all'attacco cardiaco che aveva avuto lo scorso 13 luglio. Il 9 agosto era uscito dalla terapia intensiva.
Alto 1,98 metri e con 150 chili di peso, Michael Clarke Duncan era nato a Chicago il 10-12-1957. Divenne famosissimo recitando il ruolo di un detenuto condannato a morte ne 'Il miglio verde', il film con Tom Hanks del 1999 basato su un racconto di Stephen King. Prima di allora aveva fatto la guardia del corpo a Will Smith, dopo divenne una celebrità arrivando ad una nomination all'Oscar. Nel 1998 aveva già partecipato ad 'Armageddon', dopo lo si è visto in: Il pianeta delle scimmie (2001); FBI: Protezione testimoni (2000); Daredevil (2003); The Island (2005); Sin City (2005); Slipstream - Nella mente oscura di H. (Slipstream), regia di Anthony Hopkins (2007);  A casa con i miei (Welcome Home, Roscoe Jenkins) (2008); Street Fighter - La leggenda (2009); Cross (2011). Ha avuto anche una buona carriera televisiva e come doppiatore, tra i film cui prestò la sua voce 'Kung Fu Panda'. 

Schultz: “Grillo fenomeno di protesta, ma non è democratico”. - Giovanni Stinco


Non ci va per il leggero Martin Schulz. In visita aBologna e ospite del Consiglio comunale, il presidente del Parlamento europeo ha avuto parole durissime nei confronti del comico genovese. A cominciare dalla proposta, abbozzata da Grillo tempo fa, di una possibile uscita dell’Italia dalla moneta unica europea. L’Euro è “un cappio al collo”, dichiarò Grillo all’agenzia di stampa Bloomberg, per poi aggiungere sul proprio blog che una discussione per il ritorno dell’Italia alla vecchia Lira, considerando anche la crisi economica, “non deve essere un tabù”. Oggi arriva la risposta a distanza di Schulz. “Per me si tratta solo di ciarlataneria”, ha dichiarato senza mezzi il politico tedesco, che pure in passato non è stato tenero nei confronti delle banche e dei mercati finanziari europei e mondiali.
“Grillo – ha rincarato la dose il presidente del Parlamento europeo – è un fenomeno di protesta, ma non rappresenta una cultura democratica”. Il motivo? “Non è disposto al confronto, non è disposto a discutere, il suo movimento non ha uno statuto, non si vede come lavora. E spesso lo fa anonimamente, tramite internet”. Insomma Martin Schulz ha messo in fila una dietro l’altra tutte le questioni che negli ultimi tempi hanno monopolizzato il dibattito sul comico genovese e sul suo movimento, nato anni fa sul web e ora spinto sempre più in alto nei sondaggi elettorali. La bocciatura, a sentire le parole sferzanti del politico tedesco, è senza appello. Anche quando si tratta della capacità di fare proposte che, per il parlamentare europeo, latita decisamente dalle parti dei 5 Stelle. “Dire di no a tutto senza dire ciò su cui si è a favore non va bene.”
Di fronte ai giornalisti Schulz si è anche lasciato andare a considerazioni sul ruolo politico di Grillo.“Quando i politici vanno a vedere una commedia penso sia meno pericoloso di quando i comici diventano politici. Penso che si tratti di un fenomeno di protesta che non né molto democratico, né trasparente”. Nel suo intervento di fronte al consiglio comunale di Bologna al gran completo, Schulz ha poi difeso a spada tratta l’idea di Europa e il ruolo degli enti locali. Per questo ha promesso che si batterà per “Comuni forti in grado di garantire ai propri cittadini servizi e welfare di alta qualità”. “Se non diamo prospettive lavorative ai giovani – ha continuato – non ci sarà futuro, né per città come Bologna né per l’Unione europea. Per questo le istituzioni locali devono avere i fondi necessari per portare avanti politiche che combattano la disoccupazione”.
Poi la difesa della Bce, che “ha un ruolo fondamentale nel prendere misure di lotta contro la speculazione e il livello dei tassi di interesse. Ogni misura è buona se aiuta a fermare la drammatica speculazione contro l’Italia”.

Rischia l'ergastolo l'imam che ha accusato ragazzina Down di blasfemia: falsificate le prove.



Ma intanto Rimsah rimane in carcere. Rinviata l'udienza per la cauzione. È accusata di aver bruciato pagine del Corano.


La polizia pakistana sta indagando per capire se possa essere accusato di blasfemia a sua volta il religioso musulmano che denunciò una bambina cristiana per aver bruciato alcune pagine del Corano, commettendo un'azione contro l'islam punibile per legge.

IL COLPO DI SCENA - L'uomo, Khalid Chisti, è stato arrestato sabato sera dopo che è emerso, dalla denuncia un testimone che frequenta la moschea, che potrebbe aver falsificato le prove nei confronti della ragazzina. Secondo l'ufficiale di polizia Munir Jafferi, se il religioso venisse riconosciuto colpevole di aver dissacrato il Corano, potrebbe essere condannato all'ergastolo. La vicenda ha scatenato l'indignazione internazionale anche perché, secondo alcune fonti locali, la bambina sarebbe affetta da sindrome di Down.E nel frattempo il giudice pakistano Muhammad Azam Khan ha nuovamente rinviato l'udienza per la libertà su cauzione della giovane. Per Rimsha Masih, affetta da un ritardo mentale, si prospetta una nuova settimana in carcere dove è detenuta dal giorno dell'arresto, il 16 agosto scorso, con l'accusa di aver bruciato pagine del Corano. Venerdì scorso il giudice aveva prorogato di altri 14 giorni la custodia cautelare della giovane, dietro richiesta della polizia che voleva svolgere ulteriori indagini.

Diamogli una mano!

Foto: La Repubblica:Mercato auto, Marchionne vede nero
"Per agosto in Italia il calo sarà del 20%"

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L'alcool fa mIracoli!


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Fantascienza.



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lunedì 3 settembre 2012

Tagli. A rischio anche la lotta alla mafia. - Nicola Tranfaglia.


direzione-investigativa-antimafia

Giovanni Falcone (come ricorda chi lo ha conosciuto prima che fosse barbaramente ucciso, con Francesca Morvillo e le persone che lo accompagnavano anche a Capaci) aveva un sogno: che la lotta alla mafia potesse proseguire fino alla distruzione di Cosa Nostra e dei suoi alleati, fuori e dentro le istituzioni dello Stato, con i mezzi finanziari e culturali necessari. 
Falcone, come tutti i magistrati che ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare negli ultimi vent’anni, riteneva che l’educazione delle vecchie e nuove generazioni di italiani fosse uno strumento essenziale per quella lotta ma era, nello stesso tempo, convinto che a quella difficile opera dovesse affiancarsi una lotta quotidiana condotta da corpi specializzati dello Stato e composti da persone esperte e persuase dell’urgenza di un lavoro massiccio contro le associazioni mafiose presenti in tutto il paese, anche se concentrati in alcune regioni del Mezzogiorno continentale  e della Sicilia.
Da questa idea di fondo è nata negli anni novanta, sulla base di considerazioni precise di Falcone, Caponnetto e Borsellino, cioè di quelli che hanno dedicato la vita alla lotta contro Cosa Nostra e i suoi alleati, la Direzione Investigativa Antimafia e sulla base dell’aggravarsi progressivo della crisi politica, morale ed ora economica del nostro paese, è stato fissato il cosiddetto TEA (o trattamento economico aggiuntivo) per fare in modo che i poliziotti che si dedicano in maniera esclusiva a quella lotta che consente loro di non coltivare nessun altro lavoro e percepire – per fare un esempio significativo – circa 250 euro aggiuntivi allo stipendio dopo trent’anni di servizio.
Una somma che non arricchisce nessuno ma che non è neppure trascurabile per chi vive di un medio stipendio pubblico, come la maggior parte dei dipendenti dei Ministeri che si occupano direttamente del difficile compito.
Ma il 12 novembre scorso la legge di stabilità ha drasticamente ridotto il trattamento economico aggiuntivo provocando le proteste non soltanto di parlamentari della destra ma anche degli stessi poliziotti della Dia riducendolo al 35 per cento rispetto alla misura ordinaria. Ora, proprio in questi giorni, arriva la mazzata finale giacché il ministero dell’Interno dovrà risparmiare 131 milioni di euro e nel bilancio del Ministero dell’Economia c’è il capitolo 2673 che riguarda il Dipartimento di Sicurezza del Viminale che riduce il passaggio della somma, prevista fino a qualche mese fa, di 3.655 milioni di euro, si passa a una cifra che toglie più di un terzo dello stanziamento iniziale.
Non solo. Il personale della Dia, che è sottodimensionato (mancano circa duecento elementi) viene ulteriormente ridotto e si creano gruppi interforze per il controllo degli appalti (quando già esiste nella Direzione un osservatorio centrale) e si decurtano i fondi del trattamento economico aggiuntivo.
Sul Viminale pesa un ricorso presentato da 500 tra ufficiali e sottoufficiali che dal novembre 2011 non ricevono più quel che è loro dovuto.
“I provvedimenti del Ministero – commenta Enzo Marco Letizia, segretario nazionale dell’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia – puniscono quelle donne e quegli uomini che più di altri contribuiscono alla confisca dei beni della mafia.”
Ma lo Stato sembra proprio averli abbandonati.
Parole esagerate o è soltanto la fotografia di una situazione drammatica che rischia di portare invece una battaglia più che mai necessaria di fronte alla crescente espansione del fenomeno mafioso in Italia e alla sua crescente potenza economica e politica?
Lasciamo giudicare ai lettori ma siamo convinti che, di fronte a un governo che non ha certo intrapreso una battaglia culturale precisa in questo senso il rischio è grave e richiede un intervento rapido e efficace nel giro dei prossimi giorni.


Alessandro Giari scrive:
La morte di Dalla Chiesa involontariamente ha segnato un capitolo importante nella mia vita.
Dopo la Sua morte fu nominato Prefetto di Palermo il Dott. Sica che non si fidava di nessuno e, così, volle che per aluni tipi di indagini fossero utilizzarti solo Professionisti di una certa Università.
Io ne facevo parte e, così, nel 1984 feci il "mio debutto" nelle indagini su omicidi di mafia in Palermo. Doveva essere un intervento sporadico e per poco tempo. Furono 6 anni circa .. Un esperienza che non dimenticherò mai, non solo per la situazione "critica" in cui si lavorava, ma anche per le immense personalità che ho avuto modo di conoscere in quella terra che, per me, è la più bella e ricca di cultura e genialità dell'intero Mediterraneo. Non mi riferisco solo a personaggi noti a tutti, alcuni dei quali poi barbaramente uccisi, ma anche persone colà nate e vissute, semplici ma immensamente ricche dentro, e veramente per bene che, nelle loro possibilità, vivevano combattendo ogni giorno contro la Mafia .. A tutti loro devo dire grazie ora come allora.