venerdì 1 aprile 2022

Cos'è il battaglione Azov e perché Putin parla di denazificazione dell’Ucraina. - Biagio Simonetta

 

La notte del 21 novembre 2013, il destino dell'Ucraina cambia per sempre. A Kiev esplode la protesta filo-europeista più grande della storia. Una protesta che andrà avanti per qualche mese, portando in piazza centinaia di migliaia di persone. E che costringerà il presidente filorusso, Viktor Janukovic, ad abbandonare il Paese.

È in quelle settimane di inferno che a Urzuf, una cittadina a una quarantina di chilometri da Mariupol, nasce il battaglione Azov. Il nome deriva dal mare che bagna quella costa, il mar d'Azov appunto. Siamo nell'Oblast’ di Donec’k, territorio conteso e maledetto, dove ormai da anni la Russia dà sostegno ai separatisti. E dove il battaglione Azov, che dell'invasore russo è nemico, si è fatto conoscere per le sue atrocità e le sue posizioni discutibili. Come la strage di Odessa, con un raid all'interno della Casa del Sindacato nel quale vennero barbaramente uccisi almeno 48 manifestanti filo-russi.

Il casus belli di Putin.

È il battaglione Azov la ragione per la quale Putin parla di denazificazione dell'Ucraina. Sono gli uomini di Andriy Biletsky - leader della destra ultranazionalista ucraina, con una storia legata ai gruppi estremisti che sfoggiano simboli nazisti – ad essere considerati, almeno ufficialmente, il casus belli dell'invasione russa in Ucraina. Un gruppo nato nei mesi caldi della Maidan Revolution del 2014, che successivamente ha trovato una specie di nulla osta da parte del governo di Kiev. Perché mentre Janukovic scappa dal Paese, i governi successivi non prenderanno mai le distanze da questo gruppo militare, che anzi sarà inquadrato nelle forze armate nazionali. Una scelta discutibile, che ha spianato la strada a Putin. La propaganda del Cremlino, in questi anni, ha sfruttato ampiamente le posizioni politiche di questo gruppo militare per calcare la mano sul giudizio di un'Ucraina nazista, da liberare. Ed è per questo che l'offensiva russa è fortemente concentrata su Mariupol, città nido degli uomini di Biletsky.

Chi sono quelli del battaglione Azov.

Il battaglione Azov è fatto più che altro da soldati volontari, provenienti da gruppi e movimenti politici legati all'estrema destra. Ucraini, ma non solo. Perché nelle sue fila conta volontari, nostalgici del nazifascismo, provenienti da diversi Paesi europei. Circa duemila uomini (numeri non ufficiali, ci sono rapporti che parlano addirittura di 17mila uomini ndr), famigerati per addestramenti molto duri ma anche perché accusati di aver commesso crimini di guerra.

Il gruppo, come detto, è nato durante la Rivoluzione ucraina del 2014, quando le truppe ufficiali di Kiev si scoprirono palesemente impreparate a intraprendere una guerra, e cittadini di ogni genere presero le armi e si recarono a est. A combattere.

Nel conflitto in Donbass, il battaglione Azov è stato accusato di aver massacrato, stuprato e assassinato civili, secondo l'Alto Commissariato per i diritti umani dell'ONU. Accuse sostenute anche dalla Human Rights Watch, organizzazione internazionale che si occupa di diritti umani.

Il battaglione, che negli anni si è nutrito delle frange più estreme dei gruppi ultras del calcio, non ha mai nascosto le sue radici, adottando il Wolfsangel nazista come simbolo.

I suprematisti bianchi.

Andriy Biletsky, è il leader del battaglione Azov, ma è noto anche come il leader bianco. Sui social media ha condotto una vera e propria campagna di reclutamento e propaganda. Ha inondato Internet di immagini delle sue truppe che marciano per le strade, di slogan e incitamenti.

È nato a Kharkiv, città a maggioranza russa. E lui stesso è di madrelingua russa. Biletsky ha sempre rifiutato di identificarsi come un neonazista preferendo invece definirsi un nazionalista ucraino, ma alcune delle sue dichiarazioni pubbliche parlano da sole. Nella sua intervista probabilmente più celebre ha parlato di «missione storica dell’Ucraina in questo secolo per guidare i popoli bianchi del mondo nella loro ultima crociata contro l'Untermensch guidata dagli ebrei». È noto anche il suo legame, e quello dell'intero battaglione, coi suprematisti bianchi americani, quelli resi celebri dall'attacco a Capitol Hill di gennaio 2021.

Gli oligarchi e la propaganda di Putin.

Il battaglione ha goduto del patrocinio del controverso ministro ucraino Arsen Avakov e di diversi oligarchi ucraini, alcuni dei quali di origine ebraica, che sembrano aver messo da parte i loro scrupoli sull’ideologia del gruppo per assicurarsi la sovranità ucraina nel sud-est del Paese. Tutte situazioni perfette per la propaganda di Putin. Negli ultimi anni, infatti, il battaglione Azov ha prodotto – soprattutto sui social network - contenuti ideali per la televisione di Stato russa, dando un volto reale alle affermazioni del Cremlino sull’ascesa dell’estrema destra in Ucraina.

Non c'è dubbio, allora, che questa frangia di estrema destra, e la presunta impunità di cui gode, abbia danneggiato in modo significativo la reputazione internazionale dell’Ucraina, lasciando il Paese vulnerabile dinanzi alle narrazioni ostili.

Gli uomini di Biletsky, tuttavia, in Ucraina sono una netta minoranza. Non rappresentano minimamente l'intero esercito, né le posizioni di un Paese sempre più europeista. Il presidente Zelensky, del resto, è di origini ebree, e sembra difficile poterlo accusare di essere un leader neonazista. È chiaro, insomma, che il Battaglione Azov sia più che altro un pretesto. L'errore ucraino è lampante: aver concesso a questo reggimento un nulla osta per lavorare al fianco dell'esercito ufficiale. Un errore che Putin non si è fatto sfuggire.

Nella foto: Membri del battaglione Azov pregano nei boschi fuori Kharkiv (Afp)

https://24plus.ilsole24ore.com/art/cos-e-battaglione-azov-e-perche-putin-parla-denazificazione-dell-ucraina-AEE5tfLB?s=hpl

Nessun commento:

Posta un commento