lunedì 14 febbraio 2011

Mirabelli: «Per le elezioni non serve il sì del premier»


Il capo dello Stato potrebbe sciogliere le Camere anche senza l'accordo con il presidente del Consiglio; e il premier non potrebbe rifiutarsi di controfirmare quella decisione. Su questi punti concordano due presidenti emeriti della Consulta, Cesare Mirabelli e Antonio Baldassarre. La pensa così anche il costituzionalista Michele Ainis, a condizione però che il ricorso alle urne venga disposto dal presidente della Repubblica in presenza di una paralisi delle Camere o di una «guerra tra istituzioni».

«Il potere di scioglimento delle Camere non è un potere duale, ma un potere eccezionale del Presidente della Repubblica, che lo esercita sentiti i presidenti delle Camere - spiega Mirabelli - Occorre la controfirma come per tutti gli atti del capo dello Stato, ma questo non implica una condivisione, cioè che incida la volontà del governo; insomma non occorre dal punto di vista sostanziale una doppia volontà. Per questo se ci sono i presupposti, la controfirma non può essere rifiutata.

E se questo avvenisse si profilerebbe un conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato davanti alla Consulta» Un'ipotesi « da scongiurare», secondo Mirabelli, che è comunque convinto che Napolitano con la nota di ieri «abbia voluto esprimere un ammonimento, rivolgere un invito a un rapporto istituzionale più sereno, non annunciare un'intenzione». «Lo scioglimento delle Camere è un potere esclusivo del Presidente della Repubblica. E il presidente del Consiglio non può rifiutarsi di controfirmarlo, perchè la sua firma attesta la provenienza dell'atto dal capo dello Stato, non è un concorso alla decisione» conviene Baldassarre. E spiega: «la tesi secondo cui lo scioglimento anticipato comporti necessariamente il contributo positivo del Presidente del Consiglio andava bene prima del mutamento del nostro sistema parlamentare, intervenuto con le leggi elettorali del '93-'94. Ora il presidente del Consiglio è il capo di una coalizione potenzialmente maggioritaria; se vi fosse una co-decisione nello scioglimento delle Camere, significherebbe, dato l'attuale sistema, che questo potere è scivolato nelle sue mani. Si tratta comunque di una decisione estrema, che va presa in presenza di una grave difficoltà del sistema costituzionale».

Basterebbero tensioni gravi tra istituzioni? «sì, se sono tali da mettere in pericolo lo Stato di diritto. Condizioni che al momento forse non ci sono, ma molto dipenderà dalle decisioni future: se vi fossero deliberazioni parlamentari tali da mettere in pericolo l'equilibrio tra i poteri dello Stato, per esempio colpendo l'indipendenza della magistratura, ci sarebbero gli estremi per lo scioglimento».

«Ogni atto del capo dello Stato va controfirmato, ma la controfirma ha un valore diverso a seconda del potere che viene esercitato -premette Ainis- Nel caso del potere di scioglimento, tutto dipende dal motivo per cui viene disposto: se perchè il Parlamento non è in grado di esprimere una maggioranza, si tratta di un atto complesso, che dunque richiede la volontà concorde del presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio; se invece perchè c'è una fiducia solo di facciata ma le Camere sono di fatto paralizzate oppure c'è una guerra tra istituzioni, siamo di fronte a un atto sostanzialmente presidenziale e la controfirma è solo notarile. In questo caso cioè il presidente del Consiglio non può giudicare il merito».

Per Ainis «non siamo ancora in nessuna di queste situazioni, ma c'è qualche sintomo: c'è un Parlamento che cammina poco e una rissa tra istituzioni che manca poco che diventi guerra».


Passaparola del 14 febbraio 2011. - Codice Berlusconi.


Maria Caporuscio.


Da oggi i giornali internazionali non potranno più scrivere che gli italiani hanno il governo che meritano. Dopo le manifestazioni di ieri devono scrivere che gli italiani hanno un governo che NON MERITANO. La popolazione italiana non si sente affatto rappresentata da questi sozzoni e visto che le opposizioni non riescono a spazzarli via, ci stanno pensando le donne italiane con una manifestazione che passerà alla storia. Mai in Italia si era visto niente di simile, ogni città era un'esplosione di gioia per la resurrezione dal coma cui era tenuto da quasi venti anni il nostro Paese. Le donne! Queste meravigliose figure che sono state e sono i veri pilastri della nostra società, tanto da far dire che “un uomo è quello che è in base alla moglie che ha” si sono alzate in piedi. Le donne che anche quando nelle proprie case fanno cento lavori, umili solo in apparenza ma in realtà da premio nobel, visto che sulle loro spalle si poggia tutto il peso della casa: fare la spesa, pulire, lavare, stirare, crescere i figli tanto da non poter riposare nemmeno quando hanno la febbre e sempre in silenzio ma a testa alta, cui una maggiore attenzione ne rivelerebbe tutta la nobiltà. Sono proprio le casalinghe le vere SIGNORE, quelle che con la loro delicata discrezione, guidano e migliorano la società, ma per una superficialità collettiva, non se ne riconosce il valore. Diceva mia nonna “una donna regge sulle spalle tre colonne mentre gli uomini ne reggono una sola”. Senza la loro guida, senza il loro sacrificio, la società peggiorerebbe di molto.
Vorrei dire a quei politici che ritengono lecito ogni lurido comportamento del loro capo e a quei giornalisti extralarge e non, che ripetono che siamo un popolo di bacchettoni e moralisti, che noi siamo stati educati al rispetto e alla dignità verso noi stessi e verso gli altri e ne siamo fieri, mentre loro evidentemente, sono cresciuti in un bordello per cui sono abituati a vivere nel più turpe degrado e nulla li può scandalizzare.

Dal blog di Beppe Grillo del 14 febbraio 2011 "Codice Berlusconi"

domenica 13 febbraio 2011

Le donne invadono le piazze d’Italia: "Se non ora, quando?"

LE FOTO DELLA MANIFESTAZIONE: nelle piazze italiane - a Milano - e all'estero

(in fondo all'articolo i video della manifestazione)

Un milione a Roma, centinaia di migliaia nelle altre piazze d'Italia. E' stata un successo la grande kermesse per la dignità delle donne organizzata dal comitato "Se non ora quando" nella Capitale e in più di 200 città italiane (guarda le foto).

A dare il segnale di inizio dal palco di piazza del Popolo a Roma è stata l'attrice Isabella Ragonese, attrice, non ancora 30 anni. Ma prima di cominciare c'è stato un minuto di silenzio seguito da un urlo assordante di tutte le persone presenti in piazza. "Sono una bambina, non ho fatto il femminismo - ha detto dal palco la Ragonese tra migliaia di applausi - sono una precaria, sono una madre, sono una commessa, un'impiegata e oggi mi dimetto da tutto. Oggi 13 febbraio scendo in piazza. Una piazza che sta abbracciando tutte le donne e anche tutti gli uomini".

Sul palco anche la regista Cristina Comencini, la deputata finiana Giulia Bongiorno (guarda il suo discorso), la leader della Cgil Susanna Camusso, la presidente della Regione Umbria Katiuscia Marini, le attrici Lunetta Savino e Angela Finocchiaro.

A Milano, invece, dove secondo gli organizzatori hanno partecipato 100 mila persone, sul palco di piazza Castello schierate Franca Rame, che ha letto un suo testo, "l'anti-Santanchè", Paola Cortellesi e altre attrici. La conduzione è stata affidata a Teresa Mannino, le musiche alla dj Federica "Misturapura". Tra le altre, si segnala la partecipazione della storica Eva Cantarella, dell'architetto Gae Aulenti, della scrittrice Silvia Ballestra, di Inge Feltrinelli, del direttore del Secolo d'Italia e di Flavia Perina. Tra gli uomini, presenti il conduttore de L'infedele, Gad Lerner, e l'attore Massimo Cirri.

Ma le manifestazioni contro il premier e in favore della dignità delle donne non si sono svolte soltanto in Italia. Molti nostri connazionali hanno deciso infatti di far sentire la loro voce anche dall'estero e così ecco le foto dei cartelli e dei sit-in organizzati a Parigi, Londra, Tokyo e persino in Bangladesh.

Polemica per le parole della Minetti - Dalle colonne di Affari Italiani prima, e da quelle diLibero, suscitano intanto controverse reazioni le parole del consigliere regionale Nicole Minetti, indagata per induzione e sfruttamento della prostituzione insieme a Lele Mora, a Emilio Fede e ad altre persone. "Perché urlare che le donne sono diverse se abbiamo lottato per la parità dei sessi? Suona come un'incoerenza" ha dichiarato l'ex igienista dentale. (Guarda le foto)
Partendo da un ragionamento sull'origine della parola "grazia", "che gli antichi definivano "bellezza in movimento", Minetti lancia un interrogativo alle manifestanti. "Vogliamo affermare il potere delle donne dimenticando la nostra femminilità? La bellezza non è una qualità minore, ma un punto di forza. Non è un dettaglio estetico, ma un potere che viene da dentro", attacca.
Per il consigliere regionale, poi, non bisogna cedere alla "banale uniformità bella/stupida", che rappresenta "un risultato parziale", ma bisogna considerare nella somma tutti i fattori per dimostrare che "il risultato cambia ogni volta".



Il riscatto delle donne, ma non solo. Milioni di persone manifestano in 100 piazze.



Oltre 60mila a Milano, 100mila a Roma e Napoli. Ventimila a Palermo e migliaia a Trieste, Bari, Pesaro, Bergamo, Genova. Oltre 100 piazze, in Italia ma non solo (Bruxelles, Parigi, Barcellona, New York…) hanno lanciato un messaggio chiaro a Silvio Berlusconi: “l’Italia non è quella che si legge nelle intercettazioni di Arcore”. Così la manifestazione “Se non ora quando”, indetta sull’onda dell’indignazione femminile, si è trasformata in un evento che entrerà nella storia di questo Paese. Almeno un milione di donne e uomini hanno sfilato senza bandiere né simboli politici. Manifestazioni ordinate ma senza sconti. Con slogan chiari, provocatori, in qualche caso particolarmente coloriti. Sempre all’insegna di una rivendicazione semplice: “Dignità”.

“Il colpo mortale al berlusconismo”. Questa è la sintesi della giornata del governatore pugliese Nichi Vendola che ha partecipato a Milano alla manifestazione dell’orgoglio femminile. Per fare dei bilanci è ancora presto, ma i cortei hanno colpito nel segno. “C’è un’Italia migliore di quella di Lele Mora, Emilio Fede, Fabrizio Corona e Silvio Berlusconi”, dice Vendola. Parole che suonano a mo’ di risposta a quanto detto dal ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini: “Le donne che scendono oggi in piazza sono solo poche radical chic che manifestano per fini politici e per strumentalizzare le donne”. Saranno state pure delle radical chic, ma al contrario di quanto sostiene il ministro, erano tantissime. Una forza spontanea e auto-organizzata con cui Silvio Berlusconi dovrà necessariamente fare i conti. Lo ha detto dal palco di Piazza del Popolo a Roma la presidente della commissione Giustizia della Camera, la finiana Giulia Bongiorno: “Se questa cosa dovesse proseguire, si creerebbe qualcosa di grande, genuino e travolgente”.

Ma ecco come sono andate le cose nelle principali piazze italiane.

MILANO – Nonostante la pioggia, il centro della città è stato letteralmente invaso. “Da piazza del Duomo a piazza Castello i milanesi stanno facendo sentire la loro voce”, ha detto dal palco Teresa Mannino. Molte donne hanno raccolto l’appello di scendere in piazza con una sciarpa bianca, “Segno di lutto per i tempi che corrono”. Fra la folla molte personalità della politica, della cultura e dello spettacolo: dal numero uno di Sinistra e libertà Nichi Vendola al presidente dell’Idv Antonio Di Pietro fino al premio Nobel Dario Fo. Centinaia i cartelli che hanno sventolato contro il premier. In prima fila oltre a un pupazzo che raffigura Berlusconi chiuso in gabbia anche uno striscione sull’ex moglie Veronica Lario: “Veronica è libera… ora tocca a noi”.

ROMA – Una folla oceanica ha invaso anche Piazza del Popolo. Tanti i cartelli sotto il palco: su uno si legge “Ex-cavaliere, qui!”. Su un altro “Ci ruba soldi cultura e dignità”. La piazza è dominata da un grande striscione firmato dalle Donne del Sud con scritto “non chiamatemi escort, sono una puttana. Non chiamatemi puttana, sono una schiava”.

NAPOLI - Nessun simbolo di partito, una sola bandiera, il tricolore italiano e tantissima gente. Secondo gli organizzatori, al corteo del capoluogo campano stanno partecipando100mila persone. Ad aprire il lungo serpentone che ha attraversato la città da Piazza Matteotti a Piazza dante, lo striscione con il claim dell’iniziativa: “Se non ora quando?”. Molte donne indossavano una maglietta bianca con scritto “Mi riprendo il mio futuro”.
“Siamo 100mila, tutte non a disposizione di Berlusconi”, sottolinea dal palco Elena Coccia, una delle organizzatrici. Teresa Potenza, della Camera del lavoro di Napoli, sottolinea come l’iniziativa sia stata organizzata “dal niente, senza strumenti e senza nulla. Questo significa che c’e’ una forte voglia di dissenso”. Un’opinione condivisa anche da Rosa Russo Jervolino, sindaco della città, “Napoli rispetta la sua medaglia d’oro della Resistenza e si schiera in favore della difesa della dignità del Parlamento, della magistratura e della dignità della donna”.

VENEZIA – ”Berlusconi, tu ci Ruby lalibertà”: è uno dei cento cartelli della manifestazioni per la dignità delle donne svoltasi oggi a Venezia. Campo Santa Margherita, uno dei più grandi della città lagunare, completamente pieno, autobus intasati in terraferma che hanno lasciato gente a terra. Novemila donne hanno partecipato al raduno antiberlusconiano secondo le organizzatrici (una quindicina di attiviste che hanno creato l’evento in modo trasversale), oltre quattromila invece le manifestanti per le forze dell’ordine. Dal palco, una studente ha letto una toccante e agguerrita ‘Lettera a Ruby’ che comincia con: “Preferiamo chiamarti Karima”, e l’appello contro “il modello di relazione tra donne e uomini ostentato da una delle massime cariche dello Stato”. Solidarietà inoltre è stata espressa per Nicoletta Zago, operaia che da tre giorni, su una torre di Marghera a 150 metri d’altezza, è in sciopero della fame per il posto di lavoro. Per circa tre ore sul palco si sono alternate attrici con scene teatrali esilaranti, grintosi cori vocali, poetesse e gruppi di donne che hanno letto i propri documenti sulla dignità femminile.

BARI – Il corteo del capoluogo pugliese si è concluso con l’annunciato flash mob: alcune delle manifestanti hanno stracciato simbolicamente alcuni cartellini dei prezzi con il codice a barre al momento del loro arrivo nella gremita Piazza del Ferrarese. La manifestazione, che ha visto la partecipazione di circa 10mila persone, è partita dalla centralissima piazza della Prefettura e ha sfilato pacificamente per le vie della città con striscioni e cartelli. “chi governa deve dare il buon esempio e non chiedere il legittimo impedimento”; e ancora: “indisponibile” in altri.

PALERMO – Sono circa diecimila le personegiunte a piazza Verdi a Palermo dietro lo striscione “Se non ora quando?”, la manifestazione promossa in diverse piazze italiane per la dignità della donna. Cori e slogan hanno accompagnato un corteo variopinto che è partito da piazza Croci e a cui hanno partecipato anche molti uomini e famiglie con bambini. Su un palco si stanno esibendo artisti locali e lo spettacolo durerà fino al primo pomeriggio. “Senza rendercene conto – dicono alcune delle partecipanti -abbiamo superato la soglia della decenza. Il modello di relazione tra donne e uomini, ostentato da una delle massime cariche dello Stato, incide profondamente negli stili di vita e nella cultura nazionale, legittimando comportamenti lesivi della dignità delle donne e delle istituzioni”.

TRIESTE – Donne di tutte le età, ma anche molti uomini con tamburi, cartelli, fischietti e coperchi di pentole. Da piazza dell’Unità d’Italia, sotto la Prefettura, punto d’incontro della manifestazione, è partito un corteo spontaneo di circa tremila persone che si è diretto verso la vicina piazza della Borsa. Ad aprire il corteo uno striscione a fondo rosso e scritta bianca del ‘Coordinamento donne Trieste”. Molti dei cartelli che svettano dalla piazza hanno delle scritte spiritose: “Donne sull’orlo di una crisi di disgustò”. Un manifestante ha invece issato un tricolore molto particolare: fatto con tre mutande, una bianca, una rossa e una verde “per un’Italia unita e per bene”. Ha preso parte all’evento anche la Provincia Maria Teresa Bassa Poropat

PESARO – Quasi un migliaio di persone stanno partecipando dalle 11 di questa mattina alla mobilitazione organizzata dal comitato ‘Se non ora quando?’, nella centralissima Piazza del Popolo. Piu’ che una giornata di polemiche, e’ una grande festa e non solo al femminile: molte donne non impegnate politicamente e una larga rappresentanza maschile; clima tranquillo e tanti palloncini rosa. Diversi i cartelli, a significare la posizione delle donne pesaresi: “siamo stufe di mantenere una classe dirigente venduta e comprata”, “vogliamo dignita’”, “non sono una sua dipendente”. Preso d’assalto anche il gazebo all’interno del quale si raccoglievano le firme di protesta

IMPERIA – “Belen e Canalis, dal palcoscenico dell’Ariston lanciate un messaggio anche voi per sostenere diritti e dignità della donna”. Con queste parole Alixi Patri, portavoce del coordinamento donne della Cgil, si è rivolta alle due showgirl che partaciperanno al Festival di Sanremo che si aprirà martedì prossimo. All’iniziativa della città ligure hanno preso parte oltre 700 donne, ma anche uomini appartenenti alle più svariate associazioni, partiti e sindacati – tra cui Cgil, Arci Guernica, Pd, Sel e Rifondazione. “Il nostro obiettivo – ha commentato Patri – è difendere la dignità e i diritti delle donne che non sono solo quelle rappresentate sui giornali e i mass media. In un momento di crisi economica, inoltre, la donna si conferma soggetto più debole”.

CAGLIARI – A piazza Amendola, di fronte al porto turistico della città, si sono alternate donne comuni che hanno rivendicato il rispetto per il mondo femminile. Ad ascoltare gli interventi circa 4000 persone. Tantissimi anche gli uomini e i ragazzi. In un lato della piazza e’ stata legata una fune cui sono stati appesi messaggi, poesie, frasi di donne famose (Virginia Woolf, Simone de Beauvoir, Hannah Arendt, Marguerite Yourcenar) ma anche delle partecipanti. Al posto delle bandiere di partito, le donne cagliaritane hanno portato in piazza un mazzetto di mimose o degli adesivi con scritto ‘Io per la dignità delle donne’.

BRUXELLES – Anche la capitale d’Europa scende in piazza per riaffermare i diritti delle donne e per dimostrare l’indignazione verso il premier italiano travolto dal Caso Ruby. Nella centralissima Place de la Bourse mille persone hanno manifestato al grido di “Se non ora quando?”. Tanti i cartelli: “Noi non siamo in vendita”, “Bandire Berlusconi dal Consiglio europeo”. Ma anche “Silvio enjoy bunga bunga in jail”. E ancora tanti slogan scanditi in coro, da “Basta plastica” a “Basta mafia e prostituzione, più rispetto per la Costituzione”. Un’iniziativa riuscita ben oltre le più rosee previsioni, affermano soddisfatti gli organizzatori. In effetti davanti al palazzo della Borsa una folla di italiani così non si vedeva dalla vittoria ai mondiali di calcio del luglio 2006.

Palermo il 13 febbraio 2011, il giorno della riscossa delle donne contro Berlusconi.



Tutte le foto.

Le verità rovesciate del caso Ruby. di Luigi Ferrarella


Curiosamente, né la rassegna stampa del governo né quella della Camera hanno ritenuto che valesse la pena di mettere on line questo pezzo di Luigi Ferrarella sul Corriere di oggi, preferendogli il berlusconiano Ostellino.

E’ un peccato, perché la lucidità di Luigi è straordinaria. Ve ne consiglio la lettura e, se lo credete, la diffusione.

Luigi Ferrarella dal Corriere della Sera, 12 febbraio 2011

Non è facile, guardando alla salute delle istituzioni scosse dall’inchiesta Berlusconi-Ruby, capire se la minaccino di più le bugie, che almeno con la verità hanno un rapporto (seppure rovesciato), o le affermazioni del tutto indifferenti alla verità.

I 315 deputati che in una deliberazione ufficiale hanno attestato «evidente» il fatto che nel telefonare di notte alla Questura di Milano «il presidente del Consiglio abbia voluto tutelare il prestigio e le relazioni internazionali dell’Italia, giacché presso la medesima Questura era detenuta, a quanto poteva legittimamente risultargli, la nipote di un Capo di Stato estero» , hanno ridotto la credibilità istituzionale della Camera sotto i tacchi persino dell’autoconfezionata trasmissione tv nella quale Ruby stessa aveva riso della storiella di lei nipote di Mubarak.

Il ministro degli Esteri annuncia che il premier potrebbe ricorrere alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo contro l’asserita violazione della sua privacy, e subito trova il ministro della Giustizia, tra un consiglio di guerra e l’altro con il presidente del Consiglio e i suoi avvocati-parlamentari, a garantire che «il ministro degli Esteri parla sempre ponderando le parole, e quindi se lo ha detto c’è da crederci» : sicché un trascurabile dettaglio, e cioè la regola (derogata solo in caso di non praticabilità o non effettività dei mezzi di ricorso nazionali) per cui a Strasburgo un cittadino può rivolgersi solo quando abbia prima esaurito tutti i rimedi previsti dall’ordinamento del suo Paese, lascia l’incertezza tra la colposa incompetenza o la dolosa consapevolezza di due ministri di questa rilevanza.

Il ministro del Welfare, tra i tanti nei talk show, denuncia Berlusconi vittima di «117.000 intercettazioni», senza tema del ridicolo di un numero pari a quello di tutte le intercettazioni di tutte le inchieste di tutta Italia di tutto un anno al costo di circa 180 milioni di euro, a fronte invece di intercettazioni che in questa indagine hanno ascoltato a tratti un centinaio di utenze di una trentina di persone al costo di 26.000 euro.

Il ministro dell’Interno, che più volte aveva garantito la regolarità dell’affidamento di Ruby dalla polizia alla consigliere regionale pdl inviata dal premier, non si è più sentito da quando è emerso che Ruby in realtà finì proprio alla prostituta brasiliana sulla quale il pm minorile aveva posto il veto; così come non sembra aver nulla da dire sul fatto che il questore dia per scontato che il premier gli possa «raccontare una balla» , o che il prefetto ritenga la cosa più normale del mondo accogliere la raccomandazione di una delle vivaci ospiti notturne di Arcore da parte di un premier a conoscenza che mesi prima il convivente della ragazza fosse stato arrestato con 12 chili di cocaina.

L’escalation delle reazioni del capo del governo è direttamente proporzionale alla (per lui) inedita impotenza legislativa rispetto al rischio, appeso ormai solo alla imminente decisione del gip, di un processo per concussione e prostituzione minorile in aula già da aprile: le norme sul «processo breve» non lo neutralizzerebbero, acrobatici decreti anti-intercettazioni non ne azzererebbero le prove, la reintroduzione dell’immunità (come pure altre riforme in chiave punitiva delle toghe) richiedono troppo tempo, i precedenti della Cassazione fanno escludere che persino la presa sul serio della storiella della nipote di Mubarak possa rendere reato ministeriale la concussione: e non sospenderebbe il processo anche un conflitto di attribuzione davanti alla Consulta, sollevato in un mega conflitto di interessi da Palazzo Chigi contro il Tribunale su un processo proprio dell’imputato inquilino di Palazzo Chigi. Tutto inutile al premier. Ma tutto costosissimo per le istituzioni.

Senza saperlo, e seppure in tutt’altro modo, in fondo ha proprio ragione Berlusconi: andrebbero preservate «le vite degli altri» . Di tutti quegli altri italiani che, anche nel dopo-Berlusconi, avranno ancora bisogno di istituzioni credibili e salde, non delle macerie di quelle bombardate ogni giorno che passa.


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