sabato 16 aprile 2011

Gli omicidi della partitocrazia. - di Massimo Fini



Ferrara
in un suo Radio Londra (certo che ci vuole una bella faccia di bronzo, quella di Ferrara, per intitolare un programmino dichiaratamente di regime che va in coda al più berlusconiano dei Tg Rai a una radio che fu il simbolo dell’opposizione al fascismo) ha di fatto addebitato al pubblico ministero De Pasquale, che si è recentemente occupato del caso concussione-Ruby, la morte dell’ex presidente dell’Eni Gabriele Cagliari avvenuta in carcere persuicidio e ad altri magistrati eventi simili, come i suicidi di Moroni e di Gardini. Di questi casi si è fatto sempre un gran parlare non tanto per pietas verso questi uomini, che il suicidio riscatta ma non assolve, ma per gettar ombre e fango sull’attività dei magistrati anche se, evidentemente, non si può fermare davanti ai possibili contraccolpi psicologici degli indagati, si chiamino Cagliari o Bianchi, perché altrimenti si paralizzerebbe. Pochissimo, anzi niente, si è invece parlato di quelli che io chiamo gli “omicidi bianchi” e cioè i suicidi o le lente, inesorabili, emarginazioni, che son peggio dei suicidi, cui sono state spinte le persone che han visto stroncate le loro legittime ambizioni o la loro carriera dal sistema tangentizio, clientelare, partitocratico e che sono le vere “vittime di Tangentopoli”. È il caso, per esempio, di un piccolo imprenditore di Desio, Ambrogio Mauri, che non aveva voluto stare al gioco della corruzione, il quale si tolse la vita nel maggio del 1997 lasciando al figlio Carlo una lettera in cui scriveva: “Dopo Mani Pulite tutto è tornato come prima… l’onestà non paga, la correttezza e la trasparenza non pagano, il rispetto di se stessi e della propria dignità non pagano”. Mauri, come aveva ricordato il figlio, “aveva visto scomparire i valori che gli avevano insegnato e in cui aveva creduto”. Naturalmente quello di Ambrogio Mauri è un caso limite, anche se non unico, non tutti gli imprenditori onesti e in generale le persone oneste, si suicidano per disperazione. Però è la punta dell’iceberg di un fenomeno vastissimo che ho chiamato appunto gli “omicidi bianchi” della partitocrazia, bianchi perché non si vedono. Si tratta delle vite mortificate, nelle loro speranze, nelle loro aspirazioni, nelle loro legittime ambizioni da una partitocrazia che spinge ai margini estremi chi rifiuta di affiliarsi, di sottomettersi ad umilianti infeudamenti, di rinunciare alla propria dignità. Gabriele Cagliari si è ucciso ma Cagliari e tutti quelli come lui, boiardi di Stato affiliati a questo o quel partito, mentre stroncavano, come ancora oggi stroncano, carriere per favorire i propri adepti, uccidevano, sia pur lentamente, sia pur non fisicamente ma psicologicamente ed esistenzialmente. E quello che è avvenuto, e tuttora avviene nel campo dell’imprenditoria, vale per ogni altro settore. C’è anche la storia, che cito solo a titolo emblematico perché infinite sono le vicende di questo genere, di quella solista del Teatro dell’Opera di Roma, Lucia Colognato, che non era stata promossa prima ballerina perché le erano state preferite due colleghe, una sponsorizzata dall’allora Pci, l’altra dalla Dc, mentre lei ballava solo sulle sue gambe. Colognato fece ricorso al Consiglio di Stato e lo vinse. Ma quando ormai non era più tempo di ballare. Sono passati gli anni, si sono succeduti governi, di destra e di sinistra, ma, come scriveva Mauri, nulla è cambiato. Si pensa sempre ai Cagliari, che di nessun altro furono vittima se non di se stessi, perché è per loro volontà e responsabilità – e non per la malvagità dei pubblici ministeri – che si sono andati a cacciare in situazioni che poi non sono stati in grado emotivamente di sostenere e non si pensa mai alle migliaia, le decine di migliaia di vite che i tanti Cagliari e il sistema corrotto di cui sono complici e usufruttuari hanno umiliato, castrato, reso prive di senso e, alla fine, spento.
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Berlusconi: “Insegnanti di sinistra inculcano valori diversi da quelli della famiglia”



Nuovo attacco di Berlusconi agli insegnanti, rei, come i giudici, di “essere di sinistra” e comunicare ai ragazzi “valori diversi da quelli della famiglia”.

Il presidente del Consiglio ha inviato un messaggio a una riunione dell’Associazione nazionale delle mamme riunita a Padova. I genitori – ha detto – oggi possono scegliere liberamente “quale educazione dare ai loro figli e sottrarli a quegli insegnamenti di sinistra che nella scuola pubblica inculcano ideologie e valori diversi dal quelli della famiglia”. Per questo, ha detto Berlusconi, il governo rivendica con orgoglio l’introduzione del bonus per chi sceglie di mandare i figli nelle scuole private

Il premier, parlando poi dell’azione del governo ha sottolineato l’introduzione di leggi contro la violenza sessuale e il reato di stalking. Si è detto quindi convinto delle grandi capacità delle donne: “Siete più brave di noi uomini, a scuola, sul lavoro, siete più puntuali , più precise e più responsabili. Anche per questo ho voluto che nel nostro governo ci fossero ministri donne e mamme che sono attivissime e bravissime”.

“Care mamme – ha concluso il presidente del Consiglio – vi garantisco che il governo continuerà a lavorare con lo stesso entusiasmo e con lo stesso impegno per valorizzare il vostro ruolo nella famiglia nel mondo del lavoro e nella società”.

Pronta la replica dell’opposizione all’intervento del premier. “Le parole di Berlusconi sulla scuola pubblica sono un ignobile attacco, privo di qualsiasi giustificazione reale. Il capo del governo dovrebbe difendere e valorizzare il pilastro educativo del Paese, non additarlo come esempio negativo”. Così Massimo Donadi, capogruppo dell’Idv alla Camera. “Queste parole – aggiunge – aiutano a comprendere la vera missione che il governo ha portato avanti in questi anni: tagliare i fondi alla scuola pubblica per aiutare quelle private. L’istruzione pubblica è un valore costituzionale da difendere e ampliare. Berlusconi chieda scusa a tutti gli insegnanti, che, pur in condizioni difficili, continuano a svolgere egregiamente il loro ruolo”.

“Sono quasi venti anni – attacca il presidente dei senatori Idv, Felice Belisario – che prosegue l’attacco violento della destra alla scuola pubblica. Sono stati tagliati fondi e mandate a casa decine di migliaia di insegnanti precari. E’ ora di cambiare questa tendenza. Le scuole private hanno tutto il diritto di esistere, ma l’investimento sul sapere e sulla formazione dei nostri giovani non può che partire, come afferma anche la Costituzione, dalla scuola pubblica che fino agli attacchi, quelli sì ideologici, di Berlusconi, era un fiore all’occhiello della nostra società”.

Per Belisario “le famiglie italiane non sono in difficoltà perché la scuola pubblica inculca valori diversi ma perché questo governo non ha fatto nulla per aiutarle a uscire dalla crisi economica. Almeno lasci in pace la scuola pubblica e dia agli studenti di tutte le classi sociali la possibilità di crearsi un futuro, rimuovendo tutti gli ostacoli che egli stesso ha posto. Ma è così difficile – conclude Belisario – chiedere un po’ di sobrietà e moderazione a chi è alla guida del paese?”.

Più caustico e laconico il commento del segretario di Sel, Nichi Vendola: “Io capisco benissimo Berlusconi. Lui e’ un grande pedagogo, gli insegnanti che considera adeguati sono Lele Mora, Fabrizio Corona ed Emilio Fede”.




Assolto Gioacchino Genchi.



Roma, 14 aprile 2011. Ieri, Gioacchino Genchi, accusato d'acceso abusivo alla rete Siatel, è stato assolto da Marina Finiti, Gup del Tribunale di Roma, perché "il fatto non sussiste". Cadono così tutte le menzogne sul suo conto: "spione", "intercettatore", "detentore di un immenso archivio di dati privati" e "il più grande scandalo della storia della Repubblica" (secondo Silvio Berlusconi). Il superconsulente informatico delle procure, decisivo in molti fra i procedimenti penali più complessi e importanti d'Italia, esprime soddisfazione per la richiesta di archiviazione formulata dal pm che ne aveva domandato il rinvio a giudizio. Dopo due anni di patimenti personali, compreso il fatto d'aver dovuto subire le false ricostruzioni della vicenda da parte di certa stampa di regime, Genchi ottiene la prima vittoria, processuale, morale e personale. Destituito dalla Polizia di Stato per opinioni espresse in pubblico, Genchi aspetta l'esito del procedimento amministrativo davanti al Tar, rispetto a tale decisione circa il suo ruolo nell'amministrazione pubblica.

Marco Travaglio Umilia Berlusconi e la sua Corte di Trombettieri



http://youtu.be/gtXx1jF9UC0

venerdì 15 aprile 2011

E se sui partiti Grillo avesse ragione? - di Donato Didonna


Ci sono club che campano grazie ai soci assenti, quelli che non partecipano alle attività, pur versando regolarmente la quota. Lo stesso avviene con la partitocrazia: sopravvive, nonostante tutto, grazie a chi delega, pur pagando le tasse. Se la delega è dunque la norma della vita associativa così come di quella democratica, dove il partito di maggioranza relativa rischia di risultare quello degli astenuti, minoranza per minoranza, tanto vale valutare e dar spazio ad altri tipi di attivistioltre quelli che militano nei partiti, realtà sempre più astratte, quasi esclusivamente televisive, con scarso radicamento nel territorio.

Ricordo un test aziendale in cui si veniva invitati ad unire i nove punti di un quadrato, uno al centro e tre per ogni lato, attraverso quattro soli segmenti tracciati in continuo. Impossibile trovare una soluzione all’interno del quadrato: bisognava partire da fuori, ma non è così naturale farlo. Penso che chi abbia un minimo di esperienza e di età, comprenda e ammetta che, all’interno del quadrato dei partiti, non ci sia un modo efficace per uscire dal pantano in cui siamo sprofondati. Le commistioni tra politica e affari, la difesa delle rendite di posizione, l’azione delle lobby economiche (grandi imprese) e sociali (sindacati), la massoneria affaristica, la criminalità organizzata, la mancanza di informazione indipendente, i retaggi ideologici di certa opposizione, ecc., fanno sì che una decorosa via d’uscita sia oggi davvero una missione impossibile. Non ci sono più alchimie di alleanze partitiche sperimentabili: invertendo l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia!

Per la teoria dei giochi, una furbata come percorrere una corsia di emergenza in una strada trafficata porta un vantaggio solo se si è da soli a farlo: se tutti facciamo i furbi, siamo fermi daccapo. Abbiamo un istinto molto italiano per scovare scorciatoie, ma, a lungo andare, la scorciatoia altrui blocca la propria. Alcuni hanno fatto persino dell’antimafia o della legalità una scorciatoia o una corsia privilegiata per il potere! Come se ne esce? In questa situazione, una posizione di effettiva forza ce l’ha, paradossalmente, chi non ha nulla da perdere o da difendere. Mi riferisco alle nuove generazioni il cui futuro è nero e la cui rappresentanza politica è pressoché inesistente. Non che consideri queste generazioni esenti dal “peccato originale”, dall’inclinazione al male, ma, almeno, una loro azione politica necessiterebbe di un po’ di tempo prima di corrompersi e, magari, con qualche opportuno accorgimento, questo processo potrebbe essere utilmente ritardato mentre si affronterebbe, con visione nuova e capace di radicali riforme, la situazione attuale. Alle reti di “scorciatoie” si potrebbero così contrapporre strade maestre all’insegna della trasparenza e della meritocrazia, coniugata alla solidarietà.

Invece di scandalizzarmi dei toni, come fanno molti superficialmente, trovo l’intuizione politica di Beppe Grillo di favorire un ricambio generazionale della classe dirigente, una visione strategica degna di Sun Tzu. Sulle materie che veramente contano, quelle che compendiano la qualità della nostra vita quotidiana (energia, mobilità urbana, ciclo dei rifiuti, alimentazione, ricerca, connettività, istruzione, ecc.) i ragazzi del Movimento 5 Stelle dimostrano di avere idee chiare, documentate e prive di pregiudiziali ideologiche, più dei nostri parlamentari che sembrano ripetere, almeno in Tv, copioni da piazzisti. La regola aurea del Movimento, “uno vale uno” (le teste si contano, non si pesano), con cui si selezionano i candidati portavoce, terminali della rete di attivisti nelle istituzioni, rende meno facile la tentazione della carriera politica, riportandola ad una temporanea esperienza di servizio. Proprio perché non è di giovanilismo che si tratta, gli appartenenti alle generazioni più anziane possono, anzi è auspicabile, apportare il proprio contributo di esperienza, ma restando un passo indietro, all’interno della base, come lo stesso Grillo che non ha certo velleità di candidarsi in prima persona.

Movimenti aggregati attorno a visioni condivise di società o a legittimi interessi, potrebbero essere i naturali comitati elettorali di candidati espressi al loro interno, così come detto sopra. Laproibizione delle forme più costose di pubblicità elettorale e del marketing politico che, con i suoi alti costi, rappresenta un elemento di inquinamento e corruzione della vita democratica, potrebbe contribuire a moralizzare la politica, riportandola all’originario confronto tra le persone nelle piazze di una volta oppure in quelle virtuali, attraverso la rete internet.

Nessun tacchino ha interesse ad anticipare il Natale: il necessario rinnovamento della vita politica italiana deve perciò prescindere dai partiti e dai suoi leader per condizionare dal basso la loro azione e bilanciarne il potere, con la consapevolezza che certe battaglie civili vanno combattute solamente perché giuste e non perché sia sicura la vittoria o una carriera. Un approccio tipicamente giovanile.




Caso Ruby, Pdl: “Alfano intraprenda azione disciplinare contro Procura di Milano”



Gettare fumo sulla vicenda Ruby, rispondere colpo su colpo alla procura di Milano, mettere in scena una partita tra giustizia e politica, alzando il tono dello scontro e trasformando gli accusatori in imputati per arrivare, perché no, a spostare il processo Ruby dal Tribunale di Milano ad una sede più gradita e comunque guadagnare tempo prezioso. Dopo l’ultima ondata di rivelazioni sulle “tranquille” serate di Arcore, il Pdl alza la posta in gioco e risponde con la richiesta di una azionedisciplinare nei confronti dei pm che hanno portato in Tribunale Silvio Berlusconi con le accuse di prostituzione minorile e concussione.

A questo serve l’interrogazione urgente presentata da Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello: una conferenza stampa per introdurre la richiesta al Guardasigilli Alfano di ispezione alla Procura di Milano. Le basi: “palesi violazioni” dell’articolo 68 della Costituzione nell’uso delle intercettazioni. Nel testo si elencano una serie di episodi, da intercettazioni pubblicate a dichiarazioni della Procura ma anche citazione di sentenze della Corte, per suffragare la tesi sostenuta dal Pdl. E per questo si chiede al ministro della Giustizia “se non ravvisi l’opportunità di intraprendere le iniziative ispettive e disciplinari di propria competenza al fine di verificare la correttezza o meno dell’operato della Procura della Repubblica di Milano in ordine alle prerogative parlamentari di cui all’articolo 68 della Costituzione e relative norme di attuazione, con particolare riguardo all’intercettazione indiretta di comunicazioni e all’acquisizione di tabulati telefonici”.

E poi avanti, la richiesta di verificare “la regolarità della tempistica di iscrizione nel registro degli indagati dell’onorevole Berlusconi, onde accertare che pur in presenza di un’attività investigativa già chiaramente indirizzata, tale procedura di garanzia non sia stata ritardata al fine di consentire la praticabilità del rito immediato e agevolare la prosecuzione dell’attività intercettiva in violazione della legge”.

Nei giorni in cui altre ragazze danno valore e credibilità alle tesi dell’accusa, raccontando il bacio al fallo di Priapo o le palpatine del premier a due diciottenni in cerca di carriera, quello che il centrodestra vuole è una scintilla, un incidente. Per smuovere l’opinione pubblica, in primis, e cercare di spostare l’attenzione sulle malefatte dei giudici. Non per niente stamattina il procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, è tornato a difendere l’opera e il ruolo dei magistrati meneghini. “Nei giorni scorsi – scrive il magistrato in una nota – nella città di Milano sono stati affissi, negli spazi riservati alla propaganda elettorale, vistosi manifesti su fondo rosso a firma ‘associazione dalla parte della democrazia’ con espressioni critiche nei confronti della magistratura. Oggi, sempre negli spazi riservati alla propaganda elettorale -prosegue la nota- è stato affisso, ancora a firma ‘associazione dalla parte della democrazia’ questo manifesto ‘via le Br dalle Procure’. Rammento che a Milano – conclude Bruti Liberati – le Br in Procura ci sono state davvero: per assassinare magistrati”.

Ma oltre l’opinione e il voto dei cittadini – maggio e le elezioni sono vicini – la strategia è quella di un accerchiamento. Processo breve approvato alla Camera, processo lunghissimo al Senato. E poi ancora le intercettazioni, su cui pesa l’ipotesi di una calendarizzazione fulminea. Senza contare la possibilità di arrivare ad invocare il legittimo sospetto nei confronti dei giudici milanesi.




Pdl verso il baratro, ma la linea dei colonnelli è negare l’evidenza. - di Sara Nicoli


Dietro una apparente unità i maggiorenti azzurri si danno battaglia per spartirsi quel che resta del partito. Il Cavaliere intanto vuole portare a casa entro l'estate il processo breve e la legge bavaglio

Il baratro è ad un passo, ma la convenienza di tutti è quella di mostrare unità e compattezza anche laddove di unità e compattezza non c’è più traccia da mesi. Il Pdl non c’è più, balcanizzato in almenosette correnti (ufficiali), ma per dividersi al meglio quel che resta del potere elettorale berlusconiano, tanto vale riscoprirsi tutti democristiani. E negare al mondo l’evidenza di un fallimento politico ormai conclamato.

Ieri è stata l’ultima notte romana dei lunghi coltelli berlusconiani. Al “Valentino”, ristorante “upperclass” del cuore della Capitale, si è consumata l’ultima cena complottarda dei colonnelli pidiellini. Maestri di cerimonia Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, quei capigruppo che sono poche ore prima avevano assistito alla scenata di Silvio davanti alla velata (ma neppure troppo) minaccia del Quirinale di bloccare – nei modi consoni – il tragitto del processo breve. Ricavandone una sensazione assai sgradevole. La situazione, è di tutta evidenza, sta sfuggendo di mano. Claudio Scajola, solo due sere prima, era riuscito a metterne a tavola ben 57 di parlamentari pidiellini, cosi come Altero Matteoli , deciso a mettere un freno alle intemerate del Capo su un futuro del Pdl a guida Angelino Alfano. Epperò intorno ai tavoli del “Valentino” ieri sera c’erano tutti, per darsi una linea di compostezza ed evitare che la frantumazione del partito finisca per provocare danni – a quel punto irreparabili – sul fronte elettorale delle amministrative incombenti. La vittoria al comune di Milano diventa sempre più sfuggente e l’altro fronte caldo, quello di Napoli, non è da meno: “Se non vogliamo indebolirci – ha arringato ieri sera Gasparri – dobbiamo restare uniti”. Andando verso un congresso che Maurizio Lupi ha indicato “per i primi mesi del 2013”, ma è indubbio che è una data davvero troppo lontana per farci i conti seriamente. Però, adesso, si stringono le fila, ma è solo un abbaglio, un salvare l’apparenza che non copre la sostanza; i maggiorenti pidiellini, i capi corrente di un partito che ormai non c’è più stanno aspettando solo il momento giusto per canibbalizzare al meglio quel che resta di Silvio. E del ventennio a colori.

La cronaca di queste ore, d’altra parte, scandisce impietosa come il nervosismo e l’iper attivismo berlusconiano non siano altro che segnali di una debolezza politica ogni giorno più grave. Ieri, l’unica cosa che Berlusconi è riuscito a dire dopo un siluro pesantissimo lanciato dal Quirinale sul processo breve, è stata di rilanciare la legge sulle intercettazioni che Napolitano vede come fumo negli occhi. E questo solo per far vedere di essere più forte e più determinato di quanto lo sia Napolitano nel cercare di salvare dall’oblio alcuni dei processi più dolorosi degli ultimi anni. Un rilancio continuo che non potrà che portare ad un prossimo scontro istituzionale dalle conseguenze che ora è difficile immaginare, visto che non esistono precedenti. Si sa che Berlusconi non ha alcuna intenzione di mollare e che prima dell’estate vuole portare a casa non solo il processo breve, “anche a costo di rimandare al Quirinale la legge non firmata la prima volta cambiando solo una virgola” (e obbligando così il Colle alla firma), ma anche le intercettazioni.

Sono state le ultime rivelazioni delle nuove, giovanissime adepte al bunga bunga arcoriano a convincere il Cavaliere a dare uno stop alla pubblicazione di continue rivelazioni che, comunque, hanno ormai ridotto la sua immagine ad un colabrodo. E’ bene ricordare che oltre al ddl intercettazioni, fermo ormai da un anno in commissione Giustizia della Camera, affossato in tempi non sospetti da Giulia Bongiorno, ne esiste un altro al Senato, composto da soli tre articoli, che rende ancora più severe le norme per l’utilizzazione degli ascolti, da parte dei magistrati, nelle indagini. Nel Pdl non si mettono “limiti alla provvidenza” quando si parla di leggi che favoriscono il Capo, ma è bene aspettarsi qualche sorpresa sul fronte delle intercettazioni alla Camera; essendo già stato approvato dal Senato, il ddl potrebbe essere calendarizzato già nella prossima conferenza dei capigruppo. Con la maggioranza blindata che si è palesata sul processo breve, anche le intercettazioni diventerebbero legge definitiva in un battito d’ali. Un pericolo che il Quirinale ha ben presente. E visto il crescendo rossiniano delle prove di forza, non è da escludere che il Capo dello Stato, preoccupato di una situazione politica complessiva ormai allo sbando, non decida alla fine di intervenire. Anche con un gesto clamoroso.