sabato 22 gennaio 2011

Dalla questura al sesso con Ruby le dieci menzogne di Berlusconi.

Ecco le prove che smentiscono l'autodifesa del Cavaliere sullo scandalo che lo ha investito

di GIUSEPPE D'AVANZOCASO RUBY
Si contano dieci menzogne nell'intervento televisivo di Silvio Berlusconi. Qui di seguito dimostriamo come le parole del premier siano variazioni falsarie. Costruiscono per l'opinione pubblica una fiction che appare in gran parte fasulla anche alla luce di quel che è già emerso dai documenti dell'inchiesta di Milano. Le bugie nelle dichiarazioni del presidente del Consiglio devono negare come e perché sia riuscito ad esfiltrare dalla questura, sottraendola alla tutela dello Stato, una minorenne accusata di furto. Una minorenne con la quale il capo del governo ha intrattenuto, per lo meno per tre mesi, una relazione molto intensa, al punto che ci sono tra i due 67 contatti telefonici in 77 giorni. Impossibilitato a raccontare la verità su quella relazione, il premier è costretto a mentire ancora: parla di persecuzione giudiziaria; inventa una violazione della sua privacy; accusa la polizia di aver maltrattato le sue amiche: è un'autodifesa che non accetta di essere verificata. "Non mi devo vergognare", dice Berlusconi. Le sue dieci bugie lo dovrebbero convincere non solo a vergognarsi, ma anche ad assumersi la responsabilità di fare chiarezza davanti ai giudici e dinanzi al Paese. Ecco dunque le dieci bugie che, se necessario, integreremo nel corso del tempo.

1. "Non ho minacciato nessuno"
Dice il premier: "Vi leggo le risposte del funzionario al pubblico ministero dove descrive la mia
telefonata: L'addetto alla sicurezza mi disse dottore, le passo il presidente del Cosiglio perché c'è un problema. Subito dopo il presidente del Consiglio mi ha detto che vi era in questura una ragazza di origine nord africana che gli era stata segnalata come nipote di Mubarak e che un consigliere regionale, la signora Minetti, si sarebbe fatta carico di questa ragazza. La telefonata finì così". Ma vi pare che questa possa essere considerata una telefonata di minaccia?".
Berlusconi sa di mentire perché non ci fu una sola telefonata con il capo di gabinetto. Come si legge nell'invito a comparire il funzionario riceve ripetute e "ulteriori chiamate dalla presidenza del Consiglio" (la procura ha escluso tutti i contatti telefonici di Berlusconi e non è ancora pubblico il numero esatto). Devono essere state così urgenti e incombenti da consigliare al capo di gabinetto di telefonare 24 volte al funzionario di servizio, al suo diretto superiore, al questore. La prima telefonata è delle 00.02.21, l'ultima addirittura delle 6.47.14. Non importa se il capo di gabinetto abbia o meno avvertito "una minaccia" nelle parole del presidente. E' indiscutibile che il funzionario si dà molto da fare. L'esito è l'affidamento di Ruby, di fatto, a una prostituta, Michele Coincecao, eventualità che il pubblico ministero per i minori, Anna Maria Fiorillo, aveva escluso. Questo è il risultato della pressione di Berlusconi: la polizia non rispetta le disposizioni del magistrato.

2. "Non ho fatto sesso con Ruby"
Dice il premier: "Mi si contestano rapporti sessuali con una ragazza minore di 18 anni, Ruby. Questa ragazza ha dichiarato agli avvocati e mille volte a tutti i giornali italiani e stranieri che mai e poi mai ha avuto rapporti sessuali con me".
E' utile ricordare come Ruby sia stata "avvicinata" dagli avvocati, da quali avvocati, in quale occasione. E' il 6 ottobre 2010, Ruby deve incontrare il suo avvocato non quello di oggi (Massimo Di Noja) che sarà nominato soltanto il 29 ottobre, ma Luca Giuliante, difensore anche di Lele Mora. Ruby raggiunge lo studio del legale accompagnata da un amico Luca Risso. Risso, via sms, fa a una sua amica il resoconto di quel che accade. Sono utili cinque messaggi. 1. "Sono nel mezzo di un interrogatorio allucinante... Ti racconterò, ma è pazzesco!". 2. "E' sempre peggio quando ti racconterò (se potrò...). 3. L'amica scrive: "Perché stanno interrogando Ruby?". 4. Scrive Risso: "C'è Lele (Mora), l'avv., Ruby, un emissario di Lui. Una che verbalizza. Sono qui perché pensano che io sappia tutto". 5. "Sono ancora qua. Ora sono sceso a fare due passi. Lei è su, che si sono fermati un attimino perché siamo alla scene hard con il pr... con la persona". Da queste informazioni si deducono un paio di scene. Ruby è stata protagonista di "scene hard" con il presidente. Lele Mora, un inviato di Berlusconi e l'avvocato Giuliante la "interrogano" per conoscere che cosa ha raccontato ai pubblici ministeri. E' un vero e proprio debriefing che può consentire di conoscere le accuse, prevedere le mosse dei pubblici ministeri, ribaltare i ricordi della ragazza con la dichiarazione giurata che oggi Berlusconi sventola. Inutilmente perché appare più il frutto o di una violenza morale o di una corruzione, se si prende per buono quel che Ruby dice al padre: "Sono con l'avvocato, Silvio gli ha detto: dille che la pagherò il prezzo che lei vuole. L'importante è che chiuda la bocca". E' il 26 ottobre 2010.

3. "Anche Ruby mi scagiona"
Dice il premier: "Vi leggo quello che ha detto la stessa Ruby in una dichiarazione firmata e autenticata dai suoi avvocati: "Non ho mai avuto alcun tipo di rapporto sessuale con l'onorevole Silvio Berlusconi. Nessuno, né l'onorevole Berlusconi né altre persone, mi ha mai prospettato la possibilità di ottenere denari o altre utilità in cambio di una disponibilità ad avere rapporti di carattere sessuale con l'on. Silvio Berlusconi. Posso aggiungere che, invece, ho ricevuto da lui, come forma di aiuto, vista la mia particolare situazione di difficoltà, una somma di denaro. Quando ho conosciuto l'on. Berlusconi, gli ho illustrato la mia condizione personale e famigliare nei seguenti termini: gli ho detto di avere 24 anni, di essere di nazionalità egiziana (non marocchina), di essere originaria di una famiglia di alto livello sociale, in particolare di essere figlia di una nota cantante egiziana. Gli ho detto anche di trovarmi in difficoltà per essere stata ripudiata dalla mia famiglia di origine dopo che mi ero convertita al cattolicesimo". Ecco perché vorrei fare il processo subito, con queste prove inconfutabili, ma con giudici super partes.
Più che inconfutabili, queste fonti di prova appaiono insincere. Abbiamo visto in quale clima e dinanzi a quali attori nasca lalettera di Ruby che assolve Berlusconi. La favola poteva essere congegnata meglio. Anche a dimenticare quelle "scene hard", ci sono almeno alcune rilevanti condizioni che la scompaginano e dicono quanto Berlusconi non racconti la verità. Il premier sapeva della minore età di Ruby e non ha mai creduto che fosse di "una famiglia di alto livello sociale" perché è Emilio Fede che la scrutina in un concorso di bellezza in Sicilia nel 2009. Il giornalista sa che è una "sbandata". C'è un video che lo mostra quando, in quell'occasione, dice: "C'è una ragazza di 13 anni, se non sbaglio egiziana, mi sono commosso, ho solidarizzato (perché) la ragazza non ha più i suoi genitori... ". Per "solidarietà", Fede indirizza la teenager da Lele Mora che la "svezza" e in quello stesso anno la destina alle serate di Berlusconi. Alcuni testimoni riferiscono che nel 2009 Ruby frequenta in due occasioni Villa San Martino. Lei lo conferma: "Frequento Berlusconi da quando avevo sedici anni". L'incontro con il Sovrano non sarà occasionale. Il Drago ne incapriccia. Dal 14 febbraio al 2 maggio 2010 si contano 67 contatti telefonici tra Ruby e il presidente. Una telefonata al giorno, quasi.

4. "E' la 28esima persecuzione"
Dice il premier: "Ho avuto finalmente modo di leggere le 389 pagine dell'ultima vera e propria persecuzione giudiziaria, la ventottesima in 17 anni". Il numero dei processi di Berlusconi è un mistero misericordioso che cambia a seconda delle ragioni. Dice il Cavaliere: "In assoluto [sono] il maggior perseguitato dalla magistratura in tutte le epoche, in tutta la storia degli uomini in tutto il mondo. [Sono stato] sottoposto a 106 processi, tutti finiti con assoluzioni e due prescrizioni" (10 ottobre 2009). Nello stesso giorno, Marina Berlusconi ridimensiona l'iperbole paterna: "Mio padre tra processi e indagini è stato chiamato in causa 26 volte. Ma a suo carico non c'è una sola, dico una sola, condanna. E se, come si dice, bastano tre indizi per fare una prova, non le sembra che 26 accuse cadute nel nulla siano la prova provata di una persecuzione?" (Corriere, 10 ottobre 2009). Qualche giorno dopo, Paolo Bonaiuti, portavoce del premier, pompa il computo ancora più verso l'alto: "I processi contro Berlusconi sono 109" (Porta a porta, 15 ottobre 2009). Lo rintuzza addirittura Bruno Vespa che avalla i numeri di Marina: "Non esageriamo, i processi sono 26". Ventotto, ventisei, centosei o centonove, e quante assoluzioni? In realtà, i processi affrontati dal Cavaliere come imputato sono sedici. Quattro sono ancora in corso: corruzione in atti giudiziari per l'affare Mills; frode fiscale per i diritti tv Mediaset (in dibattimento a Milano); appropriazione indebita nell'affare Mediatrade; e quest'ultimo per concussione e favoreggiamento della prostituzione minorile. Nei processi già conclusi, in soltanto tre casi le sentenze sono state di assoluzione. In un'occasione con formula piena per l'affare "Sme-Ariosto/1" (la corruzione dei giudici di Roma). Due volte con la formula dubitativa: i fondi neri "Medusa" e le tangenti alla Guardia di Finanza, dove il Cavaliere è stato condannato in primo grado per corruzione; dichiarato colpevole ma prescritto in appello grazie alle attenuanti generiche; assolto in Cassazione per "insufficienza probatoria". Riformato e depenalizzato il falso in bilancio dal governo Berlusconi, l'imputato Berlusconi viene assolto in due processi (All Iberian/2 e Sme-Ariosto/2) perché "il fatto non è più previsto dalla legge come reato". Due amnistie estinguono il reato e cancellano la condanna inflittagli per falsa testimonianza (aveva truccato le date della sua iscrizione alla P2) e per falso in bilancio (i terreni di Macherio). Per cinque volte è salvo con le "attenuanti generiche" che (attenzione) si assegnano a chi è ritenuto responsabile del reato. Per di più le "attenuanti generiche" gli consentono di beneficiare, in tre casi, della prescrizione dimezzata che si era fabbricato come capo del governo: "All Iberian/1" (finanziamento illecito a Craxi); "caso Lentini"; "bilanci Fininvest 1988-'92"; "fondi neri nel consolidato Fininvest" (1500 miliardi); Mondadori (l'avvocato di Berlusconi, Cesare Previti, "compra" il giudice Metta, entrambi sono condannati). Più che persecuzione giudiziaria, siamo dinanzi a un'avventura fortemente segnata dall'illegalità.

5. "Mi spiano dal gennaio 2010"
Dice il premier: "Pensate che la mia casa di Arcore è stata sottoposta a un continuo monitoraggio che dura dal gennaio del 2010 per controllare tutte le persone che entravano e uscivano e per quanto tempo vi rimanevano. Hanno utilizzato tecniche sofisticate come se dovessero fare una retata contro la mafia o contro la camorra". "Sappiate che la Procura di Milano mi ha iscritto come indagato soltanto il 21 dicembre scorso, guarda caso appena sette giorni dopo il voto di fiducia del Parlamento, e quindi tutte le indagini precedenti erano formalmente rivolte verso altri ma sostanzialmente tenevano sotto controllo proprio la mia abitazione e la mia persona".
Dio solo sa che cosa c'entra il voto di fiducia. Che cosa avrebbe detto se quel voto fosse stato per lui negativo? Avrebbe detto che, caduto il governo, la magistratura avvia la sua vendetta. Berlusconi deve lasciarlo credere per politicizzare una malinconica storia di prostitute minorenni e abusi di potere che con la politica non c'entra nulla. E' falso sostenere che la sua casa di Arcore sia stata tenuta sotto controllo da un anno. Dopo le dichiarazioni di Ruby (3 agosto 2010), le indagini si muovono con molta cautela. Inizialmente contro Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti. Soltanto in autunno emergono le possibili responsabilità dirette del premier. Prima di iscrivere al registro degli indagati Berlusconi, i pubblici ministeri come sempre vagliano una prima e approssimata attendibilità delle accuse. Chiedono i tabulati delle telefonate di Ruby dal gennaio 2010: davvero conosce il capo del governo? Quindi gli accertamenti sono fatti a ritroso e non in tempo reale come maligna, mentendo, il capo del governo.

6. "Hanno violato la mia casa"
Dice il premier: "Nella mia casa da sempre svolgo funzioni di governo e di parlamentare, avendolo addirittura comunicato alla Camera dei deputati sin dal 2004, e la violazione che è stata compiuta è particolarmente grave perché va contro i più elementari principi costituzionali".
Da nessun atto dell'inchiesta si deduce che la dimora del presidente sia stata "violata". Si indaga su un prosseneta. Lo si tiene d'occhio. L'uomo si muove con prostitute al seguito. Lo si segue. Si scopre che il corteo di auto, spesso scortato da auto di Stato, varca il cancello di Villa San Martino. Il domicilio non viene oltraggiato. Piuttosto ci si deve chiedere se non lo oltraggia Berlusconi. C'è qualche buona ragione per sostenerlo. Pretende che la sua casa privata sia considerata residenza di Stato. Bene. Per questa ragione e per un elementare principio costituzionale (art. 54 della Carta: "I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore) Berlusconi non dovrebbe affollarla di prostitute (in forza del necessario "onore" che dovrebbe accompagnare la sua responsabilità pubblica). Dovrebbe con "disciplina" proteggere se stesso e non trascurare la sua personale sicurezza, come gli accade aprendo la porta di casa a qualsiasi ragazza italiana e straniera disponibile a trascorrere la notte con lui. La sua vita disordinata lo ha reso vulnerabile e ricattabile. Berlusconi era continuamente taglieggiato dalle sue ospiti, come si apprende dalle indagini. Viene da chiedere: questi sono piccoli ricatti, ma in quante e quali occasioni, magari internazionali, Berlusconi ha reso possibile anche grandi ricatti e chissà possono essere ancora "vivi"?

7. "Milano è incompetente"
Dice il premier: "Come prescrivono la legge e la Costituzione, entro 15 giorni dall'inizio delle indagini la Procura avrebbe dovuto trasmettere tutti gli atti al Tribunale dei ministri, l'unico competente per tutte queste vicende. È gravissimo, ancora, che la Procura voglia continuare a indagare pur non essendo legittimata a farlo. Tra l'altro la Procura di Milano non era neppure competente per territorio. Infatti il reato di concussione mi viene contestato come se fosse stato commesso a Milano. Questo è palesemente infondato poiché il funzionario della questura che ha ricevuto la mia telefonata in quel momento era, come risulta dalle stesse indagini, a Sesto San Giovanni. Quindi la competenza territoriale era ed è del Tribunale di Monza". E' bizzarro che Berlusconi si travesta da azzeccagarbugli e disputi sulla competenza della procura di Milano in un video televisivo e non in aula. Qui avrebbe più difficoltà ad avere ragione perché la giurisprudenza è costante. La concussione è un abuso. E' di "potere" se chi lo pratica fa leva sulle "potestà funzionali per uno scopo diverso da quello per il quale sia stato investito" (Cassazione). Per capire, sarebbe stata una concussione di potere se a telefonare in questura a Milano "consigliando" la liberazione di Ruby fosse stato il ministro dell'Interno. L'abuso può essere anche di "qualità". In questo caso "postula una condotta che, indipendentemente dalla competenze del soggetto (il concussore), si manifesta come una strumentalizzazione della posizione di preminenza ricoperta". E' il caso di Berlusconi. Abuso di potere o abuso di qualità presuppongono due competenze diverse. L'abuso di potere di un ministro impone la competenza del tribunale dei ministri. L'abuso di qualità prescrive la competenza territoriale: dove è stato commesso il reato? Il capo di governo lo sa che questa è la domanda che decide e prova a truccare le carte. Dice: è competente Monza perché qui abita il capo di gabinetto della questura che riceve la mia telefonata. Errore. La concussione è un reato d'"evento" e non di "condotta" e dunque la competenza si radica dove si materializza "il vantaggio". E' fuor di dubbio che il vantaggio (Ruby affidata alla Minetti e sottratta alla tutela dello Stato) diventa concreto a Milano.

8. "150 poliziotti contro 10 ragazze, le mie amiche sono state maltrattate"
Dice il premier: "Gli stessi Pm. che hanno ordinato con uno spiegamento di forze di almeno 150 uomini una imponente operazione di perquisizione contro ragazze colpevoli soltanto di essere state mie ospiti in alcune cene (...) Queste perquisizioni nei confronti di persone che non erano neppure indagate ma soltanto testimoni sono state compiute con il più totale disprezzo della dignità della loro persona e della loro intimità. Sono state maltrattate".
E' una bubbola. All'inchiesta hanno collaborato i dieci uomini della polizia giudiziaria presso la Procura, disponibili non solo per quest'inchiesta, ma per il lavoro di tutti i 90 pubblici ministeri di Milano. La squadra mobile di Milano, venerdì scorso, ha mandato 30 poliziotti (molte donne) a perquisire gli appartamentini delle dieci amiche del premier, abituali frequentatrici di Arcore. Maltrattamenti? Berlusconi viene smentito anche da Giuseppe Spinelli, il ragioniere di Arcore, ufficiale pagatore delle amiche del presidente: "Alle 7,30 ci siamo trovati in casa cinque poliziotti della Criminalpol. Non sono stati mica sgarbati... ".

9. "Non ho pagato mai una donna"
Dice il premier. "E' assurdo soltanto pensare che io abbia pagato per avere rapporti con una donna. E' una cosa che non mi è mai successa neanche una sola volta nella vita. E' una cosa che considererei degradante per la mia dignità".
Già Patrizia D'Addario fu pagata, anche se da Giampaolo Tarantini, per tener compagnia al capo del governo nel lettone di Putin a Palazzo Grazioli. L'inchiesta milanese invece ci racconta come nessuna delle ragazze invitate ad Arcore lasciasse la villa senza la busta con i biglietti da 500 euro preparata dal ragioniere di casa. Anche chi, come M. T., di soldi non ne voleva, si vede offrire una busta con 500 euro. Un cip. Nulla a che fare con i "7mila euro" ricevuti da Ruby. E da Iris. E da Imma. E da Barbara... Si fa prima a dire quale ragazza non è stata pagata che elencare i nomi di chi si è intrattenuto nella sala del bunga bunga o tra le braccia del Drago in cambio di un compenso. Nessuna delle ragazze che dopo cena raggiunge il sotterraneo di villa San Martino va via a mani vuote. Inutile dire quanto appaia degradata la dignità del premier.

10. "Non mi devo vergognare"
Dice il premier: "Non c'è stata nessuna concussione, non c'è stata nessuna induzione alla prostituzione, meno che meno di minorenni. Non c'è stato nulla di cui mi debba vergognare. C'è solo un attacco gravissimo di alcuni pubblici ministeri che hanno calpestato le leggi a fini politici con grande risonanza mediatica".
Berlusconi non deve vergognarsi soltanto del disonore con cui ha travolto il Paese e del discredito che oggi insudicia la presidenza del Consiglio. Il 28 maggio del 2009, a un mese dall'inizio dell'affaire Noemi, disse: "Giuro sulla testa dei miei figli di non aver mai avuto relazioni "piccanti" con minorenni. Se mentissi, mi dimetterei immediatamente". Berlusconi deve vergognarsi per le relazioni intrattenute dal 2009 al 2010 con due minorenni (Noemi e Ruby). Deve vergognarsi per aver mentito al Paese. Deve vergognarsi per non essersi ancora dimesso.



Federalismo, il Terzo polo attacca nonostante il sonno di Tassone.



Sul federalismo le opposizioni sembrano fare sul serio e stanno creando più di un grattacapo allaLega. Ieri il leader del Carroccio ai giornalisti che gli avevano chiesto se vi era la possibilità di un rinvio lungo per il varo del Federalismo, aveva risposto con una pernacchia e aveva minacciato:“Può esserci lo slittamento solo di qualche giorno e se non passa la riforma si va al voto”. Il Consiglio dei ministri lo ha accontentato e stamane ha deciso il rinvio di una settimana per l’esame e il voto dei pareri sulla delega al federalismo fiscale da parte della “Bicameralina” per il federalismo. Ma i gruppi coordinati di Udc, Fli, Api ed Mpa, come anche ilPd, chiedono una proroga di sei mesi della legge delega e lo spostamento anche dei termini per il parere sul decreto per il federalismo fiscale. Giudicano la proroga di una settimana “non adeguata” e non hanno dubbi: il testo sulla fiscalità municipale così com’è non può ricevere un voto positivo. Va modificato tutto. E per ribadire le loro ragioni, stamane il Terzo Polo ha tenuto una conferenza stampa negli uffici della Camera dei deputati a palazzo San Macuto.

L’attenzione della stampa era forte perché dopo il no di ieri dell’Anci (l’associazione nazionale dei comuni italiani), tanti tra i cronisti parlamentari volevano capire quali fossero le reali intenzioni dei ‘terzopolisti’ sul federalismo. Mario Baldassarri (Fli), Linda Lanzillotta (Api), Gianluca Galletti e Mario Tassone (Udc), presiedono la conferenza stampa.

Puntano il dito sull’Imu, l’imposta sugli immobili che dovrebbe costituire la principale fonte di entrata per i Comuni; chiedono una compartecipazione dei comuni all’Iva invece che all’Irpef, sottolineando che non deve essere aumentato il tetto delle tariffe. Poi affermano che va modificato il meccanismo sulla cedolare secca sugli affitti, che secondo i deputati per essere efficace ed equa deve essere accompagnata da misure a favore degli affittuari e in primis di quelli con più figli a carico. Infine ribattono che la tassa di soggiorno venga modificata e costruita in maniera diversa che diventi una tassa percentuale fissa, pari allo 0,5% per unità da stabilire in base alla stanza perché, dice la Lanzillotta, “non può gravare una cifra fissa sulla stanza di una pensione e su quella di un grande albergo”. “Certo è che la tassa di soggiorno – dichiara Baldassarri – con il federalismo municipale non c’entra nulla e che ovunque questo tipo di riforma si applica sugli immobili e sui consumi”. Il voto del finiano, così come tutti gli altri deputati del Terzo polo restano decisivi nella “Bicameralina”, la Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale guidata da Enrico La Loggia (Pdl) che vorrebbe licenziare il parere entro poche settimane.

Ognuno dei deputati fa il suo intervento ma, forse anche per la pesantezza dei temi trattati, mentre gli altri colleghi parlano, l’onorevole Mario Tassone sonnecchia per tutto il tempo della conferenza. E così, a margine dell’incontro con la stampa, quando Tg e radio sono impegnate per le domande di rito ai singoli deputati, Tassone esce di scena mestamente dagli uffici, trascurato anche dai flash dei fotografi. Un momento di stanchezza per un decano della politica. In un recente articolo di Libero, il deputato calabrese, ex viceministro alle Infrastrutture e Trasporti nel penultimo governo Berlusconi, era stato citato come il quarto in classifica tra i deputati italiani in attività che, tra stipendio base e indennità, erano costati più di tutti agli italiani da quando sono entrati in politica. Ad oggi si è portato a casa la bella cifra di oltre 9 milioni di euro.


Provincia di Milano, assessore e assenteista E’ la nipotina di Daniela Santanché.


Silvia Garnero, classe '84, da maggio a novembre non è mai comparsa in Consiglio. L'opposizione ne ha chiesto le dimissioni con una mozione di sfiducia poi bocciata. L'assessorato rischia di costare 14 volte in più di quanto potrà spendere nel 2011

Assessore provinciale con record di assenze e uno scarnissimo contributo alla vita politica scandito da appena tre delibere in un anno e mezzo di legislatura. Il tutto a fronte di una spesa annua di 350mila euro. Tanto vale l’assessorato di Silvia Garnero, piemontese classe ’84, che nel dicembre scorso, grazie all’aiuto della maggioranza, ha rintuzzato una mozione di sfiducia firmata dall’intera opposizione. Alla fine di quel voto dirà: “Accetto questo atto in maniera rispettosa, ma anche con imbarazzo e stupore, perché speravo che un certo modo di fare politica non trovasse posto in quest’aula. Voi mi date della fannullona e dell’incapace e io questo non lo accetto perché è ingiusto e falso”.

Nella primavera del 2009 la sua nomina contribuisce a rafforzare le quote rose nella neo giunta provinciale di Milano governata da Guido Podestà. Il più giovane assessore d’Italia, appena 25 anni allora, bella presenza, un curriculum politico inevitabilmente scarno, ma una grande dote da spendere: la parentela con il sottosegretario del Pdl Daniela Santanché. Tanto basta per spingere la giovane Silvia a palazzo Isimbardi. A lei, Podestà, riserva l’assessorato alla Moda con delega di prestigio: quella all’Expo 2015.

Un bel successo per una ragazza che sul tavolo (politico) mette due lauree: in Graphic and Virtual Design alla facoltà di Architettura del Politecnico di Torino e in Fashion Design a Milano. Il sito della Provincia di Milano, poi, aggiunge particolari: “Silvia Garnero ha lavorato nel settore della comunicazione a livello internazionale per approdare al mondo della pubblicità nel settore dell’editoria tradizionale e dei new-media”. Da qui parte la sua carriera politica. “Aderisce al progetto politico di Daniela Santanchè e si occupa in veste di capostaff della campagna elettorale per le elezioni politiche del 2008. E’ nominata tra i coordinatori del Movimento per l’Italia e partecipa alla stesura del programma del nuovo soggetto politico. Attualmente è dirigente nazionale e ricopre la carica di tesoriere”. E sarà proprio l’Mpi a tirare la volata per la vittoria di Podestà che sul posto lascia il presidente uscente Filippo Penati. Il movimento della Santanché non ha candidati in lista, eppure puntella la campagna elettorale dell’ex agente immobiliare diBerlusconi. Spiegherà:”Io non faccio politica per le poltrone, né per lo stipendio, mi batto per un progetto politico. Pensiamo a vincere, e poi avremo il nostro riconoscimento politico”. Una poltrona, se non personalmente, la ottiene comunque. E’ propria quella alla Moda su cui siede la giovane Silvia.

Nel frattempo, qualche settimana dopo le nomine, il quotidiano Libero le riserva una pagina d’intervista. Solo una coincidenza che all’epoca la concessionaria per la pubblicità sia la Visibilia di proprietà della Santanché. La nipotina ha, però, le idee chiare: “Ho già in mente due cose da fare: un road show nei conuni della Provincia per far avvicinare le persone all’Esposizione universale e poi sfruttare la mia giovane età per coinvolgere il maggior numero di coetanei in questo progetto”. E zia Daniela? “Vivo con lei e già il fatto di starle accanto per me è stata una grande palestra di vita”. Perché “zia Daniela è molto severa e pretende tanto da sè stessa e da chi le sta accanto”. Da allora il ruolino di marcia in Provincia segna tre delibere per contribuiti ad associazioni e un’informativa per il Digital Music Forum, manifestazione sull’evoluzione della musica nel web. Ma il dato più eclatante, ricostruito nella stessa mozione, sono le spese: inizialmente, infatti, il budget dell’assessorato vale 220mila euro. Tesoretto diminuito di 50mila durante la revisione del bilancio. Mentre per il 2011 si prevede un massimo di 25mila. “Insomma – calcola il consigliere del Pd Ezio Casati – , a fronte di una spesa annua di 350mila euro (tanto vale il conto dell’assessorato), ci cui 100 (lordi) per lo stipendio della Garnero, la provincia di Milano rischia di pagare 14 volte di più di quanto (in teroria) l’assessore alla Moda potrà spendere dall’anno prossimo”.

Ancora più desolante il calendario delle presenze in Consiglio provinciale che il Partito democratico allega nella sua mozione di sfiducia, presentata il 28 ottobre e votata il 16 dicembre. Dal 10 luglio 2009 al 6 maggio 2010, lo score segna quota venti. Dopodiché fino al 4 novembre successivo di lei non si sa più nulla. Nel documento si fa notare come ”in sedici mesi di attività” Silvia Garnero “è stata relatrice di un’unica delibera di Giunta” e ha partecipato “a sole tre audizioni di Commissione”. Due delle quali con la presenza dell’allora amministratore delegato di Expo Lucio Stanca, ma “limitandosi alla sola presentazione”. Di più: il 14 ottobre, vigilia dell’appuntamento del Bie, la nipotina della Santanchè risulta assente in consiglio provinciale. Eppure è lei l’assessore con delega all’Expo. Sul tema la giovane Silvia inciampa di nuovo nel maggio scorso, quando è in pieno svolgimento la discussione sulle aeree di Expo. Il nodo è semplice: come acquisirle. Comune e Provincia sono irremovibili: comodato d’uso con la possibilità per i proprietari di costruire dopo la fine dell’ evento; il Pirellone, invece, insiste per l’ acquisto in modo da non avvantaggiare troppo i privati. Bene, la Garnero nel suo intervento parla addirittura di esproprio. Il grave incidente diplomatico viene salvato in zona Cesarini dall’intervento diretto di Guido Podestà che la smentirà pubblicamente. Insomma, la giovane designer non sembra essere apprezzata nemmeno dalla sua stessa maggioranza. La riprova arriva proprio il 16 dicembre quando Roberta Capotosti, ex Movimento sociale, ora Pdl vota a favore della mozione di sfiducia perché, dice, “la politica, per come mi hanno insegnato ad intenderla e per come ho imparato a farla, è innanzitutto un atto d’amore nei confronti di un Ideale che, a seconda delle epoche, si declina via via in maniera differente, senza perdere, però, la sua natura originaria”.



venerdì 21 gennaio 2011

Stragi '93. Grigoli: ''Ci fu detto di votare Berlusconi''




Al processo di Firenze la deposizione dei pentiti Salvatore Grigoli e Tulli Cannella.


di AMDuemila - 20 gennaio 2011.


Firenze.
La mafia, nei primi anni Novanta, voleva creare un suo partito, ‘Sicilia Libera’, ma poi abbandonò il progetto perché sarebbe stata data un’indicazione diversa agli affiliati: quella di votare per Berlusconi “perché solo lui ci poteva salvare”.

E’ quanto ha riferito il pentito Salvatore Grigoli al processo di Firenze sulle stragi del ‘93 rispondendo agli avvocati di parte civile. Fu il boss Nino Mangano a dirlo al Grigoli, il quale ha sottolineato: “Quando Cosa Nostra si prende una decisione (su chi votare ndr) è collettiva, altrimenti i partiti che prendono voti da Cosa Nostra non prenderebbero tutti quei voti”.
L’ex boss di Brancaccio ha detto che “scopo delle stragi era far scendere a patti lo Stato con Cosa Nostra” ricordando che gli attentati di Firenze, Milano e Roma furono rivendicati con la firma ‘Falange armata’, “sigla che sarebbe servita a far contattare Cosa Nostra dallo Stato”. Secondo Grigoli il messaggio da mandare allo Stato era: “Noi di Cosa Nostra possiamo fare le stragi ma possiamo anche farle cessare quando lo decidiamo. Io percepivo questo in quel periodo”.
Il collaboratore di giustizia ha aggiunto inoltre che tra il '93 e il '94 avrebbe saputo da Mangano “che i Graviano avevano in mano un personaggio. All'epoca quel nome non mi diceva nulla, ma oggi mi dice qualcosa: Dell'Utri”; ma ci fu anche una seconda occasione in cui tra i mafiosi del mandamento di Brancaccio emerse il nome di Marcello Dell'Utri. “Mi ricordo che all'epoca - ha affermato Grigoli rispondendo alle domande del pm - si parlava tra di noi di un ragazzino che giocava bene a calcio, tale D'Agostino (oggi calciatore della Fiorentina, ndr). Venne a sapere che i Graviano si interessarono per farlo giocare nel Milan, e fu in quest'altra occasione che venne fuori il nome di Dell'Utri”.
Anche il pentito Tullio Cannella, in aula, ha tratteggiato i contorni del piano politico di Cosa Nostra ‘Sicilia Libera’ definendolo: “un progetto autonomista che prendeva spunto da esperienze politiche preesistenti in Sicilia e nel sud. Condizione era che tutti i candidati fossero persone scelte o di fiducia dell'organizzazione (Cosa Nostra, ndr)”. Il programma politico “era di durata medio-lunga” e l'obiettivo - ha sempre riferito Cannella – “fu cambiato per caldeggiare e appoggiare singoli candidati siciliani nel movimento di Forza Italia. Sapevo che per Cosa Nostra i vari personaggi appoggiati eventualmente alle elezioni politiche avrebbero dato garanzie”.
Poi “il progetto fu accantonato - ha proseguito Cannella - perché Bagarella mi disse che un suo amico e lui avevano optato per caldeggiare e appoggiare dei candidati politici siciliani nel movimento di Forza Italia”. La mafia voleva “riferimenti per sistemare la questione pentiti, la revisione dei processi, per questo era necessaria la politica”, ha detto ancora Cannella, riferendo che Bagarella gli disse che “con i vari personaggi che stavano appoggiando alle elezioni o con le nuove formazioni politiche avrebbero avuto garanzie, che si sarebbero interessati alla loro situazione”.


giovedì 20 gennaio 2011

Hanno vinto. - elezioni2008 - Antonio Albanese



NIENTE DI PERSONALE - Intervista a Nicola Gratteri




Il procuratore aggiunto della Direzione Antimafia di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, ribalta la tesi di Maroni: è della polizia il merito principale degli arresti, e non dei ministri o governi. L'intervista integrale, e tutta la puntata del programma, è su www.la7.tv

mercoledì 19 gennaio 2011

Pronti gli assi nella manica della procura.


Il procuratore di Milano, Bruti Liberati: "Queste prove le teniamo per noi"

Ilda Boccassini

Accogliendo la richiesta del relatore AntonioLeone, la Giunta per le Autorizzazioni della Camera ha deciso all’unanimità di iniziare martedì prossimo l’esame della richiesta di perquisizione domiciliare nei confronti del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi presentata dalla Procura della Repubblica di Milano. Una richiesta “ragionevole” l’ha definita il presidente della Giunta Pierluigi Castagnetti, spiegando che il dibattito proseguirà mercoledì e giovedì e probailmente la settimana successiva, prima della decisione da sottoporre all’Aula.

Berlusconi e i suoi fedelissimi in ogni caso tremano, perché temono che la Procura di Milanopossa avere altri elementi di prova non inviati alla Camera. Ma già le 389 pagine finite a Montecitorio compromettono decisamente il presidente del Consiglio. E non è tutto. Dai tabulati acquisiti dagli investigatori, figurano circa un centinaio di telefonate fra Ruby e un’utenza privata del premier. Documenti che ancora non sono stati prodotti perché il loro contenuto è protetto dall’immunità. Così come le trascrizioni delle telefonate fra B. e le altre persone coivolte nell’inchiesta.

I magistrati hanno individuato due grossi vantaggi per Silvio Berlusconi: quando la sera del 27 maggio scorso racconta ai funzionari di polizia l’ormai celebre bufala sulla nipote di Mubarak, pur di far rilasciare l’incontrollabile e soprattutto minorenne, Ruby. Scrivono i magistrati nell’invito a comparire per il presidente del Consiglio: ha ottenuto “per sé e per la minore un indebito vantaggio di carattere non patrimoniale, consistito per la minore, nella sua fuoriuscita dalla sfera di controllo delle autorità minorili e, per esso indagato, nell’evitare che El Mahroug Karima (Ruby,ndr) potesse riferire del reato (prostituzione minorile, ndr) e comunque della risalente frequentazione, nonché di altri reiterati episodi di prostituzione verificatasi nella sua dimora privata in Arcore, fatti di rilevanza penale non a lui ascrivibili ma comunque suscettibili di arrecare nocumento alla sua immagine di uomo pubblico”.

Nel ricostruire quella notte, i pm Ilda Boccassini, Pietro Forno e Antonio Sangermanoavallano la versione dei fatti fornita pubblicamente, e con una lettera al Csm, dalla collega del tribunale dei minori, Annamaria Fiorillo. Il magistrato minorile, smentendo il ministro dell’interno Maroni, in Parlamento, ha negato di aver mai autorizzato la polizia ad affidare Ruby alla presunta maitresse, Nicole Minetti. Con riferimento all’altra accusa per Berlusconi, di concussione, si legge: “Abusando della sua qualità di presidente del Consiglio, la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, avendo appreso che la minore (Ruby, ndr) da lui in precedenza frequentata, era stata fermata, si metteva in contatto con il capo di gabinetto del questore, dottor Pietro Ostuni e rappresentandogli che tale ragazza minorenne, gli era stata segnalata come nipote di Mubarak (circostanza peraltro palesemente falsa), lo sollecitava ad accelerare le procedure per il suo rilascio, aggiungendo che il consigliere regionale Nicole Minetti si sarebbe fatta carico del suo affido e, quindi, induceva il dottor Ostuni a dare disposizioni alla dottoressa Giorgia Iafrate(funzionaria di polizia, ndr) affinché venisse affidata a Minetti Nicole…”, ponendosi “in contrasto con le disposizioni al riguardo impartite dal pm di turno presso il Tribunale per i minorenni,Annamaria Fiorillo” .

Non solo, anche “in palese violazione delle istruzioni impartite” dalla stessa pm che aveva disposto di mandare Ruby in comunità o di trattenerla in questura. Delle telefonate alla questura e dei suoi rapporti con la ragazza marocchina, i magistrati potrebbero parlarne direttamente con Berlusconi tra venerdì 21 e domenica 23 gennaio, i tre giorni indicati dagli inquirenti al presidente del Consiglio, perché si presenti per farsi interrogare. Ma intanto la procura continua le indagini. A chi gli chiede se ci siano altri elementi ad aggravare la posizione di Berlusconi, il procuratore BrutiLiberati risponde: “Permettetemi che queste prove me le tenga per me”. Un’altra grana per il premier potrebbe essere la deposizione di una ragazza che ha sostenuto con la polizia di essere stata costretta da lui a fare cose che non voleva. Una testimonianza tutta da valutare. Il Cavaliere ha deciso di non presentarsi al Palazzo di Giustizia, “Non vado da quei pm”.

Dato che il premier non ha nessuna intenzione di fardi interrogare, gli investigatori possono fare la richiesta al gip anche se Berlusconi non risponde all’invito senza giustificazione o con impedimenti pretestuosi. A decidere se la procura abbia “prove evidenti” per un giudizio immediato (entro 5 giorni dalla richiesta) sarà il gip Cristina Di Censo. Proprio nel suo ufficio e in quello del suo capo, Laura Manfrin, l’estate scorsa ci furono due tentativi, falliti, di scassinare i loro armadietti.

Il 20 luglio scorso la procura aveva ottenuto dal gip l’autorizzazione per intercettare i telefoni diLele Mora, di Ruby e di Nicole Minetti. E oggi al plenum del Csm durante il dibattito per approvare il documento della prima commissione a tutela di Fabio De Pasquale (accusa ai processi Mills, Mediaset e Mediatrade) definito da Berlusconi “pm famigerato”, ci sarà un riferimento del relatore Roberto Rossi anche agli attacchi del premier contro i pm del caso Ruby (“vogliono eliminarmi dalla scena politica”). Potrebbe quindi essere approvato non solo un documento a tutela di De Pasquale, ma dell’intera Procura di Milano.

Aggiornato il 19 gennaio 2011 alle 11:44