domenica 30 gennaio 2011

Paralisi istituzionale, Napolitano pronto a pilotare la crisi.


Il capo dello Stato sta seriamente pensando di convocare i presidenti delle Camere per imprimere una svolta significativa alla situazione: se possibile non verso le urne, ma se non se ne può fare a meno allora anche quelle

Alta preoccupazione istituzionale. Il Quirinale s’interroga su come uscire da uno scontro in atto che promette di raggiungere livelli sempre più alti e dalle conseguenze difficilmente prevedibili. Pressato anche a livello internazionale e da un’immagine dell’Italia in crescente declino,Giorgio Napolitano da giorni ha attivato i suoi “ambasciatori” per sollecitare il governo, via Gianni Letta, a prendere iniziative che scongiurino le elezioni anticipate e mettano mano con forza alla soluzione dei problemi del Paese. Messaggi rimasti, al momento, per lo più inascoltati, al punto che ieri dopo l’ultima sfuriata berlusconiana a sole 48 ore dall’annuncio del ricorso alla piazza “contro i giudici politicizzati”, Napolitano ha seriamente pensato di prendere un’iniziativa istituzionale straordinaria, ovvero di convocare al più presto (ma non martedì prossimo come scriveva ieri mattina il “Foglio”, smentito nella data direttamente dal Colle) i presidenti delle Camere per imprimere un svolta significativa alla crisi; se possibile non verso le urne, ma se proprio non se ne può più fare a meno allora anche quelle.

Non sarà martedì, si diceva, questo incontro tra le più alte cariche dello Stato, ma potrebbe avvenire, invece, nella cornice di un prossimo evento di caratura internazionale con tutte e tre le alte cariche presenti. La data, dunque, non c’è, ma di sicuro Napolitano è deciso a farsi parte attiva al più presto per imprimere una svolta politica che porti il Paese fuori dal pantano della bufera hard che ha travolto il Cavaliere. Quel che il Colle fotografa con nitidezza è una situazione d’empasse istituzionale che renderebbe il Parlamento, già da ora, incapace di svolgere le sue funzioni prioritarie. E questo perché, come sotto gli occhi di tutti, Fini è assediato dall’aggressione della maggioranza che vuole le sue dimissioni per vendetta del tradimento subito, RenatoSchifani è contestato pesantemente dall’opposizione per i suoi presunti rapporto con la mafia, il ministro degli Esteri Franco Frattini è accusato di abuso d’ufficio per la questione dei documenti sulla casa di Montecarlo ex di An e Berlusconi, nelle prossime settimane, potrebbe ricevere nuove e ben peggiori notizie da parte della Procura di Milano. “Sappiate che, in questa situazione, prima o poi dovrò fare qualcosa…” avrebbe commentato qualche sera fa il Presidente della Repubblica con alcuni collaboratori. Non stupisce, dunque, che l’altro giorno abbia mandato messaggi chiari ai ministri chiedendo al più presto visibili segnali di cambiamento. Anche perché – e questa sarebbe l’effettiva preoccupazione del Capo dello Stato – senza un robusto cambio di passo, la paralisi istituzionale è nelle cose, ma visto che Berlusconi non farà mai un passo indietro, perché conscio di finire immediatamente sotto la tutela della magistratura, l’unico modo di non far affondare il Paese insieme alla sua attuale classe politica di maggioranza sembrerebbe quella di “pilotare” in qualche modo la crisi. Già, ma come?

Ieri Berlusconi, avvisato dell’attivismo del Colle, ha voluto alzare ancora di più il tiro, sottolineando che “chi vuole le elezioni oggi lo fa solo per interessi personali” e che “c’è un’opposizione che sa dire solo di no, che alza muri mentre noi siamo sereni, continuiamo a governare, abbiamo vinto 7 a 0 e non c’è alternativa al nostro governo”. Parole che hanno creato ulteriore inquietudine al Quirinale; la degenerazione dei toni, l’invocazione alla piazza per il 13 febbraio (che, comunque, i più stretti collaboratori di Berlusconi hanno cancellato ufficialmente) e il cul de sac rappresentato dal voto sul federalismo in commissione (previsto per il 2 febbraio) ha convinto, nei giorni scorsi, Napolitano ad un avvicinamento con Umberto Bossi che avrebbe prodotto un’immediata retromarcia del Senatùr riguardo la questione Montecarlo e le dimissioni di Gianfranco Fini, prima richieste a gran voce: “Su questa storia – ha infatti commentato il leader del Carroccio – bisogna fare meno casini”. Un segnale che anche in futuro Napolitano potrà contare, in qualche modo, sulla sponda della Lega. Ma in futuro. Ora non c’è nulla che da solo possa far pensare ad una soluzione non solo momentanea dei gravi problemi sul tappeto.

Così si attende, da un giorno all’altro, un passo deciso della più alta carica dello Stato, probabilmente dopo che la questione del federalismo comunale si sarà chiarita con il voto della commissione Bicamerale sul Fedralismo; sotto la lente d’ingrandimento del Colle il comportamento delle opposizioni e il loro, possibile, uscire allo scoperto per prendersi la responsabilità politica di riportare il Paese alle elezioni. Se questo non dovesse avvenire, diventerebbe sempre più urgente un suo intervento diretto per sbloccare uno status a quel punto davvero cristallizzato. “Il Paese vuole risposte – ha detto chiaro il Capo dello Stato a Gianni Letta – abbiamo bisogno di persone che invece dello scontro politico reggano con forza le regole e le procedure”. Così non è, tanto che al Quirinale si è rispolverata l’interpretazione autentica dell’articolo 88 della Costituzione (il Presidente della Repubblica, sentiti i presidenti dei due rami del Parlamento, può sciogliere le Camere o solo una di essere) solo per far capire che, se proprio non ci saranno altre strade, se proprio si continueranno ad alzare i toni oltre l’accettabile, si potrà fare anche a meno di una crisi formale per mandare a casa in governo. E non pare proprio che si tratti solo di una semplice minaccia.



BERLUSCONI INIZIA LA RITIRATA.



Il Pdl fa marcia indietro e cancella la manifestazione indetta dal premier contro i pm milanesi. Nel partito segni di cedimento con Pisanu che si dissocia. Intanto l'Anm risponde agli attacchi: "Basta delegittimazioni". E sempre a Milano le donne scendono in piazza: "Difendiamo la nostra dignità"

Nel giorno dell'apertura dell'anno giudiziario, la magistratura risponde compatta alle accuse lanciate dal premier ai pm nei suoi videomessaggi. Pasquale Profiti, presidente dell'Anm in Trentino Alto Adige, dice: “Confessiamo di essere effettivamente degli eversori e dei disturbati mentali perché applichiamo le regole della Costituzione” (leggi il testo del suo intervento). Ma la vera sorpresa, per il Cavaliere, arriva dall'interno del suo partito. Il presidente della commissione Antimafia Giuseppe Pisanu lo invita a presentarsi dai giudici e boccia l'idea di una manifestazione contro le toghe (leggi l'articolo). Poche ore dopo, lo stato maggiore del Pdl, per bocca di Ignazio La Russa, annulla ufficialmente l'iniziativa programmata a Milano per il 13 febbraio. Una scelta influenzata sicuramente dai ripetuti appelli di Napolitano a evitare lo scontro fra i poteri dello Stato. Ma soprattutto dal timore di perdere la guerra dei numeri con il presidio a sostegno della procura di Milano indetto per la stessa giornata da Santoro, Spinelli e Travaglio (leggi l'articolo di Paola Zanca). Insomma, meglio evitare l’effetto boomerang. E soprattutto – la riflessione del premier – non è il momento di portare in piazza un partito diviso, in cui i “distinguo” rispetto alla linea ufficiale, seppure sottotraccia, minacciano di aumentare di giorno in giorno.

Il fatto Quotidiano del 29 gennaio 2011.


sabato 29 gennaio 2011

In piazza per difendere i magistrati.


Dopo gli attacchi ai magistrati di Milano colpevoli di avere indagato sul caso Ruby e sul giro di prostitute attorno all'harem di Arcore, Michele Santoro, Marco Travaglio e Barbara Spinelli promuovono una manifestazione di solidarietà: "Domenica 13 febbraio, senza bandiere o simboli di partito, saremo davanti al tribunale in difesa dell'indipendenza della magistratura, della libertà d'espressione e dei valori fondamentali della Costituzione nata dalla Resistenza" (leggi l'articolo di Paola Zanca e guarda il video della conferenza stampa di ieri). Un'iniziativa promossa all'indomani della telefonata di Mauro Masi ad Annozero, con il direttore generale Rai impegnato a "dissociarsi" in diretta (guarda il video). Ieri anche il ministro Paolo Romani si è buttato nella mischia per dare manforte al numero uno di viale Mazzini. Ha preso carta e penna per minacciare istruttorie e sanzioni milionarie per il programma di Santoro (leggi l'articolo di Carlo Tecce). Insomma, gli attacchi ai pm passano anche e soprattutto attraverso il silenziatore mediatico e l'impegno a spegnere le poche voci libere sopravvissute nei palinsesti delle tv controllate, direttamente e indirettamente da Berlusconi.

Da Il fatto quotidiano del 29 gennaio 2011.


L'EGITTO TRA RIVOLTA E ABBRACCI.


Mentre i familiari di Mubarak scappano a Londra, il Paese è in mano ai manifestanti. Ma il clima, dopo momenti di altissima tensione in cui la polizia ha aperto il fuoco contro la folla, comincia ad alleggerirsi con le dimissioni del governo. E in alcuni punti del Cairo attivisti e soldati si uniscono.

Al Cairo e nelle principali città egiziane, al grido di "via Mubarak", migliaia di manifestanti sono tornati in piazza. Nella Capitale le forze dell'ordine hanno sparato sulla folla per cercare di fermare l'assalto al ministero dell'Interno e per disperdere i cortei. Per il momento si contano cento morti. Ma nella giornata non si segnalano solo scontri: all'annuncio delle dimissioni del governo, i dimostranti si sono abbracciati con i soldati (leggi l'articolo). Il nuovo vicepresidente è Omar Suleiman, capo dei servizi segreti, mentre la carica di primo ministro è stata affidata a Ahmed Shafiq che proviene dalle forze armate. Sul Paese, in queste ore, si concentra l'attenzione del mondo, ed è intervenuto anche il presidente americano Barack Obama, che ha intimato a Mubarak di “fare seguire le parole ai fatti” (leggi l'articolo). Secondo Wikileaks, gli Usa da almeno tre anni sostengono i dissidenti protagonisti della rivolta di questi giorni. E' quanto rivela oggi il sito del quotidiano britannico The Telegraph, che cita un documento diplomatico segreto pubblicato dal sito di Julian Assange (leggi l'articolo)

Il Fatto Quotidiano del 29 gennaio 2011.



L'incenerimento e i rischi per la salute. Intervista a Patrizia Gentilini.



Dietro la parola termovalorizzatore si nasconde la distruzione dei rifiuti attraverso la combustione. Una pratica che ha pesanti conseguenze sull’ambiente e sulla salute. Ne è convinta gran parte della comunità scientifica e dei medici. QualEnergia.it ha affrontato questi temi con l’oncoematologo Patrizia Gentilini(nella foto), membro dell’Associazione Medici per l’Ambiente Isde e vicepresidente dell’Associazione contro Leucemie, Linfomi, Mieloma (AIL) sezione Forlì-Cesena.

Partiamo da una questione terminologica: inceneritori, termovalorizzatori, gassificatori. Questi termini sono spesso usati in maniera alternativa, con l’effetto di creare confusione. Possiamo fare chiarezza?
Termovalorizzatore è un termine di pura fantasia, inventato in Italia per trasmettere l’idea che ci sia qualcosa di positivo nel bruciare rifiuti. In tutto il resto d’Europa questi sistemi vengono chiamati inceneritori con recupero energetico e perché abbiano questa dignità devono raggiungere certi valori di efficienza. Ma il termine cela una pratica di distruzione di materia sotto cui passano anche altri impianti, come i dissociatori molecolari o gassificatori, in cui tale distruzione avviene in due fasi: una in carenza e una in presenza di ossigeno. Ma il risultato è lo stesso e l’effetto è sempre l’emissione di fumi in atmosfera.
Il punto è che bruciando e distruggendo materia si disperde sempre più energia di quella che si trattiene con i sistemi di recupero energetico, anche perché per riprodurre i materiali che brucio avrò bisogno di energia. L’Unione Europea ha infatti chiarito che nella strategia per affrontare i rifiuti al primo posto c’è la prevenzione e poi vengono riciclaggio e riuso. Mentre recuperare energia non è equiparabile a recuperare materia.

Ma in Italia continuiamo a seguire la strada degli inceneritori.
Recentemente Gaetano Pecorella (presidente della commissione parlamentare ecomafie, ndr) a seguito di una visita a Berlino faceva notare che in quella città hanno smesso di fare inceneritori, considerati obsoleti e non risolutivi, e puntano sulla raccolta differenziata e sul recupero. Questi concetti si stanno facendo strada anche fuori dai circoli degli ambientalisti. Ma intanto in Italia si continua a investire su quello che ormai è diventato un business sostanzioso e che, per esempio, fa sì che un avicoltore guadagni di più dalla vendita della pollina (letame di gallina, ndr) per l’incenerimento che da quella delle uova.
Eppure il recupero di materia potrebbe avere una ricaduta economica maggiore e creare posti di lavoro: si stima che per una persona impiegata nella filiera della combustione se ne potrebbero impiegare quaranta in quella del recupero. Inoltre gli impianti sono costosi e una volta costruiti hanno bisogno di fonte continua di rifiuti per alimentarli. Ci sono stati casi di comuni che hanno dovuto pagare una penale per aver conferito volumi minori ottenuti grazie a politiche di riduzione dei rifiuti. Questo significa ipotecare il futuro.

Perché si è innescato questo meccanismo?
Credo sia anche colpa di alcune deviazioni del mondo ambientalista che ha identificato solo nella CO2 il veleno che attanaglia il pianeta senza pensare a tutti gli altri inquinanti e facendo bilanci assurdi secondo cui se bruciamo biomasse siamo in pareggio con la CO2. Questo non vero perché la combustione rimette in circolo la CO2 accumulata nella materia. Mentre i rifiuti organici, se ridati alla terra in forma di compost, sottraggono carbonio dall’atmosfera e riducono in maniera importante la CO2. Purtroppo l’incenerimento viene premiato attraverso i certificati verdi e altre forma di incentivazione mentre nel resto d’Europa gli impianti di questo tipo vengono tassati con costi fino a 70 euro a tonnellata. Se in Italia si interrompessero le incentivazioni gli inceneritori, che sono costosissimi, non reggerebbero.
C’è un’ambiguità di fondo per cui la combustione delle biomasse è stata equiparate all’uso delle fonti rinnovabili. Inoltre i rifiuti indifferenziati vengono trattati per ottenere biogas e il materiale residuo, definito combustibile da rifiuti, se non va a finire negli inceneritori va nelle centrali a carbone o nei cementifici e quindi è comunque destinato alla combustione. Tutto questo materiale, che non voglio chiamare rifiuto, se differenziato alla fonte può trasformarsi in altro materiale.

Spostiamoci dal trattamento dei rifiuti alla produzione energetica. Paragonati ad altri impianti che utilizzano metodi basati sulla combustione gli inceneritori sono convenienti?
La combustione che sia di olio, carbone o di qualunque materiale ancor più se eterogeneo come i rifiuti che spesso sono bruciati tal quale, è un processo che porta alla formazione di inquinanti. In natura nulla si crea e nulla si distrugge. L’idea che l’inceneritore risolva il problema perché elimina i rifiuti è falsa. Quello che fa è ridurne il volume trasformandoli in ceneri e buttando il resto nell’atmosfera che diventa così una discarica. Inoltre ciò che viene trattenuto nei filtri va smaltito e i filtri stessi vanno smaltiti. In più devono essere aggiunti reagenti per regolare i processi di combustione.
E così i rifiuti finiscono per aumentare. La vita si è sviluppata sul nostro pianeta grazie all’energia del sole. In natura la combustione è sempre un evento eccezionale, non è la strada che il mondo ha scelto per produrre energia. La natura ha scelto processi biochimici a bassa temperatura come la digestione. E poi il sole, il vento, l’acqua. Abbiamo di certo bisogno di energia ma ne sprechiamo anche tantissima e usiamo solo una piccola parte di quella che potremmo avere dal sole e dalle altre fonti rinnovabili. Dovremmo imparare a utilizzarle e non, invece, guardare al nucleare.

Quali sono le sostanze emesse in atmosfera dagli inceneritori?
Basta guardare cosa c’è scritto su un pacchetto di sigarette: nuoce gravemente alla salute. Una sola sigaretta è una centrale a biomasse in miniatura. Con la combustione si creano migliaia di sostanza tossiche pericolose di cui diverse decine sono cancerogene. E allora perché consideriamo pericolose le sigarette e centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti tal quale non dovrebbero creare problemi? Non c’è veleno che non esca dagli inceneritori. Le diossine, per esempio, che hanno un tempo di persistenza nel sottosuolo di 100 anni e nel corpo umano di circa 7 anni. La contaminazione delle colture agricole fa sì che noi assumiamo le diossine attraverso i cibi e diventiamo ricettacoli di veleni che poi trasmettiamo ai figli.
Poi c’è il particolato, tanto più pericoloso quanto più alta è la temperatura. Negli inceneritori la combustione avviene ad altissime temperature perché questo dovrebbe ridurre le emissioni di diossina, ma allo stesso tempo produce un particolato più fine che i filtri non riescono a trattenere. Poi ci sono arsenico, piombo, cadmio e altri metalli pesanti. Insomma, non esiterei a usare le parole utilizzate dal presidente dell’associazione francese per la ricerca contro il cancro, Dominique Belpomme: l’incenerimento dei rifiuti è un crimine contro l’umanità.

Quali i rischi per la salute legati alla combustione dei rifiuti?
A parte gli studi commissionati ad hoc per rassicurare le popolazioni, esistono centinaia di studi scientifici sulle popolazioni esposte agli inceneritori che hanno dimostrato la presenza di danni gravi per la salute. I possibili danni si dividono in due gruppi: non tumorali e tumorali.
Al primo gruppo appartiene il rischio di malformazioni. Uno studio uscito due mesi fa su 21 inceneritori in Francia ha dimostrato il nesso tra malformazioni urogenitali e l’area di ricaduta delle emissioni. Poi ci sono diabete, malattie respiratorie, danni ischemici e cardiovascolari, problemi ormonali e della tiroide, ridotta fertilità e addirittura effetti sul sesso alla nascita: se normalmente c’è una prevalenza dei maschi sulle femmine, nelle popolazioni esposte alle diossine si è osservata una tendenza contraria.

Parlando invece di incidenza del cancro?
Per quanto riguarda i rischi tumorali è evidente che se si seminano sostanze cancerogene, basta aspettare e si raccoglieranno tumori. Il nesso con gli inceneritori è incontestabile: i tumori, soprattutto nelle donne, aumentano. In particolare crescono i casi di linfomi e sarcomi che sono i tumori spia legati all’esposizione alle diossine. Uno studio condotto a Forlì su un raggio di 3,5 chilometri dai due inceneritori presenti in zona sulla base della mappa reale della dispersione degli inquinanti ha evidenziato che nelle donne che hanno abitato per almeno 5 anni nell’area la mortalità per tumore è aumentata in modo coerente con l’aumento dell’esposizione dal +17% al +26% al +54%. In particolare, si registrano aumenti per il cancro a colon-retto, stomaco, mammella. Si stimano 116 i decessi in più fra le donne oltre l’atteso, di questi circa 70 per cancro. Secondo dati del registro dei tumori, oggi in Italia la probabilità di avere una diagnosi di cancro, considerando una prospettiva di vita di 82 anni, è del 50%. Desta inoltre preoccupazione che in Italia si ammalino di cancro sempre più bambini. Abbiamo un tasso di incremento dei tumori infantili quasi doppio rispetto alla media europea (2% per anno da 0 a 12 anni contro l’1,2% della media europea) e siamo al primo posto per incidenza. Ciò è dovuto al fatto che le sostanze inquinanti si trasmettono dalla madre al feto.
Io sono un oncologo, ma vorrei essere disoccupata. In tutto il mondo scientifico indipendente si sta facendo strada un concetto che il professor Renzo Tomatis che è stato il nostro ispiratore, ha sempre sostenuto: dobbiamo seguire la strada della prevenzione primaria, ovvero ridurre ed evitare le cause delle malattie, non accontentarci di curarle. Perché la malattia ha un costo umano ed economico.

Intervista a cura di Maurita Cardone

http://www.qualenergia.it/view.php?id=1742&contenuto=Articolo


In Italia un reato contro l'ambiente ogni 43 minuti. - di Stefano Rodi.

La maggior parte delle violazioni, quando vengono accertate, sono punite soltanto con contravvenzioni.

L'Italia si cura poco e male del proprio patrimonio naturalistico. E' cosa nota. Ora si ha un dato in più: è un paese dove, in media, avviene una violazione contro l'ambiente ogni 43 minuti. E' il dato, preciso, del Ministero dell'Ambiente per il 2010, e rilanciato dal rapporto realizzato dal Wwf in occasione dell'apertura dell'Anno Giudiziario. A svelare una eco-illegalità costante e diffusa dal nord al sud del paese è ora la rete dei 300 avvocati impegnati con l'associazione ambientalista: uno al giorno è stato in Tribunale, con oltre 1.000 ore l'anno al servizio della società civile, 250 udienze nel 2010 per difendere salute e ambiente. Sono tuttora 300 i processi ambientali in corso, o meglio quelli nei quali il Wwf è presente come parte attiva. Quindi una goccia nell'oceano rispetto al totale. «In occasione dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario vogliamo sottolineare come il ruolo della Magistratura sia fondamentale per dare una corretta lettura e applicazione di norme troppo spesso travisate da inquinatori senza scrupoli e da una parte dell’amministrazione non sufficientemente preparata sull’importanza della tutela dell’ambiente – ha dichiarato Stefano Leoni, Presidente del Wwf Italia- La magistratura svolge quel ruolo fondamentale di "grande saggio" che non solo sanziona ma indirizza correttamente l’azione della società che può incidere sul patrimonio naturale e la salute dei cittadini ed è quindi importantissimo anche avere un buon esercito di avvocati che oltre a rappresentare in giudizio queste istanze sappiano trasmettere questa saggezza anche al di fuori delle aule dei Tribunali».

I REATI, E L'IMPORTANZA DELLE INTERCETTAZIONI - Molti e gravi reati ambientali nascono non da un evento diretto (ed esempio l’industria che scarica sostanze inquinanti in un fiume),

ma da reati fiscali o amministrativi (falsi documenti, autorizzazioni illegali, corruzioni di pubblici amministratori, truffe ). Spesso quindi gli inquirenti riescono a scoprire casi gravi di inquinamento attraverso intercettazioni svolte su pubblici amministratori per reati cosiddetti “minori”. Infine, e questi sono i casi più gravi, si spunterebbero anche molte armi investigative per la lotta alle “ecomafie”, spesso coinvolta in molti crimini ambientali e spesso gli “ecomafiosi” ed i loro complici vengono scoperti attraverso indagini compiute su altri fatti non direttamente collegati. In altre parole: difficilmente oggi un’indagine nasce ipotizzando da subito il reato di associazione mafiosa. È più frequente che da un caso di estorsione, incendio, minacce si arrivi alla contestazione del più grave reato associativo, dietro al qual spesso si nascondono i grandi traffici di rifiuti, le speculazioni selvagge e le mille e sempre più sofisticate maniere che i “criminali ambientali” escogitano per lucrare a danno dell’ambiente e della salute .

VITTORIE E SFIDE APERTE - L’attività giudiziaria del Wwf ha visto riconoscere le ragioni dell’ambiente e della salute in importanti processi e ricorsi come quello contro la Solvay per difendere l’accesso all’acqua potabile da parte dei cittadini in un’area di crisi idrica, o contro le escavazioni abusive lungo alcuni grandi fiumi, Po, Adige e Brenta o l’ultima in ordine temporale contro l’Enel i cui amministratori delegati sono stati riconosciuti colpevoli di inquinamento all’interno del Parco del Delta del Po per la centrale di Porto Tolle. Ma ci sono molte altre sfide importanti da superare: in numerosi processi ancora in via di svolgimento come quello sul disastro sulla salute e sull’ambiente provocato dall’amianto proveniente dall’Eternit S.p.A. di Casale Monferrato, quello per un nuovo incendio verificatosi nel Polo Petrolchimico di Porto Marghera, o per la mega-discarica a Bussi (Pescara), la più grande così inquinata in Europa, nel processo contro i dirigenti degli stabilimenti tessili di Marlane (Cosenza) accusati di aver provocato, attraverso lo smaltimento illegale di molti veleni anche nei terreni circostanti l’area industriale, la morte di oltre 50 operai o, nell’ambito della difesa del territorio e del paesaggio, contro la Strada Mare Monti, un vero e proprio ecomostro che taglierebbe la Riserva naturale Wwf di Penne (Abruzzo); su quest’ultimo, grazie all’esposto del Wwf la Magistratura ha aperto un’inchiesta che ha portato già ad un arresto e 10 indagati.

CONTRO GLI INQUINATORI SOLO MULTE DA DIVIETO DI SOSTA - «L’attività degli avvocati che lavorano al nostro fianco da oltre 20 anni è la ‘cartina tornasole’ di quanto l’illegalità in campo ambientale sia diffusa e costante» - precisa Patrizia Fantilli, responsabile Ufficio legale - legislativo del Wwf Italia -. Il contrasto al crimine ambientale che svolgiamo grazie alla loro opera qualificata è l’unico strumento di cui disponiamo ma le "armi" a loro disposizione sono ancora "spuntate". E’ urgente inserire nel Codice penale la voce "Delitti ambientali"». Ad oggi, infatti, le sanzioni previste dalle leggi di tutela dell’acqua, dell’aria, del suolo, delle aree protette e della fauna, (a parte rare eccezioni come il traffico di rifiuti) sono esclusivamente di natura "contravvenzionale" (secondo la classificazione del’39 del codice penale). Sostanzialmente sono forme di reato punite con sanzioni più "leggere" rispetto ai "reati-delitti". Quindi il sistema sanzionatorio per le leggi di tutela ambientale costituisce il tallone d’Achille per cui in Italia gli illeciti ambientali sono sempre più frequenti e gravi, pur producendo effetti devastanti sul territorio, sulla natura, sul paesaggio e sulla salute umana che rimangono sostanzialmente impuniti».

http://www.corriere.it/cronache/11_gennaio_28/reati-ambiente-anno_3a892412-2b08-11e0-adec-00144f02aabc.shtml


venerdì 28 gennaio 2011

Accusa a Claudio Scajola “E’ il capo della cricca del porto”. - di Ferruccio Sansa.


Per la procura di Imperia è al vertice di un'associazione per delinquere. Intanto in Liguria si diffonde lo spettro della 'ndrangheta: prima la richiesta di sciogliere il Comune di Bordighera per infiltrazioni mafiose, poi la scoperta di un piano per uccidere un carabiniere

Claudio Scajola accusato di essere il capo di un’associazione a delinquere che ruotava intorno al porto di Imperia. Mentre l’Antimafia di Torino perquisisce gli uffici del porto. Impensabile un anno fa. Ma oggi nel regno di u ministru si respira aria di fine impero. In piazza Dante la gente commenta: una settimana fa sono stati perquisiti gli uffici del sindaco, Paolo Strescino, fedelissimo di Scajola, indagato per violenza privata. Intanto il procuratore di Torino, Gian Carlo Caselli, interrogava il suo collega Gianfranco Boccalatte, capo della Procura di Imperia indagato per corruzione. E mercoledì scorso ecco l’Antimafia che perquisisce il porto, per il quale Scajola è indagato (ma in un’altra inchiesta). Va avanti da mesi: prima la richiesta di scioglimento del comune di Bordighera (centrodestra) per infiltrazioni mafiose. Poi la scoperta che la ‘ndrangheta voleva uccidere un carabiniere.

Difficile stare dietro agli eventi. Dipanare il groviglio di interessi del potere nel Ponente ligure cui non è estraneo il centrodestra, ma nemmeno il centrosinistra che per anni ha sponsorizzato cemento e affari. Nessun politico è accusato di legami con la criminalità organizzata, ma il sistema di potere, forse inconsapevolmente, ha accolto personaggi legati alla ‘ndrangheta. C’è, però, chi dice di no. Pierre Marie Lunghi è il funzionario del Comune di Imperia che si occupa di porti: giorni fa ha revocato la concessione a Francesco Bellavista Caltagirone. Un “anonimo” funzionario che osa opporsi a un gigante del mattone. Bellavista Caltagirone ha partecipato alla cordata Alitalia benedetta dal Cavaliere. Ha progetti in tutta Italia e società cui partecipano amici di Berlusconi. A Pavia c’è il giornalista Carlo Rossella (presidente di Medusa Film e testimone a difesa del premier per le notti del Bunga Bunga). Ma soprattutto Bellavista Caltagirone è amico di Scajola. E, infatti, il sindaco di Imperia ha immediatamente sconfessato il suo funzionario, è arrivato ad annunciare che gli chiederà i danni. Il punto di partenza potrebbero essere i moli. E il cemento. Lo aveva detto il pm Antimafia Anna Canepa: le colate apriranno le porte alla criminalità organizzata. Non le dettero retta. Nel silenzio si è insinuata la ‘ndrangheta. Nessuno, va detto, finora ha dimostrato che ci siano legami tra clan e gli imprenditori dei porti. Una cosa, però, è certa: le ruspe di famiglie calabresi indagate si sono occupate del movimento terra dei porti di Imperia e di Ventimiglia (realizzato da Beatrice Cozzi Parodi e dal suo compagno Bellavista Caltagirone, accusato di associazione a delinquere con Scajola). Secondo gli investigatori, le società della famiglia Pellegrino avrebbero rimosso milioni di tonnellate di terra. Ora pare difficile bloccare il fenomeno perché, ricorda un inquirente, “a Ventimiglia ci sono intere strade dove si parla soltanto calabrese e la caserma dei carabinieri è sotto assedio”. Poi, però, sono arrivati pm come Roberto Cavallone, procuratore di Sanremo, e Alessandro Bogliolo (Imperia) e sono partite inchieste a raffica. Prima di tutto quella sul Comune di Bordighera.

Il rapporto dei carabinieri ritrae una cittadina dove la criminalità organizzata si presenta a viso aperto. Assessori dichiarano di essere minacciati e girano con la pistola. E poi botte e minacce a poliziotti. Al centro dell’inchiesta due night e l’apertura di una sala giochi. L’assessore al Turismo,Marco Sferrazza, ha raccontato che due indagati delle famiglie Pellegrino e Barilaro gli avrebbero detto : “Quando avete avuto bisogno di voti noi vi abbiamo aiutato”.

E Sferrazza negli atti aggiunge: “Il sindaco (che al cronista ha smentito, ndr) era favorevole all’apertura della sala giochi perché aveva favori da rendere”. Stiamo parlando delle famiglie che, ricordano ambienti investigativi, “hanno ottenuto praticamente tutti gli appalti per il movimento terra del Comune di Bordighera”. Da altre indagini sui clan emerge poi il piano per uccidere un carabiniere: “Bisogna dare una lezione ai carabinieri, si stanno allargando troppo. Bisogna trasformarli in cadaveri”. Troppo, anche per il Ponente ligure dove ci si sta abituando agli incendi di locali. Dove un commando ha crivellato con la lupara l’auto di Pier Giorgio Parodi. L’imprenditore del mattone (padre di Beatrice, regina dei porticcioli) non ha sporto denuncia, anzi, ha giustificato gli attentatori: “Pensavano di fare uno scherzo”. Intanto i contatti tra ambienti politici ed esponenti della criminalità organizzata sono cronaca quotidiana: dagli incontri tra Eugenio Minasso, vice-coordinatore del Pdl in Liguria, e la famiglia Pellegrino alle foto di Cinzia Damonte(candidata Idv) con un pregiudicato calabrese. Già, il centrosinistra non può fare la voce grossa. “In tanti ricordano – sottolinea Christian Abbondanza della Casa della Legalità – che una società oggetto di una misura di prevenzione antimafia del Prefetto (una misura atipica, la meno pesante) e di indagini della Procura di Genova ha ricevuto decine di appalti per la bonifica del suolo da amministrazioni di centrosinistra.

All’inaugurazione delle ruspe della società – sponsor in passato di associazioni politiche dei leader del Pd locale – c’era mezzo centrosinistra ligure”. No, il terremoto del Ponente non basta. Gli uomini fedeli a questo sistema di potere sono ovunque: giornali, fondazioni, società. I Pierre Marie Lunghi sono ancora pochi.