Si chiama “47D11”: individuato dagli scienziati di Utrecht e Rotterdam Gismondo del Sacco conferma: “Fra meno di un mese potremo usarlo”.
Nel pieno dell’emergenza italiana per la SarsCov2 con la Lombardia che ieri ha superato gli 11 mila contagi e con un picco nazionale atteso tra circa due settimane e simile a quello registrato nella regione cinese dello Hubei, una buona notizia arriva dai laboratori di ricerca olandesi.
Qui, è il dato di ieri, l’Università di Utrecht assieme all’Erasmus Mc di Rotterdam ha individuato il primo anticorpo monoclonale al mondo in grado di sconfiggere la malattia Covid-19. L’anticorpo 47D11 tra circa un mese sarà sperimentabile sui pazienti. Questo perché è già stato individuato come anticorpo “neutralizzante”, ovvero con una già accertata capacità di poter aggredire il virus.
“È un ottimo traguardo”, spiega la professoressa Maria Rita Gismondo che dirige il laboratorio di microbiologia all’ospedale Sacco di Milano. “Il metodo usato – prosegue – non è in realtà nuovo. Già nel 2003, all’epoca della Sars, Nature pubblicò un mio studio che andava in questa direzione. In Cina oggi diversi malati sono stati trattati con il siero di pazienti guariti”.
Merito della scoperta olandese, che in queste ore sta facendo il giro della comunità scientifica, è del professore di biologia cellulare Frank Grosveld e della sua équipe. Grosveld, intervistato sul magazine interno del centro di ricerca di Rotterdam, spiega: “Si tratta di un anticorpo che avevamo già isolato per l’attuale pandemia. L’anticorpo impedisce a SarsCov2 di infettare e può anche aiutare a rilevare il virus”. I ricercatori hanno inviato il loro studio di 24 pagine alla rivista scientifica Nature e sono in attesa della pubblicazione. Il documento è però già presente da ieri sulla piattaforma digitale BioRxiv.
“Un anticorpo monoclonale umano che blocca l’infezione SarsCov2”. Questo il titolo della ricerca. Si legge nel documento: “È il primo rapporto su un anticorpo monoclonale che neutralizza SarsCov2. L’anticorpo 47D11 lega un epitopo (parte del virus riconoscibile dal sistema immunitario) conservato sul recettore a punta”. In sostanza l’anticorpo “olandese” si getta sul virus in modo specifico attaccando gli spikes (spuntoni, ndr) che stanno attorno alla molecola virale. Gli spikes attaccandosi alle mucose sono i primi colpevoli del collasso dei polmoni che si sta verificando in centinaia di decessi in Italia.
La professoressa Gismondo, che ha potuto visionare lo studio, chiarisce il modo di agire di 47D11: “L’anticorpo blocca una importante parte patogena del virus, si tratta di una particella che si trova sugli spikes che a loro volta hanno recettori che si agganciano alle mucose dei polmoni, bloccarli significa fermare l’infezione”. In alternativa al vaccino “questo anticorpo” potrà essere una buona terapia.
Il metodo è quello della cosiddetta “immunità passiva”. “In questo modo – si legge nello studio – l’anticorpo è in grado di neutralizzare in maniera incrociata SarsCov2” e lo fa “usando un meccanismo indipendente dall’inibizione del legame con i recettori” per questo “l’anticorpo potrà essere utile”, oltre che per guarire i pazienti anche “per lo sviluppo di test di rilevazione dell’antigene”. Nelle conclusioni del testo si legge: “Gli anticorpi neutralizzanti alterano il decorso dell’infezione”, arrivando a cancellare il virus.
Spiega Gismondo: “È un passo importantissimo verso la cura”. Uno stesso indirizzo di metodo lo si sta seguendo proprio al Sacco sui pazienti che hanno avuto strane polmoniti tra dicembre e gennaio. L’obiettivo è il medesimo, anche se ancora bisogna individuare gli anticorpi, e una volta trovati bisogna capire se sono in grado di colpire SarsCov2. In questo senso l’Olanda è molto avanti. “Tanto più – conclude Gismondo – che l’anticorpo monoclonale può essere messo in coltura per creare una generazione uguale aumentandone così la quantità da poter usare sui pazienti. Se l’Olanda è già a questo punto credo che in meno di un mese si potrà usarlo sui primi malati”.
Qui, è il dato di ieri, l’Università di Utrecht assieme all’Erasmus Mc di Rotterdam ha individuato il primo anticorpo monoclonale al mondo in grado di sconfiggere la malattia Covid-19. L’anticorpo 47D11 tra circa un mese sarà sperimentabile sui pazienti. Questo perché è già stato individuato come anticorpo “neutralizzante”, ovvero con una già accertata capacità di poter aggredire il virus.
“È un ottimo traguardo”, spiega la professoressa Maria Rita Gismondo che dirige il laboratorio di microbiologia all’ospedale Sacco di Milano. “Il metodo usato – prosegue – non è in realtà nuovo. Già nel 2003, all’epoca della Sars, Nature pubblicò un mio studio che andava in questa direzione. In Cina oggi diversi malati sono stati trattati con il siero di pazienti guariti”.
Merito della scoperta olandese, che in queste ore sta facendo il giro della comunità scientifica, è del professore di biologia cellulare Frank Grosveld e della sua équipe. Grosveld, intervistato sul magazine interno del centro di ricerca di Rotterdam, spiega: “Si tratta di un anticorpo che avevamo già isolato per l’attuale pandemia. L’anticorpo impedisce a SarsCov2 di infettare e può anche aiutare a rilevare il virus”. I ricercatori hanno inviato il loro studio di 24 pagine alla rivista scientifica Nature e sono in attesa della pubblicazione. Il documento è però già presente da ieri sulla piattaforma digitale BioRxiv.
“Un anticorpo monoclonale umano che blocca l’infezione SarsCov2”. Questo il titolo della ricerca. Si legge nel documento: “È il primo rapporto su un anticorpo monoclonale che neutralizza SarsCov2. L’anticorpo 47D11 lega un epitopo (parte del virus riconoscibile dal sistema immunitario) conservato sul recettore a punta”. In sostanza l’anticorpo “olandese” si getta sul virus in modo specifico attaccando gli spikes (spuntoni, ndr) che stanno attorno alla molecola virale. Gli spikes attaccandosi alle mucose sono i primi colpevoli del collasso dei polmoni che si sta verificando in centinaia di decessi in Italia.
La professoressa Gismondo, che ha potuto visionare lo studio, chiarisce il modo di agire di 47D11: “L’anticorpo blocca una importante parte patogena del virus, si tratta di una particella che si trova sugli spikes che a loro volta hanno recettori che si agganciano alle mucose dei polmoni, bloccarli significa fermare l’infezione”. In alternativa al vaccino “questo anticorpo” potrà essere una buona terapia.
Il metodo è quello della cosiddetta “immunità passiva”. “In questo modo – si legge nello studio – l’anticorpo è in grado di neutralizzare in maniera incrociata SarsCov2” e lo fa “usando un meccanismo indipendente dall’inibizione del legame con i recettori” per questo “l’anticorpo potrà essere utile”, oltre che per guarire i pazienti anche “per lo sviluppo di test di rilevazione dell’antigene”. Nelle conclusioni del testo si legge: “Gli anticorpi neutralizzanti alterano il decorso dell’infezione”, arrivando a cancellare il virus.
Spiega Gismondo: “È un passo importantissimo verso la cura”. Uno stesso indirizzo di metodo lo si sta seguendo proprio al Sacco sui pazienti che hanno avuto strane polmoniti tra dicembre e gennaio. L’obiettivo è il medesimo, anche se ancora bisogna individuare gli anticorpi, e una volta trovati bisogna capire se sono in grado di colpire SarsCov2. In questo senso l’Olanda è molto avanti. “Tanto più – conclude Gismondo – che l’anticorpo monoclonale può essere messo in coltura per creare una generazione uguale aumentandone così la quantità da poter usare sui pazienti. Se l’Olanda è già a questo punto credo che in meno di un mese si potrà usarlo sui primi malati”.