La proposta della Federazione italiana degli editori per dare ossigeno alla carta stampata. Ma la Rete dice no.
Spesso solo con un paradosso si può capire il nostro Paese. In Italia (quasi) tutti i giornali ricevono laute sovvenzioni statali. La diffusione di Internet, invece, non è aiutata in nessun modo: i fondi sulla banda larga non arrivano e mezza in Italia ancora non è connessa al web. Suona perciò come uno scherzo di cattivo gusto la proposta lanciata giovedì dal presidente della Federazione italiana degli editori Carlo Malinconico. Per dare ossigeno alla carta stampata in crisi da tempo, Malinconico ha proposto "un prelievo di entità minima, l’equivalente di un caffè al mese, su chi ha la connessione a Internet, per realizzare una dote di risorse per aiutare l’editoria ad affrontare la grave crisi che attraversa".
Visto che la carta stampata è in crisi, per il presidente degli editori devono essere i navigatori ad accollarsi i costi di giornali che non riescono a vendere. "Sarebbe come se la Pepsi in crisi chiedesse al governo americano una tassa sulla Coca Cola per risollevare i propri bilanci" il commento (paradossale appunto) dell’avvocatoGuido Scorza su Punto Informatico; come lui moltissime voci on-line (compresoOscar Giannino su Chicago-blog) si sono uniti in una levata di scudi contro la "Tassa su Internet".
Anche Paolo Bonaiuti, oltre che portavoce di Berlusconi anche sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’editoria si è detto contrario: "Non è tempo di tassare ma di incentivare: dobbiamo fare posto al nuovo salvando quello che c’è da salvare del vecchio ma non con un sistema di finanziamenti a pioggia".
Ieri Malinconico ha parzialmente ritrattato: la tassa non sarebbe in carico agli utenti ma "alle imprese che gestiscono gli accessi". Sarebbero in pratica i provider a pagare, probabilmente riversando poi sugli utenti il costo della tassa. Tutto molto paradossale, tutto molto italiano: business cattivo cerca sempre di cacciare business buono.
Da il Fatto Quotidiano del 24 aprile
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 25 aprile 2010
Tassare Internet per salvare i giornali? - Federico Mello
Napolitano e Berlusconi alla Scala. Fuori contestazioni e proteste
Apocaliss mo' - Marco Presta
Stefania Prestigiacomo
Il nostro Ministro dell’Ambiente si è battuta con la veemenza di un posacenere in alabastro contro le nuove norme comunitarie, per fortuna bocciate, che avrebbero permesso di allungare la stagione venatoria e annoverare nuove specie tra quelle cacciabili: oltre ad alcuni migranti, erano stati inclusi i postini, i lavoratori di call-center e gli elettrauti molisani. L’ iniziale entusiasmo della Lega per la nuova normativa si è però spento, non appena è stato chiarito un increscioso equivoco: con la parola “migranti” non si intendevano purtroppo gli extracomunitari, ma i volatili che si spostano da un continente all’altro. In molti si sono chiesti: ma dov’é il Ministro Prestigiacomo? Perché non dice nulla? Cosa sta facendo? Probabilmente, stava caricando la doppietta. Oppure, con squisita sensibilità, era caduta in letargo per solidarietà con alcune specie a rischio, come il ghiro e la marmotta. Bisogna capirla: Stefania è Ministro dell’Ambiente ma, considerato quelli che la circondano, è più che altro Ministro in un Ambientaccio. Di certo, ha preferito sorvolare su un argomento così delicato e che ha diviso la stessa maggioranza. Non ha considerato però un grave rischio: se fossero passate le nuove norme, qualsiasi cosa fosse passata sorvolando, gli avrebbero sparato.
Luca Cordero di Montezemolo
Ha lasciato la Presidenza della Fiat, dichiarando testualmente di “aver concluso il traghettamento” (trattandosi della casa automobilistica torinese, sarebbe stato forse più indicatoCaronte). Si era sparsa nei giorni scorsi la voce inquietante che il simpatico ciuffettone volesse entrare in politica. Un brivido d’orrore ha percorso il Paese: di miliardari divorziati con la passione delle donne e dello sport ne abbiamo già uno al potere, due sarebbero veramente troppi. Per fortuna, Montezemolonon è il Premier Berlusconi: troppi capelli li dividono. Appena si è dimesso, il titolo Fiat ha guadagnato il 9% a Piazza Affari: quando si dice “essere stimati nel proprio ambiente”. Con quella di Luca Cordero di Montezemolo, il “piano rottamazioni” della Fiat ha raggiunto il suo naturale epilogo. Finalmente si può ripartire, con immutato ottimismo. Ora tocca al giovane John Elkann, inspiegabilmente preferito al fratello Lapo, un ragazzo equilibrato e riflessivo che stava lavorando, con ardita intuizione, ad alcuni modelli straordinariamente innovativi, tra cui la Fiat Paguro, la Fiat Colica Renale e il prototipo di una nuova monovolume a sette posti dal nome accattivante: “Salite, imbecilli!”.
Calisto Tanzi
Come l’omonimo Santo, anche il Calisto della Parmalat si era creato un’affascinante catacomba, contenente una serie di scheletri veramente impressionante. In questi casi, purtroppo, c’è sempre qualcuno che viene a rompere gli zebedei: nell’antichità le Guardie dell’Imperatore, oggi la Guardia di Finanza. Di fronte ai giudici della Corte d’Appello di Milano, i difensori del noto imprenditore hanno ricostruito in maniera inconfutabile la dinamica dei fatti che portarono al crac: la colpa non è affatto della famiglia Tanzi, né tanto meno delle banche. E’ delle mucche che fornivano il latte all’azienda di Collecchio e che fuorviarono, con malizia tutta bovina, l’operato di Calisto, fornendogli consigli basati su squallidi interessi di categoria. Del resto, l’impressione che l’economia italiana stia andando in vacca, l’abbiamo tutti già da parecchio tempo. "Chiedo perdono a tutti – ha detto Tanzi davanti ai magistrati – I bond che avevamo emesso erano buoni, genuini, ne sono sicuro, li avevo scritti io stesso con i pennarelli. Vi prego di una cosa: non chiamate truffa la vicenda accaduta alla Parmalat. Chiamatela Antonietta, come mia zia. Le volevo tanto bene". E’ inutile piangere sul latte versato: di questi tempi, è un proverbio attuale più che mai.
Mariastella Gelmini
Un, due, tre… Mariastella! Vista la situazione della scuola nel nostro Paese, più che della Pubblica Istruzione, la Gelmini si propone come Ministro della Pubblica Distruzione. Ha realizzato una rivoluzione impensabile, al punto che il vero insegnamento privato oggi è quello statale: privato di fondi, privato di strutture, privato di personale. Dopo il metodoMontessori, che ci ha reso famosi in tutto il mondo, nella pedagogia italiana è ora il momento del metodo Monte di Pietà. In questi giorni scanzonati il Ministro ne ha pensata un’altra delle sue: il maestro “regionale”, scelto da graduatorie locali e possibilmente in abiti tradizionali. Vibranti proteste sono annunciate in Sardegna, dove i professori si rifiutano di entrare in classe vestiti daMammuttones. Nel centrodestra tutti sembrano essere d’accordo con la scelta di un rigido criterio regionale da applicare alla scuola. Una domanda allora turba il nostro animo ingenuo: come mai la lombarda Gelmini, laureatasi all’Università di Brescia in Giurisprudenza, ha sostenuto l’esame di Stato a Reggio Calabria? Forse perché in Calabria è più semplice, o forse semplicemente perché il Ministro conosce la geografia come l’italiano.
Illustrazioni di Portos
Da il Misfatto del 25 aprile
sabato 24 aprile 2010
Energia pulita dall'acqua: grazie a un virus
L’idrogeno ricavato dall’acqua grazie all’utilizzo di energia solare è probabilmente il carburante più pulito che si possa immaginare e nel giro di un paio d'anni potrebbe essere realtà. Secondo quanto pubblicato sull’ultimo numero della rivistaNature Nanotecnology un gruppo d ricercatori del MIT di Boston avrebbe messo a punto una nuova tecnica che consentirebbe di raggiungere questo straordinario risultato a bassissimo costo e con un impatto ambientale pari a zero.
Virus ricaricabili
La Belcher e il suo team hanno modificato alcuni virus chiamati M13 che solitamente infettano i batteri ma sono totalmente innocui per l’uomo e li hanno modificati legandoli a un catalizzatore e a un colorante biologico a base di zinco. Quest’ultimo cattura la luce solare come la clorofilla delle piante e la trasferisce al virus che, grazie al catalizzatore, si trasforma in una sorta di elettrodo vivente in grado di staccare gli atomi di ossigeno dalle molecole di acqua. Ciò che resta dopo questa reazione elettro-biochimica è idrogeno. Una speciale matrice di gel mantiene i virus "elettrificati" nella giusta posizione evitando che i campi magnetici li attirino l’uno verso l’altro rendendoli così inservibili.
Due anni di attesa
Per ora gli scienziati sono riusciti a eliminare l’ossigeno dall’acqua, ma non sono ancora in grado di stabilizzare l’idrogeno che tende a scomporsi in protoni ed elettroni. Ma al MIT regna l’ottimismo: la Belcher è convita di riuscire a mettere a punto un prototipo di impianto di dissociazione funzionante entro due anni.
Nel frattempo altri ricercatori studiano come utilizzare i virus per fare le pile e i batteri per produrre il metano...
Scajola, i servizi, Anemone e la casa al Colosseo - Marco Lillo
Tre appartamenti comprati a Roma con gli assegni della "cricca". Vista mozzafiato sul Colosseo per il ministro. Ma nell'indagine ci sono anche due appartamenti del responsabile dell’area logistica dell’ex Sisde
L’appartamento è davvero un gioiello. Dal terrazzo di casa Scajola sembra quasi di toccare il Colosseo. Parliamo del palazzo dei vip dove hanno comprato Raoul Bova, il segretario del Partito Repubblicano Francesco Nucara e Lory Del Santo. Proprio per gli abusi dell’attico della stellina lanciata da Arbore, il condominio ha già goduto di una certa notorietà nel settembre scorso.
Il ministro, secondo le notizie di ieri sulle indagini di Perugia, ha comprato un mega-appartamento grazie anche a un assegno di 500 mila euro dell’architettoZampolini, l’uomo di fiducia di Diego Anemone, arrestato per corruzione a febbraio per gli appalti della presidenza del Consiglio. La Procura di Perugia sta andando avanti su questo filone ed è intenzionata a sentire Scajola sull’appartamento del Colosseo, come testimone. Ieri Scajola ha annunciato querela ai quotidiani che avevano pubblicato la notizia (vera anche se imprecisa) dell’assegno. "L'unico immobile che la mia famiglia possiede", ha tuonato il minstro, "in Roma è stato pagato, per la quasi totalità dell’importo, con un mutuo ancora in essere. Escludo categoricamente che sia stata versata alcuna somma in mio favore per tale vicenda o per qualsiasi altra".
Da quello che risulta al Fatto Quotidiano la sua versione è difficilmente conciliabile con quella dei venditori della casa. Questi ultimi avrebbero dichiarato che il prezzo dell’atto è pari a circa la metà del valore reale. L’evasione fiscale non sarebbe il problema più grave per Scajola: la differenza sarebbe stata coperta in parte proprio con l’assegno al centro dell’indagine. Tutto inizia nel 2004 quando l’allora ministro dell’Attuazione del programma, rientrato al governo nel 2003 dopo le dimissioni da ministro dell’Interno nel luglio 2002, compra la casa sul Colosseo: 9,5 vani catastali più cantina. Oggi dichiara di avere pagato solo grazie al mutuo di 700 mila euro e a un piccolo bonifico.
Dai primi accertamenti della Procura di Perugia a quella cifra bisogna aggiungere un assegno di circa 500 mila euro proveniente dal conto corrente dell’architetto Angelo Zampolini, che lavorava per Diego Anemone ed era tra l’altro il direttore dei cantieri del circolo Salaria Village, simbolo degli affari della "cricca" della Protezione Civile. Diego Anemone non lavorava solo grazie ad Angelo Balducci con la presidenza del Consiglio. Nel 2002, per esempio, come ha raccontato Francesco Bonazzi sul Secolo XIX, ottiene dal servizio segreto civile, l’appalto milionario per costruire il Centro di piazza Zama a Roma. A rendere esplosiva l’indagine dei pm perugini Sergio Sottani e Alessia Tavernesi è una coincidenza. Sempre dal medesimo conto corrente dell’architetto Zampolini, dal quale parte l’assegno per casa Scajola, con le medesime modalità e nel medesimo periodo, sono partiti gli assegni usati per comprare due appartamenti intestati al generale Francesco Pittorru, proprio il responsabile dell’area logistica dell’Aisi, l’ex Sisde.
Gli investigatori riflettono sulla cronologia: nel 2002 Anemone - secondo Il Secolo - ottiene l’appalto segretato dal Sisde, proprio nell’area dove lavora Pittorru. Il 2 aprile 2004 davanti al notaio Giancluca Napoleone di Civitavecchia il generale Pittorru con la moglie e i due figli compra (mantenendo per sé l’usufrutto) un appartamento di 5 vani a due passi dalla sede del servizio all’Esquilino. Il 7 luglio 2004 Claudio Scajola (ministro dell’Interno fino a luglio 2002) compra davanti allo stesso notaio l’appartamento vicino al Colosseo. Passano due anni e Pittorru compra un secondo appartamento, molto più grande (7,5 vani catastali) all’Esquilino, proprio di fronte al primo. Per gli acquisti di Pittorru e di Scajola, secondo i venditori, sono stati fatti pagamenti in nero mediante gli assegni di Zampolini, mentre non risulta nulla sulla casa della figlia di Scajola, Lucia, della quale parlavano ieri i giornali, che ha comprato una casa non a Roma bensì a Milano. Nel 2006 e - da quello che risulta al Fatto - senza assegni di Zampolini.
L’architetto di fiducia di Anemone sta per essere sentito in queste ore. E stavolta non potrà ripetere le dichiarazioni fumose del 2008. Per ben quattro volte i suoi movimenti bancari erano stati segnalati dall’Ufficio Italiano Cambi, senza citare Scajola e Pittorru. Nel 2007 il Nucleo Polizia valutaria sviluppa indagini amministrative. Nel 2008 Zampolini viene sentito due volte. Le sue risposte sono fumose e nel settembre 2009 la pratica finisce alla Polizia tributaria di Roma che segnala il caso in Procura. A Roma però nessuno fa il collegamento con Pittorru e Scajola. Solo dopo il trasferimento dell’inchiesta a Perugia per il coinvolgimento del procuratore romano Achille Toro, vengono sentiti i venditori delle case e si arriva ai grandi nomi. A breve il ministro Scajola sarà sentito. Per ora c’è la sua parola contro quella dei venditori. E la versione dei secondi sul prezzo pagato sembra più credibile. Contro il ministro non c’è solo la storia dell’assegno. Ma anche un affaccio unico al mondo.
Da il Fatto Quotidiano del 24 aprile
venerdì 23 aprile 2010
E Berlusconi regala un suv a La Russa "Sapevo che stava per acquistarne uno..."
Subito dopo la presentazione del nuovo mezzo, nel cortile di
Palazzo Chigi, frutto della collaborazione fra la Sollers e la Fiat,
Il ministro ha accettato, ma devolverà il valore dell'auto in beneficienza
ROMA - Qualche maligno dirà subito che si è trattato di un primo regalo - per aver mollato Fini al suo destino - quello ricevuto stamattina dal ministro della difesa, Ignazio La Russa da Silvio Berlusconi. Ma tant'è: il premier ha detto di aver voluto mantenere la promessa di comprare il nuovo Suv della Sollers - lo Uaz 2300 diesel, dotato di tutti gli optional - all'ex "colonnello" di An, ex fedelissimo del presidente della Camera. Come ha annunciato lo stesso Berlusconi, ancora prima di vederlo nel cortile di palazzo Chigi lo aveva già regalato a La Russa. Il premier è sceso nel cortile di palazzo Chigi per presentare il modello frutto di una collaborazione con la Fiat.
Il tempo di accenderla, dare due accelerate e il Cavaliere ha spiegato ai cronisti che quella vettura appena acquistata non era già più sua. "Come avete potuto vedere abbiamo ospitato il primo esemplare di questo Suv prodotto in Russia, grazie a una collaborazione fra il gruppo Sollers e la nostra Fiat, una joint venture - ha aggiunto Berlusconi - che dovrebbe portare, anzi porterà, alla produzione di ben mezzo milione di veicoli entro il 2016".
l Cavaliere ha ripercorso la vicenda dell'acquisto, ricordando il suo impegno a comprare un modello del Suv nel caso i tempi di produzione fossero stati rispettati. Oggi, ha aggiunto Berlusconi, "c'è stato un seguito: questa mattina ho parlato di questo con Ignazio La Russa, il quale mi ha detto che aveva intenzione di comprare un Suv. Allora, in diretta, gliela ho regalata; quindi La Russa sarà il proprietario a cui verrà intestata questa automobile e lui la guiderà personalmente".
Il ministro, dal canto suo, pur avendo accettato il regalo ha detto che devolverà l'equivalente valore in denaro in beneficenza in favore di enti assistenziali della Difesa. "Guiderò personalmente il suv italo-russo sulle colline dell'Etna o del Monte Rosa, dove trascorro qualche giorno delle mie vacanze estive e natalizie".
Il presidente del Consiglio ha quindi accennato alla storia all'origine dell'acquisto di quella prima vettura italo-russa, poi regalata a La Russa. Quando visitò gli stabilimenti in Russia fece una scommessa con Vladimir Putin sulla possibilità di commercializzare il veicolo entro la fine dello scorso anno. Si era in ottobre e Berlusconi si impegnò ad acquistare il primo modello in caso contrario.
"Mi hanno telefonato - ha raccontato il premier - e ho confermato la mia volontà di acquistarla, il concessionario italiano mi ha mandato la fattura che ho prontamente onorato". Il distributore ufficiale Uaz in Italia ha quindi illustrato il nuovo 4x4, 2300 di cilindrata, diesel. Sarà commercializzato in Italia tra due o tre mesi, ma con un nome diverso da 'Patriot', perchè già usato dai modelli Jeep. Il modello consegnato al presidente del Consiglio è il top della gamma, costa circa 23mila euro, mentre il listino parte da circa 20mila euro.
Fini e Berlusconi: l'amore trionfa - Marco Travaglio
Questo Partito dell’Amore, visto in diretta senza rete, è proprio un amore. Colpivano gli sguardi, soprattutto. Tutti molto amorevoli. Teneri. Affettuosi. Si vede proprio che si amano. Lo zenith del sentimento si è registrato quando Fini ha proferito la parola "legalità". Berlusconi ha digrignato i denti e contratto i muscoli facciali, come per sbranarlo all’istante: se Verdini, seduto a fianco, non se lo fosse legato al polso con un bel paio di manette (le porta sempre con sé per ogni evenienza), sarebbe corso il sangue. Intanto l’intera sala, eccettuati alcuni incensurati, grugniva fremente di sdegno. Legalità a noi? Chi ti ha insegnato certe parolacce? Ma allora dillo che sei venuto a provocare! Vai subito in bagno e lavati la bocca col sapone! In effetti, in 16 anni di storia, nessuno aveva mai osato tanto: parlare di legalità in casa del corruttore di Mills, del principale diMangano, dell’amico di Dell’Utri e di Cosentino fortunatamente assenti: avevano subodorato qualcosa.
Non contento, il noto provocatore ha pure osato evocare la Sicilia, altro tabù proibitissimo, specie se accompagnato dal nome "Micciché". Mancava che citasse pure Dell’Utri, poi lo menavano proprio. Ci voleva Fini per far uscire dai gangheri Berlusconi e insegnare come si fa al Pd, che in sedici anni non ci è mai riuscito: basta parlargli di legalità e di libertà d’informazione (due temi dai quali il Pd si tiene a debita distanza, per non passare per antiberlusconiano, non sia mai). E magari smontargli pure il federalismo fiscale (sul quale un anno fa il Pd si astenne e Idv votò sì), anziché ripetere che la Lega ha ragione, bisogna fare come la Lega e dialogare con la Lega. Infatti, con tutto quel che gli aveva detto Fini per un’ora e mezza, Berlusconi gli ha risposto solo su quei temi: del resto s’infischia allegramente (a parte un cenno ai 150 anni dell’Unità d’Italia, sui quali è molto preparato: infatti dice "i 150 anni della storia della nostra Repubblica", quella di re Vittorio Emanuele II di Savoia e del conte Cavour).
Sugli attacchi del suo Giornale a Fini, ha risposto amorevole e sofferente: "Io sulGiornale non ho alcun modo di influire" (versione moderna del "sono forse io il custode di mio fratello?", by Caino). Poi ha aggiunto che il Giornale è in vendita e se Fini ha un amico a cui farlo comprare il problema è risolto, e comunque lo attacca anche Libero, edito dal suo amico senatore Angelucci: dal che si potrebbe dedurre che forse gli attacchi dei giornali di destra a Fini dipendono dai padroni che hanno. Notevole anche il concetto di "super partes" illustrato dal ducetto: Fini non è un presidente della Camera super partes perché ogni tanto critica il governo. Ecco, per lui è super partes solo chi è sempre d’accordo con lui.
Anzi, meglio: chi è di sua proprietà. Tipo Schifani, per dire. Quanto al federalismo fiscale, Fini s’è permesso di ricordare l’impegno di abolire le province (altro tema astutamente disertato dal Pd). Il 31 marzo 2008 il Cavaliere dichiarò nellavideochat del corriere.it : "Non parlo di province, perché bisogna eliminarle...Dimezzare i costi della politica significa innanzitutto dimezzare il numero dei politici di mestiere ed eliminare tanti enti inutili, province, comunità montane...". A Matrix ribadì: "E’ necessario eliminare le province". E a Porta a Porta: "Le province sono tutte inutili e fonte di costi per i cittadini. E’ pacifico che vanno abolite". Ieri invece ha detto: "Aboliremo solo quelle non utili”, tanto abolirle tutte farebbe risparmiare “solo 200 milioni" (falso: sarebbero 6 miliardi l’anno solo per il personale), e soprattutto "non ne faremo di nuove".
Un po’ come per le tasse: in campagna elettorale giurava di tagliarle, ora invece si vanta di non averle aumentate. Come promettere un collier alla fidanzata e poi, se quella si lamenta perché non l’ha ricevuto, replicare: "Ma cara, in compenso non ti ho presa a calci in culo, cosa pretendi di più?".
Ps. Bersani ha commentato l’epico scazzo con una dichiarazione listata a lutto: "Sono divisi, non faranno le riforme". Una bella perdita.
Da il Fatto Quotidiano del 23 aprile