Ancora oggi la ricerca archeologica ed antropologica si interroga su alcune ciclopiche costruzioni realizzate con tecnologie primitive da uomini di antiche civiltà. Ma non solo le piramidi o Stonehenge o le mura megalitiche precolombiane hanno da sempre catturato l’attenzione dei ricercatori.
Esiste una città santa, semisommersa, sul margine sud orientale di un isola della Micronesia Occidentale (Temwen al largo di Pohnpei - arcipelago delle Caroline) che presenta tutte le caratteristiche per alimentare l’affascinante mistero. Possenti piattaforme poggiate direttamente sulla barriera corallina creano la base per un insieme architettonico gravante su decine di isolotti collegati da canali. Il materiale da costruzione è costituito da basalto colonnare dalla tipica forma esagonale od ottagonale dovuta ai processi di raffreddamento di lontane eruzioni vulcaniche, in grande disponibilità nell’isola maggiore.
Strati sovrapposti di questo ideale materiale edificano mura ed ogni altra costruzione, per un totale di migliaia di tonnellate di pietra movimentate, i cui singoli blocchi arrivano a pesare molte decine di tonnellate. Questa misteriosa realtà, come altre similari, ha solo trovato ipotesi di spiegazione e ancora oggi si alimenta del mito legato ai suoi fondatori, i fratelli Olisihpa e Olosohpa capaci di far levitare le pietre con l’aiuto di un essere sovrannaturale.
Le costruzioni megalitiche di Nan Madol.
Da uno dei fratelli ebbe origine la dinastia di regnanti chiamata Saudeleur che rimase attiva sino al XVI secolo periodo dal quale iniziò la decadenza del luogo. Con questa dinastia si definisce un tipico esempio, originale nell’area pacifica, di società fortemente stratificata con un potere accentrato gerarchicamente, testimoniato dalla difformità di ampiezza dei palazzi e delle abitazioni.
Al sovrano erano destinati i frutti del mare e della terra raccolti altrove e donati da una popolazione devota e sottomessa. La mappa della città comprende, oltre alle mura megalitiche, strade, templi, altari, palazzi destinati ai sacerdoti e alla nobiltà, magazzini e cripte funerarie, su una superficie di circa 20 kilometri quadrati.
Ma la sua estensione sembra ampliarsi in profondità marine difficilmente raggiungibili come testimoniato da ricercatori subacquei. Interessante l’uso dei molteplici canali artificiali che oltre a facilitare la circolazione dovevano consentire l’ingresso nella città dell’ anguilla sacra (Nan Samwhol) tramite tra gli uomini e gli dei, cui erano periodicamente destinati i sacrifici di grosse testuggini marine.
Questo unicum architettonico ha riproposto nella fantasia di ricercatori non ortodossi il mito di civiltà scomparse sul tipo di Atlantide, Lemuria o Mu di cui forse non si verrà ma a capo. Il sito, patrimonio dell’umanità Unesco dal 2016, è stato oggetto di ricerche archeologiche che hanno consentito di rintracciare presenze umane sin dal 200 a.C. e risulta ormai disabitato da parecchi secoli stante anche la non auspicabile fama di città maledetta.
Nautica Report
Nan Madol sono delle rovine di una città, situate lungo la costa orientale dell'isola di Pohnpei (una delle quattro suddivisioni amministrative degli Stati Federati di Micronesia).
RispondiEliminaL'area archeologica è composta da circa 100 piccoli isolotti artificiali collegati fra loro da una rete di canali artificiali e ha un'estensione di circa 18 km². La più grande struttura ancora in piedi è il Nan Douwas, le cui mura perimetrali si innalzano per 8 m e gli edifici interni contengono cripte funerarie. Tutte le costruzioni sono composte di enormi blocchi di basalto proveniente da Sokehs (situato nella parte opposta di Pohnpei, unico luogo sull'isola in cui si trovino cave di basalto). (wikipedia)