venerdì 20 dicembre 2019

Secondo Matteo - Marco Travaglio

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Il Fatto Quotidiano – E siamo a sei in meno di un mese. Con quella annunciata urbi et orbi l’altroieri, le cause civili scagliate dallo stalker di Rignano sull’Arno contro il Fatto e/o il sottoscritto dal 26 novembre a oggi ammontano a sei. Forse ha saputo che, arrivato a quota 10, riceverà in premio una bambolina. O forse, dopo aver infranto i record precedentemente detenuti da B. & Salvini, vuol battere anche quello della presidentessa-avvocatessa-senatrice Maria Elisabetta Alberti Casellati Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare che, per portarsi in vantaggio, suole recapitare ai nostri cronisti appositi avvertimenti a domicilio, sostenendo che lo impone il Codice civile (naturalmente non è vero). Fino a un mese fa, ogni volta che un pm apriva un’indagine su un suo parente o amico, lui denunciava noi. Ora si è aggravato: ci fa causa non appena lo nominiamo o parliamo di lui in termini men che lusinghieri, abituato com’è alle fellatio dei giornaloni. Non potendoci esimere dall’occuparci di lui per via del suo ruolo pubblico, ma volendo evitare sovraccarichi di lavoro ai nostri avvocati, tenteremo l’impresa di parlarne senza urtare la sua augusta suscettibilità.

Il figlio di San Tiziano e Santa Laura nasce il 25 dicembre di pochissimi anni fa in una grotta di Rignano, sormontata da apposita cometa, fra il bue e l’asinello.
Dodici giorni dopo riceve la visita di tre magi, provenienti dall’Arabia Saudita, dal Qatar e dal Lussemburgo, che portano in dono Open, Eyu e Big Bang. Il santo bambinello cresce in sapienza, età e grazia, insegnando le grandi riforme ai sommi sacerdoti del tempio e moltiplicando i pani e i pesci alla Ruota della Fortuna. Poco prima dei 30 anni entra nella vita pubblica predicando il verbo della rottamazione e facendosi nominare dirigente di un’azienda paterna (poi inspiegabilmente fallita) pochi giorni prima di essere eletto presidente della provincia di Firenze, mantenendo ovviamente lo stesso stipendio e gli stessi contributi pensionistici che aveva appena iniziato a ricevere dal babbo. Altri pubblici amministratori, per un simile trucco, sono stati condannati per truffa: lui però è santo e non riceve neppure un avviso di garanzia. Assume nella sua segreteria i suoi primi quattro discepoli, fra cui Marco Carrai, purtroppo privi dei requisiti previsti dalla legge (tipo la laurea) e dunque pagati con stipendi non dovuti, creando un danno erariale che la Corte dei Conti stima in 2 milioni condannandolo a risarcire 14 mila euro. Ma in appello lo assolve perché è sì laureato in legge, ma è un “non addetto ai lavori”, dunque le illegittimità sono per lui “di difficile percezione”.

In pratica: non capisce. È il viatico per diventare sindaco di Firenze, poi segretario del Pd e infine – previo Patto del Nazareno – presidente del Consiglio: il più giovane premier della Repubblica. Ma anche l’uomo più avvenente, muscoloso, slanciato, atletico, arrapante e irresistibile mai visto a Palazzo Chigi, come s’incarica di far sapere, in una conferenza a Dublino, il sobrio evangelista Riotta: “Abbiamo un giovane primo ministro fotogenico, forte, intelligente, sexy, digitalmente esperto, con il suo meraviglioso governo”. Le sue scelte sono improntate alla più rigorosa meritocrazia, come dimostrano le nomine di Alfano all’Interno, Madia alla Pubblica amministrazione, Orlando alla Giustizia, Lorenzin alla Salute, Lotti sottosegretario alla Presidenza e Boschi alle Riforme istituzionali. “Maria Elena Boschi – scrive ancora il Riotta – subisce molte, molte malignità perché è bella e bionda, molto bella e molto bionda, ed è, allo stesso tempo, una giovane avvocato capace di mettere in soggezione e che sa molto bene il fatto suo: non vorrei mai essere dalla parte opposta alla sua”. Ecco perché, in barba ai maligni, è stata scelta: perché molto bella, molto bionda e molto avvocata.

Intanto i miracoli di San Matteo si susseguono senza posa. Con la sola forza del pensiero, sostituisce i 30 denari con gli 80 euro e il Parlamento con la Leopolda. Resuscita Berlusconi, Verdini, Briatore, Presta, Lele Mora e pure Craxi. Fa apparire nei cieli l’Air Force R., costato appena 26 volte più del suo prezzo. E fa scomparire Ignazio Marino, l’articolo 18 e altri diritti dei lavoratori, un buon numero di reati fiscali, Banca Etruria, una dozzina di Rolex sauditi e un terzo della Costituzione. In sua vece, l’Arcangelo Gabriele appare in sogno a Luigi Marroni, capo di Consip, e a San Tiziano, per avvertirli che sono intercettati dal Satana togato; e a Carlo De Benedetti, per informarlo che sta per passare il decreto sulle Banche popolari, facendogli guadagnare 600 mila euro sull’unghia. Così anche Repubblica ed Espresso si aggiungono all’esercito degli evangelisti. Poi, purtroppo, dopo l’ultima cena all’Harry’s Bar con gli open-apostoli, sale sul calvario: il popolo, sobillato da scribi, sommi sacerdoti, costituzionalisti, professoroni, soloni, gufi e troll russi a colpi di fake news, boccia la sua meravigliosa riforma costituzionale, condannando l’Italia all’inferno e l’avvenente Matteo alla crocefissione. Lui, coerente come non mai, avendo annunciato il ritiro dalla politica in caso di sconfitta, resta in politica. Ha già pronti gli ultimi cinque mirabolanti miracoli. L’estinzione del Pd, passato in quattro anni dal 40,8 al 18,7%. Il trionfo dei 5Stelle e della Lega. La villa da 1,3 milioni comprata col prestito di 700 mila euro della madre di un imprenditore da lui nominato a Cdp. Il milione l’anno incassato predicando in giro per il mondo le stesse cazzate che prima diceva gratis. E la Resurrezione non dopo tre giorni, ma dopo tre anni, col nuovo partito Italia Viva, lanciatissimo verso il 4% ma purtroppo bloccato al 3 dal Barabba togato. Ora manca l’ultimo: la fuga non in Egitto, ma ad Hammamet.


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Amenità.






Cosenza, truffa su falso olio biologico: arrestati ex consigliere regionale e suo figlio.

Cosenza, truffa su falso olio biologico: arrestati ex consigliere regionale e suo figlio

Tramite false attestazioni e nascondendo le fatture di acquisto dei prodotti chimici non ammessi ingannavano l'organismo certificatore del ministero delle Politiche agricole: il prodotto contraffatto fruttava più di 150mila euro. I proventi utilizzati per acquistare immobili all'asta fallimentare e finanziare un centro di accoglienza per migranti.
Spacciavano per biologico l’olio ottenuto con prodotti chimici, e utilizzavano i proventi della frode per acquistare immobili all’asta fallimentare e finanziare così un centro di accoglienza per migranti. Un ex consigliere regionale della Calabria è stato arrestato insieme al figlio dalla Guardia di Finanza di Cosenza nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura di Paola. I due sono indagati per i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode nell’esercizio del commercio, trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio, calunnia e tentata estorsione.
Il padre è stato sindaco del comune di Amantea, in provincia di Cosenza, dove vive con il figlio. Le indagini, svolte dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Paola e della Tenenza di Amantea, hanno accertato che i due hanno commercializzato nella loro azienda agricola 41.860 chili di olio dichiarato proveniente da agricoltura biologica, e invece ottenuto con l’impiego di fertilizzanti e pesticidi vietati in questo tipo di produzione. Tramite false attestazioni (e nascondendo le fatture di acquisto dei prodotti chimici non ammessi) ingannavano l’organismo certificatore del ministero delle Politiche agricole e forestali, così da ottenere il rilascio dell’attestato di “operatore agrobiologico”: in questo modo potevano immettere sul mercato il falso olio biologico che gli fruttava più di 150mila euro. In più, ricevevano gli specifici contributi dall’Unione Europea e dalla Regione Calabria per un totale di circa 114mila euro.
I guadagni, ottenuti con una serie di operazioni finanziarie abilmente concepite per nasconderne la provenienza, sono stati poi reimpiegati per l’acquisto di un complesso immobiliare nel comune di Serra d’Aiello, in provincia di Cosenza, attraverso un’asta fallimentare. Le indagini hanno permesso di accertare che sia la proprietà dell’azienda agricola sia quella degli immobili erano riconducibili all’ex consigliere regionale, già in passato colpito da una misura di prevenzione patrimoniale. Nello specifico, è stato sottoposto a sequestro la metà di un complesso immobiliare a Serra d’Aiello, oltre a denaro e altri beni appartenenti agli indagati. Nei confronti dei due imprenditori il gip del Tribunale di Paola ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e di un decreto di sequestro preventivo.

Casa Renzi, i soldi di Lucio Presta per il prestito di Maestrelli.

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L’Espresso torna oggi sulla vicenda della villa di Renzi per raccontare le quindici fatture per un totale di mezzo milione di euro che l’agente delle star Lucio Presta ha pagato all’ex presidente del Consiglio e attuale leader di Italia Viva. Un compenso fuori dal mercato che è servito per restituire il prestito di Riccardo Maestrelli ottenuto attraverso la “conoscente” Anna Picchioni, madre dell’imprenditore:

Secondo il settimanale, che ha incrociato le carte del catasto con nuovi documenti dell’antiriciclaggio di Bankitalia, Renzi è riuscito a restituire il prestito il 6 novembre 2018 grazie alle fatture della società Arcobaleno Tre e non, come aveva sostenuto, con i soldi provenienti dalla vendita della sua vecchia villa (ceduta nel maggio del 2019) o con i compensi delle conferenze tenute all’estero.

Sempre secondo il settimanale, la media company — Discovery Italia — che ha comprato la messa in onda del documentario ha dato alla società di Presta e di suo figlio Niccolò poco meno di 20 mila euro per i diritti del programma, una cifra quasi 25 volte inferiore al cachet del senatore. «Renzi è stato pagato con la ritenuta d’acconto — ha spiegato all’Espresso l’agente delle star — Non possiamo rivelare la cifra avuta da Discovery. Anche se non ho ancora venduto i diritti ad altre emittenti farò un Dvd e un libro. Ho i diritti per tutta la vita, Firenze non ha una data di scadenza».


https://www.nextquotidiano.it/casa-renzi-i-soldi-di-lucio-presta-per-il-prestito-di-maestrelli/

Ex Ilva, accordo commissari-azienda. ArcelorMittal, sì al contratto e rilancio.


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Ex Ilva, c'è l'accordo di massima tra commissari e azienda. Arcelor Mittal dice sì alla ristrutturazione del contratto e al rilancio del sito produttivo di Taranto. I commissari straordinari dell'ex Ilva e Arcelor Mittal, infatti, hanno raggiunto l'intesa di base per la trattativa della ristrutturazione del contratto originario di affitto e vendita degli stabilimenti e per l'operazione finanziaria di rilancio del polo siderurgico con base a Taranto.
Arcelor Mittal: «In udienza chiediamo rinvio congiunto». «Oggi chiederemo un rinvio congiunto». Cosi Ferdinando Emanuele legale di Arcelor Mittal anticipa quale sarà la discussione al centro dell'udienza davanti al giudice civile di Milano Claudio Marangoni per discutere del ricorso d'urgenza presentato dai commissari straordinari dell'Ilva. Una richiesta che arriva dopo l'annuncio di avere trovato un «accordo di base» tra le parti.
Negoziazione per l'accordo fino al 31 gennaio. « Mi risulta che si stia firmando in questo momento un documento che si chiama heads of agreement che si limita a indicare le basi per una futura negoziazione che si svolgerà fino al 31 gennaio al fini dei raggiungere un accordo vincolante». Lo ha detto uno degli avvocati di Arcelor Mittal in tribunale a Milano.
https://www.ilmessaggero.it/economia/news/ilva_accordo_commissari_arcelor_mittal_contratto_rilancio_oggi_ultime_notizie-4938511.html

Ex Ilva, il piano del Governo ha un costo di 3 miliardi. - Carmine Fotina e Giorgio Pogliotti

Ex Ilva, accordo commissari-azienda. ArcelorMittal, sì al contratto e rilancio

Ore decisive per sbloccare il negoziato, in campo Conte il patron di Mittal. l 30 dicembre l’udienza del Riesame sull’altoforno 2. Slitta a gennaio il Dl Taranto.

Con il negoziato sull’ex Ilva in stallo, la soluzione per far ripartire il confronto è nelle mani del premier Giuseppe Conte e del patron della multinazionale franco-indiana Lakshmi Mittal. Se i contatti avranno esito positivo, il governo è disposto a mettere sul piatto nel complesso 3 miliardi di euro, tra vecchie e nuove risorse. Di questi, circa 1 miliardo sarebbero necessari per l’ingresso nell’equity di AmInvestco Italy, con una partecipazione che, stando alle novità delle ultimissime ore, oscillerebbe tra il 30 e il 49%.

Una Newco per il progetto del preridotto.
Inoltre 900 milioni-1 miliardo servirebbero a costituire una Newco mista per produrre il minerale di ferro preridotto con il gas necessario per alimentare i due forni elettrici che dal 2023, secondo il piano del governo, dovrebbero affiancare gli altiforni 4 e 5 consentendo una parziale decarbonizzazione con produzione annuale a 8 milioni di tonnellate.
Trattandosi di una Newco aperta alla partecipazione di produttori di acciaio (si parla ancora di Arvedi), che potrebbe contare anche su finanziamenti europei per il green new deal, non sarebbero tutti soldi a carico del bilancio pubblico.

Altri 300 milioni per Taranto.
A tutto ciò si aggiunge l’impegno per il “Cantiere Taranto” contenuto nel Dl, valutabile nell’ordine di 300 milioni nel primo triennio. L’esame del decreto da parte del consiglio dei ministri, previsto per venerdì 20, è slittato a inizio gennaio per problemi di copertura. Senza dimenticare la quota ancora da spendere del vecchio contrato istituzionale di sviluppo per Taranto: circa 700 milioni su 1 miliardo.
La squadra dei negoziatori di governo guidata da Francesco Caio e Marco Leonardi ritiene che a questo punto tutte le carte siano state scoperte.
Si tratta di capire se ArcelorMittal punti ad una soluzione esclusivamente giudiziaria dalla durata non prevedibile, o voglia mantenere aperto il dialogo anche in presenza delle inchieste delle due Procure.

Fronte giudiziario: verso un rinvio a gennaio.
L’udienza di venerdì a Milano, per il ricorso presentato dall’amministrazione straordinaria contro il recesso contrattuale da parte della multinazionale, intanto, i legali dei commissari chiederanno una proroga, in modo da avere più tempo per trattare e studiare la memoria presentata dal gruppo franco-indiano.
Di fronte a una richiesta di rinvio da parte del ricorrente, è probabile che il giudice concederà altro tempo, fino a gennaio. Quando lo scenario sarà più chiaro, visto che è stata fissata per il 30 dicembre l’udienza del Riesame sul ricorso dell’Ilva in amministrazione straordinaria contro la chiusura dell’altoforno 2 disposta dal Tribunale di Taranto.
Anche se le operazioni preliminari di spegnimento sono iniziate, l’impianto manterrà un livello minimo produttivo di 4.800 tonnellate al giorno fino all’ultima fase dello spegnimento.

Sgravi per chi assume lavoratori ex Ilva.
Quanto al decreto “Cantiere Taranto”, introduce un fondo da 50 milioni per «la riqualificazione, la mobilità e il reinserimento occupazionale» dei lavoratori ex Ilva: sono previsti sgravi triennali del 100% (nel limite massimo di 8.060 euro su base annua) ai datori di lavoro che li assumeranno da gennaio 2020 con contratto a tempo indeterminato.
La misura, nelle stime della relazione tecnica, riguarderebbe 2.754 lavoratori percettori di Naspi che nel biennio 2020-2021 riceveranno l’assegno di ricollocazione. È in arrivo poi un supercommissario per la bonifica del nuovo “sito di interesse nazionale Taranto e Statte”; l’obiettivo è quello di razionalizzare le attività di risanamento ambientale che oggi vedono la compresenza di ben 5 soggetti, senza alcun strumento di coordinamento: ministero dell’Ambiente, autorità portuale, Regione Puglia, commissari Ilva e commissario del vecchio sito di interesse nazionale.

https://www.ilsole24ore.com/art/ex-ilva-piano-governo-ha-costo-3-miliardi-ACwdz96

Prescrizione, niente rinvii: riforma in vigore da gennaio. Bonafede: “Al lavoro per ridurre i tempi dei processi”. Intesa su intercettazioni.

Prescrizione, niente rinvii: riforma in vigore da gennaio. Bonafede: “Al lavoro per ridurre i tempi dei processi”. Intesa su intercettazioni

Il Pd continua a chiedere correttivi, ma accetta che si discutano in corsa e cita il pg della Cassazione Salvi che ha detto: "E' buon punto di partenza". Italia Viva isolata. Sulle intercettazioni mini-proroga e poi modifiche da marzo: stop al potere di selezione delle trascrizioni alla polizia giudiziaria.

La riforma della prescrizione entrerà in vigore a gennaio senza rinvii e, solo dopo, la maggioranza discuterà su come ridurre i tempi dei processi. Il vertice di maggioranza a Palazzo Chigi sulla giustizia si è chiuso con un mezzo accordo sulla riforma Bonafede: il Pd chiede correttivi, ma saranno fatti in corsa senza che il provvedimento venga bloccato a fine anno. Unici a protestare rimangono i parlamentari di Italia Viva che insistono sul rinvio. Per il Guardasigilli è comunque un buon risultato: “Sono orgoglioso: tutti sanno quanto ci abbiamo creduto. Detto questo e consapevole delle divergenze che ci sono nella maggioranza, ho dato disponibilità a rivederci per accelerare i tempi del processo perché è questo che vogliono tutti i cittadini, tutti gli addetti ai lavori. Il 7 gennaio verranno prese in considerazione tutte le proposte senza nessuna preclusione”. Nel vertice si è anche raggiunto un accordo sulla riforma delle intercettazioni, scritta dall’ex ministro Andrea Orlando e che ora verrà parzialmente corretta e sarà rinviata al primo marzo. “Si farà una breve proroga e nel frattempo, sulle intese raggiunte, si faranno degli aggiustamenti concordati e ritenuti urgenti su quelle che sono le norme della delega Orlando”, ha spiegato il senatore Pietro Grasso lasciando il vertice a Chigi.
Un altro segnale sulla mezza intesa sulla prescrizione è arrivato dalla Camera: l’ufficio di presidenza della commissione Giustizia ha stabilito l’8 gennaio come termine per la presentazione degli emendamenti alla proposta di legge Costa volta a cancellare lo stop alla prescrizione dopo il primo grado. “Peccato che la riforma entrerà in vigore sette giorni prima, il primo gennaio 2020: a quel punto ci diranno che ormai i buoi sono scappati e non sarà più possibile rimediare”, ha commentato il firmatario della proposta, il responsabile azzurro per la giustizia Enrico Costa che definisce uno “scambio di doni natalizi” il via libera alla riforma Orlando e l’ok alla partenza della riforma della prescrizione senza correttivi. Che la proposta Costa fosse affossata lo si era già capito in Aula quando è stata respinta la richiesta di discussione urgente.
La maggioranza, dopo le tensioni dei mesi scorsi sul tema, ha dimostrato di essere al lavoro per trovare un accordo. Anche il Pd infatti, ha sottoscritto la decisione della presidente 5 stelle della commissione Giustizia sulla data per il termine per gli emendamenti. E non è un caso che il capogruppo dem Alfredo Bazoli, proprio oggi, abbia rilanciato il contenuto dell’audizione in Commissione del procuratore generale presso la Corte di Cassazione, Giovanni Salvi, che ha approvato il blocco della prescrizione dopo il primo grado di giudizio, avvertendo tuttavia che dovrebbe valere solo per le sentenze di condanna e non di assoluzione. E anche che occorrerebbe un meccanismo di durata massima del processo di appello, per evitare processi infiniti. “C’è chiedersi”, ha detto ancora Bazoli, “per quale ragione il ministro della Giustizia continui a mettersi di traverso rispetto a una soluzione tecnicamente corretta e che spianerebbe la strada a un rasserenamento del clima politico”.
Il vertice di oggi con il premier Giuseppe Conte e con il ministro Bonafede ha inoltre portato a uno slittamento del Consiglio dei ministri da venerdì a sabato mattina per l’esame del Milleproroghe in cui, stando agli annunci del governo, finiranno anche le intercettazioni. La proroga dell’ex riforma Orlando, tuttavia, non sarà più di sei mesi, come inizialmente previsto, ma “molto breve: giusto il tempo di apportare le modifiche concordate” ha spiegato l’ex presidente del Senato Grasso al termine del vertice. Tra le norme da riscrivere ci sono quelle relative alle intercettazioni tramite “trojan”, il dispositivo in grado di trasformare il telefono dell’intercettato in una sorta di microspia, che si vogliono equiparate alle intercettazioni telefoniche e quindi far autorizzare solo per ipotesi di reato che prevedono una pena superiore ai 5 anni. Altre modifiche riguarderanno il controllo del pm sulla selezione delle comunicazioni da trascrivere, ora affidata in via quasi esclusiva alla sola polizia giudiziaria. Ma il testo dovrà prevedere anche modalità più agevoli per l’accesso del difensore al materiale intercettato, una modifica chiesta pure dell’Unione delle camere penali.
Politicamente, Bonafede evita accuratamente di intestarsi successi a scapito degli alleati. Così si limita a dire che nel vertice “c’è stato davvero un bel lavoro, di cui sono molto soddisfatto” perché “è stato trovato un approccio pragmatico, non ideologico e con questo siamo arrivati a una soluzione che dal punto di vista mio e della maggioranza, si bilanciano perfettamente tutti gli interessi in gioco”.