venerdì 8 aprile 2011

ENERGIA: FONTI RINNOVABILI PROTAGONISTE A TORINO DI "ENERGETHICA"


(AGI) - Torino, 7 apr. - Giocattoli a energia solare, pannelli fotovoltaici di terza generazione, lavatrici e tosaerba collegati ad una bicicletta che funzionano pedalando, una pattumiera del futuro che produce energia dagli scarti casalinghi, innovativi sistemi per trasformare un diesel in un motore bifuel che funziona anche a gas naturale. Sono solo alcune delle tante curiosita' che si possono trovare in mostra a Energethica 2011, la manifestazione dedicata a energia sostenibile, soluzioni per il risparmio energetico e fonti rinnovabili, che si e' aperta, oggi, al Lingotto Fiere di Torino. A inaugurare il salone e' stato il convegno "Le opportunita' della green economy per lo sviluppo sostenibile del territorio", che ha lanciato i temi in cui si articola la manifestazione: Mobilita', Casa Attiva, Telegestione e Bioenergia. Tra gli ospiti James Barber, padre della "foglia artificiale", che ha spiegato: "Ci sono voluti 1000 milioni di anni per produrre combustibile fossile e meno di mille anni per usarlo e quasi la meta' del carbone che bruciamo rimane nell'atmosfera per secoli. Ecco perche' abbiamo bisogno di energie alternative. E il solare e' la fonte con il potenziale produttivo piu' alto. Possiamo riprodurre artificialmente la fotosintesi per catturare l'energia solare e usarla. Basterebbe un'ora di sole per il fabbisogno energetico di un anno della Terra. Se la foglia lo puo' fare, noi possiamo farlo persino meglio. Serve solo uno sforzo multidisciplinare da parte di scienziati e ingegneri di talento". Secondo Edgar Maeder, coordinatore del Circuito Energethica "il dibattito sulle fonti energetiche e' importante, ma a governare l'energia e le risorse ambientali dovrebbe essere la scienza insieme alla politica, perche' l'energia rinnovabile e' il motore della citta' sostenibile del futuro. L'Italia ha bisogno di progettare per il lungo periodo best practices ambientali e incentivare quelle esistenti, come fanno Germania e Svizzera".
Per Giovanni Vincenzo Fracastoro, ordinario di Fisica Tecnica Ambientale del Politecnico di Torino, in Italia "c'e' un momento di grande confusione legislativa sulle rinnovabili, mentre per il Governo tedesco il passaggio dal nucleare all'era delle fonti alternative ha la massima priorita'. E se in Germania l'energia verde copre gia' il 21% dei consumi e si prevede una produzione di energia elettrica all'80% da fonti rinnovabili entro il 2030, l'Italia fatica a rispettare la Direttiva 2009/28/EC che prevede, entro il 2020, il 17% del consumo finale di energia coperto da fonti rinnovabili. In termini di quantita', si tratta di triplicare il dato del 2005". (AGI) .



P.breve: bagarre continua, voto finale mercoledi'.


di Anna Laura Bussa e Francesco Bongarra'

E' ancora ostruzionismo nell'Aula della Camera sulla 'prescrizione breve'. I deputati dell' opposizione intervengono su ogni emendamento, attaccano la maggioranza e se la prendono con i ministri ''costretti a star qui a votare mentre fuori nel Paese c'e' bisogno di loro''. E proprio per tenere il governo in Aula, commentano nel Pd, convocano il Consiglio dei ministri ''nella pausa pranzo''. Il capogruppo di Fli Benedetto Della Vedova lancia una provocazione al ministro degli Esteri Franco Frattini: se lei esce da qui per andare a parlare con Francia ed Europa del dramma immigrazione io le assicuro che non voto. E, pronto, consegna al numero uno della Farnesina la sua tessera di parlamentare, come conferma della promessa. Frattini non reagisce e gli rimanda indietro, con un commesso, il documento. Anche il Guardasigilli e' preso di mira. Tutti i deputati dell'Idv si rivolgono a lui negli interventi ricordandogli che promise di rinunciare a tutte le 'leggi ad personam' in cambio di un dialogo sulla riforma ''epocale'' della giustizia.

Del testo della riforma ancora non c'e' traccia, affermano, mentre alla Camera si approva la 'prescrizione breve' e al Senato 'l'allunga-processi': tutti provvedimenti 'ritagliati' su misura per i guai giudiziari del premier. Anche il leader Udc Pier Ferdinando Casini punta il dito contro Angelino Alfano 'reo' di non aver mantenuto l'impegno preso con l'opposizione. La parola d'ordine nella maggioranza e' pero' quella di non reagire e di mantenere bassi i toni. Quasi tutti ci riescono, tranne il vice capogruppo del Pdl Massimo Corsaro che ad un certo punto, oltre a ribadire il concetto della magistratura politicizzata, tira in ballo il caso Moro per dire che ci volle quel dramma perche' si smettesse di parlare di ''sedicenti brigate rosse'' che invece ''facevano parte della cultura di sinistra''. Quindi, rivendica l'identita' con la ''battaglia e l'impostazione culturale di Paolo Borsellino''. Immediata la reazione. La piu' 'tagliente' quella del centrista Ferdinando Adornato che invita il centrodestra a non permettersi di confondere ''Aldo Moro con Lele Mora''. La frase di Adornato viene accolta dalla standing ovation di tutta l' opposizione. Ma anche nel Pdl si prendono le distanze: Mario Baccini e Osvaldo Napoli dicono di non condividere le parole del collega. Solo il 'Responsabile' Vincenzo D'Anna grida verso i banchi del centrosinistra: ''Quando io ero nella Dc voi eravate tutti comunisti!''. Il centrista Angelo Cera reagisce gridando a sua volta. I due arrivano quasi alle mani. Proprio durante il voto.

Cosi' Casini stoppa il 'suo': ''Vota, cretino e non rispondere alle provocazioni''. Tutti i voti (quelli di alcuni emendamenti e dell'articolo 1 del testo) passano per una differenza di 8/10 voti. ''Esattamente il numero dei ministri'', si commenta nel Pd. Questa ''e' un'amnistia!'', commenta il segretario Pd Pier Luigi Bersani che annuncia battaglia. Il fatto, spiegano il finiano Italo Bocchino e numerosi esponenti di Pd e Idv, e' che la prescrizione breve per gli incensurati potra' essere fatta valere per ogni tipo di reato: dalla pedofilia a quelli dei colletti bianchi. Con il rischio che saltino processi importanti come ad esempio quello per il terremoto dell'Aquila. Di 'prescrizione breve' la Camera tornera' ad occuparsi martedi' prossimo. Per votare mercoledi' in diretta Tv. E' probabile, invece, che al Senato, dell''allunga processi', l'altra norma che scatena le ire dell'opposizione perche' consentirebbe alla difesa di presentare prove, anche testimoniali, ''senza limiti'' facendo morire i processi per prescrizione, se ne tornera' a parlare dopo Pasqua. Al momento, infatti , la conferenza dei capigruppo che potrebbe calendarizzarlo per l'Aula non e' stata convocata.

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2011/04/06/visualizza_new.html_1526558773.html


Rubygate. Parlano i giornalisti stranieri. Rsi tel. Svizzera


giovedì 7 aprile 2011

ELETTORI BERLUSCONI:IGNORANTI, DISINFORMATI E DISINTERESSATI



Mark Donovan: “L’Italia è di fronte a uno spartiacque”. di Davide Ghilotti


Il politologo britannico disegna un ritratto a tinte fosche della politica italiana. Berlusconi è stato azzoppato dai processi, ma nell'opposizione non si vede ancora un'alternativa

Per Mark Donovan, docente di politiche internazionali all’Università britannica di Cardiff ed esperto di politica italiana, l’Italia potrebbe trovarsi presto di fronte a uno “spartiacque” sul modo di fare e di intendere la politica. Berlusconi potrebbe finalmente uscire sconfitto da un eventuale elezione, ma a sinistra le alternative sono troppo deboli. E poi c’è un sistema politico che è diventato, come hanno sottolineato Paul Ginsbourg e Patrick McCarthy, “neo-patrimoniale”, dove vari clan “in lotta per il potere” si sono sostituiti ai partiti.

Professore, quali saranno le conseguenze politiche del caso Ruby?
Fino a non molto tempo fa, non era chiaro se i sondaggi mostrassero un’opinione pubblica più critica verso Berlusconi per lo scandalo a luci rosse che lo coinvolge. Ora i dati fanno pensare, per la prima volta, che il presidente del Consiglio possa trovarsi nella condizione di perdere eventuali elezioni. Il supporto nel mondo cattolico è calato. In più, dopo otto anni di governo di centro-destra, cresce il malcontento anche fra gli elettori del Pdl. Sono sempre meno persuasi dalle promesse sulla riduzione delle tasse e dal miraggio di uno sviluppo economico che ancora non si vede.

Quindi non c’è solo il bunga bunga a minacciare l’immagine di B?
L’Italia è di fronte a uno spartiacque, e i processi potrebbero fare da catalizzatore per il cambiamento. Tutto dipende da quello che faranno le opposizioni.

Come è noto il caso Ruby non è il solo procedimento a preoccupare il premier. Cosa pensa della riforma della giustizia?
Il solo fatto che il premier sia imputato in diversi processi è sufficiente per renderlo la persona meno indicata per fare una riforma così estesa. La posizione penale di Berlusconi ha creato una crisi strutturale nel cuore del sistema costituzionale italiano che è rimasta irrisolta per troppo tempo.

L’ipotesi di cambiare premier, con un capo del governo sostenuto sempre dall’attuale maggioranza, è un ipotesi fantascientifica?
Il centro-destra non è mai stato in grado di rimpiazzare Berlusconi con un leader meno problematico. Cambiare il cavallo durante la corsa non è mai una scelta facile, ma è straordinario che Berlusconi sia ancora lì. Il partito aveva tentato di disarcionarlo, nel 2005-06, ma poi non ci è riuscito. Il problema è che prima Forza Italia, poi il Pdl sono formazioni inusuali in cui le decisioni piovono dall’alto. Dove la base non partecipa né riesce a influenzare le politiche del partito.

Perché non si è mai riusciti a cambiare il “cavallo” Berlusconi?
Il Pdl ha poco movimento interno alla base del partito, e un collegamento quasi inesistente dal basso verso l’alto. E’ una forma estremizzata dei “professionisti della politica”, come li aveva chiamati Angelo Panebianco. Molti grandi partiti sono andati in questa direzione, ma Forza Italia e il Pdl sono stati dominati dai loro leader in misura insolita. Non c’è una dialettica interna, come quella che si può trovare anche nella Lega – altro partito con un leader molto forte. Finché Berlusconi sarà in grado di stare a capo del partito, il partito sarà sotto il suo comando.

Eppure anche la Lega Nord pare voler sostenere B. nonostante gli scandali e i processi
La Lega ha rincorso il progetto di alcune grandi riforme dello Stato fin dalla sua nascita. Ora vuole spingere il proprio programma il più in là possibile finché si può. Anche se la base protesta contro l’alleanza, far cadere il governo ora vorrebbe dire rischiare di bloccare il processo delle riforme e pagare duramente la decisione nelle urne.

Le alternative: quando Fini lasciò il Pdl, molti videro l’opportunità di una nuova forza di centro-destra alternativa a B. Pochi mesi, e Fli ha a malapena i numeri.
Futuro e libertà ha sicuramente perso il suo momento, non solo in Parlamento ma anche sui media. Come per il Pd, ancge fra i futuristi c’è il dilemma strategico delle alleanze. Avendo come identità primaria un’alternativa di centro-destra al Pdl, un’alleanza con l’Udc è problematica – un partito più centrista e, soprattutto, cattolico. Allearsi con altri partiti a sinistra potrebbe distruggere il poco consenso rimasto.

Il Pd, dal canto suo, pare non essere ancora in grado di offrire un’alternativa credibile a Berlusconi.
La questione ha due aspetti. Il Pd è il più grande partito di opposizione, ma rimane sotto quel 30 per cento di voti che è uno dei requisiti minimi per guidare una coalizione di governo. E poi un’alleanza a guida Pd per un “governo in attesa” non viene accettata dalle altre forze di opposizione. Alcuni osservatori sostengono l’idea di un’alleanza di tutti i partiti opposti a Berlusconi, da Fli passando per l’Udc e dal Pd all’Idv e al Sel. Grandi coalizioni di questo tipo non si sono mai verificate nella storia politica italiana. Uno scenario improbabile, se non impossibile.

La crisi d’identità della sinistra è quindi senza uscita?
I predecessori di questo partito governarono l’Italia dal 1996 al 2001. La sinistra ha le carte per vincere le prossime elezioni, ristabilendo una struttura principalmente bipolare del sistema politico. Personalmente, credo che questo sarebbe di grande beneficio per l’Italia.

Insomma, il suo è un ritratto a tinte fosche
La tesi di Patrick McCarthy dice che in Italia la politica è diventata una lotta di potere tra clan. La trovo vera e inquietante. E poi c’è anche Paul Ginsborg che sostiene che la politica italiana è diventata neo-patrimoniale. Berlusconi ha una concezione patrimoniale dello stato. Il leader politico non è solo il titolare degli uffici pubblici, ma accumula un immenso potere personale economico e mediatico, oltre che governativo, anche in questioni di politica economica internazionale – penso agli affari di Berlusconi con la Russia di Putin e la Libia di Gheddafi. Rimane anche il problema dell’immensa influenza sulla cultura e l’informazione interna, che ancora va contro il principio del pluralismo.







L’ultima balla? La villa a Lampedusa. - di Marco Lillo


L’ultima balla? La villa a Lampedusa

Ho comprato, comprerò, non compro più. Ecco come trasformare una tragedia in una farsa in tre mosse. Silvio Berlusconi, nel giorno in cui si dovrebbe parlare solo dei 250 uomini annegati tra i flutti e dei bambini scomparsi nel mare forza 6, riesce a monopolizzare l’attenzione con il suo tormentone immobiliare. “Voglio diventare lampedusano e quindi mi sono attaccato ieri notte a Internet e ho comprato una villa bellissima a Cala Francese”, così il Cavaliere aveva sancito con il cemento il 30 marzo il suo patto d’onore con gli isolani.

Quell’acquisto, già stipulato, era per tutti la sua prova d’amore eterno nei confronti dell’isola che “al primo consiglio dei ministri (oggi, ndr) sarà candidata al Nobel per la Pace”. Incassato il risultato mediatico, il premier si era guardato bene dal far seguire alle parole i fatti. Eppure, a parte qualche piccolo articolo sui giornali, non ne aveva pagato lo scotto mediatico. Fin quando martedì sera a Ballarò, l’ex direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli ha svelato il bluff del Cavaliere: “Conosco il proprietario di quella villa che è una delle più belle di Lampedusa e so per certo che non è stata acquistata da Silvio Berlusconi, è una bugia”.

Immediata nel pomeriggio di ieri è arrivata la reazione indignata dei difensori del Cavaliere contro“l’accusa inconsistente” di Mieli. “Già la settimana scorsa – ha detto indignato il deputato-avvocato del Pdl e del premier Niccolò Ghedinisi è raggiunto un accordo con la proprietà, che afferma di non aver mai parlato con il dottor Mieli, per l’acquisto fissando definitivamente il prezzo. Ovviamente – aggiungeva come se fosse un cavillo insignificante Ghedini – l’acquisto è stato subordinato ai consueti accertamenti burocratici che obbligatoriamente debbono svolgersi prima dell’acquisto di qualsiasi immobile. Tra i legali delle parti e il notaio già incaricato per il rogito, sono intercorsi in questi giorni continui contatti con numerosi scambi di mail e documenti, facilmente riscontrabili, che comprovano la totale inconsistenza della grave accusa del dr. Mieli, guarda caso subito fatta propria dall’on. Veltroni”. Dopo l’intervento di Mieli, infatti, Walter Veltroni aveva preso la parola per dire che “se non è vero quello che ha detto il presidente del Consiglio di fronte a tante persone che soffrono, Berlusconi dovrebbe fare quello che si fa in un paese civile, ossia un passo indietro. Se è vero che ha ingannato i cittadini dovrebbe risponderne”.

Per Ghedini l’unico ingannatore di questa storia era proprio Veltroni, perché l’acquisto sarebbe stato imminente: “È ovvio quindi che il passaggio di proprietà si perfezionerà all’esito, certamente breve, delle verifiche di legge, ma la volontà delle parti è assolutamente chiara e univoca”. Ovvio. Chiaro. Univoco. Breve.

Passano un paio di ore e gli aggettivi perentori di Ghedini si sgonfiano di fronte alla volontà vera del premier. Ai governatori delle Regioni che erano andati a Palazzo Chigi per parlare dei problemi degli immigrati, il premier dice esattamente l’opposto di quanto Ghedini (evidentemente non informato dal suo principale sulla nuova exit strategy) aveva appena dichiarato: “Non posso più comprare la villa di Lampedusa che avevo visto su Internet” perché, sostiene il premier, “è su unterreno demaniale.

Che qualcosa non stesse andando per il verso giusto si capiva dai discorsi della mattina in Transatlantico. Quando i deputati del centrodestra dicevano ai cronisti che la villa non era stata acquistata per problemi di “ipoteche” accumulate sulla casa dal venditore. Basta fare una verifica alla conservatoria per scoprire che le cose non stanno così e che, evidentemente, il centrodestra, da Ghedini in giù, era impegnato come un sol uomo nella titanica impresa di trovare una scusa plausibile per l’indecorosa ritirata.

I proprietari di Villa due palme, infatti, sono tre: Pietro e Caterina De Stefani e Luca Pirri Ardizzone, che l’hanno ereditata nel 2007 dopo la morte della signora Silvia Vita, madre dei De Stefani e zia di Pirri Ardizzone. Sulla villa pende solo un’ipoteca della Gerit per un debito fiscale di 5 mila euro. E Pietro De Stefani smonta punto per punto la versione del presidente del consiglio: “La villa non sorge su terreno demaniale. Come tutte le case di Lampedusa che sorgono sul mare presenta alcuni vincoli ma la questione era ben chiara agli avvocati. Alle 17 di ieri i miei legali e quelli di Berlusconi erano in contatto. Eravamo rimasti d’accordo”, prosegue sconsolato De Stefani,“che avremmo fatto richiesta al comune per risolvere il problema. Come ha dichiarato anche Ghedini alla stampa. Poi all’improvviso”, continua De Stefani sempre più sorpreso, “Berlusconi se ne è uscito con questa dichiarazione in cui sostiene che non comprerà perché il terreno è del Demanio. Ma non è vero niente. Anche la storia dell’ipoteca è una stupidaggine. Sulla villa c’è solo una piccola ipoteca per un debito che nemmeno ricordavamo per una piccola tassa. È ridicolo pensare che Berlusconi si sia fatto spaventare dall’ipoteca della Gerit. Sono deluso. Evidentemente ha cambiato idea ma bastava dirlo”.



Migranti, Maroni: “Francia ostile” Parigi risponde: “No all’ondata dall’Italia”


Berlusconi firma il decreto per la concessione dei permessi di soggiorno temporanei. Bagarre alla Camera durante la relazione del ministro degli Interni: il deputato Zazzera dell'Idv espone il cartello "Maroni assassino". Scontro con il ministro dell'Interno francese: "Respingeremo i migranti anche se hanno visti di Roma". Ue: "Permessi di soggiorno non è permesso automatico di viaggio in area Schengen"

Il ministro dell'Interno Roberto Maroni

Gli immigrati avranno un permesso di soggiorno temporaneo. Berlusconi ha firmato il decreto dopo le polemiche scoppiate con il governo francese. Da una parte il ministro dell’Interno italianoRoberto Maroni, dall’altra il suo omologo d’oltralpe Claude Gueant. “Firmeremo il decreto per concedere ai migranti arrivati in Italia il permesso di soggiorno temporaneo. Il documento “consentirà di circolare in tutti i Paesi dell’area Schengen” e, ha spiegato il ministro, “verrà dato a coloro, e sono la stragrande maggioranza, che vogliono andare in Francia ed in altri Paesi”, ha detto Maroni nell’audizione alla Camera. E annunciava: “A questo proposito, domani mattina incontrerò il ministro dell’Interno francese, che ha chiesto di vedermi, per definire un sistema di intervento comune”. La tattica è chiara: da un lato chiudere il rubinetto che dalla Tunisia porta gli immigrati verso l’Europa, dall’altro aprire il tappo dei confini italiani per “svuotare la vasca”, per dirla con Bossi. Il tutto sotto l’occhio vigile degli elettori della Lega che, tra riforme della Giustizia, nucleare e pasticci sull’immigrazione, cominciano a non poterne più della continua e reiterata promessa di federalismo.

Insomma, tutto preparato per funzionare. Invece, il ministro dell’interno francese ha risposto “picche”. Prima ha inviato a tutti i prefetti del paese una circolare in cui ricorda cinque regole molto rigide per l’ingresso in Francia da “un paese terzo” membro dello spazio Schengen. Poi ha dichiarato: “Parigi è assolutamente nel suo diritto di rimandare in Italia i migranti che non possiedano i requisiti chiesti dal governo francese”. In Senato contemporaneamente Maroni bollava l’atteggiamento della Francia come “ostile”.

La circolare inviata questa mattina da Gueant spiega che gli immigrati provenienti da un paese Schengen “possono effettuare in Francia soggiorni che non superino i tre mesi” ma devono rispettare diverse condizioni: essere in possesso “o di un documento di soggiorno valido emesso da uno stato membro dello spazio Schengen e del proprio passaporto”, “o di un’autorizzazione provvisoria di soggiorno valida, emessa da uno stato membro, accompagnata da un documento di viaggio emesso dallo stesso stato membro”. “In ognuna di queste ipotesi, questi titoli di soggiorno e autorizzazioni provvisorie di soggiorno – viene spiegato ai prefetti – sono accettabili soltanto se notificate alla Commissione europea dallo stato che li ha emessi”. Oltre a “un documento di soggiorno valido” e “un documento di viaggio valido riconosciuto dalla Francia”, gli stranieri interessati devono “giustificare di avere risorse sufficienti” e di “non rappresentare con la loro presenza in Francia una minaccia per l’ordine pubblico”. I prefetti sono invitati a “verificare se le cinque condizioni sono tutte soddisfatte. In ogni altro caso, gli stranieri vengono riconsegnati allo stato membro di provenienza”.

Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha definito l’atteggiamento francese “non particolarmente amichevole”. Ma a Gueant dà ragione la Commissione Ue: “Dare un permesso temporaneo agli immigrati non implica che queste persone abbiano un permesso automatico di viaggiare. Queste persone devono rispettare alcune condizioni”, ha detto il portavoce Marcin Grabiec.

Domani incontro Maroni-Gueant

Quale sia l’esito dello scontro si capirà domani. Il bilaterale tra Roberto Maroni e il collega francese, Claude Gueant, si terrà infatti alle 11 nella sede della Prefettura a Milano.

Mantovano ritira le dimissioni e Gabrielli diventa commissario straordinario
Durante il Consiglio dei ministri di oggi, Silvio Berlusconi ha firmato il decreto per la concessione dei permessi di soggiorno temporaneo agli immigrati. Dalla riunione sono poi uscite due novità: la nomina del capo del Dipartimento della Protezione civile, Franco Gabrielli, a commissario straordinario per l’emergenza immigrati e il ritiro delle dimissioni da sottosegretario all’Interno da parte di Alfredo Mantovano. Che ha quindi raccolto l’appello di Berlusconi, che in una nota diffusa in precedenza aveva fatto sapere di aver chiesto a Mantovano di ritirare le dimissioni: “Gli ho chiesto di entrare nell’Unità di Crisi istituita al Viminale e nella cabina di regia presso la Conferenza unificata. Ho infine sottolineato all’on. Mantovano che gli impegni assunti con lui e con i rappresentanti parlamentari della Puglia, a nome del Governo nei giorni scorsi, troveranno attuazione”. Dopo le rassicurazioni del premier anche il sindaco di Manduria, Paolo Tommasino, ha ritirato le dimissioni che aveva rassegnato il 30 marzo scorso.

Il Cdm ha poi dichiarato uno stato di emergenza per consentire l’adozione delle concordate misure umanitarie nel Nord Africa.

L’accordo tra Italia e Tunisia

Computer e fuoristrada. In cambio della garanzia di avere rimpatri e pattugliamenti da parte delle autorità tunisine. E’ il cuore del ‘Processo verbale’ siglato due giorni fa a Tunisi fra i due ministri dell’Interno Roberto Maroni e Habib Hessid, anticipato dal Corriere della Sera.
Nell’accordo si prevedono “28 fuoristrada giapponesi e 14 motori Caterpillar per motovedette” da consegnare entro due giorni. E da inviare entro dieci giorni “20 postazioni pc fisse con tastiera in arabo, 20 postazioni pc analogici fissi, 20 metal detector portatili destinati alla circolazione transfrontaliera”.
Nel testo si specifica poi che per chi arriverà dopo la firma dell’accordo “la verifica della cittadinanza tunisina sarà realizzata nel luogo di arrivo in Italia, sulla base di procedure semplificate” e che la “riammissione dovrà in ogni circostanza realizzarsi alla presenza del’autorità consolare tunisina e nel rispetto dei diritti dell’uomo e della dignità umana”.
In primis, comunque, bisognerà rafforzare “la cooperazione fra le forze di sicurezza dei due Paesi al fine di prevenire l’attraversamento illegale delle frontiere” e si specifica, all’articolo 4, che “Italia e Tunisia procederanno alla designazione reciproca di punti di contatto per scambiare in tempo reale ogni utile informazione operativa”. Il nostro Paese, poi, contribuirà all’addestramento delle forze di polizia locali.
Prevedendo altri sbarchi, infine, Maroni, sempre secondo il quotidiano di via Solferino, avrebbe anche proposto la nomina del Capo della protezione civile, Franco Gabrielli, come nuovo commissario per l’emergenza che si occupi di tutta Italia. Nomina che potrebbe arrivare al prossimo Consiglio dei ministri.

Le polemiche alla Camera
Dopo il pienone di ieri sera per le votazioni sul processo breve, la Camera è semivuota in occasione dell’informativa del ministro dell’Interno Roberto Maroni sulla crisi dell’immigrazione. Accanto al ministro Brunetta e Calderoli. L’opposizione schiera, oltre a diversi deputati, i suoi leader: nell’emiciclo ci sono Bersani (Pd), Di Pietro (Idv) e Casini (Udc). Più vistosi, invece, i vuoti nei banchi della maggioranza ma anche in quelli di Fli. Assenze dovute forse dall’ora tarda in cui la seduta notturna di ieri si è conclusa. E nell’aula semi vuota, al termine dell’intervento di Maroni,Pierfelice Zazzera dell’Idv ha esposto nell’Aula della Camera un cartello con la scritta “Maroni assassino”. Il cartello gli è stato strappato dalle mani da Giancarlo Giorgetti della Lega. Il gesto è stato condannato dal leader dell’Italia dei valori Antonio Di Pietro che si è subito scusato con Maroni.

In tarda mattinata arrivano anche le scuse dello stesso Zazzera: ”Ho superato il limite e per questo chiedo scusa. Ci tengo a precisare, però, che il mio gesto non voleva essere un attacco personale al ministro Maroni, ma una provocazione e denuncia politica per quanto sta accadendo con i migranti”, ha detto il deputato dell’Idv. “I 250 morti di ieri, tra cui molti bambini, mi hanno turbato profondamente. Quanto sta accadendo in Puglia dimostra l’assenza delle istituzioni e il disagio della popolazione pugliese che si è trovata sola a gestire l’emergenza. Ritiro, dunque, anche se tardivamente, quel cartello, ma resta la denuncia politica”, ha concluso Zazzera.