La domanda è: ma può esistere la destra liberale che sognaGianfranco Fini? Problema antico. Non è esistita, ai tempi del Regno, una destra nazionalista seria: c’è stato l’avventurismo interventista dei Salandra. Non è esistita, negli anni Venti, la destra romantica (ma non eversiva) sognata daD’Annunzio:èmorta con la marcia su Roma. Non è esistita, negli anni Trenta, una destra modernizzatrice ma non totalitaria: il cipiglio diMussolini era seduto sulla bara di Matteotti, come nelle vignette di Scalarini. Non è esistita, dopo il ‘43, la destra socialista sognata dai repubblichini di sinistra (“compagni in camicianera”),tutta riforme sociali e partecipazioni: c’erano stragi e rastrellamenti nazisti. Non è esistita, nel dopoguerra, la destra liberale vagheggiata da Montanelli, che infatti si turava il naso e votava Dc. Non è esistita la destra moderata ma illuminata desiderata da Guareschi, e nemmeno quella eclettica, colta e disincantata immaginata da Longanesi.
Prezzolini era un profeta autoesiliato oltreoceano: in Italia i rari intellettuali si dividevano fra la tigre antisistema di Evola, le polverosità reazionarie e monarchiche di Michelini e il doppiopetto dell‘Almirante Dio-patria-e-famiglia. Insomma, la destra ghibellina disegnata dai “vietcong finiani” di FareFuturo - laica, progressista e integrazionista - è bella e impossibile. La destra che c’è ha la faccia etnico-xenofoba della Lega e quella servile e aziendalista del berlusconismo. Se Fini fa nascere la destra che non c’è mai stata, sarebbe un prodigio. Per provarci deve mettere su i gruppi entro poche ore, strangolare le (finte) “colombe”, resistere 3 anni. Se ce la fa, la votiamo pure noi di sinistra, ovvio.
Da il Fatto Quotidiano del 17 aprile