sabato 9 luglio 2011

Fondi sospetti, blitz della Digos in una residenza del premier. - di Marco Lillo


Gli investigatori, arrivati davanti al cancello della storica residenza, sono stati respinti perché la villa è sede della presidenza del Consiglio. I finanzieri sono stati inviati dai pm di Napoli che vogliono capire chi si cela dietro la Fondazione della libertà destinatiria di un finanziamento di 165 mila euro.

La Digos ha bussato a casa di Silvio Berlusconi. I poliziotti che indagano su 11 bonifici sospetti pagati da un’impresa sospettata di corrompere Marco Milanese, il deputato del Popolo della libertà in attesa di autorizzazione all’arresto, si sono presentati con un mandato di perquisizione davanti alla prima magione della storia di amore clandestino tra Veronica Lario e il giovane imprenditore di Milano 2. Gli agenti si sono dovuti fermare davanti al cancello che in passato era stato protagonista di un pezzo di storia del rapporto mafia-politica. Proprio quel glorioso portone di ferro che in passato i mafiosi avevano fatto saltare in aria con un chilo di polvere esplosiva (suscitando la celeberrima risata diSilvio Berlusconi intercettata mentre parlava con Dell’Utri di Vittorio Mangano) ha fermato i finanzieri spediti da Napoli a Milano dal pm Vincenzo Piscitelli. Gli investigatori volevano capire chi si nascondesse dietro la Fondazione delle libertà e la sorpresa è stata grande quando hanno scoperto che la Fondazione sospettata ha sede in questa villa coperta dalle guarentigie parlamentari del presidente del consiglio.

Per spiegare perché la Digos sta indagando a via Rovani bisogna partire da un appunto del consulente del pm Vincenzo Piscitelli. Scrive il dottor Luigi Evelino Mancini “Sul conto Eurotec risultano disposti n. 11 bonifici, il primo in data 4 dicembre 2008 l’ultimo il 21 maggio 2010 per importi unitari di 15.000 ( complessivi euro 165.000 ) in favore della fondazione Casa della Libertà sul conto di cui quest’ultima è titolare presso la Cassa di Risparmio di Rieti con sede a Roma, piazza Montecitorio”. La Eurotec non è una società qualsiasi. E’ al centro dell’inchiesta su Marco Milanese della Procura di Napoli e anche della seconda indagine del pm Paolo Ielo a Roma. Ieri il pm Ielo ha fatto arrestare Tommaso Di Lernia e Massimo De Cesare per un’indagine per finanziamento illecito ai partiti che vede indagato anche Milanese. Il deputato del Pdl è accusato di essersi fatto comprare proprio dalla Eurotec una barca per 1,9 milioni di euro in cambio della nomina di un uomo che interessava alla cricca degli appalti Enav: il presidente di Tecnosky, Fabrizio Testa. Il pm Piscitelli sottolinea che nello stesso periodo in cui Eurotec pagava in natura Milanese con l’acquisto gonfiato della barca, effettuava i bonifici alla Fondazione Casa dele Libertà. Proprio quella che ha sede a casa Berlusconi.

La Fondazione Casa delle Libertà è presieduta da Sandro Trevisanato, un uomo fondamentale nel sistema di potere di Giulio Tremonti. Questo avvocato veneziano 73enne è stato eletto nel 1994, sottosegretario alle finanze con ministro Tremonti nel primo governo Berlusconi.

Secondo gli accertamenti degli investigatori la Fondazione che incassa i soldi della Eurotec ha tre indirizzi, tutti e tre finiti ieri nel mirino delle perquisizioni di ieri. Il primo è a Venezia in via Miranese 3, dove ha sede anche una società di Trevisanato. Il secondo in via Uffici del Vicario a Roma ma è stato abbandonato da poco probabilmente per un ufficio in via dell’Umiltà dove si trovano anche uffici dei politici del Pdl dai quali gli agenti si sono tenuti alla larga ieri. Infine c’è il terzo indirizzo, quello più delicato: Milano, via Rovani 2. Al Fatto Quotidiano risulta poi che il dominio internet della Fondazione sarebbe stato recentemente registrato (nonostante la Fondazione abbia sede in Veneto dal 2000) a Milano a casa Berlusconi e che a seguire la pratica è stata Clotilde Strada, la collaboratrice che raccoglieva al telefono le confidenze di Nicole Minetti sul “culo flaccido” del premier. Per capire l’importanza di questa pista però bisogna partire dalla casa di via Campomarzio 24 a Roma, pagata da Marco Milanese e abbandonata nottetempo dal ministro Giulio Tremonti.

Il pm Vincenzo Piscitelli ha convocato a testimoniare il segretario generale dell’ente proprietario: il Pio Sodalizio dei Piceni. Milanese, il signor Alfredo Lorenzoni che ha raccontato. “Il contratto è stato stipulato il l febbraio 2009 ed ha per oggetto un appartamento di 200 metri situato in via Campo Marzio 24 molto più grande quindi e con un salone affrescato. Il canone di locazione per questo immobile è stato stabilito in 8.500 euro mensili”.

La casa, prosegue Lorenzoni, aveva bisogno di una ristrutturazione. “Quindi concordammo contrattualmente con il Milanese l’esecuzione a suo carico di lavori per una cifra complessiva di 200 mila euro (conteggiati secondo il nostro prezzario ) dal cui ammontare andava mensilmente scomputato il canone di locazione fino al raggiungimento di quell’ importo. I lavori sono stati effettivamente eseguiti dalla ditta esecutrice EDIL ARS di Roma, società facente capo a Angelo Proietti ed Achille Scaramucci, quest’ultimo anche sodale del Pio Sodalizio. La locazione fu stipulata per uso ufficio e foresteria e l’immobile mi risulta frequentato abitualmente dal Ministro Giulio Tremonti. In sostanza si tratta della casa del Ministro”.

A questo punto i pm hanno verificato che, per effetto dello scomputo dei lavori, i pagamenti sono iniziati solo nel luglio del 2010, per un totale dei pagamenti, fino al mese di giugno scorso, di 108 mila euro. Pagati fino all’ultimo euro da Marco Milanese e non da Giulio Tremonti.

Gli investigatori hanno cominciato a studiare bene il giro di affari della Edil Ars, scoprendo che questa società vantava un imponente giro di affari con la società informatica pubblica, controllata dal Ministero dell’economia, Sogei, un feudo di Marco Milanese che – secondo il capo di Gabinetto di Tremonti, Vincenzo Fortunato, ha pilotato le nomine di questa come di tante altre società pubbliche per conto del ministro. Sul rapporto tra la società di Angelo Proietti e la Sogei il senatore dell’Italia dei Valori Elio Lannutti aveva presentato un interpellanza: “per quanto risulta all’interrogante”, scriveva Lannutti, “in particolare, nell’anno 2010, sarebbero stati affidati all’Edil Ars lavori di manutenzione ed impiantistici per circa 6,2 milioni di euro, di cui circa 5,3 milioni a trattativa diretta (86,6 per cento). Fra questi circa 2,5 milioni di euro sono stati assegnati con procedura secretata”. In più Lannutti sottolineava che la figlia di Angelo Proietti era stata assunta dalla Sogei. E indovinate chi è il presidente della Sogei? Sandro Trevianato, proprio il presidente della Fondazione Casa della Libertà. Nominato da Tremonti a presiedere la Sogei nel secondo Governo Berlusconi 2001-2006 e tornato su quella poltrona nel 2008 con il ritorno del duo Milanese-Tremonti a via XX Settembre.



Lodo Mondadori con sconto Berlusconi pagherà 560 milioni.


La sentenza dei giudici civili abbassa esattamente di un quarto la cifra che il Cavaliere dovrà versare alla Cir di Carlo De Benedetti. In primo grado era stato fissato un risarcimento di 750 milioni di euro

Sentenza con maxi-sconto. Poco meno di 200 milioni. Di tanto è stato abbassato il conto (comunque salatissimo) che Silvio Berlusconi dovrà pagare al suo storico avversario Carlo De Benedetti. La sentenza d’Appello, le cui motivazioni sono state depositate questa mattina, è immediatamente esecutiva. Si conclude così la vicenda del cosiddetto lodo Mondadori. In primo grado la Fininvest del Cavaliere era stato condannata a pagare 750 milioni di risarcimento. L’intera vicenda in sede civile prende spunto dall’iter penale che ha visto le condanne di Previti, Metta, Pacificio e Acampora per corruzione dello stesso giudice Metta che, fu provato dall’accusa, ricevette denaro per modellare a favore del Cavaliere la disputa con Formenton prima e con la Cir di De Benedetti poi per la conquista della maggiore casa editrice italiana.

“La sentenza Metta fu ingiusta”. Questo scrivono oggi i giudici. Per i quali “con Metta non corrotto il lodo sarebbe stato confermato”. Il riferimento è alla decisione del 24 gennaio del 1981 della Corte d’Appello di Roma che stabili’ invece nulli gli accordi intervenuti in precedenza tra la famiglia Formenton e la stessa Cir riconsegnando così la Mondadori a Berlusconi. Inoltre, nelle 300 pagine del documento si sostiene che la Cir subì un danno immediato e diretto dalla sentenza Metta. Si tratta di una tesi diversa da quella prospettata dal giudice di primo grado, Raimondo Mesiano, il quale invece parlò di “perdita di chance”, nel senso che la sentenza frutto della corruzione indebolì la posizione negoziale di Cir nei confronti di Fininvest.

L’inchiesta penale è iniziata nel 1996 dopo le dichiarazioni di Stefania Ariosto. Il processo, arrivato in Cassazione nel 2007, ha stabilito che Cesare Previti fece arrivare a Metta 400 milioni di lire. Un bel tesoretto veicolato grazie alla collaborazione degli avvocati Attilio Pacifico e Giovanni Acampora. Il pagamento, ricostruiscono i giudici, è servito a pagare il verdetto con il quale lo stesso Metta annullò il lodo Mondadori di allora. In primo grado, infatti, la contesa per la casa editrice, inizialmente nelle mani della famiglia Formenton, era andata a De Benedetti. E solo in secondo grado, e grazie alla corruzione, la partita è girata a favore del presidente del Consiglio. Che, trovatosi in una posizione di forza, ha potuto condurre la mediazione con Cir. E lo ha fatto grazie all’intervento dell’allora andreottiano e oggi deputato Pdl Giuseppe Ciarrapico. La spartizione conclusiva ha visto il Cavaliere incassare il gruppo editoriale con i libri, il settimanale Panorama e 365 miliardi in contanti. A De Bendetti invece sono andati l’Espresso, Repubblica e i quotidiani locali Finegil.

La somma fissata oggi dai magistrati prevede il risarcimento in 540 milioni. Quindi gli interessi legali pari al 2,5% e contabilizzati a partire dall’emissione della sentenza di primo grado, vale a dire dall’ottobre 2009. Quindi le spese legali fissata a 8 milioni. Alla base, poi, del maxi-sconto ci sono le conclusioni della consulenza tecnica. Obiettivo capire “se fra giugno 1990 e aprile 1991 siano intervenute variazioni dei valori delle società e delle aziende oggetto di scambio tra le parti”. Risultato: i periti hanno calcolato una riduzione del 18,8%.

La questione ora è capire quali saranno i tempi del risarcimento. Nella giustizia civile le sentenze diventano subito esecutive. In questo caso, però, le due parti, il giorno dopo la sentenza di primo grado, raggiunsero un accordo per congelare il pagamento in cambio di una fidejussione da 800 milioni prestati da quattro banche alla Fininvest in favore della Cir. Ottenuto questo, la corte si impegnò a concludere l’Appello (iniziato nel febbraio 2010) in tempi brevi. A questo punto, ancora pochi giorni utili a ritirare la sentenza e la Cir di De Bendetti potrà andare all’incasso dei 560 milioni di euro. Ed è proprio questo passaggio che il Cavaliere voleva evitare. E per farlo ha infilato un codicillo (poi ritirato) nella manovra per bloccare il pagamento in attesa del giudizio della Cassazione.

Mafia, il gip nega l'archiviazione: Romano verso il rinvio a giudizio.




La procura aveva chiesto l'archiviazione per l'attuale ministro delle Politiche Agricole, Ma il gip Giuliano Castiglia ha rigettato la richiesta, ordinando l' imputazione coatta. Adesso i pm hanno dieci giorni per scrivere la richiesta di rinvio a giudizio per concorso in associazione mafiosa. "Questo procedimento mi ha visto indagato per otto anni anche se l'indagine era tecnicamente spirata nel novembre del 2007".

Il giudice per le indagini preliminari di Palermo Giuliano Castiglia ha rigettato la richiesta di archiviazione dell'indagine per concorso in associazione mafiosa a carico del ministro delle Politiche Agricole Saverio Romano: Castiglia ha avanzato richiesta di imputazione coatta. I pm, che avevano chiesto nei mesi scorsi l'archiviazione, hanno dieci giorni per scrivere la richiesta di rinvio a giudizio. Romano è sospettato di collusioni con elementi appartenenti a Cosa Nostra, descritte dai collaboratori di giustizia Angelo Siino e Francesco Campanella. Quest'ultimo raccontò come nel 2001 in una trattoria di Campo de' Fiori a Roma, Romano, che era candidato alla Camera, lo apostrofò dicendo "Francesco vota per me perchè siamo della stessa famiglia. Scinni a Villabate e t'informi!".

Non si è fatto tardare il commento di Saverio Romano sulla decisione del gip.

"Questo procedimento mi ha visto indagato quasi ininterrottamente per otto anni anche se l'indagine era tecnicamente spirata nel novembre del 2007 - ha dichiarato -

Questi semplici ma inconfutabili dati dimostrano il corto circuito tra le istituzioni e dentro le istituzioni".

Proprio due giorni fa la Procura di Palermo ha depositato anche le intercettazioni di Romano con Lapis e Vizzini, inerenti all'affare della Gas spa. Indagine in cui l'ex presidente dell'Ircac è indagato per corruzione aggravata dall'avere favorito Cosa nostra.

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Depositate le intercettazioni tra Romano, Vizzini e Lapis

venerdì 8 luglio 2011

La terra non si inchina alla terra.




Perché mai si dovrebbe obbedire al potente? La domanda è di quelle fondamentali, o almeno così dovrebbe essere. Ma ancora di più, perché mai non si dovrebbe contestare il potente, anche se è “della tua parte politica“? Anche questo è un tema decisivo. E’ chiaro che l’incoerenza tra parole e fatti di chi ha il potere è pratica quotidiana (ci sono lodevoli eccezioni), dunque perché mai si dovrebbe rinunciare alla denuncia e alla smitizzazione del Potente?

Eugenio Scalfari, in un famoso articolo, giustamente scrisse che “Berlinguer non è la Madonna“, in merito ad alcune sdegnate reazioni del Pci alle critiche che il proprio leader aveva ricevuto dagli studenti. E Berlinguer era per indole personale, spessore politico e levatura morale l’opposto di quel ritratto di arroganza, prepotenza e strafottenza del politico di allora (e di oggi). Dunque, il principio qui è fondamentale: non ci sono mostri sacri e, soprattutto, ricevere una critica (a fronte di centinaia di lodi) non è un dramma, nè dovrebbe essere interpretato come un atto di ostilità.

Ed è questo che insegna la storia di Bertoldo, antico buffone della nostra tradizione popolare. Con il suo Re Alboino Bertoldo affronta l’antica questione se un uomo possa o debba inchinarsi ad un altro uomo. L’argomentazione del buffone, vincente, è la seguente: “tutti siamo di terra, tu di terra, io di terra, e tutti torneremo in terra; dunque la terra non deve inchinarsi alla terra.

Alboino, incapace di controbattere, non può però permettere che un buffone metta in dubbio il suo potere: ne va del suo onore e della sua legittimità di fronte agli altri servitori. Dunque escogita uno stratagemma che userà anche il basso Gabriele D’Annunzio nel suo ufficio al Vittoriale: fa abbassare l’uscio della sua camera, tanto che, chiunque entrasse, avrebbe dovuto chinare il capo al suo cospetto.

Del resto, tutti i capi sono fatti così: di fronte ai servitori più riottosi, da cui non ottengono la genuflessione di anima e mente, cercano sempre di ottenere quella fisica. Ma Bertoldo, come tutti i buffoni, sa come contestarlo il Potere e sa come aggirare i suoi trucchi: al posto di chinare il capo e abbassarlo nell’entrare nella camera, voltò la schiena ed entrò all’indietro calandosi i pantaloni e rendendo omaggio al Re con le natiche.

Ecco, questo è il nostro approccio al Potere: se vuole genuflessioni, di qualsiasi tipo, noi lo onoriamo con le natiche. E non ci importa se questo sia di Destra o di Sinistra, anzi: su certe cose siamo intransigenti fino alla morte. Gli ideali non si svendono, nemmeno di fronte al più grande dei bottini.

E’ quello che insegna del resto anche Salvatore Carnevale, ucciso dalla mafia, la cui storia è stata raccontata da Carlo Levi in “Le Parole sono Pietre“: sindacalista socialista, rifiutò le offerte di corruzione della mafia e fu ucciso perché aveva insegnato ai lavoratori siciliani di Sciara ad alzare la testa e ad onorare la principessa Notarbartolo e i suoi sgherri con le natiche. Il processo ai suoi assassini, il primo istruito nella storia d’Italia grazie alle denunce coraggiose di sua madre, vide fronteggiarsi due futuri presidenti della Repubblica: Giovanni Leone, il più odiato, a difesa degli assassini, mentre dall’altra parte c’era Sandro Pertini, il presidente della Repubblica più amato di tutti i tempi.

Ebbene, questo è l’approccio di Qualcosa di Sinistra. Se a qualcuno non piace, non c’è ragione che ci continui a leggere. Se i potenti pensano che basti qualche loro bravo a intimidirci (vi faremo chiudere il sito, ha minacciato qualche zelante servitore), hanno sbagliato persone. Noi non ci vendiamo. E soprattutto non mettiamo in svendita i nostri ideali.

Diceva Pier Paolo Pasolini: “La verità è rivoluzionaria“. Ecco, questo non vogliono i potenti, che sia raccontata la verità: noi continueremo a farlo, finchè potremo. Ricordo solamente a chi dice che strumentalizziamo il nome di Berlinguer per farci gli affari nostri: la colpa non è dello specchio, come diceva Enzo Biagi, ma di chi ci sta davanti. Ergo, se i potenti non si piacciono allo specchio quando ci leggono, non è certamente un problema nostro.

http://www.enricoberlinguer.it/qualcosadisinistra/?p=4653


Chiesto rinvio a giudizio per Cammarata.





Nel giugno del 2009 il sindaco di Palermo avrebbe chiesto alcuni impiegati della Gesip di ripulire la strada - via Salita del Convento - vicina alla chiesa in cui doveva tenersi il battesimo della figlia. Ora il pm Laura Vaccaro ha chiesto il rinvio a giudizio per abuso d'ufficio.

Secondo gl'inquirenti nel giugno 2009 il sindaco di Palermo avrebbe chiesto ad alcuni impiegati della Gesip di ripulire la strada - via Salita del Convento - vicina alla chiesa in cui doveva tenersi il battesimo della figlia. Adesso il pm Laura Vaccaro ha chiesto il rinvio a giudizio per Diego Cammarata, per l'ex direttore della Gesip e per due funzionari della ex municipalizzata che si occupa del verde pubblico, Stefano Mangano e Antonio Catania. Cammarata, Mangano e Palazzolo sono accusati di abuso d'ufficio, Catania di favoreggiamento.

Per l'accusa la condotta integrerebbe l'abuso in quanto Cammarata avrebbe "distolto" gli operai dal loro lavoro per fini privati. Catania avrebbe tentato di coprire i funzionari, che rispondono di abuso d'ufficio: da qui l'accusa di favoreggiamento. Cammarata a maggio è stato rinviato a giudizio per un'altra vicenda relativa alla Gesip: avrebbe utilizzato come skipper della sua barca un operaio durante l'orario di lavoro.

Le sue vicenduole:

Eletto Sindaco, Cammarata non rinunciò neppure all'indennità da parlamentare, infrangendo una prassi di incompatibilità intesa, tra l'altro, nell'art.122 della Costituzione. In riferimento al caso, nel 2002 la Giunta delle elezioni della Camera dei deputati affermò per la prima volta che non sussistevano motivi che ostassero al cumulo degli incarichi di sindaco di grande città e di parlamentare (cosiddetta "giurisprudenza Cammarata")[1]. Da allora altri sedici parlamentari ricevono una doppia indennità pubblica: una da deputato nazionale e una da amministratore locale [2].

Nelle consultazioni del 2007 è stato rieletto sindaco di Palermo, con il 53,5% dei voti, nonostante la forte opposizione rappresentata da Leoluca Orlando che ha denunciato la presenza di forti brogli elettorali.[3] Il 28 marzo 2008 sono stati arrestati due presidenti di seggio che, nelle elezioni del 2007, avrebbero falsificato 580 schede favorendo una lista che appoggiava Cammarata.[4] Nell'ottobre 2008 vengono arrestati altre tre persone appartenenti alla lista Azzurri per Palermo, che sosteneva il sindaco Cammarata, per aver falsificato 450 schede elettorali[5]: un numero comunque irrilevante di schede false rispetto all'esito del voto amministrativo.

Il 22 luglio 2008 è stato eletto presidente dell'ANCI in Sicilia.[6]. Nel frattempo, il TAR Sicilia bocciava il piano che istituiva la ZTL a Palermo, dando luogo ad una indagine dell'Authority di vigilanza sui contratti pubblici e all'interessamento della Corte dei Conti per accertare i derivanti danni all'erario e gli eventuali reati [7].

Nel 2009, l'Amministrazione comunale guidata da Cammarata è stata investita dagli scandali relativi alla precedente gestione dell'Amia, azienda ex municipalizzata per la raccolta dei rifiuti cittadini passata in breve tempo da un bilancio in attivo ad un buco di centinaia di milioni di euro, e da quello rivelato da Striscia la notizia relativo ad una barca di proprietà del sindaco, che sarebbe stata "custodita" da un dipendente della Gesip, un'altra ex società comunale, ed affittata in nero a terzi.[8] Sulle due vicende la magistratura ha aperto altrettante inchieste.

Il 13 ottobre 2009 il presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo e l'assessore Nino Strano comunicavano che la città di Palermo era candidata ad ospitare le Olimpiadi del 2020. Cammarata dichiarava di non essere a conoscenza della candidatura [9], esprimendo la propria contrarietà alla proposta pochi giorni dopo [10].

Nel 2010, Cammarata viene indagato per la terza volta in seguito a una inchiesta sulla discarica palermitana di Bellolampo, in base alla quale è stato accusato di truffa, abuso d'ufficio, disastro colposo, inquinamento delle acque e del sottosuolo, gestione abusiva di discarica, gestione non autorizzata di rifiuti speciali e traffico di rifiuti [11].

Spesso fatto oggetto di duri rilievi durante il suo secondo mandato al Comune di Palermo, ha inoltre destato particolare scalpore la notizia del suo viaggio ai Campionati del Mondo di Calcio inSudafrica, criticata anche da esponenti della sua maggioranza [12] e colleghi di partito come Stefania Prestigiacomo [13].

Nel febbraio 2011 è indagato per abuso d'ufficio, dopo che degli operai del Comune di Palermo furono impegnati nella pulizia di una strada privata, che conduceva nel posto in cui si sarebbe tenuto ilbattesimo della figlia del Sindaco[14].

Nel marzo 2011 viene disposta l'imputazione coatta di Diego Cammarata per violenza privata, in merito ad una denuncia dell'estate precedente di Mario Emanuele Alvano, ex segretario dell'ANCI Sicilia[15].

Nel maggio 2011 viene rinviato a giudizio per la vicenda dell'utilizzato a fini personali dell'operaio comunale Franco Alioto, anch'esso mandato sotto processo[16]. (Wikipedia)


Valsusa-La polizia spara sulla folla-03/07/2011




"La casa romana di Tremonti è a carico di Milanese". - di Concita Sannino



I giudici napoletani che indagano sulla P4 hanno firmato un mandato d'arresto per l'ex consigliere politico del ministro del Tesoro. L'abitazione costa 8500 euro al mese, ci sono state costose opere di ristrutturazione.


ROMA - Un'ombra lunga di lussi incontrollati e di ricatti che arriva a lambire persino la casa in cui abita il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. E sullo sfondo di questa inchiesta che adesso porta alla richiesta di arresto 1 per il deputato in assoluto più vicino al ministro, Marco Milanese, il suo storico consigliere nonché ex ufficiale della Guardia di Finanza, uno scenario da brividi: un regolamento di conti tra "cordate" tutte interne alle Fiamme Gialle. Una circostanza, quest'ultima, di cui per la prima volta parla lo stesso Tremonti, in un interrogatorio reso come teste nell'altra inchiesta sulla cosiddetta loggia P4.

La polizia, coordinata dal pubblico ministero Vincenzo Piscitelli, ha scoperto un fatto che desta più di un interrogativo: il ministro abita, nel cuore di Roma, in un prestigioso appartamento il cui canone di affitto è a carico dello stesso Milanese. Il deputato di origini irpine versa 8.500 euro al mese per una residenza in cui non vive, ma dove va ogni tanto a trovare il ministro, com'è normale che sia, avendo Milanese instaurato sin dal 2001 un rapporto di consolidata fiducia con Tremonti. Non solo: nello stesso appartamento, secondo le ricostruzioni della Procura, sarebbero stati eseguiti lavori di ristrutturazione per circa 200mila euro, che però il Milanese non ha mai pagato alla società che se n'è
occupata. Come mai? E per quali altre strade sono stati compensati questi lavori per cui non risulta alcuna documentazione? Emerge qui l'altro dato inquietante: a consolidare quell'appartamento pagato da Milanese e in cui vive il ministro è la Edil Ars, di Angelo Proietti. Proprio la stessa società che in molte occasioni ha ottenuto appalti dalla Sogei, società controllata dal dicastero delle Finanze e in passato finita anche nel mirino di alcuni accertamenti della stessa Guardia di Finanza.

La circostanza dell'appartamento in cui vive il ministro viene citata dal gip Amelia Primavera a margine dell'ordinanza di custodia per Milanese 2 perché al giudice appare come l'ennesima dimostrazione dello stretto e proficuo rapporto tuttora esistente tra Milanese ed il ministro. Dunque non bastano le dimissioni recentissime di Milanese dal ruolo di consigliere politico del ministro, a scalfire le esigenze di custodia cautelare per il deputato accusato di corruzione e rivelazione di segreto. "Emblematica dell'attualità del rapporto fiduciario esistente tra i due uomini politici è la vicenda relativa all'immobile sito in Roma - scrive infatti il gip - alla via (...) , di proprietà del Pio Sodalizio dei Piceni. Detto immobile, infatti, è stato concesso in locazione a Milanese Marco per un canone mensile di 8.500 euro, ma viene di fatto utilizzato dal Ministro Tremonti, il quale, a sua volta, risulta aver emesso, nel febbraio 2008, un assegno di 8.000 euro in favore del Milanese".

"Oltretutto, i rapporti finanziari tra il Tremonti e il Milanese - prosegue il magistrato - sono assolutamente poco chiari atteso che Milanese paga mensilmente un canone molto alto il cui complessivo ammontare rispetto alle rate già pagate risulta di oltre centomila euro; non esiste un risarcimento per Milanese; l'assegno del febbraio 2008, risalente dunque nel tempo, attiene evidentemente ad altra partita economica tra i due, essendo isolato nel tempo e risultando emesso un anno prima della nascita del rapporto contrattuale con il Pio Sodalizio dei Piceni". E ancora: "La circostanza, dunque, che il Milanese sia ancora oggi un punto di riferimento all'interno della Guardia di Finanza, proprio per la accertata vicinanza al Ministro Tremonti, aggrava, a parere di questo Gip, le evidenziate esigenze cautelari legate al pericolo di inquinamento probatorio".

L'altro scenario su cui il giudice prevede ulteriori accertamenti è offerto proprio dalle parole che lo stesso Tremonti ha affidato, interrogato come persona informata sui fatti, ai pm John Woodcock e Francesco Curcio, titolari dell'inchiesta sulla P4. E' il 17 giugno scorso quando il ministro viene ascoltato a proposito dei rapporti tra Milanese, il faccendiere Luigi Bisignani e il generale della Finanza Michele Adinolfi. Quel verbale, debitamente depositato dai pm, viene poi passato per conoscenza anche all'indagine portata avanti da Piscitelli sul conto di Milanese, e quindi finisce nell'ordinanza per Milanese. Scrive infatti il gip Primavera: "Sotto diverso profilo, ed a conferma di quanto sia ancora poco chiaro il contesto dei rapporti con i vertici della Guardia di Finanza - nel cui ambito è necessario un approfondimento di indagine - va segnalato il contenuto delle dichiarazioni rese, come persona informata sui fatti, dal Ministro Tremonti, il quale ha riferito in merito all'esistenza di 'cordate' esistenti all'interno del Corpo e costituitesi in vista della prossima nomina del Comandante Generale, precisando come alcuni rappresentanti di quel Corpo siano in stretto contatto con il Presidente del Consiglio". Non è tutto: "Soprattutto, per quel che interessa in questa sede - continua il gip - Tremonti ha riferito come il Milanese sia tuttora in stretto contatto con quei vertici, avendo appreso dagli stessi quanto riferito poi al Ministro ed oggetto del colloquio tra lo stesso ed il Presidente del Consiglio Berlusconi".