L’ accordo, almeno per le cifre finali, pare a un passo. Mentre andiamo in stampa il Consiglio europeo è ancora in corso. Ecco quel che sappiamo in base alla bozza predisposta dal presidente, il belga Charles Michel
I soldi. Il Fondo di recupero, che si chiama Next generation Ue, partiva dai 750 miliardi, 500 di sussidi 250 di prestiti, proposti dalla Commissione. Soldi da incassare in quattro anni e restituire dal 2028. La bozza conferma la cifra finale, ma rivede la composizione: i prestiti salgono di 110 miliardi e le sovvenzioni scendono in egual misura. La modifica non ha impatto sul cuore del piano, che si chiama Resilience and Recovery Facility, che ora vale 672 miliardi: di questi 312 i sono sussidi (dai 310 iniziali), e 360 prestiti (100 in più). A farne le spese sono stati i programmi complementari e con destinazione specifica, dove i sussidi passano da 190 a 77 miliardi: il programma sanitario, per dire, viene quasi azzerato; quello sulla ricerca (Horizon) perde 8,5 miliardi, il Fondo per la transizione ecologica almeno 20 (il maggior beneficiario era la Polonia, che infatti protesta) e via discorrendo. Secondo il governo italiano, a Roma sarebbe andato ben poco di queste risorse e quindi il risultato rispetto alla proposta della commissione non cambia: le sovvenzioni scendono a 85 a 81 miliardi, i prestiti addirittura salgono da 90 a 127. La cifra finale, sostengono, dovrebbe essere 209 miliardi. Per la parte sussidi il beneficio netto per l’Italia è intorno ai 25 miliardi. Il grosso dei fondi, però, arriverà tardi, nel 2022-2023.
Il controllo. È l’altro grande nodo: l’Italia e il blocco del Sud voleva tutto in mano alla Commissione, i Paesi “frugali” (Olanda, Danimarca, Svezia, Austria e Finlandia) tutto agli Stati, cioè ai governi. Il compromesso è col bilancino: i soldi verranno stanziati sulla base dei “recovery plans” che ogni anno gli Stati presenteranno a Bruxelles, approvati dal Consiglio a “maggioranza qualificata” su proposta della Commissione; sarà Bruxelles a vigilare sui pagamenti, in base ai target raggiunti dai singoli Paesi, e su questo si farà aiutare dal comitato dei tecnici dei ministeri dell’Economia dei 27 stati membri. Il potere di veto chiesto dai “Frugali” viene annacquato: ogni Paese potrà deferire i trasgressori al Consiglio, che poi si esprimerà entro tre mesi. Nel frattempo tutti i pagamenti saranno bloccati. I target saranno legati alle “raccomandazioni” che ogni anno la Commissione dà ai Paesi. Per l’Italia quelli del 2020 prevedevano di tornare su “un sentiero di riduzione del debito/Pil”. Il rischio è che venga richiesta una stretta fiscale una volta ripristinato il Patto di stabilità.
I “rebates”. Il Recovery fund è agganciato al bilancio Ue 2021-2027 (che vale 1.070 miliardi). L’ok dei frugali arriverà solo in cambio del mantenimento degli “sconti” sui contributi da versare e concessi a Germania, Olanda e altri Paesi nordici. Berlino rimane a quota 3,6 miliardi, per gli altri le cifre salgono: +100 milioni per la Danimarca,; +345 per i Paesi Bassi di Mark Rutte; +278 per l’Austria di Sebastian Kurz; +246 per la Svezia.
Gli altri vincoli. Francia e blocco nordico vogliono vincolare i fondi al rispetto “dei valori civili e sociali dell’Ue”, scelta che inguaierebbe l’Ungheria di Victor Orbán e la Polonia, che infatti minacciano il veto (la bozza prevede un generico “schema di condizionalità”). Varsavia è anche infuriata perché restano i target ambientali (che vincolano il 30% dei fondi), come la “neutralità climatica” entro il 2050.