Le gravi omissioni di Nicola Mancino e Giovanni Conso sul biennio stragista '92/'93.
Nell'aula bunker di Firenze il senatore Nicola Mancino è tornato ad affrontare la questione della revoca del 41 bis per 140 detenuti decisa inspiegabilmente nel novembre del '93 dall'allora ministro di Grazia e Giustizia, Giovanni Conso.
Mancino ha affermato di non averne mai parlato con il suo collega di via Arenula, smentendo di fatto le precedenti dichiarazioni dell'ex Guardasigilli già di per sé lacunose e gravemente omertose. Le deposizioni dell'ex ministro dell'Interno hanno acuito un senso di rabbia e disgusto nei confronti di questi uomini delle istituzioni. Uomini che avevano e che hanno il dovere di essere al servizio del nostro Paese e che invece, barricandosi dietro palesi omissioni o evidenti contraddizioni, rischiano di macchiarsi del reato più infamante per un servitore dello Stato: alto tradimento.
Cosa si cela dietro ai tanti “non ricordo”, ai troppi “non so” di questi smemorati di Stato?
Non è più tollerabile sentir dire da un ex ministro della giustizia che “al momento non siamo in grado di dire nulla di sicurissimo, ma col tempo pezzi di verità verranno tirati fuori”.
Ma da chi dobbiamo aspettare che vengano fuori questi “pezzi di verità”?
Da altri uomini delle istituzioni che per codardia bussano alle procure per fornire solamente una parte di quello che sanno, prima di essere chiamati in causa da mafiosi o da collaboratori di giustizia?
Non è più ammissibile che nelle aule di giustizia rimbombino questi silenzi colpevoli!
Il silenzio di chi sa ma non parla ci induce al sospetto che entrambi tacciano per coprire uno Stato che, con la sua grave incompetenza, noncuranza e finanche complicità, porta su di sé il peso della corresponsabilità nelle stragi del '92 e del '93.
Come potevano sapere all'epoca Mancino e Conso dell'esistenza di due schieramenti di Cosa Nostra? Chi li aveva informati della fazione “terroristica” legata a Riina e di quella più “politica” capitanata da Provenzano? Solamente chi stava “trattando” ne era a conoscenza e lo avrebbe comunicato ad entrambe le personalità istituzionali.
Se così fosse i due eminenti ex ministri dovrebbero finire sotto inchiesta per falsa testimonianza, con l'aggravante di aver favorito la trattativa tra Cosa Nostra e lo Stato. A prescindere che entrambi lo abbiano potuto fare inconsapevolmente, o consapevolmente.
Mai più ruoli istituzionali a uomini come Nicola Mancino o Giovanni Conso!
Mai più ruoli istituzionali a chi ha pensato solo ai propri interessi e non al bene comune, a chi afferma di non aver affrontato questioni di rilevanza fondamentale “per rispetto dell'autonomia del ministro” quando c'era un Paese a ferro e fuoco.
Nessuna attenuante a chi ha negato e continua a negare di aver incontrato Paolo Borsellino il 1° luglio al Viminale nonostante l'evidenza di un'agenda, non sottratta da altri uomini fedeli ad un Giano Bifronte, ma solo il biasimo unito al disprezzo generale per il loro contributo nel continuare ad occultare la verità.
La richiesta di giustizia di tutti i familiari delle vittime della violenza politico-mafiosa peserà su di loro e su tutti gli altri “smemorati” come un macigno dal quale si potranno liberare solamente rompendo una volta per tutte quel silenzio colpevole.