[Carta Capital]
Berlusconi minaccia la democrazia tentando di mettere in pratica un piano messo a punto più di 30 anni fa
Venerdì 11 giugno la prima pagina de La Repubblica, uno dei due quotidiani più importanti e di maggior tiratura in Italia, è uscita completamente in bianco con al centro un’unica nota di chiarimento ai lettori: “La legge bavaglio nega ai cittadini il diritto di essere informati”. In seconda pagina il direttore del giornale Ezio Mauro esponeva il proposito di testimoniare “una violenza nel circuito democratico” portata avanti a forza di legge.
Nel pomeriggio di giovedì 10, il Senato aveva approvato a maggioranza semplice il progetto di legge preparato dal ministro della Giustizia Angelino Alfano sulle cosiddette “intercettazioni telefoniche” svolte dalla polizia su sollecitazione della magistratura che includono tuttavia, secondo la versione ufficiale, altre forme di violazione della privacy dei cittadini. Scrive Roberto Saviano, autore del best seller mondiale Gomorra: “La legge bavaglio non difende la privacy dei cittadini, difende quella del potere”.
Giorni difficili si preparano per il giornalismo italiano, tanto per gli editori quanto per i giornalisti. Le “intercettazioni” non potranno essere pubblicate in versione integrale e nemmeno la loro trascrizione, fino all´inizio del processo. Il giornale che non rispetterà la proibizione subirà multe variabili tra i 30mila e i 450mila euro. Il giornalista si espone al rischio di finire in carcere per un mese. Risulta chiara, tra le altre, l´intenzione di coinvolgere l´editore al punto di forzarlo ad interferire nella linea editoriale del giornale, il che configura una novità assoluta per il giornalismo italiano dove la direzione delle redazioni è affidata esclusivamente ai giornalisti.
Si proibisce alla televisione di riprendere qualsiasi magistrato all´interno del palazzo di Giustizia e ai procuratori di rilasciare dichiarazioni alla stampa e, inoltre, di pubblicare gli atti delle indagini in versione integrale fino al termine dell´udienza preliminare. Nel caso della criminalità organizzata le “intercettazioni” non potranno prolungarsi per più di 75 giorni, con la possibilità di proroga di 72 ore da richiedere previamente a un’istanza superiore. Si immagina che le mafie che infestano la penisola stiano festeggiando dentro le loro tane e perfino alla luce del giorno.
Il posto d’onore al tavolo dei festeggiamenti spetta anche a corruttori e corrotti che trafficano nei corridoi del potere. Se la Legge Alfano fosse già entrata in vigore, le conversazioni telefoniche tra gli imprenditori chiamati a partecipare alla ricostruzione de L´Aquila, ridotta in macerie dopo il terremoto, non sarebbero arrivate a conoscenza dell´attonito e perplesso pubblico. I signori della ricostruzione, convocati dalla Protezione (protezione?) Civile, sono stati intercettati mentre gioivano per il sisma e ringraziavano l´intervento della natura generosa. O sarebbe meglio dire della Provvidenza Divina?
La legge bavaglio è passata al Senato per l´imposizione della maggioranza di destra, chiamata da Silvio Berlusconi al voto di fiducia, in mezzo al tumulto delle proteste dell´opposizione. Al termine del dibattito, i senatori del Partito Democratico hanno abbandonato il maestoso salone del palazzo cinquecentesco rifiutandosi di partecipare alla pantomima. Anche così la strada che lo attende non si presenta tanto agevole per Berlusconi.
Il primo problema sorge all´interno della stessa coalizione di governo. Il secondo ha le fattezze altezzose e composte del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Entrambi, in qualche modo, si intrecciano. Il presidente della Camera Gianfranco Fini, cofondatore del Popolo della Libertà, intravede la gravità della situazione e l´incostituzionalità della legge bavaglio in molti dei suoi punti chiave. Invece Berlusconi protesta costantemente contro una Costituzione che, dice lui, gli lega le mani, e minaccia perfino di riscriverla, ma nulla di tutto ciò facilita le relazioni tra il primo ministro e il presidente della Repubblica, al quale spetta di firmare la legge prima della promulgazione. A ragione, Fini teme che Napolitano rifiuti di firmare ed esiga modifiche. È un diritto che la Costituzione gli conferisce. Che farà Berlusconi? Forse si prepara ad affrontare un presidente che non è la regina di Inghilterra.
Fini teme una crisi istituzionale di dimensioni ed effetti imprevedibili e fa sapere, dall´alto di una carica che glielo permette, che la votazione alla Camera sulla legge bavaglio, la cui approvazione permetterebbe l´invio al tavolo presidenziale, dev’essere preceduta dal dibattito sulle severissime misure economiche previste dal ministro dell´Economia Giulio Tremonti per affrontare la crisi. Fini spera che, posticipando l´approvazione della Camera alla fine di agosto o all´inizio di settembre, la tensione di questi giorni si affievolisca. Non è impossibile che riesca a realizzare il suo piano. Tuttavia è abbastanza probabile che si illuda sulle sue conseguenze.
La minaccia alla democrazia italiana, del resto “incompleta” come sostiene l´ex leader del Pd ed ex sindaco di Roma Walter Veltroni, è fin troppo chiara. Berlusconi è arrivato a paragonarsi a Mussolini, il quale si lamentava di comandare meno dei suoi gerarchi, anche se il parallelo vale solo come caricatura. Il premier assomiglia più, molto di più, al sultano di un triste sultanato dove gli interessi mafiosi e di governo si incrociano. E dove perfino l´unità di Italia, che quest´anno celebra i 150 anni, è messa in scacco dalla Lega nord, della quale, in un certo qual modo, il sultano è ostaggio. È da essa che dipende la sua maggioranza.
Mussolini parlava di ingerenza dei suoi gerarchi, i sottoposti che lo circondavano. Berlusconi è accerchiato da lacchè, a cominciare dal ministro Alfano. In ogni caso, mai come adesso i legami tra la criminalità organizzata e il governo sono stati tanto portati alla luce. Due settimane fa il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, interrogato sull´onda degli attentati mafiosi iniziati con gli assassini dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e conclusasi con diverse bombe esplose nella prima metà del 1993 (una a Firenze, vicino al museo degli Uffici, con morti, feriti e danni al patrimonio artistico), ha fornito una spiegazione politica. Perchè gli attentati cessarono repentinamente? Grasso prospetta un’ipotesi inquietante: si voleva creare un clima in grado di favorire la nascita di una nuova “entità politica”.
Il 2 giugno l´ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha dato seguito alle parole di Grasso. Primo ministro nel 1993, in un´intervista di grande impatto ha detto di aver temuto all´epoca l´imminenza di un colpo di Stato, soprattutto nella notte dell´esplosione di una bomba a Roma, quando l´energia elettrica della capitale venne tagliata per molte ore. Ciampi concorda con il procuratore antimafia: l´obiettivo potrebbe essere stato quello di creare una forza politica disposta a mantenere intatte le relazioni tra governo e mafia. Tutto un regime di reciproci favori.
Seguendo questa misteriosa pista si torna al 1981, quando la scoperta della loggia massonica Propaganda 2, più conosciuta come P2, suscitò uno dei più fragorosi scandali politici della storia repubblicana italiana. Loggia “coperta”, ovvero segreta, che aveva l´obiettivo di sovvertire il modello sociopolitico vigente e guidata da un imprenditore toscano, Licio Gelli, abile trasformista durante la guerra, diviso tra l´adesione al fascismo in declino mentre organizzava una fuga di partigiani prigionieri. Tra il 1976 e il 1981 la P2 ebbe un notevole sviluppo e arrivò a fare proseliti in Sudamerica, Brasile incluso.
Nel quadro delle indagini sul presunto sequestro dell´avvocato e uomo d´affari Michele Sindona, i giudici istruttori autorizzarono un blitz della polizia nel casolare e nella fabbrica di Gelli. L´operazione portò alla luce una lista di circa mille affiliati alla P2, tra i quali lo stesso Sindona. Gelli scappò in Uruguay. Una commissione parlamentare portò alla luce che la loggia intendeva assumere le redini del potere secondo un “piano di rinascimento” destinato a collocare nei posti di comando dello Stato esponenti della P2.
Tra le figure che dovevano essere reclutate vi era Giulio Andreotti, sette volte primo ministro, lo stesso che abbandonò Aldo Moro al suo destino nelle mani delle Brigate Rosse nel momento in cui quest´ultimo negoziava l´alleanza tra la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista di Enrico Berlinguer, il compromesso storico. Tra gli altri spiccavano i leader non solo della DC, ma anche del partito Socialista, a cominciare da Bettino Craxi che diventerà premier, dei socialdemocratici e dei repubblicani. Si prevedeva di porre sotto controllo dell´Esecutivo il Consiglio Superiore della Magistratura, separare le carriere dei magistrati, rompere l’unità sindacale, abolire il monopolio della televisione statale Rai. Punti questi che fanno parte dell´attuale programma di Silvio Berlusconi, ex possessore della tessera n. 1816 della P2. La quale arrivò a contare più di duemila affiliati, tra essi tre ministri del governo dell´epoca, 44 parlamentari, 39 generali, 8 ammiragli, 4 brigadieri, oltre ad imprenditori, banchieri e figure centrali della società influente dell’epoca.
Non mancavano nella lista vari giornalisti, alcuni dei quali coinvolti nell´operazione condotta dalla P2 per annettere al progetto il Corriere della Sera dopo aver provocato il fallimento della famiglia Rizzoli, proprietaria del giornale, grazie all´inestimabile collaborazione del banchiere Roberto Calvi e dello IOR, la banca del Vaticano, considerata più sicura delle Cayman o della stessa Svizzera, all´epoca affidata alla competenza di monsignor Marcinkus, quel corpulento prelato che accompagnò Giovanni Paolo II nella sua visita in Brasile nel 1980.
Arrestato, Sindona venne avvelenato in carcere, mentre il cadavere di Calvi penzolava da una corda sotto un ponte di Londra, a simulare un impossibile suicidio.
Quanto a Gelli, oggi 90enne, vive agli arresti domiciliari nella sua bella villa toscana nei pressi di Firenze. Il mistero avvolge ancora oggi il nome del supremo sacedote della loggia. Secondo la vedova Calvi, sarebbe Andreotti, monumentale ipocrita, protagonista del film Il Divo, oggi 90enne e senatore a vita.
Condannato per collusioni varie con la mafia siciliana e per l´assassinio del giornalista Mino Pecorelli, non fu mai assolto come molti credono con l´approvazione del suo sguardo accondiscendente. Si dá il caso che fu condannato appena per “associazione di stampo mafioso”, ma la pena venne prescritta.
Alcuni dei punti programmatici della P2 sono stati realizzati ancor prima che Berlusconi diventasse capo del governo per la prima volta nel 1994. Craxi, quando era primo ministro, aprì all´ex piduista le porte della TV privata. È in corso il tentativo di raggiungere altri obiettivi della famigerata loggia e l´Italia viaggia in direzione di un sultanato che fa vergognare un paese con tremila anni di storia. E non manca l’evidenza che, una volta cessati all’improvviso gli attentati mafiosi, la nuova “entità politica” irruppe sulla scena: Forza Italia, il primo partito politico di Berlusconi. Quello che ora ha la faccia tosta di presentarsi come il Popolo della Libertà.
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