venerdì 1 marzo 2013

Fiducia? What's fiducia?



"Quindi improvvisamene gli attivisti del M5S si sarebbero bevuti il cervello. 
Tutti insieme. 
Dopo avere combattuto per anni il Pdl e il Pd-L, dopo avere mandato "affa" tutto e tutti, improvvisamente sarebbero tutti per votare la fiducia a Bersani & Co. 
Lo stesso Pd che ci ha regalato la tassa da 4 miliardi servita a pagare i conti di MPS, che non ha mai fatto la legge sul conflitto di interessi, che va a chiudere la campagna elettorale a Berlino. 
Lo stesso PD che copia le parlamentarie di Grillo ma riserva i posti chiave per le solite Bindi & Co. 
Lo stesso Pd di Violante, quello di "abbiamo una banca". 
Quel PD lì. 
E questi duri e puri del M5S, arrivati in Parlamento al ritmo di "vi apriremo come una scatoletta di tonno", al primo canto delle sirene di gente corresponsabile di tutto questo sfascio, si metterebbero a invocare l'accordo, addirittura la fiducia, come un qualsiasi partitucolo da prima repubblica? 
Ma lo sanno questi signori che, se votano la fiducia, si rendono corresponsabili di tutto quello che farà dal giorno dopo il Governo di Bersani & soci? 
Lo sanno che questi sono vecchi squali della politica, controllano i ministeri e conoscono tutti i trucchi possibili per fare tutto l'ostruzionismo di questo mondo, per cui, conoscendo la tattica della melina meglio di chiunque altro, avendola praticata per intere legislature, prometteranno per l'ennesima volta di tagliarsi gli stipendi, di togliere i rimborsi e tutto il resto, ma poi troveranno tutte le scuse per ritardare fino ad arenare ogni progetto di legge del M5S, mentre cercheranno di far passare nuove ignominie ai danni del popolo italiano, e queste ignominie ricadranno sulla testa del M5S? 
Forse i titoloni dei giornali, quelli che parlano di base spaccata basandosi su qualche commento su un blog e su una petizione in rete (gli stessi giornalisti che non sanno distinguere "Twitter" da "Tweet", ripetendo grottescamente "ho letto un twitter di tizio e caio" ad ogni ospitata televisiva) sono solo l'ennesima strumentalizzazione giornalistica orchestrata dalla vecchia politica. 
Forse questaViola Tesi che all'improvviso spunta fuori dal nulla, con una petizione pro fiducia (pro Pd) in rete, guarda caso su un sito che nulla ha a che fare con il M5S, raccogliendo magicamente decine di migliaia di firme, non è esattamente espressione della base del Movimento. 
Potrebbe mai esserlo una che fino a un paio di mesi fa almeno militava convintamente nella base del Partito Pirata? Lo stesso partito pirata che deve vedersela con quel Marco Marsili che proprio durante le scorse elezioni, sbugiardato da Anonymous o chi per essi, cospirava contro il M5S cercando di distruggerlo? Ed ecco, cliccando qui, una delle tante conversazioni che provano la sua partecipazione attiva nella base del Partito Pirata. Può una attivista convinta di un altro movimento, a uno o due mesi dalle elezioni, diventare come per magia espressione della base del M5S ed essere rilanciata, in primis da Repubblica, il giornale della tessera numero uno del PD (De Benedetti), con la sua petizione pro Pd (adesso capite la ragione delle regole sulle candidature di Grillo)? 

E le 75mila firme raccolte, come per magia, in meno di 48 ore, sono della base del M5S? Cosa dà cotanta sicumera ai signori giornalisti che fanno i titoli? Fanno le pulci a una che non conosce il numero esatto dei senatori della Repubblica, e poi sparano titoli così palesemente scollegati dai fatti? Già, perché è evidente che se una di un altro partito viene spacciata per una rappresentante della base del M5S solo perché pubblica una lettera su un sito qualunque, con la stessa nonchalance si possono far votare decine di migliaia di militanti di un qualunque altro partito sotto a una petizione qualsiasi e poi spacciare le firme come la prova evidente che la base del M5S (o quella dell'ultimo partito della Nuova Guinea) è compatta contro il suo leader. 
E si può perfino arrivare a colonizzare un intero blog, con iscrizioni mirate dell'ultima ora. Tant'è vero che alcuni, tra i firmatari, non si fanno neppure scrupolo di mascherare il fatto non solo di non essere appartenenti alla base del Movimento Cinque Stelle, ma neppure di essere espressione di quegli 8 milioni e mezzo di italiani che hanno condiviso e votato le proposte di Grillo. 
Cari "grillini" (a me questo termine potete passarlo): voi siete arrivati adesso con le valigie di cartone, ma questi conoscono l'arte di mettervelo in quel posto meglio di chiunque altro, avendo una lunga scuola alle spalle. Cercate di non farvi fregare e rimettete, con lucidità, ogni tassello al suo posto. Voi, per la vostra storia e per la natura radicale delle vostre rivendicazioni, che sono quelle che gli italiani vi hanno chiesto esplicitamente di portare avanti, non potete votare la fiducia a un partito che si è reso corresponsabile dello stato in cui versa questo Paese. Tutt'al più, se proprio Pd e Pd-L ci tengono alla governabilità, possono sempre votare, loro, la fiducia al primo Governo targato MoVimento 5 Stelle."

Claudio Messora

http://www.beppegrillo.it/2013/02/fiducia_whats_fiducia.html

Le ultime parole famose - Puntata 15 - Servizio Pubblico.



giovedì 28 febbraio 2013

Rimborso Imu, Berlusconi indagato a Reggio Emilia per “voto di scambio”.


Rimborso Imu, Berlusconi indagato a Reggio Emilia per “voto di scambio”


Secondo i magistrati reggiani la contestata promessa elettorale del Cavaliere durante la campagna elettorale è reato. L'inchiesta si basa sulla violazione dell'articolo 96 del testo unico delle leggi elettorali.

Silvio Berlusconi iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Reggio Emilia per voto di scambioA due giorni dagli esiti del voto, il Cavaliere incappa nell’ennesimo atto della magistratura per la galeotta lettera sul rimborso dell’Imu che ha fatto gridare allo scandalo, ma che di certo gli ha permesso di guadagnare parecchi voti nell’urna.
Come riporta il Resto del Carlino, al centro delle accuse mosse dal procuratore capo di Reggio Emilia c’è proprio quel ‘voto di scambio’ che sarebbe contenuto nella lettera arrivata in campagna elettorale in cui il leader del Pdl prometteva il rimborso dell’Imu 2012 sulla prima casa e su terreni e fabbricati agricoli (già versata) in caso di vittoria.
Una cifra che solo nella provincia di Reggio Emilia corrisponderebbe a qualcosa come 40milioni di euro. Per questo, dopo due esposti firmati da altrettanti cittadini reggiani, il caso è finito nel registro generale delle notizie di reato (modello 21). Con, a fianco, il nome e il cognome dell’uomo che quell’impegno lo ha firmato: Silvio Berlusconi.
Il pm Grandinetti ha deciso di procedere con l’inchiesta, contestando al fondatore del Pdl la violazione dell’articolo 96 del testo unico delle leggi elettorali: ‘voto di scambio’.
Altri reclami erano comunque giunti presso altre procure: a Modena, e a Roma, dove i magistrati avevano aperto un fascicolo intestato atti relativi a (privo quindi di ipotesi di reato e di indagati), prendendo spunto dalle parole del candidato Rivoluzione civile, Gianfranco Mascia. Per l’esponente del partito di Ingroia oltre all’ipotesi di voto di scambio, potevano essere contestati anche truffa e violazione dell’articolo 97 della legge elettorale
Gli avvocati del Pdl reggiano non hanno atteso molto ad intervenire: “Prendiamo atto della velocità della Procura quando si tratta di alcune tematiche, a poche ore dalle elezioni”, ha spiegato Claudio Bassi, penalista e consigliere comunale, “mentre ci sono almeno altre 15 istanze da noi presentate a cui non è ancora stata data risposta e che rischiano di andare in prescrizione”.
“Mi sembra un’inchiesta totalmente campata in aria e giuridicamente insostenibile”, ha aggiunto l’avvocato Liborio Cataliotti, “E lo direi anche se riguardasse la parte avversa. Si tratta di promesse elettorali; allora in questa ottica ogni candidato dovrebbe essere iscritto nel registro degli indagati? Era una lettera per nulla equivoca, chiara e tutt’altro che ingannevole».

Assunzioni senza motivo nel 118: la Corte dei Conti condanna Cuffaro e 16 deputati siciliani a risarcire 12 milioni.


collage-118

PALERMO, 28 FEBBRAIO 2013 - Diciassette deputati regionali, in carica tra il 2005 e 2006, sono stati condannati dalla Corte dei Conti a risarcire l'erario per 11 milioni 882mila 862 euro: sono il governatore dell'epoca Totò Cuffaro, alcuni componenti della Giunta di Governo e della Commissione Sanità dell'Ars.

Si tratta del cosiddetto "scandalo Sise", dal nome della società interamente partecipata dalla Croce Rossa Italiana che ha gestito fino al 2010 (adesso c'è la Seus) il servizio di emergenza attraverso una convenzione con la Regione siciliana: in piena campagna elettorale, tra il 2005 e il 2006, furono assunte in massa 1200 persone tra barellieri, autisti soccorritori e amministrativi, che sono entrati a far parte del 118 sul territorio regionale, facendo lievitare enormemente i costi del servizio. Una vicenda che allora sollevò un vespaio di polemiche in quanto fu considerata un'operazione clientelare.

Secondo la Procura della Corte dei Conti, come riportato oggi dalla Gazzetta del Sud, non ci sarebbe stata, in quella fase, "nessuna esigenza funzionale" di potenziamento che giustificasse l'acquisto di nuove ambulanze e l'assunzione di ulteriore personale. Inoltre, è stato accertato che tra gli assunti ci sarebbero alcuni corsisti del Ciapi, l'ente di formazione al momento in piena bufera che il presidente Crocetta ha deciso di chiudere.

Ieri pomeriggio, i giudici della Sezione giurisdizionale di appello della Corte dei Conti (presidente Salvatore Cilia, consigliere relatore Valter Del Rosario, consiglieri Luciana Savignone e Salvatore Cultrera) hanno clamorosamente ribaltato il verdetto di primo grado accogliendo parzialmente – danno erariale non di 37 milioni ma di quasi 12 – l'appello della Procura regionale. Non esistendo un giudizio di terzo grado su questi temi, i deputati siciliani saranno costretti a pagare.

Dovranno restituire 729 mila 877,88 euro ciascuno l'ex presidente della Regione Totò Cuffaro; Francesco Cascio, già presidente Ars e attuale deputato a Sala d'Ercole; Antonio D'Aquino, Mario Parlavecchio, Giovanni Pistorio, Francesco Scoma, all'epoca assessori regionali; Giuseppe Arcidiacono, Giuseppe Basile, Giancarlo Confalone, Salvatore David Costa, Nino Dina, Santi Formica e Angelo Moschetto, tutti nella qualità di componenti la Commissione Ars.

Condannati invece a risarcire 598 mila 612,38 euro ciascuno Michele Cimino, Fabio Granata, Carmelo Lo Monte e Innocenzo Leontini, nella qualità di assessori.

Perché lo Stato paga gli interessi sui beni confiscati alle mafie? - Luca Chianca




Suggerimenti al governo che si insedierà: smettere di pagare alle banche gli interessi sui mutui relativi ad immobili sequestrati ai delinquenti.

L'obiettivo di confiscare un bene alle mafie è quello di restituirlo alla collettività, sottraendolo alla criminalità organizzata. Un'idea semplice: le mafie possono essere sconfitte non solo sul piano militare ma anche, e soprattutto, su quello economico.
Troppo spesso però, a causa delle lacune del nostro sistema normativo, gli strumenti non sono adeguati. Secondo Dario Caputo, dell'Agenzia Nazionale dei beni confiscati, «su un totale di confische pari a 12mila immobili, l'80 per cento presenta gravami», tra cui i crediti garantiti da ipoteca che di fatto bloccano la destinazione per uso sociale del bene confiscato.
Dal momento del sequestro, alla confisca definitiva, passano dai 5 ai 7 anni. Durante questa fase, chi paga il mutuo acceso dal mafioso? Solitamente nessuno e così, con il tempo, crescono gli interessi di mora per il mancato pagamento delle rate.
Durante il processo, il credito vantato dalla banca si trasforma in una sofferenza, fino a quando, a seguito di una sentenza definitiva di confisca, il debitore diventa lo Stato che, se il creditore è in buona fede, deve pagare.
Fino al 2012 in Italia mancava una normativa che regolamentasse la questione sulle ipoteche sui beni confiscati. Così, in tutta fretta, a fine dicembre durante le vacanze di natale, qualche concetto in più è stato introdotto nella Legge di stabilità, ma neanche gli esperti più attenti ne hanno capito l'effettiva applicazione.

Taranto, crolla ponteggio all'Ilva: un operaio morto e uno ferito grave.



Taranto - (Adnkronos/Ign) - L'incidente mortale è accaduto alla'alba di oggi alla batteria 9 delle cokerie. Entrambi gli operai sono precipitati da un'altezza di 15 metri. Ciro Moccia, di 42 anni, non ce l'ha fatta. Antonio Liti, 45 anni, è rimasto gravemente ferito. Erano stati chiamati per un pronto intervento alla colata. Sospese tutte le attività. Sciopero unitario dei sindacati: ''Tre morti in pochi mesi, forse è saltata attenzione sulla sicurezza''

Taranto, 28 feb. (Adnkronos/Ign) - Incidente mortale all'alba di oggi all'Ilva di Taranto. Un operaio è morto e un altro è rimasto ferito gravemente nel crollo di un ponteggio. Ciro Moccia, 42 anni, non ce l'ha fatta mentre Antonio Liti, 45 anni, dell'azienda Mir, è rimasto gravemente ferito.
Lì'incidente è avvenuto alla batteria 9 delle cokerie. Entrambi sono precipitati da un'altezza di 15 metri mentre si trovavano su una passerella sul piano di carico. I due operai erano stati chiamati per un pronto intervento alla colata.
L'azienda ha sospeso tutte le attività, esprimendo ''profondo dolore'' per l'incidente mortale, avvenuto ''nell'area cokerie durante una operazione di intervento di manutenzione alla batteria 9, una delle batterie ferme perché in rifacimento - si legge in una nota dell'Ilva - La dinamica è in corso di accertamento, l'autorità giudiziaria è sul posto. Il Presidente ed il Direttore di Stabilimento esprimono la loro vicinanza ai parenti e in segno di cordoglio sono state sospese tutte le attività di Stabilimento".Davanti a quanto accaduto i sindacati hanno proclamato immediatamente uno sciopero unitario. Sotto accusa la sicurezza. ''E' inaudito, non è possibile - Mimmo Panarelli, segretario territoriale della Fim Cisl di Taranto - Dopo due anni che non si verificavano incidenti gravi, in pochi mesi si sono perse tre vite umane. Forse è saltata l'attenzione sul tema della sicurezza. L'azienda ci deve spiegare''.


http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Taranto-crolla-ponteggio-allIlva-un-operaio-morto-e-uno-ferito-grave_314230761646.html

Rifiuti a Napoli, sprechi per assunzioni inutili: Bassolino e Iervolino condannati. - Vincenzo Iurillo


Rifiuti a Napoli, sprechi per assunzioni inutili: Bassolino e Iervolino condannati


Dovranno risarcire al Comune 560.893 euro a testa. La magistratura contabile ritiene responsabili tre ex sindaci e quattro ex assessori alla Nettezza Urbana. Per anni centinaia di lavoratori dei consorzi di bacino pagati per non fare nulla.

Rifiuti, arriva il conto degli sprechi per le assunzioni inutili negli anni dell’emergenza a Napoli, centinaia di operai ed ex lavoratori socialmente utili chiamati negli anni 2000 negli enti di bacino per lavorare alla raccolta differenziata ma in realtà fermi a girarsi i pollici. Ed è un conto salato per ex sindaci ed amministratori. La Corte dei conti della Campania presieduta da Fiorenzo Santoro ha condannato Antonio Bassolino, Rosa Russo IervolinoRiccardo Marone, i primi cittadini delle stagioni di centrosinistra concluse nel 2011, a risarcire al Comune di Napoli 560.893 euro a testa. Identica sanzione per gli ex assessori alla Nettezza urbana Ferdinando Balzamo e Massimo Paolucci (deputato neo eletto del Pd). Condanna più salata per altri due ex assessori al ramo, Ferdinando Di Mezza e Gennaro Mola: 1.402.233 euro a testa. Per un totale risarcitorio di 5 milioni e 609mila euro.
Le 56 pagine del provvedimento firmato dal magistrato estensore Nicola Ruggiero e depositato il 15 febbraio affrontano e riassumono la vicenda delle 362 assunzioni al consorzio di bacino Napoli 5, il simbolo degli sperperi cittadini. Per provvedere alla raccolta differenziata il consorzio disponeva di 46 automezzi: quindi, considerando turni, ferie e malattie, potevano lavorarci al massimo 150 persone. Invece furono assunti più del doppio, con contratti a tempo determinato poi trasformati a tempo indeterminato. Non solo. Il servizio di raccolta differenziata fu affidato alla municipalizzata Asìa. E i dipendenti del consorzio di bacino restarono sospesi in un limbo di inattività. Pagati per non lavorare. La Corte dei conti ritiene Bassolino&C. responsabili di un danno consumato tra il gennaio 2003 e il settembre 2007, ma determinato anche da scelte politico-amministrative precedenti a quegli anni. E quantificano lo spreco in una cifra spaventosa: 28 milioni e 241mila euro circa, pari agli stipendi inutilmente erogati ai 212 lavoratori in quell’arco temporale (133.215,55 x 212).
La condanna viene però abbassata a una somma molto inferiore sulla base di alcune considerazioni: le colpe dovevano essere allargate a una serie di ulteriori soggetti istituzionali – ex sub commissari all’emergenza rifiuti, ex consiglieri comunali di Napoli e altri – che hanno partecipato ai processi decisionali sfociati nelle assunzioni, ma che la Procura contabile non ha citato in giudizio; e comunque i dipendenti del consorzio, in qualche caso illegittimamente impiegati in attività amministrative, hanno in qualche modo prodotto un lavoro utile al Comune di Napoli che va detratto dall’importo da risarcire. Da sottolineare che la Corte dei conti motiva una diminuzione della condanna – che altrimenti avrebbe superato i 6 milioni di euro in totale – con “il particolare contesto ambientale, connotato da profonde tensioni sociali, in cui i convenuti si sono trovati ad operare, giustificante una ulteriore riduzione del 10%”. In quegli anni assumere disoccupati storici serviva a calmare le piazze. I magistrati l’hanno considerata un’attenuante, e hanno fatto lo sconto.