mercoledì 15 dicembre 2010

Trattativa Stato-mafia, i pm interrogheranno Gianni De Gennaro



PALERMO – Una conversazione tra due funzionari della Dia sul progetto di ‘’dissociazione’’ captata nel ’92 dalle orecchie attente di Gaspare Mutolo e riferita pochi mesi fa ai pm nisseni. I misteri dell’estate dei veleni dell’89, con il ritorno di Contorno in Sicilia e le misteriose lettere del Corvo che alimentarono polemiche violentissime sul fronte antimafia. E persino i buchi neri del fallito attentato dell’Addaura, che Falcone attribui’ a ‘’menti raffinatissime’’.

L’indagine sulla strage di via D’Amelio, oltre al livello militare mafioso, ha imboccato con decisione la pista del contesto politico-istituzionale con gli interrogatori dei vertici dello Stato, investigativi e de servizi segreti dell’epoca. E ora la procura di Caltanissetta ha deciso di mettere in calendario l’audiziome, nelle vesti di testimone, del capo degli 007 italiani Gianni De Gennaro.

Non sarà il signor Franco, e neppure il suo diretto superiore, come insinua Massimo Ciancimino. Ma l’ex capo della polizia, ex collaboratore e amico di Giovanni Falcone, e oggi al vertice del Dis, il dipartimento informazioni per la sicurezza, è l’asso dell’antimafia che, secondo i pm nisseni, meglio di chiunque altro può raccontare tutte le strategie di contrasto adottate in Italia contro Cosa nostra dal pentimento di Masino Buscetta in poi, cercando di illuminare i numerosi punti oscuri. E per questo motivo i pm di Caltanissetta che indagano sulla strage di via D’Amelio sentiranno proprio lui, De Gennaro, l’amico dell’Fbi, il bureau americano che dopo le accuse di Ciancimino jr – per bocca del direttore Robert S. Mueller – non ha perso tempo a intessere pubblicamente i suoi elogi. ‘’Per quasi trent’anni De Gennaro è stato un amico fidato e un partner dell’ Fbi e delle forze dell’ordine Usa – ha detto Mueller – . E’ un leader che ha dato un contributo significativo alla lotta contro il crimine organizzato e il terrorismo’’.

L’obiettivo dei magistrati nisseni Sergio Lari, Nico Gozzo, Nicolo’ Marino e Amedeo Bertone, che hanno appena indagato per calunnia il figlio di don Vito, è quello di farsi raccontare per filo e per segno dal capo del Dis la storia della lotta al crimine organizzato nel nostro paese e le sue alterne vicende, fatte di luci e ombre, prima e dopo la caduta del muro di Berlino. E se i pm hanno chiaramente mostrato di non credere alle parole di Massimo Ciancimino che – tra fughe in avanti e retromarce – ha avvicinato De Gennaro al misterioso signor Franco, lo 007 che avrebbe monitorato, passo dopo passo, il negoziato tra Stato e mafia, i magistrati sono curiosi di sapere se il capo del Dis, in quel periodo a cavallo tra le stragi di Capaci e via D’Amelio, ha avuto rapporti con don Vito Ciancimino, con i carabinieri del Ros di Mario Mori, ma anche – e soprattutto – se e cosa sapeva della trattativa in corso in quei mesi.

Una domanda legata ad una circostanza, appresa solo recentemente: il pentito Gaspare Mutolo, infatti, ha raccontato due mesi fa ai pm di Caltanissetta di aver saputo – in quell’estate del ’92 – di manovre in corso per la dissociazione, ascoltando casualmente una conversazione tra due esponenti della Dia, e ne ha indicato i nomi. Uno dei due, oggi in pensione, sentito dagli inquirenti, ha confermato tutto: all’interno della struttura investigativa antimafia, in quel periodo di confusione istituzionale, nel pieno dell’allarme stragista, si discuteva già della dissociazione dei boss detenuti come di una possibile soluzione all’emergenza mafiosa. Anche De Gennaro sapeva? E’ quello che i pm gli chiederanno, nell’interrogatorio che dovrebbe essere calendarizzato prima dell’anno nuovo.

E non solo. A De Gennaro, che era il diretto superiore di Arnaldo La Barbera, il capo della squadra Mobile di Palermo che fece arrestare Vincenzo Scarantino, trasformatosi poi nel falso pentito che per diciotto anni ha consegnato alla giustizia e all’opinione pubblica una falsa verita’ su via D’Amelio, i pm chiederanno di ricostruire la storia della lotta a Cosa nostra fin dall’annus horribilis dell’antimafia: il 1989. In quella primavera di veleni, La Barbera che proprio in quei mesi era a libro paga del Sisde con il nome in codice di ‘’Rutilius’’, arrestò il 26 maggio in una villetta di San Nicola l’Arena, località balneare vicino Palermo, il pentito Totuccio Contorno, ex fedelissimo di Stefano Bontade (il capofila dei clan avversi ai corleonesi) ufficialmente superprotetto negli Usa, ma in realtà sbarcato in Sicilia e ospite dei cugini Grado. In quei mesi 17 mafiosi alleati diTotò Riina restarono sull’asfalto, crivellati di colpi. Il Corvo attribuì quella mattanza nel “triangolo della morte’’ (Bagheria, Altavilla, Casteldaccia), alla caccia spietata di Contorno, e la responsabilità di aver fatto rientrare il pentito in Sicilia ‘’con licenza di uccidere’’ proprio a De Gennaro, accusato di avere ideato con Falcone ‘’l’utilizzazione dinamica del collaboratore sul territorio’’. Accuse poi dissolte nel nulla; in quell’occasione il superpoliziotto si difese con grande fair play ed efficacia, e uscì incolume da quei veleni, ma la Commissione Antimafia dovette secretare centinaia di pagine di intercettazioni telefoniche che documentavano anche i contatti tra il De Gennaro e il pentito, presunto giustiziere, poi prosciolto da ogni accusa.

Contemporaneamente, nel giugno dell’89, una borsa con 58 candelotti di esplosivo veniva rinvenuta sulla scogliera dell’Addaura, a pochi metri dalla villa dove risiedeva Giovanni Falcone che, scampato alla morte per un soffio, attribuì quel fallito attentato a “menti raffinatissime’’. Anche stavolta, il capo del Dis ha reagito con la solita compostezza alle accuse di Ciancimino junior che lo vogliono ‘’vicino al signor Franco’’. E dopo aver incaricato i suoi legali di denunciare il teste per calunnia, si e’ limitato a dichiarare: “Le affermazioni del signor Ciancimino – ha detto – mi lasciano del tutto indifferente, tanto evidente e’ la loro falsita’. Non mi lascero’ intimidire da quest’ennesimo attacco mafioso, cosi’ come non mi hanno mai fermato e intimidito i ripetuti attentati alla mia vita’’.

martedì 14 dicembre 2010

Concessa la cauzione ad Assange Ricorso della Svezia. Nuova udienza entro 48 ore.



La Svezia ha deciso di fare ricorso contro il rilascio su cauzione di Julian Assange. Lo hanno comunicato i rappresentati della procura britannica, che parlano a nome delle autorità svedesi. Nel pomeriggio la magistratura inglese ha concesso la libertà su cauzione per la cifra di 240mila sterline a Julian Assange, accusato dalla magistratura svedese di stupro e molestie nei confronti di due donne (Leggi l’articolo).

In attesa della prossima udienza, che si terrà entro 48 ore, il fondatore di Wikileaks dovrà presentarsi ogni giorno alla polizia per garantire che non ha lasciato il Paese. La decisione die magistrati di rilasciare Assange era stata accolta da applausi dentro e fuori la corte. Un legale in rappresentanza della Svezia aveva subito annunciato di voler presentare ricorso contro la decisione dei magistrati inglesi.

L’avvocato di Assange, Geoffrey Robertson,aveva detto che l’hacker australiano è pronto a restare “agli arresti domiciliari” a casa di Vaughan Smith, il fondatore del Frontline Club, il circolo per giornalisti dove Assange ha risieduto a più riprese prima dell’arresto.

Il magistrato di Westminster che ha concesso la libertà su cauzione per Julian Assange ha imposto alcune restrizioni. Il 39enne australiano avrà un obbligo di domicilio, potrà uscire solo a orari prestabiliti e dovrà indossare un braccialetto elettronico per essere sempre localizzabile. Il giudiceHoward Riddle ha spiegato che rispetto alla prima udienza del 7 dicembre si è attenuato il pericolo di fuga. Tuttavia ha imposto per Assange l’obbligo di firma in un commissariato ogni giorno alle 18 e il divieto di uscire di casa dalle 10 del mattino alle 14 e dalle 22 alle due del mattino successivo.

Assange, giaccia nera e camicia bianca, non ha mai parlato nell’aula ai giornalisti che affollavano l’aula. In precedenza aveva fatto uscire una dichiarazione in cui sfidava chi lo attacca: “Faccio appello al mondo perché protegga il mio lavoro e i miei cari da questi atti illegali e immorali”, ha affermato in una dichiarazione raccolta al telefono dalla madre Catherine a cui è stato negato il permesso di visitarlo in carcere. “Le mie convinzioni non si indeboliscono, resto fedele agli ideali che ho espresso”. Assange ha anche attaccato Visa, Mastercard e PayPal che hanno sospeso la raccolta di offerte per il suo sito e che ha definito “uno strumento della politica estera americana”. Intanto il governo britannico si prepara a fronteggiare un’ondata di cyberattacchi nel caso fosse concessa l’estradizione di Assange: nel mirino degli “hactivisti” ci sarebbe in particolare il sito delle imposte. L’avvocato britannico di Julian Assange, Mark Stephens, ha riferito che a Washington sarebbe stato creato “in segreto un gran giuri’” per definire le prove che possono essere raccolte negli Stati Uniti contro il fondatore di Wikileaks. Se quet’affermazione fosse vera, significherebbe che l’incriminazione è vicina.

Quanto alla popolarità dell’hacker australiano, se Assange raccoglie sostegno in Europa, un sondaggio del Washington Post e Abc, registra come l’opinione degli americani sia controversa e tendenzialmente negativa. Secondo il rilevamento, il 69% degli intervistati è convinto che i dispacci diplomatici pubblicati abbiano messo a rischio gli interessi degli Stati Uniti ed il 59% crede che Assange debba essere incriminato e arrestato dagli Stati Uniti. Le autorità federali stanno valutando la possibilità di incriminare il fondatore del sito che nei mesi scorsi ha diffuso centinaia di migliaia di documenti riservati del dipartimento di Stato e del Pentagono sulla base dell’Espionage Act. Ma la possibilità che i magistrati di Londra – dove è Assange è detenuto dallo scorso 7 dicembre – possano decidere una sua estradizione in Svezia, dove è accusato di stupro, potrebbe complicare le cose. Naturalmente si registra una certa differenza nei giudizi espressi dagli intervistati più giovani, e più appassionati ad Internet ed ai nuovi modelli di comunicazione e informazione: il 30% degli intervistati tra i 18 e i 29 anni, una percentuale doppia di quelli over 50, ritiene infatti che le pubblicazioni di Wikileaks siano state utili per l’interesse pubblico, e per il 46% Assange non deve essere considerato un criminale.

Secondo i lettori di Time Magazine Julian Assange è invece l’uomo dell’anno. Il sondaggio online realizzato dai lettori del settimanale statunitense, che si è appena concluso, lo vede ampiamente in testa con oltre 380mila voti, davanti al premier turco Tayyip Erdogan (oltre 233mila) e la cantante Lady Gaga (oltre 146mila voti). Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama giunge al sesto posto con poco più di 27mila voti.

Alla fine dell’udienza Julian Assange ha lasciato il tribunale di Westminster in un furgone bianco diretto alla prigione di Wandsworth dove ha passato l’ultima settimana. “Julian è arrabbiato – ha detto il suo legale -. Sa di aver ragione e si batterà per tornare libero”.

Roma, disordini su Ponte Cavour al passaggio degli studenti.


Scontri al Senato tra studenti e forze dell'ordine.


Catia Polidori, l’ombra di B. si chiama mr Cepu. Barbareschi: “E’ stata minacciata”



La finiana che ha regalato la fiducia al Cavaliere è legata al patron dell'istiuto per la preparazione universitaria, i cui soni sono alcune società offshore. Per questo gli uomini di Fli attccano: "E' corruzione di pubblico ufficiale".

Catia Polidori, cugina del fondatore di Cepu Francesco Polidori, si è dissociata da Futuro e Libertà votando a sorpresa la fiducia a Berlusconi. C’entra qualcosa Mr. Cepu in questo cambio di opinione? Sembra convinto il deputato Luca Barbareschi che addirittura parla di “corruzione di pubblico ufficiale”. Quindi rilancia: “E’ stata minacciata”. L’ex finiana ribatte: “nessuna parentela”. Ma a farsi la domanda è anche il mensile Campus, la più importante testata italiana dedicata agli studenti. “Si sa che i cugini Polidori sono in ottimi rapporti”, scrive Giampaolo Cerri, direttore di Campus, sul blog della rivista. “L’ha confermato Catia ai primi di agosto in un’intervista alCorriere della Sera, quando si parlava del possibile contributo di Francesco alla macchina propagandistica del Pdl”.

Il 19 luglio scorso Polidori era riuscito a portare Berlusconi all’eCampus di Novedrate (Como), dove, nella mezz’ora concessa dal premier, “il patron del Cepu è riuscito a ricavare una dichiarazione pubblica circa il mantenimento del valore legale del titolo di laurea, a pochi giorni da un pronunciamento opposto del responsabile università del Pdl”, continua Cerri. “E’ proprio su questo valore che si regge tutto il sistema delle università telematiche, eCampus inclusa”.

A Campus appare oggi sospetto “tutto il lavorio di Mariastella Gelmini sul Decreto di Programmazione 2010-2012, che prevede la possibilità per gli atenei telematici di convertirsi in tradizionali”. Non solo: il Pdl in Commissione cultura della Camera, si è speso “per far approvare un subemendamento alla riforma che permettesse di finanziare le università online”. Che ruolo ha avuto Catia Polidori in quel subemendamento – votato anche dai finiani? Lo sapremo presto. Intanto, mentre ci arrovelliamo sui risultati del voto di fiducia, l’imprenditore umbro Francesco Polidori si starà godendo lo spettacolo dalla sua casetta a San Marino, dove risiede da tempo ed è entrato a far parte del corpo diplomatico come “console a disposizione”.

Ma gli affari di Cepu girano su ben altri paradisi fiscali. Cesd Srl, la società depositaria del marchio, con sede a Roma, ha un capitale di 5,903 milioni di euro, interamente controllato da una holding lussemburghese, la JMD International SA. Se si va a spulciare nello statuto della holding, si scopre che è stata creata il 30 aprile 2007, con un capitale iniziale di 31.000 euro, tutti in mano a una fiduciaria panamense, la Grandbridge Corp., il cui presidente Luis Alberto Laguna, è uno dei tanti prestanome del piccolo staterello sullo stretto. Chi stia veramente dietro la Grandbridge Corp., al vertice dell’impero Cepu, non è dato sapere.

Catia Polidori però rispedisce le accuse al mittente. “Ho votato contro la sfiducia al Presidente del Consiglio perché è fondamentale non privare il Paese di un Governo che possa garantire la stabilità che il momento attuale richiede. Rimango coerente con me stessa per aver dichiarato dal 29 luglio in poi che, pur approvando l’azione di stimolo promossa da Futuro e Libertà sin dalla sua fondazione, non avrei mai votato contro il Governo”

Il finiano Luca Barbareschi dà, però, un’altra lettura del voto. “E’stata minacciata per le sue aziende. Le hanno detto che le chiudevano le sue aziende”. Quindi l’attore e politico ha chiarito le sue parole: ”

Il voto contrario alla mozione di sfiducia espresso da Catia Polidori e’ semplicemente vergognoso”. Lo ha detto il finiano Luca Barbareschi conversando con i giornalisti a Montecitorio. “Questa è corruzione di pubblico ufficiale. Sappiamo per certo che la Polidori, la cui azienda di famiglia è il Cepu, ha ottenuto rassicurazioni che la favoriscono”. Barbareschi ha poi aggiunto che “anche se il governo reggesse per uno o due voti, sarebbe un voto inutile”. Lei perà smentisce: “’Ho provato a difendermi su vari quotidiani e ho scritto persino al Corriere della Sera, ma loro hanno pubblicato la mia lettera piccina in un angolo e credo che nessuno se ne sia accorto. Quindi lo ripeto a voi: con la Cepu nessuna parentela. Mio fratello ha una piccola fabbrica di ceramiche. Tutto qui”.


Le grandi città sotto assedio


Oltre agli scontri di Roma, tensione anche a Milano durante l'irruzione degli studenti nel palazzo della Borsa. Cortei a Genova, Napoli, Palermo

Nel giorno in cui il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi salva il governo per un soffio (tre voti in più), in tutta Italia le grandi città sono sotto assedio. Centro della protesta la Capitale dove, dopo il voto alla Camera, i manifestanti continuano a scontrarsi con la polizia nelle vie del centro. Ma anche nelle altre città, specie a Milano, ma anche Genova, Palermo, Napoli, Bari, Venezia, Vicenza e Padova, Cosenza e Savona – nel corso della mattinata si sono svolti cortei con alcuni momenti di forte tensione.

Milano - Tensione tra piazza Fontana e via Larga. Una cinquantina di manifestanti dei centri sociali, dopo aver raggiunto il corteo, ha lanciato uova e sassi contro le forze dell’ordine. “Armati” di palloncini pieni di vernice, i ragazzi hanno cercato di avvicinarsi alla polizia senza però arrivare al contatto. Il corteo degli studenti arrivato all’altezza di piazza Fontana, si è diviso in due tronconi: mentre una parte confluiva nella piazza come previsto dall’organizzazione, un’altra parte ha deciso di proseguire la marcia per raggiungere i giardini di via Palestro. Il cambio di tragitto sarebbe stato concordato in corso d’opera con la questura. Il momento di massima tensione si è avuto quando un gruppo di studenti ha fatto irruzione nella sede della Borsa di Milano. I giovani, sotto l’insegna dell’ordinamento dei collettivi studenteschi di Milano e Provincia, sono riusciti a intrufolarsi all’interno di Palazzo Mezzanotte, mentre il servizio di sicurezza ha provveduto a sprangare le altre entrate. Gli studenti, alcuni con il volto coperto, hanno alzato uno striscione con la scritta: “Accozzaglia di affaristi, razzisti, ladri, mafiosi. Fund our future (Finanziate il nostro futuro, ndr). Dovete darci il denaro”. Intonando cori, il gruppo ha ricoperto la facciata di Palazzo Mezzanotte di volantini: “Join the resistance of new Europe (Unitevi alla resistenza della nuova Europa)”, “Dovete ridarci il denaro”. All’arrivo dei carabinieri, gli studenti sono stati obbligati a uscire dal palazzo della Borsa senza incidenti. Il gruppetto ha conquistato il centro della piazza e ha continuato a intonare cori contro il mondo degli affari economici e il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. La manifestazione è terminata con un lancio di petardi contro le forze dell’ordine.

Palermo - Gli studenti hanno occupato i binari della metropolitana dell’aeroporto di Palermo per protestare contro Trenitalia che impedisce la partenza dei manifestanti protagonisti del blocco del “Falcone-Borsellino” diretti a Roma. Per dare loro manforte, un migliaio di giovani sta occupando i binarie la biglietteria della stazione centrale. Anche gli accessi del porto e le principali strade cittadine sono state occupate dai manifestanti. Dopo i blocchi all’aeroporto, alla stazione centrale e al porto, un corteo non autorizzato di oltre 30 mila studenti si è diretto al palazzo dell’Ars.

Genova - Il corteo è iniziato con l’occupazione del varco portuale di Ponte Etiopia in prossimità del quartiere di Sampierdarena. Gli studenti hanno srotolato lo striscione ‘studenti e lavoratori uniti verso lo sciopero generale’ e hanno letto al megafono l’articolo 9 della Costituzione e la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

Napoli - A scendere in piazza nel capoluogo partenopeo gli aderenti all’Uds, mentre gli universitari del movimento studentesco napoletano sono partiti, questa mattina presto, a bordo di 24 autobus alla volta di Roma. Gli organizzatori, proprio ieri, avevano sottolineato come avessero preferito una presenza maggiore nella Capitale, per dare peso alla protesta, e non manifestare in città. Il concentramento della manifestazione di Napoli è avvenuto alle 9.30 in piazza Mancini, nei pressi della stazione Centrale. I ragazzi, dopo aver attraversato corso Umberto e via Medina, si sono diretti in Piazza del Plebiscito dove è finita la protesta. Lungo il percorso non si sono registrati tensioni né incidenti con le forze dell’ordine.

Bari - Due i cortei studenteschi che dalle 10 di questa mattina stanno tenendo in scacco il traffico e le forze dell’ordine in una manifestazione contro il decreto Gelmini. Uno dei cortei è partito dalla facoltà di Scienze politiche occupata, con l’adesione degli studenti medi. L’altro corteo si è mosso dalla zona del Politecnico e di ingegneria occupata da diversi giorni e si è diretto anch’esso verso il centro della città. Imponente dello schieramento della forze dell’ordine, mentre i vigili urbani hanno provato a gestire la difficile situazione del traffico. Tre studenti che hanno tentato di occupare i binari di un passaggio a livello alla periferia della città sono stati bloccati dalla polizia e condotti in questura. Fino a ieri diversi licei cittadini risultavano occupati o in assemblea permanente mentre gli universitari e i ricercatori della facoltà scientifiche a umanistiche hanno tenuto lezioni all’aperto nelle piazze del centro storico del capoluogo pugliese.

Venezia, Vicenza e Padova - Ennesima protesta, con salita sul Ponte di Rialto contro la riforma della scuola e contro il governo Berlusconi. Iniziative di protesta anche a Vicenza e Padova. Nel centro storico lagunare un corteo ha sfilato dalla stazione ferroviaria fino a Rialto. Secondo fonti della Rete degli studenti, sono circa 1.500 i giovani che hanno gridato slogan e mostrato striscioni. Oltre a protestare contro la riforma Gelmini, gli studenti hanno attaccato il governo. Su uno degli striscioni era scritto: “la nostra fiducia non l’avete”. La manifestazione – secondo fonti della Questura – si è svolta senza problemi. A Vicenza sono scesi in piazza in 3mila con assemblea finale nel cortile di una scuola. Gli studenti hanno aperto il loro corteo con uno striscione riferito al governo Berlusconi con la scritta “Loro cadono noi ci alziamo” e “Maria Stella cadente”, quest’ultimo riferito alla Gelmini. A Padova circa 300 studenti hanno ‘occupato’ le piazze del contro città, al grido “Noi la crisi non la paghiamo”.

Cosenza - Lo svincolo di Cosenza nord dell’ autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria è chiuso a causa di una manifestazione promossa da un gruppo di studenti dell’ Università della Calabria contro la riforma degli atenei promossa dal Ministro Gelmini. Gli studenti hanno raggiunto lo svincolo dell’autostrada, provocandone il blocco, dopo avere tenuto un’assemblea nell’Aula magna dell’Università, che è da tempo occupata.

Savona - Un corteo composto da un migliaio di studenti ha occupato pacificamente la storica fortezza del Priamar per protestare contro la riforma dell’Istruzione. Gli studenti, appartenenti alle scuole medie e superiori, si sono radunati in mattinata in piazza Sisto IV per poi raggiungere l’antica fortezza, sulle cui mura è stato srotolato un grande striscione con scritto “Savona risponde”.




Berlusconi incassa la fiducia. E Bossi apre all’Udc: “Da noi nessun veto”


Rissa in aula dopo il voto della finiana Polidori a favore del Governo. Per tre voti di scarto Silvio Berlusconi incassa la fiducia anche alla Camera dei Deputati. Una maggioranza risicatissima, che non garantirà governabilità e che spingerà a un rimpasto dell’esecutivo, ma lo scontro con il nemico Gianfranco Fini è stato vinto dal premier proprio grazie alle finiane Polidori e Siliquini che hanno votato no alla mozione di sfiducia sostenuta da Futuro e Libertà. Alla fine il risultato è 314 a 311, con due astenuti. Dopo la fiducia alla Camera, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha incontrato a palazzo Chigi il leader della Lega Nord, Umberto Bossi, e il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Alle 17 il premier salirà al Quirinale per riferire l’esito del voto al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. “Vorrà godersi la vittoria”, commenta Bossi. Che apre a un possibile ingresso dell’Udc nell’esecutivo. “Non c’è veto all’Udc. C’è il problema del federalismo ma non basta”, ha detto il leader della Lega Nord. Intanto Gianfranco Fini ha fatto sapere di non essere intezionato a dimettersi.

Domenico Scilipoti e Massimo Calearo hanno votato contro la sfiducia al governo nell’Aula della Camera. Contro la sfiducia ha votato anche Bruno Cesario. Alla votazione erano presenti in tutto 627 deputati, ma i votanti sono stati 625, in seguito all’astensione dei deputati della Svp. Quando il presidente Gianfranco Fini ha proclamato il risultato della votazione si è scatenato un applauso. Dai banchi di Pdl e Lega si è subito urlato in coro “dimissioni, dimissioni!”. A seduta sospesa si è sentito cantare l’Inno di Mameli. Contro la sfiducia e quindi a favore della maggioranza hanno votato i 235 deputati del Pdl; i 59 della Lega, 11 di Noi Sud (non ha votato Antonio Gaglione); Francesco Nucara, Francesco Pionati, Maurizio Grassano , Gianpiero Catone, Maria Grazia Siliquini, Catia Polidori, Domenico Scilipoti, Bruno Cesario e Massimo Calearo, A favore della sfiducia si sono espressi i 206 deputati del Pd; i 22 dell’Idv; i 35 dell’Udc; 31 di Fli (non ha partecipato al voto Silvano Moffa e come detto all’ultimo momento Siliquini e Polidori si sono schierate con il centrodestra); i 6 di Api; i 2 Liberaldemocratici; i 5 Mpa e Giorgio La Malfa, Giuseppe Giulietti, il rappresentante della Valle d’Aosta Rolando Nicco e Paolo Guzzanti. Astenuti infine i due esponenti della Svp. Come prassi non ha votato il presidente della Camera Gianfranco Fini.

Dopo il voto alla Camera il segretario del Pd Pierluigi Bersani ha riunito i vertici del partito a Montecitorio. Alla riunione sono presenti tra gli altri Massimo D’Alema, Walter Veltroni, Beppe Fioroni, Dario Franceschini. Mentre Gianfranco Fini ha riunito Futuro e Libertà subito dopo la bocciatura della mozione di fiducia a Montecitorio. Nello studio del presidente della Camera, Bocchino; Briguglio; Granata; Napoli; Bellotti; Barbareschi; Germontani; Rosso e altri finiani.

I commenti dell’opposizione

Proprio il presidente della Camera Fini ha commentato l’esito del voto: “La vittoria numerica di Berlusconi è evidente quanto la nostra sconfitta, resa ancor più dolorosa dalla disinteressata folgorazione sulla Via di Damasco di tre esponenti di Futuro e Libertà. Che Berlusconi non possa dire di aver vinto anche in termini politici sarà chiaro in poche settimane”.

Critiche anche dal segretario del Pd, Pierluigi Bersani: “E’ una vittoria di Pirro, abbiamo il governo Scilipoti-Razzi, si è verificata una vicenda totalmente scandalosa di compravendita di voti, che consegna al Paese un governo più debole e un’opposizione piu’ampia, e l’esecutivo e’ nella palese impossibilita’ di dare una rotta”. E sugli stessi toni si è espresso il segretario dell’Idv, Antonio Di Pietro: “Al di là del computo dei venduti, c’è una sconfitta politica del governo e dunque il premier deve prendere atto che la maggioranza politica non c’è più”. Dunque – ha proseguito Di Pietro - “il premier e’ a un bivio: restare dov’e’ con un governicchio per avere il lodo Alfano o andare dal presidente della Repubblica e avviare la crisi per verificare se c’e’ una maggioranza politica”. In caso contrario, “si va al voto e per noi prima ci si va e meglio è”.

Il futuro della maggioranza

Se il Pdl esulta alla notizia della fiducia conservata – il ministro Romani è andato persino ad abbracciare Giampiero Catone dicendogli “maggioranza risicata ma sufficiente per andare avanti” – l’alleato leghista comincia a fare sentire i propri mugugni. Già stamattina Umberto Bossi diceva: “Il voto è l’unico modo per portare igiene in questo casino”. E sulla stessa linea si è fatto sentire anche il ministro Maroni: ““Meglio vincere che perdere. Oggi abbiamo chiuso il primo tempo di una partita che però non si è conclusa. Se Berlusconi riuscirà ad allargare la maggioranza ai moderati, al fischio finale della partita – ha continuato - potremo continuare a governare. Se non riuscirà a farlo, bisognerà andare al voto”.