martedì 17 maggio 2011

Moratti rilancia le accuse a Pisapia. Ma tra i due candidati a Milano è lei la condannata. - di di Thomas Mackinson



Nel 2010 la Corte dei Conti l'ha costretta, in Appello, a pagare 125mila euro per la vicenda degli incarichi d'oro. Sempre l'anno scorso è arrivata la sentenza della Corte dei Conti del Lazio per un contratto inutile siglato quando era ministro dell'Istruzione

Non si è scusata dopo le accuse di ieri all’avversario Giuliano Pisapia. Anzi, ha rilanciato gli attacchi al rivale: “La mia intenzione era ed è sottolineare che non può essere considerata come moderata la storia di una persona che in quegli anni era vicina ad ambienti terroristici”. Letizia Moratti non demorde nonostante il colpo basso nel faccia a faccia di ieri su Sky si sia dimostrato un passo falso: il sindaco ha citato una condanna amnistiata a Pisapia per aver concorso morale nel furto, negli anni ’70, di un furgone utile agli uomini di Prima Linea per compiere una spedizione punitiva, omettendo l’Appello che ha assolto pienamente il candidato di centrosinistra. Così donna Letizia ha finito per incassare una denuncia per diffamazione e perfino la disapprovazione dell’alleato numero uno Umberto Bossi (“Io non l’avrei fatto”). In realtà, l’unico dei tre principali candidati sindaco di Milano con delle condanne alle spalle è proprio lei, Letizia Moratti. Che ne ha collezionate ben due, entrambe confermate in Appello.

Sì, perché se la fedina di Giuliano Pisapia e di Manfredi Palmeri resta specchiata, è proprio quella della “moderata” Letizia ad avere due vistose macchie. Due condanne collezionate in epoche diverse per aver sprecato soldi pubblici attribuendo consulenze e incarichi ad amici e conoscenti violando le leggi che regolano la materia. Proprio a Milano la Corte dei Conti l’ha condannata due volte insieme ad alcuni membri della giunta di centrodestra per “danno erariale con colpa grave”. La vicenda è quella dei cosiddetti “incarichi d’oro” che risale al 2006. Prese le leve del comando a Palazzo Marino la Moratti fa assumere sei persone come dipendenti (e con gli stipendi dirigenziali) senza verificare le loro competenze né la presenza nell’ente pubblico di analoghe capacità. Uno spoil system che premia i manager esterni e allinea il Comune a un’azienda privata. Il danno dell’operazione, in primo grado, era stato calcolato in 887mila euro, poi ridotto nel processo di Appello che si conclude quattro anni dopo (9 gennaio 2010) con la conferma della condanna e la richiesta di 125mila euro di risarcimento. Una cifra certo simbolica per la moglie del magnate che spende sei milioni di euro e più per la campagna elettorale ma non meno importate sul fronte politico-giudiziario.

C’è poi una seconda inchiesta ha travolto la Moratti nei panni di primo cittadino. Si tratta dell’indagine su 80 contratti di consulenza e presunte azioni di mobbing per i quali il 29 novembre del 2007 erano stati indagati Letizia Moratti e quattro ex dirigenti dell’amministrazione comunale. A indagare sono ancora i magistrati contabili che infliggono una condanna a risarcire l’erario comunale per 261mila euro per il danno che avrebbero provocato all’erario nell’assegnare ben 80 consulenze in modo del tutto arbitrario e violando ancora una volta la normativa in materia. Finisce invece con una archiviazione la parte penale di questa vicenda. L’accusa per la Moratti era di abuso di ufficio. Ma le parole scritte nere su bianco due anni dopo (27 agosto 2010) dal GipMaria Grazia Domanico lasciano zone d’ombra sull’operato del primo cittadino che viene definito ancora una volta “grave e colposo”: «Si deve ritenere che le modalità di rimozione dei dirigenti, per quanto censurabili sotto diversi profili, non abbiano travalicato il limite dell’illecito penale».

Non è la prima volta che Letizia scambia un ente pubblico per un’azienda privata. Quando Letizia era Ministro dell’Istruzione aveva già incassato una condanna e una richiesta di indennizzo. Nel 2001 infatti aveva affidato alla società mondiale leader nei servizi di revisione-fiscalità-advisory uno studio da 180mila euro per l’accorpamento dei ministeri della pubblica amministrazione e ricerca. Un incarico che la Corte dei Conti del Lazio ha ritenuto del tutto inutile visto che uno studio sulla “fusione” era già stato condotto internamente. In pratica, un’altra consulenza esterna non necessaria. Risultato: il 20 aprile 2010 è stata condannata a risarcire l’importo del contratto da 50mila euro.





La pazienza dei comuni è finita l'Anci fa causa al governo.


Dai municipi sede delle vecchie centrali azione legale contro Palazzo Chigi per ottenere le compensazioni pattuite per lo smaltimento degli impianti: "Sconcertati dalle 'menzogne' che ci vengono raccontate"

ROMA - Tra decreti, moratorie, pause di riflessione colpi di furbizia e referendum in bilico, l'Italia è ancora in attesa di capire se ci sarà mai una seconda era nucleare, ma intanto il governo deve ancora finire di fare i conti con il passato. Sei Comuni della Consulta Anci dei Comuni sedi di impianti nucleari (Caorso, Saluggia, Trino Vercellese, Rotondella, Ispra e Piacenza) hanno avviato oggi un'azione legale nei confronti di Palazzo Chigi a tutela degli interessi delle amministrazioni e dei cittadini per chiedere che vengano ripristinate le somme spettanti ai Comuni dal 2005".

In una nota, l'Anci ricorda che le compensazioni per i municipi sedi di servitù nucleari (non solo le vecchie centrali, ma anche deposito di stoccaggio di materiale radioattivo), sono previste dal decreto Scanzano del 2003. "In virtù della legge finanziaria, nel 2005 - spiega Fabio Callori, presidente della Consulta e sindaco di Caorso - tali risorse sono state decurtate del 70% per destinare gli introiti che i cittadini pagano con la bolletta elettrica alla fiscalità generale". Si tratta, tra l'altro, di quegli "oneri di sistema" che rendono il costo dell'elettricità in Italia uno dei più alti d'Europa e che nelle settimane scorse il governo ha propagandisticamente cercato di attribuire 1 esclusivamente al peso degli incentivi per le fonti rinnovabili.

Una scelta bocciata anche dall'Autorità per l'Energia, ricorda l'Anci, dato che in via generale non si possono destinare a un'entrata dello Stato delle cifre che hanno una precisa destinazione, quella di riqualificare i territori sui quali ha gravato la vecchia generazione del nucleare. "Finora - sottolinea Callori - l'Anci si è impegnata con tutte le iniziative possibili a livello di emendamenti e di proposte per il recupero delle somme, fino ad arrivare alla proposta al Governo del rilascio di attestati per il riconoscimento dei crediti. Ad oggi, da parte del Governo, non c'è stato nessun riscontro". Come se non bastasse, l'esecutivo ad oggi non ha adempiuto però neppure al pagamento del restante 30%.

"Oggi - denuncia ancora il presidente della Consulta Anci - ci ritroviamo poi a dover anche inseguire l'erogazione di quello che rimane, ovvero il 30% che è stato già deliberato dal ministero dell'Ambiente per le annualità 2008-2009 e contabilizzato dalla Cassa conguaglio per il settore elettrico, ma ad oggi il Cipe non si è ancora espresso per le ripartizione del fondo e probabilmente ciò comporterà oggettive difficoltà per il completamento delle opere in corso di realizzazione sul territorio".

"Siamo letteralmente sconcertati dalle 'menzogne' che ci vengono raccontate - conclude Callori - le carte e le risorse per le delibere Cipe ci sono tutte e oggi ne abbiamo avuto conferma; ancora una volta non riusciamo proprio a capire il perché di queste negligenze". Secondo Callori la mancanza di risorse potrebbe determinare gravi conseguenze: "A fronte del perdurare della situazione i nostri Comuni potrebbero vedersi costretti a bloccare i processi di smantellamento dei vecchi impianti".

All'iniziativa dell'Anci ha risposto a nome del governo il sottosegretario allo Sviluppo Economico Stefano Saglia. "Ho partecipato personalmente alla riunione del pre-Cipe della settimana scorsa che recava all'ordine del giorno la delibera sulle compensazioni per i Comuni sedi di impianti nucleari - ha spiegato - Pertanto posso affermare che è pronta per l'approvazione. Il rinvio è stato dovuto solo a questioni formali".

Se restano quindi ancora da saldare i conti per il nucleare di oltre 20 anni fa, rischiano di avere un costo salato anche i sogni per il futuro. "Il piano nucleare del governo potrebbe pesare sulle tasche degli italiani anche dopo lo stop a seguito del disastro di Fukushima", denunciano i parlamentari del Pd Ermete Realacci e Luigi Zanda in un'interrogazione congiunta presentata a Camera e Senato ai Ministeri dello Sviluppo Economico e degli Affari esteri e alla Presidenza del Consiglio. "Il governo - chiedono i due esponenti democratici - venga in Parlamento e renda noto quali siano gli accordi previsti dal protocollo Italia-Francia sul nucleare sottoscritto nel febbraio 2010 e se contemplino eventuali clausole di rescissione e rimborso in caso di arresto del piano di cooperazione energetica in materia di nucleare tra Italia e Francia". "Su questo tema - prosegue il documento - da mesi abbiamo già chiesto chiarimenti al governo con altre interrogazioni, ma non c'è stata mai nessuna risposta. E' un fatto molto grave sul quale è indispensabile chiedere la massima chiarezza e trasparenza. La beffa nucleare non può diventare comunque un danno per le tasche dei cittadini e un affare per pochi".





SPOT REFERENDUM 12 e 13 giugno 2011



Il Governo Italiano ha fatto si che i MEDIA, tv e radio non propongano spot pubblicitari informativi riguardanti i REFERENDUM...e allora...ECCOCI.
Occorre il voto di 25 MILIONI di ITALIANI perchè il Referendum sia valido e il Governo NON ci privatizzi l'acqua, NON ci imponga Centrali Nucleari sul nostro paese, perchè NON passi il Leggittimo Impedimento, che favorirebbe ancor di più l'illegalità nel nostro paese.
HANNO GIA' FATTO PASSARE IL PROCESSO BREVE ora NON PERMETTIAMO CHE SCHIACCINO ANCOR DI PIU' LE NOSTRE VITE !

Ecco lo spot TV del referendum trasmesso alle 1:03 su rai 3.. grazie eh!! se si supera il quorum tocca andare a mettere un cero in chiesa...
INFORMIAMO NOI SUI REFERENDUM LA GENTE CHE GUARDA SOLO LA TV!!! Ricordiamoci che meno del 30 % degli italiani ha internet!
4 SI PER FERMARLI !! Divulgate questi due SPOT, fateli vedere a TUTTI !!!

http://www.facebook.com/l/489d4ljsT9xyQiU3n1yEDo-Oa-A/www.youtube.com/watch?v=vq33sm8IDNc&feature=player_embedded
http://www.facebook.com/l/489d4I65khlBAVCtgqnU5jONzug/www.youtube.com/watch?v=KviV6m-lll8&feature=channel_video_title
Scaricate qui il volantino: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=205781159462517&set=o.209694792393057&type=1&theater




Il finto spot per Lampedusa.



Dagli autori di «Inception Berlusconi» Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi.





Sala vuota per Borsellino nel paese del boss.


Incontro a Castelvetrano, patria di Messina Denaro. I presidi si rifiutano di mandare gli studenti. Contestato il pentito Calcara: doveva uccidere il magistrato invece lo salvò.


di ATTILIO BOLZONIPALERMO - Parlare di mafia si può ma quando è una mafia lontana, una mafia degli altri. Perché se il boss è quello della porta accanto, è vietata anche solo la parola. Figurarsi poi se qualcuno fa nomi o addirittura cognomi. Ne sa qualcosa il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia che a Castelvetrano ieri si è ritrovato solo - insieme a un pentito - a ricordare Paolo Borsellino. Vuoto il teatro comunale, disertato soprattutto dagli studenti "comandati" dai dirigenti scolastici a restare in classe "perché i ragazzi non hanno niente da imparare da certi personaggi".
Così è nelle terre di Matteo Messina Denaro, è andata in scena una Sicilia antica che sembrava per sempre sepolta.

Niente lezione di "legalità" per gli allievi degli istituti superiori di Castelvetrano, mezzo secolo fa diventata famosa per la messinscena dell'uccisione del bandito Giuliano e oggi città che probabilmente dà ancora ricovero all'ultimo grande latitante di Cosa Nostra. Sotto il palco sette vecchietti, due ragazzi dell'Associazione antiracket che avevano organizzato l'incontro, il sindaco Gianni Pompeo e poi nessun altro ad ascoltare il procuratore Ingroia che era l'ospite, il giornalista Giacomo Di Girolamo che presentava L'Invisibile - il suo ultimo libro proprio sulla vita di Matteo Messina Denaro - e il collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara. È stato proprio il ritorno nella provincia trapanese del pentito a scatenare l'ira dei suoi concittadini.

Lui, Calcara, era quello che una ventina di anni fa avrebbe dovuto uccidere Paolo Borsellino con un fucile di precisione però poi decise di saltare il fosso e raccontare - alla vittima designata, Borsellino - i segreti delle "famiglie" di Trapani. Per la prima volta in Sicilia dopo due decenni, Calcara è stato accolto malamente. Castelvetrano ha salutato con rabbia la sua rimpatriata. "Dottore in criminologia e malaffare", gli hanno gridato.

A fine mattinata il procuratore Ingroia se n'è andato infuriato: "I presidi hanno ritenuto di non mandare gli studenti all'incontro e credo che sia una decisione incredibile. Ritengo grave e molto significativo che in un'occasione del genere, in ricordo del giudice Paolo Borsellino, nella città di Matteo Messina Denaro si avverta di più la presenza dello stesso latitante che di Paolo Borsellino. Tutto questo è assurdo".
Durante l'incontro c'è stato volantinaggio. Prima un foglio distribuito da Tonino Vaccarino, ex sindaco della città (chiamato in causa da Calcara) che è stato prosciolto dall'accusa di mafiosità e condannato per traffico di stupefacenti. Diceva il suo volantino: "Non si combatte la mafia con un falso pentito". E ha spiegato Vaccarino, che qualche tempo fa era stato pure ingaggiato dai servizi segreti per intraprendere una corrispondenza proprio con Matteo Messina Denaro: "È un'offesa per tutti far passare come docente della legalità un assassino come quello, oggi sono commosso per il rifiuto dei giovani a incontrarlo".

Poi, fuori dal teatro, è arrivato anche il volantino firmato da Francesco Fiordaliso, dirigente scolastico del liceo classico di Castelvetrano: "Penso che Vincenzo Calcara sia un personaggio che ha niente da insegnare ai nostri giovani e per questo ho rifiutato di consentire, dopo essermi consultato con i miei collaboratori, che i miei studenti - del classico, dello scientifico e del pedagogico - partecipassero all'incontro con lui". Al termine della bagarre il sindaco Pompeo ha tentato di rimediare alla brutta figura fatta dalla sua città. E ha rinvitato il procuratore Ingroia a Castelvetrano per il prossimo febbraio, un altro incontro su mafia e mafiosi. L'ultimo commento di Ingroia: "Oggi, l'unico veramente contento sarà Matteo Messina Denaro".



Tira una bella aria. - di Andrea Scanzi.



E’ tutto vero, non è uno scherzo. Politologi ed editorialisti non se lo aspettavano (per questo fanno i politologi e gli editorialisti). E’ stata la tornata elettorale più bella, stupefacente e rassicurante di tutti i 17 anni di lungo incubo berlusconiano (che non sono finiti, ma quantomeno cigolano).

E’ tutto vero, ed è bello. Formigoni che soffre, livido, all’Infedele. Porro che sparge la sua vacua saggezza dermatica da Mentana. Stracquadanio che non sa più chi insultare (nel dubbio, suggerirei se stesso). Berlusconi che non parla. Lady Blackberry Ravetto - ultima del carro – mandata a metà pomeriggio a dire che a Milano “La coalizione tiene se ndrmbltfggcmsmbr nchssnsprmssndiczzzziooooni” (“se andremo al ballottaggio come sembra anche se sono primissime indicazioni)” e poi gira stizzita il culo dritto, come in una pessima cover del Guccini migliore. La Gelmini, sexy giusto in salsa sadomaso agli Sgommati, con una camicia a righe rubata ai saldi dell’Oviesse, zimbellata e irrisa a Sky da un incazzosissimo Cacciari. Quagliariello che famirror climbing. Gasparri che fa Gasparri. La Santanchè che, tra una bandiera di Hamas e una mascella al vento, afferma con gli ultimi rigurgiti di ricino che “con Pisapia vincono Leoncavallo e droga” (e gli “spinelli”, parola già vecchia nel ’68, quando le pantere dovevano morderla nel sedere).

E’ tutto vero. Ed è bello. E qualcosa vuol dire.

1. Il Pd stupisce, signoreggia e soverchia quando non fa il Pd. Ma ovviamente non lo capiranno. Latorre Dixit: “Mi sembra chiaro che abbiamo vinto e dobbiamo continuare così” (due errori in un corpo solo: a) non hai vinto, b) continuare “così” come?). Il Pd ha rovesciato le previsioni con candidati indesiderati (Pisapia) o addirittura contrapposti (De Magistris). Se il Pd avesse fatto il Pd, la Moratti e Lettieri sarebbero già sindaci di Milano e Napoli. Si attende una dichiarazione netta di Veltroni, che esorti tutti a prendere le distanze dal giustizialismo. Ispirandosi alla Thatcher, a Cameron e magari pure a i Cugini di Campagna (per il senso di squadra e della coalizione).

2. Può anche essere che questo sia l’inizio della rinascita, ma la lentezza degli italiani resta tristemente insuperabile (e perdere al ballottaggio farebbe ancora più male, quantomeno a Milano – Napoli resta durissima comunque).

3. E’ la vittoria della cosiddetta “antipolitica”. Grillo, Idv e Sel (Pisapia). Che il centrodestra tratteggi questi trionfi come derive eversive verso la sinistra radicale, ci sta (e dona gioia: rosica per noi, Mastrolindo Sallusti). Che la sinistra riformista (ehhh?) continui a usare la parola“antipolitica”, è offensivo per ormai un elettore su dieci (in alcune realtà pure di più).

4. “Berlusconi ha perso, ma il successo di De Magistris e Grillo sposta l’asse del centrosinistra lontano dal Terzo polo che, nonostante il risultato, rimane il naturale approdo della coalizione. De Magistris non è una scelta di governo”. L’ha detto, parola più parola meno, Aldo Cazzullo ieri pomeriggio a La7. Una sintesi politica che mi ricorda, per acume, una frase qualsiasi di Massimo D’Alema.

5. Tra le istantanee della vita, rimarrà a tutti nel cuore l’attimo in cui Letizia Moratti accusa Pisapia di avere avuto amicizie terroriste e perfino una condanna. E nel momento in cui l’ha detto, palesemente “consigliata”, lei che sta alla grinta pugnace come Leonardo Manera alla comicità, abbiamo quasi tutti pensato che aveva impugnato la pistola per spararsi su un piede (poi la metafora della pistola l’ha usata Bersani, è vero, ma ogni tanto anche lui ne indovina qualcuna. Si chiama “Teoria del Caos”. Come quando Seppi azzecca uno smash su venti. Non è abilità: è culo).

6. Espugnare Milano, vorrebbe dire colpire al cuore il berlusconismo. E dai dai dai dai (cit).

7. Gli analisti che provano a spiegare l’exploit di Grillo, mi ricordano i vecchi genitori che provarono ad opporsi alla beat generation e all’avvento del rock’n'roll.

8. L’analisi “politica” secondo cui “Grillo fa il gioco della destra, senza di lui Pisapia avrebbe vinto al primo turno eccetera”, è di una miopia accecante. Oltre che vagamente fascista. Nello specifico:
a) Chi vota Grillo, non voterebbe mai Pd. Ne è lontanissimo. Al massimo, il M5S sottrae voti agli astenuti e, in minima parte, all’Italia dei Valori.
b) Se il Pd perde quando è favorito (Bresso un anno fa), non è per colpa di Grillo. E’ per colpa del Pd.
c) Votare Pd e centrosinistra non è un obbligo regio o un’imposizione divina. Un voto va meritato, non esatto (participio passato del verbo “erigere”). Altrimenti si chiama zdanovismo, stalinismo. O anche solo elucubrazione politico-pensosa di Eugenio Scalfari (e derivati).
d) Oltre al “meno peggio”, qualche volta nella vita può esistere anche il “meglio”.
e) Grillo ha sfondato – in alcuni casi clamorosamente, vedi il 10 percento a Bologna – soprattutto in quelle città dove era scontata la vittoria del centrosinistra, o comunque mancavano nomi credibili. Nelle realtà in cui l’imperativo era dare la spallata a Berlusconi ed erano presenti figure stimabili (Milano, Napoli), è andato benino ma non benissimo. Segno di un voto affatto irresponsabile e, piuttosto, ponderato.
f) Se neanche dopo questa tornata elettorale verrà compresa la portata di un movimento che in alcune realtà (placide: vedi Arezzo) è addirittura divenuto terzo partito cittadino, e tutto questo nonostante il silenzio pressoché totale dei media “canonici”, significherà che giornalismo e politica italiane sono tonte quando va bene e conniventi quando va meno bene.

9) Tuonano, i tromboni:Ha vinto il voto di protesta“. Sì, ma protestare (democraticamente) mica è un difetto. E’ farlo dopo quasi vent’anni, o non farlo, che è imperdonabile.

10) Tira una bella aria. Soprattutto quando i giornali di regime dicono il contrario. Speriamo duri.




Oggi, chissà perchè....


...mi sento così.

Come liberata da un incubo che mi ha attanagliato fino a ieri ...


Rinasce la speranza, non siamo tutti da buttare, qualcuno che ancora pensa c'è.