venerdì 22 aprile 2011

Ingroia: ''Sentiremo versione Ciancimino e poi valuteremo''


Palermo. «Oggi sentiremo al versione dei fatti di Massimo Ciancimino e poi la valutazione la rimandiamo a dopo».

Lo ha detto il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia prima di partire per Parma per interrogare, insieme ai pm Antonino Di Matteo e Paolo Guido, Massimo Ciancimino, fermato ieri per calunnia pluriaggravata nei confronti dell'ex capo della polizia Gianni De Gennaro. Parlando dei commenti politici che ieri sono stati fatti su Ciancimino, Ingroia ha detto: «Siamo abituati a commenti di molti che non conoscono nulla». (adnkronos)


''Ma dichiarazioni Ciancimino stanno in piedi anche da sole".

Palermo. «È chiaro che la credibilità di Massimo Ciancimino adesso è minata, l'accusa di calunnia pluriaggravata non è acqua fresca, ma è anche vero che ci sono dichiarazioni di Ciancimino che stanno in piedi a prescindere dalla sua attendibilità generica e che sono riscontrate da elementi specifici». Lo ha detto il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, parlando ancora del fermo di Massimo Ciancimino per calunnia pluriaggravata, prima di partire per Parma dove il teste della trattativa tra Stato e mafia verrà interrogato oggi. (adnkronos)

Ingroia: ''Un puparo dietro Ciancimino? E' pensabile''.

Palermo. Un 'puparò dietro Massimo Ciancimino? «È una cosa che si può pensare». Così il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia risponde a chi chiede se dietro le dichiarazioni di massimo Ciancimino fermato ieri dalla Dia di Palermo nei pressi di Parma per calunnia pluriaggravata, ci possa essere un 'puparò che manovrerebbe il figlio dell'ex sindaco di Palermo. (adnkronos)









REFERENDUM: IPOTESI DECRETO SU ACQUA. SCOPPIA POLEMICA (IL PUNTO)



(ASCA) - Roma, 22 apr - Il referendum sull'acqua torna a dividere il Paese. Dopo lo stop del Governo sul nucleare, il dibattito si e' acceso intorno alle parole del ministro dello Sviluppo, Paolo Romani: ''Anche su questo tema, come per il nucleare il referendum divide in due. Ma e' un tema di grande rilevanza, e ho l'impressione che anche su questo sarebbe meglio fare un approfondimento legislativo''. Espressioni che hanno fatto gridare molti allo scandalo. Il Governo, infatti, come avvenuto sulla questione nucleare dopo l'incidente di Fukushima, sembra intenzionato ad intervenire anche sulla privatizzazione delle risorse idriche con un intervento legislativo che potrebbe far saltare il quesito referendario sull'acqua previsto il 12 e 13 giugno. Un'intenzione che, per ora, l'esecutivo non ha ufficializzato ma che ha gia' scatenato un secco 'no' da opposizione e Comitato promotore.

Per il responsabile dell'Ambiente del Partito Democratico, Stella Bianchi, ''sarebbe davvero molto grave se il governo cercasse di non far esprimere gli elettori a difesa dell'acqua pubblica e contro la privatizzazione forzata imposta dal governo Berlusconi''. I cittadini, aggiunge la Bianchi, ''hanno il diritto di esprimersi e sarebbe ora che anche il governo rispettasse pienamente ogni istituto della democrazia, incluso quelli di democrazia diretta previsti dalla nostra Costituzione. E trovasse anche il coraggio di sostenere fino in fondo di fronte agli elettori le scelte sbagliate che ha imposto al paese a colpi di fiducia''.

''Solo un governo arrogante e senza pudore'', ha aggiunto il senatore del Partito Democratico, Ignazio Marino, ''puo' pensare di togliere la voce ai cittadini parlando di generici 'approfondimenti'''.

Posizione condivisa anche dal leader di Sinistra Ecologia Liberta, Nichi Vendola che accusa: ''siamo di fronte ad un vero e proprio furto di democrazia''.

''Dopo il tentativo di scippare il referendum sul nucleare - aggiunge Vendola in una nota congiunta insieme a Paolo Cento - ora il governo sotto la spinta delle lobby affaristiche tenta di mettere mano anche al referendum contro la privatizzazione dell'acqua. Siamo di fronte ad un vero e proprio furto di democrazia''.

Ipotesi che non convince Cittadinanzattiva, una delle organizzazioni che fa parte del Comitato promotore del Referendum sull'acqua: ''Le notizie di queste ore sul referendum di giugno ci preoccupano molto. Se fosse vera l'intenzione del Governo di impedire lo svolgimento della consultazione referendaria con qualche ritocchino legislativo ad hoc, saremmo di fronte ad una madornale violazione del diritto dei cittadini di esprimersi liberamente su questioni di cruciale importanza''.

Anche Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori, punta il dito contro il governo Berlusconi, invocando l'intervento di Napolitano: ''torno a chiedere al presidente della Repubblica di impedire questa ultima e fatale degenerazione, non firmando la legge sul nucleare''.

Piccato il commento dei Verdi che definiscono l'intenzione del Governo un atto ''criminale nei confronti dei diritti dei cittadini italiani''.

''Non era mai accaduto nella storia della Repubblica italiana - ha aggiunto il presidente nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli - che si rubasse con queste modalita' il diritto degli italiani di esprimersi democraticamente contro il nucleare e la privatizzazione dell'acqua, due questioni fondamentali per il futuro del Paese''.

dab/cam/ss



Charlie Brooker demolisce Berlusconi



L'illuminato.

























I cittadini calpestati di STEFANO RODOTÀ



Ogni giorno ha la sua pena istituzionale. Davvero preoccupante è l'ultima trovata del governo: la fuga dai referendum. Mercoledì si è voluto cancellare quello sul nucleare.

Ora si vuole fare lo stesso con i due quesiti che riguardano la privatizzazione dell'acqua. Le torsioni dell'ordinamento giuridico non finiscono mai, ed hanno sempre la stessa origine. È del tutto evidente la finalità strumentale dell'emendamento approvato dal Senato con il quale si vuole far cadere il referendum sul nucleare. Timoroso dell'"effetto Fukushima", che avrebbe indotto al voto un numero di cittadini sufficiente per raggiungere il quorum, il governo ha fatto approvare una modifica legislativa per azzerare quel referendum nella speranza che a questo punto non vi sarebbe stato il quorum per il temutissimo referendum sul legittimo impedimento e per gli scomodi referendum sull'acqua. Una volta di più si è usata disinvoltamente la legge per mettere il presidente del Consiglio al riparo dai rischi della democrazia.

Una ennesima contraddizione, un segno ulteriore dell'irrompere continuo della logica ad personam. L'uomo che ogni giorno invoca l'investitura popolare, come fonte di una sua indiscutibile legittimazione, fugge di fronte ad un voto dei cittadini.

Ma, fatta questa mossa, evidentemente gli strateghi della decostituzionalizzazione permanente devono essersi resi conto che i referendum sull'acqua hanno una autonoma e forte capacità di mobilitazione.

Fanno appello a un dato di vita materiale, individuano bisogni, evocano il grande tema dei beni comuni, hanno già avuto un consenso senza precedenti nella storia della Repubblica, visto che quelle due richieste di referendum sono state firmate da 2 milioni di cittadini, senza alcun sostegno di grandi organizzazioni, senza visibilità nel sistema dei media. Pur in assenza del referendum sul nucleare, si devono esser detti i solerti curatori del benessere del presidente del Consiglio, rimane il rischio che il tema dell'acqua porti comunque i cittadini alle urne, renda possibile il raggiungimento del quorum e, quindi, trascini al successo anche il referendum sul legittimo impedimento. Per correre questo rischio? Via, allora, al bis dell'abrogazione, anche se così si fa sempre più sfacciata la manipolazione di un istituto chiave della nostra democrazia.

Caduti i referendum sul nucleare e sull'acqua, con le loro immediate visibili motivazioni, e ridotta la consultazione solo a quello sul legittimo impedimento, si spera che diminuisca la spinta al voto e Berlusconi sia salvo.

Quest'ultimo espediente ci dice quale prezzo si stia pagando per la salvezza di una persona. Travolto in più di un caso il fondamentale principio di eguaglianza, ora si vogliono espropriare i cittadini di un essenziale strumento di controllo, della loro funzione di "legislatore negativo".

L'aggressione alle istituzioni prosegue inarrestabile. Ridotto il Parlamento a ruolo di passacarte dei provvedimenti del governo, sotto tiro il Presidente della Repubblica, vilipesa la Corte costituzionale, ora è il turno del referendum. Forse la traballante maggioranza ha un timore e una motivazione che va oltre la stessa obbligata difesa di Berlusconi. Può darsi che qualcuno abbia memoria del 1974, di quel voto sul referendum sul divorzio che mise in discussione equilibri politici che sembravano solidissimi. E allora la maggioranza vuole blindarsi contro questo ulteriore rischio, contro la possibilità che i cittadini, prendendo direttamente la parola, sconfessino il governo e accelerino la dissoluzione della maggioranza.

È resistibile questa strategia? In attesa di conoscere i dettagli tecnici riguardanti i quesiti referendari sull'acqua è bene tornare per un momento sull'emendamento con il quale si è voluto cancellare il referendum sul nucleare. Questo è congegnato nel modo seguente: le parti dell'emendamento che prevedono l'abrogazione delle norme oggetto del quesito referendario, sono incastonate tra due commi con i quali il governo si riserva di tornare sulla questione, una volta acquisite "nuove evidenze scientifiche mediante il supporto dell'agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza, tenendo conto dello sviluppo tecnologico e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea". E lo farà entro dodici mesi adottando una "Strategia energetica nazionale", per la quale furbescamente non si nomina, ma neppure si esclude, il ricorso al nucleare. Si è giustamente ricordato che, fin dal 1978, la Corte costituzionale ha detto con chiarezza che, modificando le norme sottoposte a referendum, al Parlamento non è permesso di frustrare "gli intendimenti dei promotori e dei sottoscrittori delle richieste di referendum" e che il referendum non si tiene solo se sono stati del tutto abbandonati "i principi ispiratori della complessiva disciplina preesistente". Si può ragionevolmente dubitare che, vista la formulazione dell'emendamento sul nucleare, questo sia avvenuto. E questo precedente induce ad essere sospettosi sulla soluzione che sarà adottata per l'acqua. Di questo dovrà occuparsi l'ufficio centrale del referendum che, qualora accerti quella che sembra essere una vera frode del legislatore, trasferirà il referendum sulle nuove norme. La partita, dunque, non è chiusa.

Da questa vicenda può essere tratta una non indifferente morale politica. Alcuni esponenti dell'opposizione avrebbero dovuto manifestare maggiore sobrietà in occasione dell'approvazione dell'emendamento sul nucleare, senza abbandonarsi a grida di vittoria che assomigliano assai a un respiro di sollievo per essere stati liberati dall'obbligo di parlar chiaro su un tema così impegnativo e davvero determinante per il futuro dell'umanità.
Dubito che questa sarebbe la reazione dei promotori del referendum sull'acqua qualora si seguisse la stessa strada. Ma proprio l'aggressione al referendum e ai diritti dei cittadini promotori e votanti, la spregiudicata manipolazione degli istituti costituzionali fanno nascere per l'opposizione un vero e proprio obbligo. Agire attivamente, mobilitarsi perché il quorum sia raggiunto, si voti su uno, due, tre o quattro quesiti. Si tratta di difendere il diritto dei cittadini a far sentire la loro voce, quale che sia l'opinione di ciascuno. Altrimenti, dovremo malinconicamente registrare l'ennesimo scarto tra parole e comportamenti, che certo non ha giovato alla credibilità delle istituzioni.



Cosa c’è dietro lo stop al nucleare. Acqua pubblica ai francesi e legittimo impedimento.


La notizia è giunta in redazione ieri: il Governo aveva deciso di dismettere il programma nucleare. Fonti interne ci hanno chiarito lo scenario e le ragioni di questa scelta che vedono un accordo Parigi Roma che da una parte toglie la costruzione delle centrali ad AREVA e dall'altra affida la gestione dell'acqua pubblica a VEOLIA.

Nucleare in Italia: il Governo decide disoprassedere sul programma nucleare, lo fa inserendo una moratoria nel decreto legge omnibus, all'esame dell'aula del Senato, che prevede l'abrogazione di tutto l'impianto normativo che attiene la realizzazione di impianti nucleari nel Paese.

L'emendamente recita: "Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione Europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare".

Ad abbracciare la linea Berlusconi in persona, da sempre scettico nei confronti del programma atomico ma schiacciato dalla lobby nucleare. Sebbene alcune voci leghino questa scelta ad un sondaggio realizzato la scorsa settimana che avrebbe dato al 54% la percentuale di italiani intenzionati a recarsi alle urne il 12 e 13 giugno (quindi oltre il quorum) le ragioni sono più ampie.

Prima di prendere questa decisione il Governo ha intavolato accordi con la Francia per dare una "contropartita" alla perdita economica che ne sarebbe derivata. Raggiunta l'intesa, stamane,AREVA - il colosso mondiale francese del nucleare che si sarebbe dovuto occupare della costruzione delle nostri centrali - ha iniziato la dismissione dei suoi uffici romani.

Il Governo era ben cosciente che il raggiungimento del quorum avrebbe comportato la bocciatura non solo della legge sul Nucleare ma anche quelle sul Legittimo Impedimento e sulla Privatizzazione dell'acqua.

E' stato proprio su quest'ultimo punto che è nata la contropartita da offrire oltralpe, attraverso un patto che sposta gli interessi economici dal nucleare all'acqua e dovrebbe garantire a VEOLIA una consistente presenza nel suo processo di privatizzazione (l'azienda francese è uno dei leader mondiali nel settore della gestione urbana degli acquedotti, dei rifiuti e dei trasporti). I mediatori italiani hanno dovuto fare una vera e propria corsa contro il tempo per cercare di giungere ad un accordo che soddisfacesse Parigi e che potesse essere ratificato già il 23 Aprile, giorno dell'incontro tra Berlusconi e Sarkozy.

Il Governo ha, così, trovato il modo di liberarsi di un referendum chiave che rappresentava, dopo Fukushima, il vero motore della votazione e l'elemento che avrebbe portato i cittadini alle urne.

In un colpo solo si è disinnescata una possibile bomba elettorale in mano alle opposizioni (il pericolo nucleare), si è portato a casa il Legittimo impedimento e si è continuato il processo di privatizzazione dell'acqua pubblica.

La controversia, poi, lascia ancora margini di manovra a futuri colpi di mano "nucleari" poiché l'emendamento di oggi in Senato elimina l'obbligo della stesura dei decreti legislativi di applicazione sul nucleare. Ma i decreti approvati finora non decadono, così come la legge numero 133/08 che dà il via alle centrali. E' uno stop, non una abrogazione mentre il referendum avrebbe abrogato la legge.

http://www.agoravox.it/Cosa-c-e-dietro-lo-stop-al.html