domenica 20 settembre 2009

Max e la bicamerale a ore




di Marco Travaglio
da Signornò - l'Espresso in edicola.


Appena deflagrò lo scandalo delle ragazze a tassametro chez Berlusconi, si cominciò a scommettere su quale leader del Pd si sarebbe precipitato questa volta in soccorso del Cavaliere. Pochi, in ossequio al principio dell'alternanza, puntavano sul solito D'Alema, che già aveva dato tanto alla causa berlusconiana (i 20 milioni in nero presi da un imprenditore malavitoso, la 'merchant bank' del caso Telecom, la Bicamerale, le bombe sulla Serbia, il pellegrinaggio a Mediaset "grande risorsa del Paese", il ribaltone anti-Prodi). Invece, con una prontezza inversamente proporzionale alla fantasia, l'ottimo Max s'è confermato una garanzia. Per il centrodestra. La cena elettorale a Bari pagata dal pappone ufficiale di Palazzo Grazioli, Giampi Tarantini, e il viaggetto sulla di lui barca non sono paragonabili a quanto emerge sul conto del premier. Ma consentono agli house organ azzurri di intonare il 'così fan tutti'. E dire che era stato proprio il Tafazzi baffuto, con l'aria di chi la sa lunga, ad anticipare in tv lo scandalo barese con la famosa 'scossa'annunciata all'Annunziata.


Una mossa machiavellica, visto quel che si è scoperto dopo: una sorta di Bicamerale a ore, un giro di squillo che nei giorni pari prestavano servizio a casa Berlusconi e, in quelli dispari, in un appartamentino affittato dal dalemiano Sandro Frisullo, allora vicepresidente della giunta Vendola. Dopo giorni passati a negare ("Mai conosciuto Tarantini") e a insinuare ("È un'inchiesta di cui non si capisce granché"), quando s'è capito fin troppo, D'Alema ha dovuto ammettere che qualcosa nella sua regione non ha funzionato. Ma battendo il mea culpa sul petto altrui: di Frisullo e degli altri 'amici' beccati a "frequentare gli stessi amici di Berlusconi". Poi, alla festa della Giovine Italia, se n'è uscito con un imbarazzante sexy-calcolo: Berlusconi 18 incontri con 30 ragazze, noi molto meno. Cioè: lui è peggio di noi. Elettori in delirio.
Ora, la prima qualità di un leader è quella di sapersi scegliere i collaboratori. D'Alema ne azzecca pochini. Il suo braccio destro è Nicola Latorre, quello che passava i pizzini al berlusconiano Bocchino in diretta tv, quello sorpreso nel 2005 dai giudici di Milano a trescare al telefono non solo con Giovanni Consorte, ma anche con Stefano Ricucci, quello che il 4 agosto proclamava sul 'Corriere' "in Puglia nessuna questione morale". Un'altra celebre scoperta del talent scout di Gallipoli è Claudio Velardi, già portavoce a Palazzo Chigi, poi lobbista dai multiformi clienti, infine assessore di Bassolino e 'curatore dell'immagine' di Alfredo Romeo, arrestato per tangenti a Napoli. E l'assessore pugliese alla Sanità Alberto Ted


mercoledì 16 settembre 2009

Il giallo della società siciliana dei fratelli Mori-Berlusconi

È vero - lo dice il procuratore Messsineo in risposta a Berlusconi - che Palermo non sta indagando sulle stragi di mafia del ‘92-‘93. Indaga piuttosto su chi prese parte alla trattativa fra Stato e Cosa nostra, il ruolo dell’ex sindaco Vito Ciancimino e del generale Mori. Sullo sfondo di questa indagine compaiono ora i nomi di Paolo Berlusconi e del fratello del generale Mori. Tutto nasce dall’inchiesta sui mandanti esterni delle stragi mafiose chiusa nel 2002 con l’archiviazione dell’attuale premier Silvio Berlusconi e di Marcello Dell’Utri.

Sul tavolo dei magistrati di Palermo è arrivato un file dimenticato: una relazione della Dia del 1999 che parla di legami tra impreditori mafiosi e una ditta con due soci di rilievo: Paolo Berlusconi e un certo Giorgio Mori. Per il primo non c’è bisogno di presentazione. Il secondo invece è il fratello del generale Mori: insieme a Paolo Berlusconi è stato socio di una ditta di costruzioni, la Co.Ge. Il generale Mario Mori (ex capo del Ros e poi del Sisde, oggi capo dell’ufficio sicurezza del Comune di Roma e membro del comitato per la legalità e la trasparenza degli appalti dell’Expo di Milano. Assolto per la mancata perquisizione del covo di Riina è tutt’ora sotto processo per la mancata cattura di Provenzano) ha smentito in un aula del tribunale di Palermo che quel Giorgio sia suo parente. L’ha fatto sulla base di un argomento in apparenza inoppugnabile: suo fratello si chiama Alberto e non Giorgio come invece compare nel rapporto DIA. Circostanza, questa, che oggi la Dia chiarisce: un errore materiale di chi compila il rapporto cambia il nome vero Alberto in Giorgio.

Il socio della Co.Ge di Paolo Berlusconi è proprio il fratello del generale. Non più un problema di nomi, dunque, ma un fatto sostanziale. Ma perché il generale sostiene che il socio di Paolo Berlusconi non è suo fratello? La risposta è in quel rapporto DIA. All’inizio degli anni ‘90, nello stesso periodo in cui Mario Mori presenta alla Procura di Palermo un lungo rapporto su mafia e appalti, la ditta del duo Paolo Berlusconi-Alberto Mori sbarca in Sicilia. Tutto a posto? Per niente. Perché la Co.Ge compare nel rapporto del luglio 1999 in termini molto poco lusinghieri. Gli investigatori individuano la mano di Cosa nostra in alcune società: sono la Tecnofin (che costituirà la Co.Ge) sotto il controllo di Filippo Salamone; la stessa Co.ge, la Tunnedil e la Cipedil del gruppo Rappa di Borgetto.

Per la DIA queste ditte, insieme ad altre, sono sospettate di far parte del «tavolino degli appalti» un patto - sottolinea la DIA - «che garantisce i legami con la grande imprenditoria per la realizzazione dei lavori, il controllo su di essi di Cosa nostra, il recupero delle somme da corrispondere all’organizzazione e ai politici che assicuravano gli appalti». Gli imprenditori con i quali la Co.Ge. di Paolo Berlusconi e Alberto Mori tratta sono Filippo Salamone e Giovanni Bini condannati in via definitiva nel maggio del 2008 per concorso in associazione mafiosa. Il rapporto evidenzia «la sussistenza di specifici elementi di correlazione tra alcune delle società di interesse di Berlusconi e Dell’Utri ed altre società facenti capo a soggetti con ruoli di primo piano nei settori più fortemente condizionati dagli interessi e dalle direttive di cosa nostra». È in questo contesto che il fratello di Mori si muove quando in Sicilia vengono uccisi Falcone e Borsellino e il suo congiunto, colonnello al ROS, apre il contatto con Vito Ciancimino sul quale le la magistratura oggi indaga nell’ambito della cosiddetta «trattativa» tra stato e mafia. Una storia vecchia e complicata con una venatura di giallo per la questione del nome.

Dunque il socio della Co.Ge di Paolo Berlusconi è proprio il fratello del generale. Lo scorso gennaio al processo che lo vede imputato generale Mori ha ammesso che in effetti suo fratello Alberto, dunque quello vero, ha lavorato per la Fininvest, anche se solo fino al 1991. Ma non ha aggiunto il resto, negando la parentela. Perché? Eppure nel decreto di archiviazione dei mandanti esterni del 2002 si sottolinea che «il collegamento non è sufficiente a prefigurare che l’alto ufficiale dell’Arma potesse aver avuto contatti con Berlusconi e dell’Utri e quindi potesse essere stato “ambasciatore” di costoro nel rapportarsi con gli uomini di cosa nostra». Oggi però alla luce delle nuove indagini sul ruolo di negoziatore che il generale ha avuto con Vito Ciancimino, sul ruolo che don Vito ha avuto nell’arresto di Riina e sulla mancata cattura di Provenzano, per cui Mori è sotto processo, quella parentela negata assume ben altro significato.


http://www.unita.it/news/italia/88424/il_giallo_della_societ_siciliana_dei_fratelli_moriberlusconi

lunedì 14 settembre 2009

L'abuso di vaccini e farmaci anti-influenzali potrebbe provocare una disastro umanitario

by Edoardo Capuano @ 12.09.2009 15:12 CEST

I ricercatori nel campo delle malattie hanno iniziato a produrre modelli sull'evoluzione mondiale dell'epidemia di influenza suina H1N1-09 e si sono trovati di fronte a scenari preoccupanti. Esperti di malattie infettive hanno cominciato a descrivere gli attuali sforzi per combattere l'influenza epidemica con vaccini e farmaci antivirali usando parole come “potenzialmente pericolosi”, “preoccupanti” e “possono portare più danni che benefici”.
Tutto ciò è impressionante alla luce degli sforzi mondiali multi-miliardari (in dollari) per produrre con rapidità imponenti quantitativi di vaccini, fino ad un totale, mai raggiunto in precedenza, di 2 miliardi di dosi, contro l'epidemia di influenza suina del virus H1N1 attualmente in corso. Ufficiali sanitari temono che questo ceppo inusuale del virus influenzale H1N1 possa mutare in una forma più letale in autunno, così come si verificò con la mortale pandemia di Spagnola nel 1918.
I ricercatori giapponesi dell'Università di Shizuoka, sono stati tra i primi a suonare l'allarme sul fatto che le più quotate armi contro l'influenza, cioè i vaccini, possono provocare “una pressione immunologica sui ceppi di virus influenzali attualmente in circolazione, così da provocare l'emergere di varianti genetiche con patogenicità umana potenzialmente aumentata”.
Traduzione: le vaccinazioni di massa, se non ben monitorate, possono indurre la temuta mutazione genetica del virus che potrebbe provocare un aumento di casi di ospedalizzazione e di tasso di mortalità.
Ufficiali sanitari stanno giustamente iniziando a preoccuparsi di come si sviluppino le forme di virus resistenti ai trattamenti. Il paradosso è che se la virulenza di un ceppo influenzale resistente ai vaccini è minore di un ceppo vulnerabile ai trattamenti, l'epidemia potrebbe aumentare in proporzione fino a raggiungere un livello analogo alla percentuale di popolazione sottoposta ai vaccini. I ricercatori hanno concluso che “una vaccinazione che si crede possa prevenire la diffusione dell'epidemia può al contrario favorire la diffusione del contagio”.
Esemplificazioni di effetti paradossali
Come esempio, i ricercatori hanno messo in evidenza la campagna di vaccinazioni obbligatorie per tutto il pollame in Cina in occasione dell'epidemia di influenza aviaria H5N1. Analisi genetiche hanno rivelato che le vaccinazioni provocarono l'emergere di una variante del ceppo H5N1 (chiamata influenza di Fujian) che ben presto di diffuse in tutta la Cina, prendendo il posto delle varianti del virus precedentemente presenti.
In un altro esempio, i vaccini contro il virus H5N2 dell'influenza aviaria usati in Messico sin dal 1995 sembra abbiano provocato l'emergere di varie varianti del virus appena dopo l'introduzione dei vaccini. I virus influenzali di tipo A, che sono i più comuni, sono caratterizzato da rapide mutazioni: ciò significa che sono in grado di reagire aggirando velocemente gli agenti anti-virali. Gli sforzi per combattere l'insorgere di epidemie influenzali attraverso la vaccinazione dei polli può invece generare “un nuovo virus pandemico che è pericoloso per le persone nel caso di un link tra gli uccelli e gli umani”, affermano i ricercatori. Tutti questi programmi di vaccinazioni anti-influenzali sugli animali possono veramente aumentare il rischio che un giorno succeda che un'epidemia altamente virulenta spazzi via gran parte della popolazione umana mondiale.
I ricercatori giapponesi dell'Università di Shizuoka dicono di “rimanere scettici che un programma di vaccinazioni possa ridurre il numero totale di infezioni individuali anche nel caso che le vaccinazioni avessero la prerogativa di proteggere contro la trasmissione di ceppi sensibili alle vaccinazioni” [PLoS One 4(3):e4915, 18 marzo 2009]
La sostituzione di una minaccia con un'altra
Mentre il virus dell’influenza suina H1N1-09 si è diffuso rapidamente, i suoi effetti sono stati estremamente lievi ed i tassi di mortalità bassi. Ma non è dato di conoscere ciò che potrà succedere in futuro. Da una parte, l’influenza HiN1-9 potrebbe evolvere in una forma più virulenta e mortale ed i vaccini eviterebbero una pandemia simile alla Spagnola del 1918. Ma d’altro canto, i vaccini attualmente in produzione potrebbero non conferire l’immunità contro nuove mutazioni del virus ma, al contrario, indurre essi stessi tali mutazioni che potrebbero uccidere milioni di esseri umani vulnerabili, specialmente quelli che hanno scarsa o nessuna immunità naturale o che hanno il sistema immunitario compromesso a causa dell’età (molto giovani, molto vecchi), nonché gli individui debilitati da altre malattie o immuno-depressi. L’umanità si sta assumendo un grande rischio. La spinta da parte degli ufficiali sanitari e dei politici affinché la gente si sottoponga alle vaccinazioni di massa potrebbe avere come conseguenza una calamità (evitabile) senza precedenti.
I farmaci virali di emergenza potrebbero indurre gli stessi problemi
C’è una analoga preoccupazione che anche l’abuso di farmaci antivirali, particolarmente nei primi stadi della diffusione di una ondata influenzale, possa favorire la diffusione e la severità dell’epidemia. La “seconda linea” delle difese contro l’influenza è costituita primariamente da farmaci antivirali noti come inibitori enzimatici della neuramidasi: tavolette orali Tamiflu (oseltamivir) e farmaci nasali Relenza (zanamivir). Un'altra classe di agenti antivirali noti come inibitori del canale ionico M2 (amantidina e rimantidina), sono inefficaci contro le influenze di tipo B mentre provocano la resistenza ai farmaci da parte dei virus di tipo A. Inaspettatamente, la resistenza al Tamiflu da parte dei virus H1N1 sembra più comune nei paesi dove il farmaco viene meno impiegato. Un diffuso sotto-dosaggio del Tamiflu può avere come conseguenza il comparire di varianti resistenti del virus. È un fatto preoccupante che i bambini dimostrino una maggiore resistenza al trattamento col Tamiflu rispetto agli adulti.
Un farmaco non è sufficiente
Ricercatori alla Clinica Mayo, ribadendo le preoccupazioni espresse da altri sull’uso dei vaccini generanti mutazioni in grado di favorire un’epidemia di influenza, hanno dichiarato che c’è una “evidenza preoccupante che la resistenza ai farmaci anti-virali stia evolvendo rapidamente”. Loro suggeriscono di utilizzare due classi diverse di anti-virali contemporaneamente, così da “prevenire la comparsa di nuove specie virali in grado di resistere ai trattamenti”. Gli stessi ricercatori della Mayo affermano che l’uso sequenziale di un farmaco, come il Tamiflu per primo, seguito dall’amantidina una volta comparsa la resistenza al Tamiflu, è intrinsecamente fallimentare. Dicono che “la terapia basata sull’uso di un singolo farmaco anti-virale contro l’influenza è poco saggia e pericolosa”. Questi commenti forti, pubblicati nel fascicolo del maggio 2009 di Communicable Infectious Diseases, hanno ricevuto però un’attenzione scarsa o nulla da parte dei mezzi di comunicazione di massa. Il costo per rendere disponibili ben due farmaci antivirali contemporaneamente comunque diminuirebbe il numero delle comunità in grado di montare adeguatamente una difesa contro un virus influenzale mortale.
Alla fine, i farmaci anti-virali, bloccano o diffondono una epidemia di influenza ?
Ricercatori europei hanno scritto in un rapporto pubblicato nell’edizione del 30 ottobre 2008 del Virology Journal che, mentre l’emergere di un ceppo resistente di virus influenzale può non essere necessariamente pericoloso dato che la maggior parte dei virus che evolvono così non è detto che poi si diffondano, l’analisi dei dati delle stagioni influenzali 2007-2008 nell’emisfero settentrionale suggeriscono che si sia sviluppato un virus tipo A-H1N1, resistente al Tamiflu, che sta circolando in Europa e USA. La proporzione delle infezioni resistenti varia dal 4 al 67 per cento, e la resistenza si sviluppa anche senza l’uso diffuso del Tamiflu. [Virology Journal 5: 133–39, Ottobre 2008]. In numeri reali, quindi non simulati in esperimenti, la prevalenza di casi di resistenza al Tamiflu in Europa è aumentata grandemente nel corso del tempo, passando da praticamente 0 nella 40° settimana del 2007 ad un allarmante 56% nella 19° settimana del 2008! [Emerging Infectious Diseases 15: 552–60, Aprile 2009] . Ciò significa che più di metà dei pazienti trattati con anti-virali potrebbero trovarsi di fronte alla mancanza di possibilità reali di trattamento. I medici potrebbero quindi semplicemente sedare i sintomi piuttosto che poter fermare i virus replicanti.
Simulazione di una epidemia di influenza dovuta a virus resistenti ai farmaci
Ricercatori sulle influenza simulano una epidemia in una comunità di 100.000 persone dove non vi è resistenza ai farmaci anti-virali e l’epidemia costringe 19.500 persone a richiedere l’assistenza di un medico e 258 a ricorrere all’ospedalizzazione.
Se la resistenza ai farmaci evolve naturalmente fra i soggetti che ricevono i trattamenti, allora a richiedere l’assistenza medica saranno in 20.700 e gli ospedalizzati 312.
Ma se le forme resistenti dei virus vengono importate fra la popolazione entro 21 giorni dallo scoppio dell’epidemia, per esempio da qualcuno che fa ritorno in aero da terre lontane, allora i casi di infezione salgono a 22.700 e le ospedalizzazioni a 420.
Se i ceppi dei virus resistenti ai trattamenti sono importanti prima della diffusione dei virus sensibili al trattamento, allora i numeri salirebbero ancora a 25.100 malati con 601 ospedalizzazioni.
Questo ultimo scenario è abbastanza preoccupante perché porta al raddoppio delle ospedalizzazioni. Non è prevedibile che ci sia un tale numero extra di posti letto, respiratori e medicine in un ospedale che serva 100.000 persone, per trattare adeguatamente una tale epidemia influenzale.
Estrapolate questi dati per una metropoli di oltre 8 milioni di abitanti, come Los Angeles o New York ed avrete bisogno di ben 50.000 letti in più negli ospedali [Virology Journal 5: 133–39, 2008]. In un paese come gli Stati Uniti con una popolazione di 300 milioni di abitanti, sarebbero necessari ulteriori 2 milioni di posti ospedalieri. Dio solo lo sa quanta richiesta ci sarebbe nel mondo intero per letti d’ospedale, respiratori e antibiotici.
Gli sforzi da parte degli ufficiali sanitari per calmare i timori della gente dichiarando che c’è un adeguato quantitativo di medicinali e respiratori appare insufficiente a fronte di questi terribili scenari, oramai resi noti dai ricercatori sulle malattie.
Altri ricercatori hanno dipinto scenari dove senza l’uso adeguato di farmaci anti-virali per prevenire la diffusione dell’influenza in una comunità, circa il 13,7 per cento di tutti i pazienti trattati non trarrebbero beneficio dai trattamenti a causa dei ceppi influenzali resistenti, e se il 10-20 per cento della popolazione assumesse anti-virali per prevenire l’infezione, i casi di resistenza ai trattamenti potrebbero salire dal 43 al 74 per cento.
Il virus H1N1-9 ha un’alta trasmissibilità
La vera possibilità di questi scenari di divenire realtà dipende dalla capacità che i ceppi resistenti di virus influenzali hanno di essere trasmessi da persona a persona. Quello che preoccupa i ricercatori è che l’attuale virus influenzale H1N1-09 sta rapidamente diffondendosi nel mondo e perciò sta dimostrando una alta trasmissibilità. I ricercatori mettono in guardia sull’uso incontrollato di farmaci anti-virali come il Tamiflu, che potrebbe portare più danni che benefici. Il Tamiflu dovrebbe essere limitato al trattamento dei casi conclamati piuttosto che essere considerato come una misura preventiva. [BMC Infectious Diseases 9: 4–12, gennaio 2009]
Il problema è che molte persone si sono già procurate il Tamiflu in tutto il mondo e lo hanno messo via nel loro armadietto dei medicinali per un eventuale uso futuro, nel caso scoppiasse l’epidemia nella loro comunità. Questo uso incontrollato è ciò che preoccupa gli esperti di malattie infettive. Ricercatori all’Università del Manitoba sono preoccupati che si verifichi una risposta anormale ad una epidemia di influenza, che potrebbe fare esaurire in breve tempo le riserve dei farmaci anti-virali, facendo sì che poi i trattamenti non possano essere completati, e provocando in tale modo la diffusione di ceppi influenzali resistenti ai farmaci. Se il trattamento con anti-virali viene eseguito troppo anticipatamente rispetto all’evolversi dell’epidemia, potrebbe verificarsi una seconda ondata di infezioni più acute. L’utilizzo controllato di farmaci antivirali è raccomandato per prevenire un’epidemia di grandi proporzioni. [BMC Infectious Diseases 9: 8, 22 gennaio 2009]
Situazione attuale
Cosa succederebbe se il virus influenzale H1N1-9 attualmente in circolazione non mutasse in una forma più virulenta, verso la quale le persone non avessero l’immunità ? Miliardi di dollari di vaccini ed anti-virali sarebbero stati spesi solo per provocare, potenzialmente, effetti indesiderati, senza nessun beneficio sulla salute.
L’attuale virus sta facendo il suo corso. I suoi sintomi sono alquanto leggeri e la mortalità molto bassa. Il virus dovrebbe mutare in coincidenza con l’apertura delle scuole, allorché i vaccini saranno resi disponibili ?
Per fortuna, nessun vaccino può indurre mutazioni del virus, ma i soggetti infetti stanno assumendo anti-virali come il Tamiflu che invece può favorire l’insorgere di ceppi virali resistenti ai trattamenti.
Ci sono miliardi di dollari di vaccini ed anti-virali stoccati dai governi e questi devono “scaricare” queste armi contro l’influenza sulle persone, sia su quelle che acquistano i farmaci direttamente sia su quelle che saranno interessate dai piani sanitari.
Tutto ciò ha favorito il sospetto che i produttori dei vaccini possano produrre intenzionalmente specie mutanti dei virus ed introdurle fra la popolazione: e quale miglior modo se non attraverso le vaccinazioni ?
La tanto a lungo temuta epidemia influenzale del virus H5N1, col suo 60 per cento di tasso di mortalità, si è conclusa con un nulla di fatto quando si è saputo che non si trasmette facilmente da uomo a uomo. Ma poi fu scoperto un vaccino contaminato che combinava il virus mortale H5N1 con altri virus stagionali influenzali, più trasmissibili, da Biotest, un distributore di vaccini nella repubblica Ceca, quando fu testato sui furetti e li uccise tutti. [The Canadian Press, 27 febbraio 2009]
La ditta fabbricante del vaccino contaminato H5N1/H1N1, la Baxter, ha depositato una licenza un anno prima descrivendo un metodo per produrre vaccini contro varie specie di virus usando differenti antigeni (US patent: US 2009/0060950 A1).
I controlli hanno prevenuto la diffusione di quella che sembra a tutti gli effetti una contaminazione intenzionale. Sembra una coincidenza che il presidente francese Nicolas Sarkozy abbia visitato il Messico annunciando un contributo di 126 milioni di dollari alla ditta farmaceutica francese Sanofi-Aventis nello stesso momento in cui stava entrando in scena il virus dell’influenza suina H1N1-9. Il presidente americano Barack Obama visitò il Messico una settimana prima dello scoppio dell’epidemia in quel paese.
Si può vedere una facile relazione fra il fatto che l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) abbia dichiarato una pandemia (prematuramente) per obbligare 80 governi a procurarsi i vaccini anti-influenzali e che le autorità sanitarie invochino programmi di vaccinazioni obbligatorie a scuola e siano divenute di fatto gli agenti di vendita dei fabbricanti di vaccini. I fabbricanti di vaccini poi ricambiano assegnando loro contribuzioni politiche, vere e proprie bustarelle mascherate.
Cosa può succedere nel caso che vaccini e farmaci antivirali non funzionassero ?
Nel caso che i farmaci si rivelino inutili a causa dello sviluppo della resistenza da parte del virus, l’unica soluzione per limitare la diffusione dell’infezione è la quarantena e la limitazione di contatti sociali. Uno scenario in cui gli aerei commerciali non si alzano da terra, le scuole ed i posti di lavoro chiusi, e l’economia mondiale in tumulto. Le masse accetterebbero qualunque presunto rimedio all’epidemia.
I ricercatori hanno cominciato ad indagare trattamenti alternativi. In Germania hanno scritto che “l’aumentata frequenza della resistenza virale ai farmaci approvati in America sottolinea il bisogno urgente di nuovi antivirali da predisporre per future epidemie on pandemie influenzali”.
La medicina moderna guarda con occhio cieco alle strategie per favorire l’immunità umana. Ci sono molti rimedi, che non necessitano di ricetta medica e che non sono quotati in borsa, con una capacità riconosciuta di rinforzare la risposta immunitaria inclusi la Vitamina A, l’Echinacea, il polisaccaride Beta Glucano estratto dal lievito di birra, la Vitamina C, i nucleotidi (RNA), il selenio e lo zinco.
Fra gli altri agenti non farmacologici che sono in corso di studio ci sono gli inibitori NF-Kappa-B che limitano la riproduzione virale e le infiammazioni che ne conseguono, così come aumentano la resistenza ai virus [Journal Antimicrobial Chemotherapy, luglio 2009; 64(1):1–4].
Gli inibitori NF-Kappa-B si trovano in natura, ad esempio nel melograno, nel vino, nel ginseng, nello zafferano delle indie (Curcuma longa) da cui si estrae la curcumina, nello zenzero e nella vitamina D [Mini Review Medicinal Chemistry, agosto 2006; 6(8):945–51].
Leggi
qui l'articolo originale in inglese.

Autore: Bill Sardi - Lew Rockwell.com / Fonte: ambientalismodirazza.blogspot.com


http://www.ecplanet.com/blog/salute/vaccini/

Denunciato il Sig. Stefano Montanari per diffamazione e ingiurie

11 Settembre 2009. Prendiamo atto che il Sig. Stefano Montanari è molto impegnato in politica (arrivando anche a candidarsi Premier!) e ultimamente in un’intensa attività denigratoria e diffamatoria nei confronti della nostra Onlus. Per noi è difficile rispondere alle sue calunnie, non nel merito, dove sarebbe molto semplice dimostrare il contrario, ma per la bizzarria e la molteplicità delle diffamazioni a cui è impossibile stare dietro e oggettivamente anche difficile dare peso.
Soprattutto appaiono stravaganti le sue fantasie che cercano di accreditare complotti politici orchestrati contro di lui sebbene lo stesso non riesca a fornire alcuna dimostrazione, ma che vengono utilizzati in modo strumentale per abbindolare qualche credulone (a dire il vero sempre meno) e forse anche per appagare la voglia di apparire del personaggio.Ciò non toglie che, sentendo comunque forte l’esigenza di tutelare la nostra onorabilità, comunichiamo che in data odierna, venerdì 11 Settembre, abbiamo presentato Querela e Denuncia nei confronti del Sig. Stefano Montanari per i seguenti capi di imputazione:

1) Diffamazione;
2) Diffamazione a mezzo stampa;
3) Ingiurie;
4) Violazione della privacy.
Sarà quindi un Magistrato ad attestare la verità e a fare giustizia.
Ci preme in particolare verificare quanto il microscopio per cui sono stati raccolti i fondi sia stato effettivamente usato dai Signori Stefano Montanari e Antonietta Gatti per la ricerca e quanto a scopo di lucro per l’azienda Nanodiagnostics Srl che fa loro capo.Se ci è consentita una constatazione finale, a giudicare dal tempo che il Sig. Stefano Montanari dedica alla politica e all’intensa attività diffamatoria nei confronti della Onlus intasando la rete con le sue sciocchezze, diremmo che di ricerca ne ha fatta e ne sta facendo davvero poca.
PS: Chi volesse approfondire l’attività del Sig. Stefano Montanari e conoscere meglio il personaggio, può prendere visione dell’inchiesta
(
clicca qui e clicca qui) e dell’intervista (clicca qui) a riguardo realizzati dalla Dott.ssa Valeria Rossi giornalista ed editrice del quotidiano on line di Savona “Il Ponente” (www.ilponente.com).
Associazione Carlo Bortolani Onlus


http://www.bortolanionlus.it/2009/09/11/denunciato-il-sig-stefano-montanari-per-diffamazione-e-ingiurie/

domenica 13 settembre 2009

Phalenopsis bianca - i miei fiori




Phalaenopsis (Blume, 1825) è un genere di orchidee epifite che comprende circa cinquanta specie, tutte originarie dell'Asia e degli arcipelaghi dell'Oceano Pacifico e dell'Oceano Indiano.

Il nome Phalaenopsis deriva dalle parole latine phalaen (farfalla) e opsis (simile a) e indica la somiglianza del fiore alla forma delle farfalle.

Si tratta di piante epifite dalle grandi e carnose foglie e dai fiori multicolori, talvolta di dimensioni notevoli (anche più di 10 cm di diametro), spesso molto duraturi sia sulla pianta che da recisi.
Le Phalaenopsis sono piante a sviluppo monopodiale, ossia presentano un solo "piede" vegetativo. Non sono provviste di pseudobulbi ma possiedono un semplice rizoma dal quale si originano grandi foglie opposte, persistenti, ovali, simmetriche rispetto alla linea longitudinale. Il colore della vegetazione varia a seconda della specie, ma generalmente le foglie sono di colore verde scuro.
I fiori variamente colorati, hanno aspetti molto differenti fra specie e specie ma possono vantare spesso grandi dimensioni e sempre una notevole bellezza esotica. Sono situati lungo gli steli floreali, i quali si sviluppano dal fusto, e crescono in direzione della luce.
Le grosse radici aeree, all'apparenza robuste ma in realtà molto delicate, sono verdi o biancastre per via dello strato protettivo che le riveste, detto velamen, e presentano attività fotosintetica. Le radici nascono dal fusto e, quando sono in fase di crescita, l'estremità non è ancora provvista di velamen, il quale crescerà via via con l'allungamento della radice stessa.
Esiste una varietà incredibile di ibridi: in Italia sono molto apprezzati quelli a fiori bianchi, rosa, gialli ma anche variegati e striati, in ogni caso sono molto diffusi gli ibridi a fiore grande e le miniature.
Queste Orchidaceae di solito sono coltivate in serra calda o anche in casa.
Crescono molto bene a temperature alte (anche fino a 28° C, d'estate) con un alto tasso d'umidità (oltre il 65-70%), ma in realtà si abituano anche alle temperature delle nostre abitazioni (tranne l'esigente Phalaenopsis violacea). Più è alta la temperatura, maggiore deve essere l'umidità dell'aria.

Le Phalaenopsis amano una luce molto intensa ma schermata, specialmente nelle ore più calde dei giorni estivi, e per tale ragione trovano collocazione, in casa, davanti a una finestra esposta a sud-est o a sud-ovest, con la protezione di una tendina. In serra, a loro vanno riservati gli ambienti meno esposti ai raggi solari ma comunque molto luminosi. Per verificare che la luce sia sufficiente alla pianta, occorre osservare il colore delle foglie: se diventano di un verde chiaro, o se presentano bruciature ovali, allora occorre aumentare l'ombreggiatura; se invece le foglie diventano troppo scure, e se si indeboliscono afflosciandosi, allora occorre invece dare più luce alla pianta.
L'innaffiatura va effettuata preferibilmente con acqua demineralizzata poiché le radici aeree sono molto sensibili a eccessi di sali. Un buon metodo per capire quando innaffiare è dato dal colore delle radici: quando queste si asciugano cambiano lentamente colore passando dal verde acceso al grigio. È consigliato innaffiare la mattina, in modo tale che il substrato non rimanga bagnato troppo a lungo. Infatti le Phalaenopsis soffrono molto i ristagni idrici che provocano morte delle radici per asfissia con insorgenza di muffe e causando la morte della pianta. Il concime va somministrato raramente dopo l'innaffiatura, diluendo le dosi indicate sulle confezioni, poiché le radici delle Phalaenopsis sono molto sensibili all'eccesso di concime. In inverno, le piante non vanno concimate. Il concime, se somministrato a terriccio asciutto, reca gravi danni alle radici, quindi bisogna sempre innaffiare abbondantemente la pianta prima della concimazione.
In presenza di ottima illuminazione e buone condizioni di crescita le Phalaenopsis possono fiorire meravigliosamente anche due volte in un anno (in un periodo che varia da specie a specie) la fioritura può durare anche più di quattro settimane. Finita la fioritura , è possibile tagliare gli steli floreali al di sotto dell'ultimo nodo che precede il primo fiore oppure eliminare completamente lo stelo. Nel primo caso la pianta potrà emettere ramificazioni dal vecchio stelo e produrre numerosi ma più piccoli fiori. Nel secondo caso invece la pianta provvederà a creare un nuovo stelo che richiede molte più energie alla pianta ma che sembra assicurare una fioritura più spettacolare e duratura.


Poiché in natura le Phalaenopsis crescono sopra i rami degli alberi, il substrato di coltivazione deve essere leggero e a grossa pezzatura: si può usare la corteccia a scaglie grosse (il bark), o anche il polistirolo, assicurando in ogni modo un grande drenaggio utile a scongiurare pericolosi ristagni idrici. Sono consigliati vasi di plastica trasparente, i quali hanno il duplice scopo di trattenere l'umidità e di permettere al coltivatore di tenere d'occhio lo stato delle radici.
Il rinvaso va eseguito solo se le radici fuoriescono eccessivamente dal vaso o se il substrato di coltivazione risulti particolarmente deteriorato (compatto e friabile) o infetto da muffe o insetti parassiti. Nell'eseguire il rinvaso, occorre sostituire interamente il vecchio substrato stando molto attenti a non danneggiare le radici sane ma eliminando quelle morte(marroni) con strumenti ben puliti.
(wikipedia)