lunedì 2 maggio 2011

Solare, arriva il super pannello. - di Valentina Murelli



Una superficie fotovoltaica di un metro quadro, sottilissima. Che, da sola, basta per tutti i consumi elettrici di una famiglia. Non è un'utopia ma un progetto a cui si sta lavorando in tempi stretti. Ecco come funzionerà.

Sole, acqua, silicio e un paio di metalli (nickel e cobalto). Per Daniel Nocera, chimico del Massachusetts Institute of Technology (Mit), la soluzione al problema energetico mondiale sta tutta qui. In una manciata di ingredienti che, combinati nel modo giusto, copiano quello che le foglie delle piante fanno da centinaia di milioni di anni: trasformare l'energia solare in combustibile. Nocera ha presentato il suo modello di "foglia artificiale" poche settimane fa al congresso annuale dell'American Chemical Society: un dispositivo delle dimensioni di una carta da gioco che, sfruttando l'energia solare, divide l'acqua in ossigeno e idrogeno. Secondo Nocera, un metro quadrato di un pannello solare di questo tipo basta per rifornire una casa in un Paese in via di sviluppo di elettricità sufficiente ai consumi di un giorno e una notte. E lui ci crede al punto che ha già fondato una company, la Sun Catalytix, per sviluppare e vendere le sue foglie.

Copiare la foglia, dunque, o meglio la fotosintesi, il processo biochimico che permette alla pianta di ottenere il suo combustibile, il glucosio, soltanto con acqua, anidride carbonica e luce solare. Non è una prospettiva da poco. Lo scrittore Ian McEwan l'ha messa al centro del suo ultimo bestseller, "Solar", che si dipana proprio attorno allo squallido furto di un progetto di fotosintesi artificiale. Il lavoro di Nocera, però, ci dice che siamo già ben oltre la letteratura e la fantascienza. Gli investimenti nel settore, sempre più consistenti, confermano.

Anche in Italia. Il Politecnico di Torino ha inaugurato nella sua sede di Alessandria il Biosolar Lab, laboratorio dedicato alla ricerca sulla foglia artificiale, con la direzione scientifica di uno dei pionieri del settore, il biochimico James Barber dell'Imperial College di Londra. Sul versante privato, l'Eni ha appena stanziato 106,5 milioni di euro nella ricerca sul solare, fotosintesi artificiale compresa, promuovendo anche una collaborazione con il Mit di Boston. Petra Scudo, fisica del Centro ricerche sulle energie non convenzionali dell'Istituto Eni Donegani di Novara, riassume così la questione: "In natura, la fotosintesi si divide grosso modo in tre fasi. Primo: la foglia assorbe energia solare e la trasferisce a uno speciale complesso di molecole. Secondo: questo complesso rompe l'acqua in ossigeno e idrogeno. Terzo: l'idrogeno si combina con anidride carbonica formando glucosio. Stiamo tentando di riprodurre con sistemi artificiali in particolare le prime due".

La prima fase, quella per cui la foglia assorbe energia solare e la trasferisce a uno speciale complesso di molecole, è la più nota: le celle solari fotovoltaiche classiche non sono altro che dispositivi per assorbire la luce del Sole e convertirla in energia elettrica. Tipicamente sono fatte di silicio, materiale abbastanza efficiente ma costoso. Ora si tratta di sviluppare nuovi materiali, altrettanto (o più) efficienti, ma soprattutto più economici. "A Novara abbiamo un progetto su celle organiche, in cui il silicio è sostituito da materiali plastici colorati, molto meno costosi", racconta la ricercatrice: "Queste celle hanno due grossi punti a favore: assorbono molto bene l'energia solare e sono facili da lavorare: pensiamo che in futuro si potranno letteralmente stampare a fogli, come oggi si stampa un giornale".

Per ottimizzare ancora di più i processi di fotosintesi artificiale, Eni e Mit hanno avviato un progetto di ricerca che chiama in causa la fisica quantistica, quella fisica ostica e controintuitiva che descrive il comportamento di atomi e particelle subatomiche. Alcuni anni fa, infatti, si è scoperto che l'assorbimento e il trasferimento di energia solare nelle foglie non avvengono secondo le leggi della fisica classica, ma appunto secondo fenomeni quantistici. La faccenda è complicata, ma ci basti sapere, spiegano i ricercatori, che i processi quantistici aumentano l'efficienza del sistema. E quindi, capire meglio come funziona la natura può permettere di sviluppare dispositivi artificiali più efficienti.



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