giovedì 24 marzo 2011

Birgi, giornalisti tenuti a distanza Oggi pomeriggio manifestazione pacifista.


L'aeroporto di Trapani è off limits per i cronisti. Di pomeriggio Rifondazione manifesta per la pace.
Ignazio La Russa"I caccia Tornado Ecr italiani hanno compiuto in Libia 10 missioni e 32 sortite, senza che fosse necessario neutralizzare radar nemici con i missili di bordo". A dichiararlo è stato addirittura il ministro della Difesa Ignazio La Russa, smentendo quindi il maggioreNicola Scolari, che dopo aver partecipato alla prima delle dieci missioni pilotando il suo Tornato, aveva dichiarato tutt'altro, venendo immediatamente trasferito alla base di Piacenza.

A Trapani nel frattempo i giornalisti sono tenuti a debita distanza. Alcuni cronisti sono stati infatti allontanati nei giorni scorsi dall'aeroporto "Vincenzo Florio" ormai trasformato a vera e propria base militare.
Per evitare altri possibili casi "Scolari", si preferisce evitare che ai militari vengano poste domande. Più o meno lo stesso atteggiamento dei membri del Governo di fronte alle domande dell'opposizione. "Governo di conigli" ha dichiarato alla Camera il leader d'Italia di Valori, Antonio DI Pietro, rivolto al ministro degli Esteri Franco Frattini ed al premier Silvio Berlusconi, mentre questi fuggivano dall'aula.

Per il pomeriggio Rifondazione Comunista ha organizzato una manifestazione davanti l'aeroporto di Birgi. A chiedere la sospenzione delle operazioni militari in Libia anche i Cobas, l'Anpi, l'Unione degli Studenti, l'Associazione Radio Aut, e la Cgil di Trapani.

Mondadori, lancio di pietre e fumogeni guerriglia al centro di Palermo.





Scontri e tafferugli davanti al teatro Massimo tra alcuni giovani della sinistra antagonista e le forze dell'ordine (guarda il video), accorse a proteggere il centro multimediale affollato di ragazzi di destra. La polemica a causa della presentazione del libro "Nessun dolore", scritto da Domenico Di Tullio, avvocato difensore di Casa Pound, l'organizzazione accusata di diffondere idee razziste.

Lancio di pietre, bottiglie, fumogeni e una bomba carta contro poliziotti in tenuta antisommossa. E' il bilancio dei tafferugli esplosi nel primo pomeriggio davanti al teatro Massimo, in pieno ''salotto'' di Palermo, tra le forze dell'ordine e giovani appartenenti a organizzazioni della sinistra antagonista in polemica con i ragazzi della sede palermitana di Casa Pound, organizzazione di destra, giunti alla libreria Mondadori per partecipare alla presentazione del libro di Domenico Di Tullio, dal titolo "Nessun dolore''. L'autore del volume, Di Tullio, e' il legale di Casa Pound, un'organizzazione da tempo accusata dai movimenti della sinistra antagonista di diffondere idee razziste e naziste.
I disordini sono esplosi a poche decine di metri dalla libreria, dove i fans di Di Tullio si erano radunati per assistere al dibattito. Il presidio organizzato nel quadrivio tra via Ruggero Settimo e via Cavour da uomini della guardia di finanza, della polizia di Stato e dei carabinieri, non e' riuscito ad evitare i tafferugli e il traffico nelle strade è rimasto bloccato per oltre un'ora dal Politeama a corso Vittorio Emanuele.

I manifestanti, facendosi scudo con i cassonetti dell'immondizia, avrebbero divelto alcuni cestini per i rifiuti e li avrebbero lanciati contro le forze dell'ordine che avrebbero quindi risposto con lanci di lacrimogeni. Due elicotteri hanno sorvolato per un'ora la zona degli scontri e la polizia ha ''caricato'' quattro volte. La manifestazione, cominciata in modo pacifico da parte di studenti e di aderenti allo Slai Cobas, e' poi degenerata all'arrivo dei giovani dei Redblock e dei centri sociali. La guerriglia urbana non ha provocato, comunque, alcun fermo. Non si hanno notizie di feriti, anche se un esponente dei Cobas (guarda il video) parla di ''manganellate'' e si vocifera di qualcuno dei giovani allontanatosi con lievi contusioni. L'ultima ''carica'' ha disperso i manifestanti che alla fine hanno abbandonato alla spicciolata il campo di battaglia (guarda il video).

Nel resto d’ Italia, Arezzo, Parma, Torino la presentazione del libro ha suscitato reazioni, ma nessuna come a Palermo. Nei giorni scorsi la sede di Casa Pound in città è stata oggetto di un attentato incendiario, mentre il direttore della Mondadori, Stefano Malgrati, ci dice di avere ricevuto minacce personali e atti intimidatori affinchè la presentazione non avesse luogo. Il romanzo di Di Tullio ha suscitato la forte reazione di centri sociali e gruppi della sinistra antagonista che accusano l’ organizzazione Casa Pound di diffondere ideologie di estrema destra.

Tutti illesi i fans di Di Tullio che sono rimasti all'interno della libreria. Si tratterebbe di militanti e dirigenti locali e nazionali dell'organizzazione di destra, “Fascisti del Terzo Millennio” come amano definirsi loro, che avevano annunciato, per bocca del vicepresidente nazionale Andrea Antonini romano e del presidente regionale Andrea La Barbera di Palermo, di essere ben decisi a reagire ad ogni accenno di provocazione o contestazione.

La cultura inquina. -




Mi inchino ammirato alla perfidia del governo, che finanzia i teatri lirici aumentando il prezzo della benzina. Gli intellettuali ostili non hanno sempre detto che la cultura è il nostro petrolio? E allora si tassi il petrolio degli altri per poter continuare ad attingere a quello metaforico, prodotto dalle viscere della storia patria. «Un piccolo sacrificio che tutti gli italiani saranno lieti di fare», ha suonato il flauto Gianni Letta. Ma basta una passeggiata sul web per accorgersi che gli italiani non sono lieti per niente. Sono esterrefatti, me compreso, per la faccia tosta della politica, che chiede sempre «sacrifici» e mai ne fa. Che mette le mani nelle tasche degli italiani, ma si guarda bene dallo svuotare le proprie. I 236 milioni destinati a cultura e spettacolo (una miseria per un Paese che a cultura e spettacolo affida quel poco che resta della sua immagine nel mondo) era davvero indispensabile spillarli ai nostri carburatori?

L’accorpamento dei referendum alle elezioni amministrative di maggio avrebbe permesso, da solo, di recuperare ampiamente il maltolto. Aggiungerei al conto le auto blu e le scorte di statisti del calibro di Scilipoti. Per carità di Patria eviterò di ricordare quanto ci costi il volo di ogni Tornado sopra la Libia in fiamme (32 mila euro all’ora, comunque). Ecco, qualche testa fina starà già pensando: perché sprecare tutti quei soldi per la cultura quando ce n’è così bisogno per i bombardamenti? Che la tassa sul petrolio vada a finanziare la guerra del petrolio: resterebbe uno scippo, ma almeno uno scippo coerente.



Processo Rostagno, le omissioni di un maresciallo dei carabinieri.



Indicato come la punta di diamante, infila tanti non ricordo nelle risposte
di Rino Giacalone - 24 marzo 2011


Non è stata una udienza priva di colpi di scena quella del 23 marzo del dibattimento per il delitto di Mauro Rostagno. Presenti i due imputati, Vincenzo Virga in video conferenza, e Vito Mazzara, in aula, sul pretorio è tornato il luogotenente dei carabinieri Beniamino Cannas
all’epoca del delitto, brigadiere presso il nucleo operativo provinciale. I carabinieri hanno escluso la pista mafiosa, sostenendo, anche durante il processo (testimonianza oltre che di Cannas anche del suo ex comandante Nazareno Montanti), di non avere trovato elementi, ma Montanti prima e Cannas adesso, dinanzi alle domande poste dai pm che hanno evidenziato tra le righe come gli elementi che conducevano alla matrice di Cosa Nostra erano «a portata di mano», hanno cercato di cavarsela «glissando», con i non ricordo. Cosa che ieri nei confronti di Cannas ha portato il presidente della Corte di Assise, giudice Angelo Pellino, a richiamare quasi il teste dinanzi all’ennesima dichiarazione con la quale cercava di porsi lontano dalle indagini sul delitto Rostagno: «Non è comprensibile – ha detto Pellino – come il suo ex comandante l’ha indicata a noi come una “punta di diamante” e lei oggi viene a dirci che non si occupava delle indagini». Il luogotenente Cannas aveva detto che «lui di mafia non si occupava, ma di droga».

Cannas se le è presa anche con la stampa a proposito delle notizie pubblicate su verbali di sommarie informazioni dei quali fu oggetto Rostagno proprio da parte sua che solo ieri e nell’ultima parte della sua deposizione si è ricordato: sentì Rostagno a proposito di mafia e massoneria. «I giornalisti – ha detto – mi hanno voluto mettere in cattiva luce».
A richiamare il teste è stato anche il pm Gaetano Paci. Cannas infatti ha riferito di un colloquio con Rostagno, causale, per strada, a fine agosto 1988. «Parlammo di diverse cose, anche dell’indagine cui era coinvolto sul delitto Calabresi. Mi disse che se gli davano il tempo avrebbe chiarito tutto. Poi ricordo un’altra frase, “si tratta di un errore di gioventù”». «Ma messa in relazione a cosa?» ha chiesto il pm. «Non ricordo – ha risposto il teste – ma sicuramente non si riferiva al delitto Calabresi». Ed allora il pm Paci ha tirato fuori un verbale del 1992 dove quella frase lui (sentendo Carla Rostagno, sorella di Mauro) la metteva in relazione al delitto Calabresi. «Come è possibile – ha chiosato il pm – che si scrivono relazioni di servizio così generiche?». Non è servito a Cannas ricordare che durante la sua carriera ha arrestato «800 persone».
Sono poi emerse clamorose anomalie: il mancato immediato sequestro delle cassette con la registrazione degli interventi in tv, a Rtc, di Rostagno, «fu fatto sette mesi dopo il delitto» (ma un altro teste, il regista Alberto Castiglione ha ricordato che nel 2005 trovò un magazzino con migliaia di cassette). E poi quel verbale di sopralluogo sul luogo del delitto che Cannas firmò mesi dopo il delitto. «Come è possibile questo?» ha chiesto il presidente Pellino. «Fino ad allora avevamo lavorato con gli appunti che avevamo preso» la risposta di Cannas.
L’audizione del luogotenente Beniamino Cannas si è conclusa con una dichiarazione del pm Paci che ai giudici ha anticipato che chiederà ai carabinieri di produrre tutti i documenti conservati nei loro archivi che hanno come oggetto eventuali audizioni, a qualsiasi titolo di Mauro Rostagno. I verbali indicati sulla stampa, quelli davanti ai carabinieri e dinanzi all’allora giudice istruttore di Rostagno, come persona informata dei fatti, a proposito di mafia e massoneria, hanno infatti lasciato sorpreso il magistrato, «non sono dentro ai fascicoli processuali, mi chiedo perchè non ci sono stati mai trasmessi» ha detto Gaetano Paci. La difesa di parte civile di Chicca Roveri e Maddalena Rostagno, avv. Carmelo Miceli, ha prodotto invece copia dell’intervista rilasciata da Rostagno a Claudio Fava per King nel 1988 e il libro dello scrittore Mugno dove sono raccolti gli editoriali di Rostagno a Rtc. Su quest’ultimo libro le difese si sono opposte. I giudici si sono riservati.
L’udienza dopo Cannas era proseguita con l’audizione dell’ex comandante provinciale della Finanza, oggi generale Ignazio Gibilaro, comandante provinciale della Gdf a Roma. Ha riferito degli accertamenti nei confronti di Cicci Cardella sull’uso di un «veliero» il «Povero Vecchio»: «Sospettavamo che lo usava per trasporti clandestini di personaggi arabi ed egiziani, una volta lo sequestrammo perchè a bordo fu trovato un “portale” di pietra di importazione clandestina».
Ma il colpo di scena vero e proprio è stato anche un altro. Ed ancora durante la deposizione del luogotenente Cannas, quando gli è stato chiesto se fu fatto l’accertamento su quello scontrino di macelleria trovato nella cava, vicino all’auto bruciata e che fu usata dai killer che uccisero Rostagno. I carabinieri hanno sostenuto che a fare quell’acquisto erano stati tre operai che quel giorno erano andati in quel luogo quasi a farsi una scampagnata, saltando la giornata di lavoro, comprarono della salsiccia per arrostirla e fare pranzo. Ma quella macelleria non era una macelleria qualsiasi, era quella di Crocci di proprietà di Francesco Virga, nipote del capo mafia Vincenzo. Francesco Virga fu indagato dalla Polizia diversi anni dopo. Tutto è avvenuto per caso? Anche quello scontrino lasciato in quella cava? Possibile che i carabinieri, come hanno detto i pm Paci e Ingroia, hanno con tanti elementi in mano «sbeffeggiato» la pista mafiosa a proposito del delitto Rostagno.




mercoledì 23 marzo 2011

Romano, arriva il neo-ministro indagato per mafia.


Sul nuovo Ministro delle politiche agricole, che ha appena giurato, pende ancora l'indagine per mafia.
Saverio RomanoSaverio Romano, nuovo pilastro del gruppo "I Responsabili", e' il nuovo ministro delle Politiche Agricole. Romano è giunto in tarda mattinata nella sede del Ministero in via XX Settembre dove è stato accolto dal ministro uscente Giancarlo Galan. E' stato salutato nel cortile dal picchetto d'onore ed è stato poi accompagnato da Galan all'interno dell'edificio per fare conoscenza con il suo nuovo staff. Ex fedelissimo di Calogero Mannino e poi di Toto' Cuffaro, originario di Belmonte Mezzagno (Palermo), Romano e' tuttora indagato nell'ambito di un’inchiesta per mafia “quasi” archiviata e di un’altra, tuttora in corso, per corruzione aggravata dall’art. 7, che prevede il favoreggiamento a un’associazione mafiosa. Sono le inchieste condotte dalla Dda di Palermo e proprio per questo motivo sulla nomina di Romano, si sono registrate nei giorni scorsi perplessità da parte del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Le ragioni dei dubbi presidenziali sul neo-ministro siciliano, come scrive Il Messaggero, sarebbero dovute anche “ai presunti legami dei suoi familiari con la mafia”, forse riferendosi alla decisione del ministero dell’Interno, adottata un mese fa, di iniziare le procedure di scioglimento per mafia del comune di Belmonte Mezzagno, considerato un feudo elettorale di Romano e guidato da suo zio Saverio Barrale.

Lui, il neo-ministro, si difende cosi': ''Per otto anni sono stato indagato. E ora non sono indagato, né rinviato a giudizio, ma c'é una richiesta di archiviazione dopo otto anni in cui sono stato vivisezionato". In realta', la richiesta di archiviazione dell'inchiesta per concorso in associazione mafiosa, firmata dal pm Nino Di Matteo, e' stata respinta dal gip Giuliano Castiglia, in attesa di ulteriori ''chiarimenti''. Romano, pero', e' sicuro che il suo proscioglimento e' solo questione di ore. Pertanto, ha proseguito: "non ci sono ostacoli alla nomina odierna. E i fatti superano ogni veleno". La polemica, secondo il ministro all Politiche Agricole, "é stata montata da chi non mi vuole bene, ed è stata poi utilizzata strumentalmente. Sono convinto che la nota del Quirinale non riporti il vero pensiero del presidente Napolitano. Non ho pesi sulle spalle - ha concluso - e voglio essere giudicato sui fatti".

La nomina di Romano a ministro rischia ora di spaccare il gruppo di Iniziativa Responsabile e mettere in un angolo i membri del Pid accusati dai colleghi di "ambizione smodata". Solo un intervento di Silvano Moffa, nel corso di una riunione di Ir alla Camera, a quanto si apprende, avrebbe impedito che i dissensi interni potessero esplodere in una crisi. Il gruppo, secondo quanto riferito, si è riunito per festeggiare l'ingresso di un 'responsabile' nell'esecutivo ma qualcosa si sarebbe incrinato quando alcuni deputati hanno sottolineano che "ora è arrivato il tempo per la nomina dei sottosegretari".

La nube buona.


La nuvola nucleare di passaggio sull'Italia, prevista tra questa notte e nelle prime ore di domani, giovedì 24 marzo 2011, è buona.

Lo ha detto Fazio, il ministro della salute "L’Italia è a rischio zero. Non c’è pericolo per la salute e la contaminazione degli alimenti". La nube è tenuta sotto controllo da una rete capillare formata dall'ARPA, dalla rete del ministero degli Interni, da quella del ministero dell'Ambiente e di reti varie di sorveglianza distribuite dalle Alpi a Capo Passero.

La Prestigiacomo e Maroni garantiscono.

Sarà una radioattività tranquilla, che passa e non lascia tracce. La nube che sta inquietando tutte le mamme italiane: "Domani a scuola lo porto oppure no?" viene descritta con un linguaggio tra il curiale e l'encomiastico: "Secondo l'agenzia francese per la sicurezza nucleare alcune masse d'aria debolmente contaminate da materiale radioattivo rilasciato a Fukushima dovrebbero passare oggi sulla Francia e proseguire per l'Italia, che dovrebbe essere sorvolata fra oggi e domani.

L'ASN precisa che il livello di radiazioni potrebbe essere addirittura più basso del limite registrato dagli strumenti". In una sola nota di agenzia ci sono l'attribuzione della notizia a terzi (l'agenzia francese) se succede qualcosa la colpa è loro..., due minimizzazioni "alcune masse d'aria", "debolmente contaminate", trecondizionali ("dovrebbero", "dovrebbe", "potrebbe essere") e una malcelata soddisfazione per un "livello più basso del limite registrato dagli strumenti".

Noi, quindi, siamo già più radioattivi dei giapponesi.


La nube insomma non fa bene, ma quasi.

Ce ne vorrebbero di più di nubi così riservate, educate, in fondo sono giapponesi, in transito nei nostri cieli.

Giancarlo Torri, responsabile del Servizio misure radiometriche del Dipartimento nucleare dell’Ispra ha dichiarato: "L’eventuale esposizione sarebbe molto rapida".

E' ottimista, ha usato in una sola frase soltanto un'ipotesi e un condizionale.

Giorgio Mattassi, direttore tecnico scientifico dell'Arpa del Friuli Venezia Giulia, rassicura: ''Nessun rischio per la salute. Non mi aspetto nessuna conseguenza confrontabile con quella provocata da Chernobyl, dove si ebbe la fusione del nucleo. Prima di tutto la nube si mescola ad altra aria non contaminata. Poi bisogna vedere se e dove pioverà. Comunque quella pioggia non avrà origine giapponese''.

Belin, mi sento come Attilio Regolo in una botte di ferro contaminata.

Non è Chernobyl (che culo) e la pioggia non è giapponese, forse è addirittura altoatesina.

Aria altissima, purissima e poco radioattiva...

"Meno pericolosa di una Tac" secondo Giuseppe Remuzzi primario dell'unità operativa di nefrologia e dialisi degli Ospedali Riuniti di Bergamo.

Non vedo l'ora che arrivi la prossima nuvola per farmi un'aerosol.



Quel filo che lega Aimeri a Dell'Utri. Vincenzo Figlioli - La Provincia.



Da qualche settimana, com’era prevedibile, l’argomento di cui si discute di più a Marsala è la raccolta differenziata “porta a porta”.

Un’innovazione non da poco nelle abitudini di una comunità, che dopo un promettente inizio – nella seconda metà degli anni Novanta – si era completamente disinteressata alla sorti dei rifiuti “nobili”, raggiungendo una percentuale di differenziata di poco superiore al 5%. Adesso, dopo rinvii, ritardi e contenziosi, tutti i nodi che hanno bloccato l’ATO “Terre dei Fenici” si sono finalmente sciolti. E la società Aimeri Ambiente, che si è aggiudicata la gara d’appalto per la gestione dei rifiuti, ha cominciato ad operare sul territorio con i propri mezzi e il proprio personale, assorbendo anche disoccupati e precari comunali. Molto si è discusso in questi giorno sull’effettivo funzionamento del servizio e sui necessari tempi di rodaggio. Poco si è detto invece sulla Aimeri e sui suoi legami con il mondo politico, che rimandano al senatore del Pdl Marcello Dell’Utri. L’azienda in realtà, nasce a Cuneo nel 1973, specializzandosi nel settore dell’igiene urbana. Per anni ha fatto parte della grande famiglia Enel, che ha poi dismesso il ramo rifiuti. Del 2004 è invece l’acquisizione da parte del Gruppo Biancamano, una società di partecipazioni controllata dai fratelli Giovan Battista e Pier Paolo Pizzimbone, che dopo un passato nel mondo dell’edilizia, nel 1996 individuano nello smaltimento dei rifiuti un nuovo business, andando a dirigere la Ponticelli srl, un’azienda di Imperia nata nel 1970, controllata da una decina di soci e specializzata nello smaltimento dei rifiuti con un bacino di utenza di 44 Comuni della zona. Il volume di affari cresce di anno in anno, finchè i fratelli Pizzimbone non decidono di ampliare il loro raggio d’azione, costituendo nel 2004 il Gruppo Biancamano, una holding di partecipazioni nell’ambito dell’igiene ambientale che attraverso l’acquisizione della Ponticelli srl – specializzata nello stoccaggio di rifiuti - e della Aimeri Ambiente – che si occupa dell’igiene urbana – è ormai diventato uno dei più importanti operatori nazionali del settore con 1400 dipendenti, 1250 automezzi industriali e un fatturato di circa cento milioni di euro l’anno. Una realtà che dopo la quotazione in borsa del 2007 è destinata a crescere ulteriormente con l’acquisizione del ramo servizi ambientali di un altro colosso del settore, la Manutencoop di Bologna. Senza contare i nuovi scenari che si stanno delineando persino in Libia, con un appalto di 520 milioni per l’igienizzazione di Bengasi, già definito il primo grande affare successivo agli accordi del 2008 tra Gheddafi e Berlusconi. E tra gli interessi dei Pizzimbone c’è però anche la politica. Il fratello minore, Pier Paolo, oltre ad essere spesso presente sulle pagine dei rotocalchi che per le sue love story con alcune starlette del mondo dello spettacolo (da Stefania Orlando a Barbara D’Urso), è considerato uno dei pupilli di Marcello Dell’Utri. Proprio nel 2004, fondò assieme al fratello il “circolo di Imperia”, un’associazione culturale promossa dal senatore del Pdl, intensificando negli anni il proprio impegno a fianco dell’ex presidente di Publitalia. Nel 2007 Pier Paolo Pizzimbone arrivò ad inaugurare 33 Circoli della Libertà in Liguria, guadagnandosi l’anno successivo una candidatura alle Politiche nelle liste del Pdl nella circoscrizione Sicilia 2. Un impegno che non ha portato all’elezione, anche se la Sicilia si è comunque trasformata negli ultimi anni in un’autentica miniera per l’Aimeri Ambiente, che negli anni scorsi si è aggiudicata la gestione dei rifiuti a Gela, Caltagirone e nell’ATO CT 2 e 5. In molti casi, così com’è successo anche per l’ATO “Terre dei Fenici”, è stata anche l’unica azienda a presentarsi alla gara d’appalto. Una circostanza che ha suscitato l’allarme del sindaco di Gela Rosario Crocetta, anche per la modesta entità del ribasso (pari allo 0.1%) e che ha dato inizio a una lunga diatriba con il Gruppo, ancora lontana da un’effettiva conclusione. Nei giorni scorsi, nel frattempo, i fratelli Pizzimbone sono stati chiamati in causa da un articolo del quotidiano La Stampa, in cui si ipotizzavano reati ambientali nella gestione della discarica di Ponticelli. Un’accusa a cui i dirigenti del Gruppo Biancamano hanno risposto sottolineando la correttezza del proprio operato, ma tuonando anche contro le eccessive attenzioni riservate alle loro attività da parte della Procura della Repubblica di Imperia, convinti di aver subito in questi anni un autentico “accanimento giudiziario”. Una risposta che con ogni probabilità sarebbe piaciuta anche a Marcello Dell’Utri.


http://a.marsala.it/rubriche/rassegna-stampa/10630-quel-filo-che-lega-aimeri-a-dellutri.html