sabato 6 agosto 2011

Il PD si difende: “Siamo politicamente diversi”. I civili afghani: “Noi non ce ne siamo accorti!”.


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Alessandro Robecchi

Inutile negare che c’è una questione morale nel Pd: il morale, in effetti è bassissimo – Buone notizie per i difensori di Penati: “Non può aver incassato tangenti, ha un alibi di ferro: in quel momento era impegnato a perdere le elezioni, la cosa che gli riesce meglio!” – Dimissionario il braccio destro di Bersani, i capelli se n’erano già andati, ora si teme per orecchie e ginocchia

Sono giorni di intenso dibattito nel Partito Democratico dopo che le recenti iniziative della magistratura hanno messo nel mirino alcuni suoi esponenti di spicco.

Filippo Penati, per esempio, indagato per corruzione, ha cominciato a dimettersi da tutte le cariche la settimana scorsa e si prevede che finirà prima di Natale.

Intanto, il segretario Bersani non ha esitato: ha preso carta e penna e ha cominciato a scrivere ai giornali.

Prima al Corriere della Sera, poi al Fatto Quotidiano, quindi al Pechino Monitor, infine all’Alabama Chronicle, e sta in questo momento, secondo indiscrezioni, scrivendo un toccante articolo per il Kingston Mirror, giornale molto popolare in Giamaica.

“Scrive con la mano sinistra – dice un funzionario che preferisce restare anonimo – perché come tutti sanno il suo braccio destro si è dimesso”.

La linea difensiva del Pd, comunque, pare chiara e univoca, ripetuta insistentemente a tutti i livelli: “Noi siamo diversi”. E la risposta univoca della società civile è stata: “Ah, sì? Cazzo, potevate avvertire!”.

In effetti, dicono alcune donne del movimento “Se non ora quando”, non sembravate tanto diversi quando organizzavate gli strip-tease alle feste dell’Unità, anche se in effetti qualche differenza c’è: mancava Emilio Fede.

“Ah si? Diversi? Beh, non si vedeva per niente!”, hanno detto le comunità rom italiane, ricordando una storica frase di Filippo Penati quando era presidente della Provincia di Milano: “Gli zingari non sono mica i Gipsy Kings!”. “In più è stato uno dei pochi presidente di Provincia favorevole alle ronde.

Non sembrava mica tanto diverso da Bossi e Calderoli!”, dicono ora stupiti gli sgomberati dai campi nomadi. “Diversi? Quelli che hanno fatto eleggere Tedesco quando era già inquisito? Diversi da chi?”, ha detto un funzionario che preferisce restare anonimo.

La linea difensiva del PD, però, non cambia: “Noi siamo diversi”, ha ribadito il segretario in un articolo comparso sul Kamchatka Times. La difesa nel merito delle accuse, invece, è affidata a un pool di avvocati abilissimi, che – almeno nel caso di Penati – puntano sull’infermità mentale. “Si è candidato per la Provincia e ha perso. Si è candidato per la Regione e ha perso. Vi pare che chiunque sano di mente gli chiederebbe di fare qualcosa che funzioni, per di più pagando?”. Un’argomentazione decisamente solida, non a caso ripresa anche dal segretario Bersani in un suo articolo redatto per l’Eco di Taipei, dal perentorio titolo: “Noi siamo diversi”.

http://www.alessandrorobecchi.it/index.php/201107/il-pd-si-difende-siamo-politicamente-diversi-i-civili-afghani-noi-non-ce-ne-siamo-accorti/


Il Tesoro Usa scende in campo e la Bce commissaria il Cavaliere


L'intervento del segretario al Tesoro Tim Geithner convince la Merkel a dare il via libera all'acquisto dei titoli pubblici italiani. Il forcing di Sarkozy preoccupato dalla crisi dei titoli di Stato francesi. La Casa Bianca ringrazia Parigi e Berlino per il "ruolo guida".


dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI

NEW YORK - "La Bce ha commissariato l'Italia, Trichet governa a Roma su mandato di Germania e Francia". Sono le 13 a Wall Street, manca un'ora e mezza alla conferenza stampa di Silvio Berlusconi in Italia, e i mercati sanno già tutto. Un "gabinetto di crisi" sovranazionale ha dato mandato alla Bce per scrivere l'agenda del governo italiano. "Anticipo dei tagli al deficit; pareggio di bilancio nella Costituzione; liberalizzazioni dei mercati": in tre diktat, è l'anticipazione che la Borsa americana apprende molto prima dei cittadini italiani.

La fonte che firma lo scoop è l'agenzia Dow Jones, le gole profonde stanno al Tesoro di Washington e alla Federal Reserve, e subito gli indici di Borsa recuperano.

Barack Obama a tarda sera di venerdì si mette al telefono con Angela Merkel e Nicolas Sarkozy che "ringrazia per la loro leadership". A mezzanotte ora italiana non c'erano invece conferme di telefonate con Berlusconi. Il segretario al Tesoro Tim Geithner è al lavoro dietro le quinte fin da giovedì sera. È costretto a un intervento eccezionale sui governi europei dopo il tracollo di 513 punti del New York Stock Exchange.

I suoi interlocutori privilegiati sono il leader francese che è anche presidente di turno del G7 e G20; la cancelliera tedesca; il presidente della Bce. L'obiettivo è far passare uno schema familiare a Geithner, che si fece le ossa al Fmi e nella diplomazia Usa quando i focolai di crisi erano Thailandia, Argentina, Brasile.

Per spegnerli, arrivavano gli esperti del Fmi con i diktat del "Washington consensus" nelle loro valigette. Commissariamento dei governi inaffidabili, in cambio di aiuti. È la ricetta che ieri Geithner ha caldeggiato nel corso della giornata, nelle sue ripetute triangolazioni con Berlino, Parigi, Francoforte. A Berlusconi le condizioni sono state anticipate a metà pomeriggio dal presidente Ue Herman Van Rompuy e dal commissario all'Economia Olli Rehn: "l'Italia deve accelerare il suo risanamento", prendere o lasciare.

Sarkozy e Geithner hanno confermato, costringendo il premier italiano alla conferenza stampa. Ben più difficile era convincere la Merkel. Sull'altro piatto della bilancia, infatti, al commissariamento dell'Italia da parte di un gabinetto di crisi corrisponde l'intervento della Bce per acquisti di titoli pubblici italiani. Uno strappo alle regole del rigore monetario. Un'operazione contrastata dalla squadra tedesca in seno alla Bce: il capo della Bundesbank Jens Weidmann, il chief economist Juergen Stark, più gli alleati olandesi e lussemburghesi.

Ma Sarkozy ieri mattina ha capito di dover fare un pressing estremo su Berlino, quando ha visto allargarsi di nuovo lo spread dei tassi francesi su quelli tedeschi. A dargli man forte sono intervenuti gli americani. "Attenzione a non ripetere l'effetto Lehman - hanno detto gli uomini di Geithner agli europei - quando quella banca fu lasciata fallire nel 2008, nessuno capì che ne avrebbe trascinate molte altre a picco, e di più grosse". Chiara l'antifona: "l'Italia ha il terzo debito pubblico mondiale in valore assoluto, se avanza verso il default non vi basterà triplicare il fondo di salvataggio europeo".

È intervenuto Ben Bernanke, il presidente della Federal Reserve, con dati inquietanti sull'esposizione delle stesse banche americane al debito pubblico italiano; figurarsi quelle francesi e tedesche. A rafforzare le pressioni americane sulla Merkel, si sono aggiunte due voci autorevoli dall'Estremo Oriente: Cina e Giappone, due mercati strategici per il made in Germany. I governi di Pechino e Tokyo hanno chiesto un'"azione coordinata" per arginare il panico creato nel giovedì nero dallo spettro del default italiano.

Per smuovere la Merkel il contributo finale lo ha dato Trichet. "Il presidente della Bce sta facendo un lavoro straordinario, dobbiamo dargli atto del ruolo prezioso durante questa crisi", confida Geithner ai collaboratori. La mossa chiave di Trichet, è proprio quella che i mercati non hanno capito giovedì, e che ha provocato il panico. Nelle ore terribili in cui Milano perdeva il 5% e poi andava in tilt, a contenere le perdite iniziali delle altre Borse si era la diffusa la voce che la Bce avrebbe acquistato Btp italiani e bond spagnoli. Invece niente.

A sorpresa gli acquisti si erano limitati ai titoli portoghesi e irlandesi. La delusione per il mancato sostegno all'Italia aveva contribuito al tracollo del Dow Jones, la capitolazione finale. Geithner e Bernanke erano stati fra i primi a chiedere spiegazioni. Ieri la vicenda si è sciolta: il giovedì nero "è servito", la Bce ha mostrato i muscoli alla Merkel e a Roma. Una prova di forza giocata sul filo del terrore: per costringere Berlusconi a ingoiare qualsiasi imposizione esterna; per mostrare alla Merkel fin dove poteva degenerare il panico dei mercati.

"Non possiamo correre il rischio che un altro focolaio di crisi nell'eurozona uccida le speranze di una ripresa", è l'imperativo che Obama ha sottolineato ai suoi ieri pomeriggio, prima di chiamare i leader europei. Il presidente ha incassato ieri mattina un dato di 117.000 assunzioni, meno negativo di quanto temeva, ha annunciato una nuova manovra per l'occupazione, ma ricorda che un anno fa il crac greco diffuse la sfiducia sui mercati, soffocò i germogli della crescita americana.

Oggi è ancora peggio: l'America è già sull'orlo della ricaduta in recessione, il default di Roma va evitato ad ogni costo. Il pacchetto delle direttive confezionato tra Parigi e Francoforte, Berlino e Washington, a Berlusconi è stato consegnato a scatola chiusa. Il gabinetto sovranazionale di crisi ha avuto il suo battesimo di fuoco. Ora i mercati lo attendono al varco, e già ieri cominciavano a serpeggiare i primi dubbi: per esempio sul valore che ha, in Italia, un obbligo di pareggio del bilancio scritto nella Costituzione.


venerdì 5 agosto 2011

“Anticipare il pareggio di bilancio al 2013″. La ricetta del governo contro la crisi.


Dopo l'ennesima giornata nera delle borse, si muove tutta la politica italiana. Fini annuncia Napolitano che le Camere apriranno già la prossima settimana. Obiettivo: mettere a punto un ddl che renda legge costituzionale il pareggio di bilancio.

Pareggio di bilancio da inserire direttamente nella Costituzione e avvio, subito, di misure per le liberalizzazioni con la riforma dell’articolo 41 della Carta sulla libertà d’impresa. Sul tavolo c’è la crisi economica e la richiesta, arrivata direttamente dalla Bce, di trovare al più presto una soluzione. Via dunque ai tagli. Senza aspettare il 2014 con l’ombra delle elezioni del 2013. Insomma, l’Europa non si fida e nemmeno i mercati che ancora oggi hanno scosso le borse facendo precipitare per l’ennesima volta Piazza Affari. Ecco allora la mossa a sorpresa di Berlusconi. Una conferenza stampa convocata in tutta fretta e poi slittata dalle 19 alle 19 e 30. E che alla fine è andata in scena. Poco più di mezz’ora in cui il premier assieme al ministro ha squadernato i quattro punti attorno ai quali ruoterà il programma di salvataggio dell’economia italiana. Un salvataggio, ancora tutto da verificare, che arriva in zona Cesarini dopo una due giorni a dir poco pazzesca. Con l’intervento in aula del premier condito da un intervento inconsistente. Dopodiché il vertice con le parti sociali. In mezzo il tonfo fragoroso in borsa di ieri. Quindi oggi la soluzione finale. Che non tocca il contenuto della manovra, ma solo lo anticipa senza modificarlo a partire dai tagli ai costi della politica. Insomma, “un segnale di discontinuità”, come ha detto Italo Bocchino di Fli, che non pare farina del sacco del premier, ma il frutto di pressioni esterne e di telefonate che oggi hanno impegnato a partire dalla mattinata la nostra politica.

Il mondo, spiegano da Palazzo Chigi, è cambiato in una notte e l’Italia per prima si è dovuta muovere, seppur di concerto con gli altri, avendo gli speculatori dedicato a noi “una particolarissima attenzione” ed essendo quindi necessario noi per primi “porre subito degli argini”. E’ toccato a noi – rilevano sempre fonti del governo – anche se l’Italia ha sempre onorato il suo debito e mai è andata in default. E ora si dovranno assumere misure concertate con gli altri (a giorni sarà convocato un G7 dei ministri delle Finanze che potrà trasformarsi in un G8 dei capi di Stato e di Governo) perchè “la crisi è globale, la crisi finanziaria colpisce tutti i Paesi e non rispetta nè la realtà economica né i fondamentali economici”.

Ma al di là degli scenari, per nulla chiari, sul tavolo restano i pilastri pensati dal governo per salvare l’Italia. Primo punto, decisivo e inderogabile, dopo l’intervento della Bce, l’anticipo del pareggio di bilancio. Non più nel 2014, ma un anno prima. Obiettivo: “Arginare la speculazione”. Questo il punto del Cavaliere che solo ieri aveva detto di non sentirsi preoccupato per gli scivoloni della borsa e per lo spread che tocca tetti record. Oggi la musica è sembrata diversa.

La palla passa a Tremonti. Esordio: il governo agirà su quattro pilastri, due di finanza pubblica e due di crescita e sviluppo. Pareggio di bilancio come legge costituzionale e anticipo di un anno del risanamento. Gli altri due porteranno alla riforma del mercato del lavoro e alla “madre di tutte le liberalizzazioni”, ovvero “tutto è libero tranne ciò che è vietato”. Dopodiché la road map punterà alla approvazione in tempi rapidi della delega assistenziale. “Si tratta di garantire – ha detto il capo dell’Economia – ciò che si può dare a chi ha bisogno e intervenire sul problema dei falsi invalidi”. Una delega assistenziale “che ha un profondo spirito morale in tempi dove i soldi non te li regala nessuno, devi garantire il futuro dei nostri anziani e via via delle nostre famiglie”. “Pensiamo a un investimento sul benessere di chi ha bisogno – ha aggiunto Tremonti – avrà impatti riduttivi del tipo falsi invalidi, se c’e’ questa delega a saldi invariati c’e’ anche la riforma fiscale perche’ non verra’ saccheggiato il sacco delle agevolazioni da spostare verso il lavoro, la famiglia e i giovani”.

Prioritaria anche la riforma del lavoro. ”Qui – dice Tremonti – c’e’ un testo importante già elaborato, sarà presentato alle parti sociali per essere presentato al Senato”. E ancora:“Il mercato del lavoro – aggiunge – è fondamentale per lo sviluppo e gli investimenti e l’attrazione degli investimenti”. Subito dopo il pacchetto passerà al Senato. Per questo il presidente Renato Schifani nel corso di una telefonata al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, lo ha informato di aver convocato le commissioni Affari Costituzionali e Bilancio e che convocherà l’Assemblea appena arriverà il testo sulla riforma del lavoro.

Insomma, il governo sterza. Una manovra già nell’aria questo pomeriggio, a borse ancora aperte, i telefoni della politica sono rimasti caldissimi. Prima chiamata: Fini a Tremonti per preparare un ddl che costituzionalizzi il pareggio di bilancio. Quinid la telefonata del presidente della Camera al Colle per avvertirlo della riapertura della Camera. Dopodiché il ministro dell’Economia ha parlato con il segretario al Tesoro Usa Timothy Geithner. I due si sono soffermati ad analizzare la situazione economica e dei mercati di questi ultimi giorni, anche alla luce dei contatti internazionali in corso in queste ore.

Le prime indiscrezioni sul contenuto della conferenza stampa erano circolate sul sito del Financial Times. “Dopo ore di colloqui Berlusconi e Tremonti – si leggeva fin dal pomeriggio sul sito – hanno raggiunto l’accordo per accelerare un pacchetto di misure per liberalizzare l’economia italiana”.

Il tutto dura mezz’ora. Poche domande dei giornalisti e il tempo per l’ennesimo battibecco tra Tremonti e Berlusconi. Il punto è cruciale: si sta parlando di riforma del lavoro e soprattutto di tagli anticipati. Un giornalista chiede: “Se n’è parlato ieri con le parti sociali?”. Berlusconi dice no. Giulio sì. Quindi? Risolve l’imbarazzo il Cavaliere. “Non ho sentito perché sono stato chiamato al telefono da un collega”. Quindi scioglie l’imbarazzo: “Anticipo che domani mattina io e Giulio ci sfideremo a duello, dobbiamo solo scegliere l’arma”.

Chiusa la conferenza e squadernati punti, inizia arriva la valanga di reazioni. Il primo a dare il calcio d’avvio è il segretario del Pd Pier Luigi Bersani: ”Dobbiamo lanciare un messaggio al mondo per dire che l’Italia ha capito. Ognuno abbassi la propria bandiera e si inchini al tricolore. Noi siamo disposti a farlo, ma Berlusconi faccia un passo indietro. Si formi un governo nuovo per dare risposte al Paese”. Immediata la risposta del Pdl per bocca di Osvaldo Napoli: ”Il governo – dice – accelera su tutti i fronti per varare riforme strutturali e costituzionali importanti e, per questa via, varare un piano ambizioso per la crescita e lo sviluppo; le Commissioni parlamentari sono state convocate per la prossima settimana e Bersani che fa? Chiede al presidente del Consiglio di fare un passo indietro?”. Quindi conclude: “Ora il segretario del Pd rischia di essere davvero patetico”


Londra, apre il Bunga Bunga Bar.


Londra, apre il Bunga Bunga Bar

Siamo stati a vedere come sarà il locale dedicato a Berlusconi e alle sue prodezze. Un trionfo di chliché made in Italy, dove Silvio fa cucù dagli oblò della toilette, si mangia la pizza Ruby e l'aperitivo si beve nelle tazze con la faccia del Presidente.

Papa resta in cella, doppio 'no' dal Riesame Il legale: "E' depresso e dispiaciuto"


Alfonos Papa

Napoli - (Adnkronos/Ign) - Confermata la custodia cautelare per il parlamentare Pdl. La difesa ora ricorrerà alla Cassazione per chiedere la scarcerazione: "E' rimasto male quando ha saputo che anche la moglie è indagata".

Napoli, 5 ago. (Adnkronos/Ign) - Doppio no del Tribunale del Riesame di Napoli alla scarcerazione del parlamentare del Pdl Alfonso Papa, arrestato nell'ambito dell'inchiesta sulla cosiddetta P4.

Il Tribunale del Riesame ha detto no all'istanza di scarcerazione o in subordine agli arresti domiciliari chiesta dai legali di Papa Giuseppe D'Alise e Carlo di Casola. No del Riesame anche per quanto riguarda un presunto vizio di forma.

Il Tribunale del Riesame ha depositato l'ordinanza di rigetto poco prima delle ore 17. Non sono ancora note le motivazioni della decisione presa dal collegio. I legali di Papa adesso ricorreranno alla Cassazione per chiedere la scarcerazione del loro cliente. "Purtroppo quello che l'onorevole Papa temeva si è verificato: trascorrerà l'estate in cella", ha detto all'ADNKRONOS l'avvocato D'Alise.

"Papa è depresso - ha aggiunto l'avvocato dopo un colloquio con Papa nel carcere di Poggioreale - perché 15 giorni in carcere cominciano a farsi sentire e perché ha saputo che anche la moglie Tiziana Rodà è indagata per concussione nell'ambito della stessa inchiesta".

Papa si trova rinchiuso in una piccola cella del padiglione Firenze con altri due detenuti, un avvocato e un medico veterinario. "Quando ha saputo del coinvolgimento della moglie -ha proseguito D'Alise- è rimasto molto male e ha detto di non aspettarselo".

Le giornate del parlamentare si dividono tra confessione con il cappellano del carcere, lettura di libri, giornali e televisione. "Chiede dei suoi figli, del loro stato psicologico e non vede l'ora di poterli riabbracciare", ha detto l'avvocato D'Alise, amico personale da molti anni di Papa, ex pm della Procura di Napoli



Crisi, la stampa estera su B. “Lui è il vero problema dell’Italia”. - di Eleonora Bianchini


Tutti i giornali stranieri dall'Inghilterra alla Francia, dalla Spagna agli Stati Uniti, fino in Pakistan sono unanimi nel criticare l'intervento del Cavaliere ieri in aula. Un discorso che l'Economist definisce "mediocre"

C’è crisi? Per molti, ma non per tutti. Silvio Berlusconi infatti conserva il suo ottimismo nonostante la bufera dei mercati imperversi in Europa e nel Belpaese, mentre il presidente della Bce Jean-Claude Trichet, al contrario, chiede all’Italia una seria agenda di austerity, misure anti deficit e tagli più convinti. Il Presidente del Consiglio, che ieri a Palazzo Chigi ha incontrato le parti sociali, ha di nuovo minimizzato e si è appellato al suo impero di tycoon: “I mercati reagiscono per ragioni proprie che sono distanti sia dalla realtà economica sia dalla politica – ha spiegato ieri-. Mio padre diceva che la Borsa è come un orologio rotto. Investite in azioni delle mie aziende”. Dichiarazioni che non hanno suscitato il plauso né delle parti sociali convenute ieri a Palazzo Chigi né della stampa estera, che conferma giudizi negativi sul discorso del premier alle Camere.

The Economist in uscita domani, anticipa online la sua analisi sulle parole del premier. A differenza diJosé Luis Zapatero in Spagna, José Sócrates in Portogallo e George Papandreou in Grecia che si sono dimessi o sono intenzionati a farlo, il Cavaliere non ha nessuna intenzione di fare un passo indietro, nonostante l’assenza di segni di ripresa. “Il discorso mediocre, quasi sbadato di Berlusconi è sembrato un’occasione mancata di influenzare il corso degli eventi”, scrive il settimanale britannico che prosegue: “Nel suo discorso al Parlamento, Berlusconi ha nuovamente promesso di rimanere al potere fino al 2013. Eppure – nota il giornale – c’è ampia evidenza del fatto che egli sia parte del problema.

Anche The Guardian non salva le parole del premier in Aula, perché non ha indicato né i sacrifici né le riforme strutturali per uscire dalla crisi, limitandosi a osservare che “la stabilità è stata sempre un’arma vincente contro la speculazione”. Dello stesso parere The Independent che evidenzia il vuoto di indicazioni per il pareggio di bilancio e il taglio della spesa pubblica entro il 2014.

In Spagna invece, El Pais rilancia la proposta di Berlusconi di rimandare la promessa di un piano di stabilità a settembre e se per il premier l’incontro con le parti sociali è stata “la riunione più cordiale degli ultimi 18 anni”, le imprese e i sindacati hanno invece sottolineato che la situazione è di “eccezionale gravità per il paese”. Nell’editoriale tranchant di Le Monde , poi, non ci sono dubbi: il problema dell’Italia è proprio lui. Dato più volte per politicamente morto, il premier è sempre in grado di risorgere dalle ceneri e per questo è “prematuro” parlare della “fine del suo regno”. Anche se, si legge sul quotidiano francese, i mercati finanziari non avranno “la stessa pazienza che gli italiani hanno avuto in tutti questi anni”.

Oltreoceano invece il New York Times osserva, come fa il Washington Post, che il premier non ha intenzione di dimettersi e che le sue parole in Parlamento non hanno convinto né le opposizioni né i mercati. Infine cita Stefano Folli, editorialista del Sole 24 Ore, che lo ha valutato come “un discorso senza idee”.

Se nel Vecchio Continente e negli Stati Uniti incombe il terrore finanziario, il pakistano The Nationpreferisce soffermarsi sulle questioni di cuore di Mister B. E racconta che, mentre il paese crolla a picco, il Cavaliere trova il tempo per flirtare in aula con la deputata Pdl Micaela Biancofiore, tra carezze e sorrisi complici . Alla fine, la crisi è solo un’opinione dei mercati. Condivisa anche della stampa estera e degli italiani.



La politica degli impresentabili Brancher condannato a due anni. - di Marco Lillo



L'ex ministro, in carica per appena dieci giorni, è stato condannato in appello a due anni per ricettazione nell'inchiesta Antonveneta. la Cassazione ieri ha confermato la decisione dei giudici. E lo ha fatto quasi fuori tempo massimo. Sempre ieri infatti scadevano i termini della prescrzione.

La legge è uguale per tutti. Anche per Aldo Brancher. L’ex ministro lampo, in carica per 17 giorni, nominato nel giugno 2010 e costretto alle dimissioni dal presidente Napolitano per le polemiche seguite alla sua richiesta di avvalersi del legittimo impedimento, ieri è stato definitivamente condannato a due anni e 4 mila euro di multa.

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso contro la sentenza di appello che lo condannava per ricettazione e appro
priazione indebita nel caso Antonveneta nel quale era coinvolto insieme a Giampiero Fiorani. La sentenza di ieri non sarà eseguita perché i fatti ricadono nell’indulto dell’ex ministro Mastella ma rappresenta comunque una vittoria della giustizia sulla furbizia e il privilegio di Casta. Proprio oggi, se la Corte presieduta da Antonio Esposito non avesse fatto tutto il suo dovere con celerità e senza riguardi reverenziali, sarebbe scattata la prescrizione. Le manovre di Brancher per ottenerla non sono state gradite dalla Corte che ha spedito le carte alla Procura di Milano per valutare le mosse processuali dell’imputato.

Brancher non è riuscito a bissare il successo del passato. Non era la prima volta che l’ex sacerdote, poi divenuto manager Fininvest e dal 1999 politico di Forza Italia e poi del Pdl, tentava la carta della prescrizione per svignarsela da un processo difficile. Il 18 giugno 1993 era stato arrestato dal pool di Milano quando era assistente di Fedele Confalonieri ed era accusato di avere dato 300 milioni di lire al Psi e 300 a Giovanni Marone, segretario dell’ex ministro della Sanità Francesco De Lorenzo, in cambio di spot sulle reti Fininvest per la campagna ministeriale anti-aids. Brancher fu soprannominato il compagno G del gruppo Berlusconi, perché rimase tre mesi a San Vittore senza aprire bocca. Fu condannato in appello per falso in bilancio e finanziamento illecito ai partiti. Ma quella volta la Cassazione dichiarò la prescrizione per i soldi ai partiti mentre il falso in bilancio era stato depenalizzato dal Governo Berlusconi.

Intanto, nel 1999 Brancher era passato alla politica. I sistemi restavano gli stessi, ma la novità era che finalmente i soldi poteva prenderli invece di darli. Scoperto dai pm di Milano a ricevere buste piene di contanti dall’amministratore della Bpi Gianpiero Fiorani, ieri sperava ieri di farla franca nuovamente ed era a un passo dal risultato. Il suo legale, Filippo Dinacci, recentemente balzato agli onori delle cronache perché è il fratello della ex moglie del neoministro della giustizia Nitto Palma, ha chiesto un rinvio che avrebbe fatto saltare l’accusa più imbarazzante di appropriazione indebita. La difesa di Brancher sosteneva di avere diritto a un termine più lungo per permettere al politico di presentare un suo ricorso autonomo rispetto a quello preparato dal suo avvocato.

Il deputato chiedeva tempo per studiare le carte perché sosteneva di non aver ricevuto la notifica degli atti nel suo domicilio. La Corte non solo non ha tenuto in conto le richieste ma ha trasmesso addirittura le carte alla Procura di Milano (competente in quanto la Corte di Appello è quella che ha emesso la sentenza impugnata) per valutare il suo comportamento. Il fatto è che Brancher, che durante l’appello aveva sempre ricevuto le carte presso il suo avvocato, dopo la condanna aveva trasferito il suo domicilio in Umbria e per l’esattezza in una località del comune di Città della Pieve. Quando il postino ha tentato d notificargli gli atti non lo ha trovato e la raccomandata è tornata indietro con la dicitura “irreperibile”.

La Corte presieduta da Esposito non ha dato troppo peso alla cosa e ha emesso un’apposita ordinanza per spiegare perché riteneva di poter condannare il deputato veneto anche in assenza della sua autodifesa. La sentenza di ieri conferma le motivazioni del merito dei precedenti gradi che meritano di essere rilette ora che hanno il timbro della verità giudiziaria definitiva. “Brancher ha a più riprese ricevuto, e richiesto, ingenti somme di denaro che non aveva alcuna possibilità di ritenere che provenissero dal patrimonio personale di Giampiero Fiorani e che gli fossero da lui elargiti per mera libertà”. In particolare merita di essere riletta la storia della mazzetta che rischiava di essere cancellata oggi dalla prescrizione. Si tratta dei 200 mila euro consegnati nel 2001 a Brancher in un autogrill di San Donato Milanese come ”ringraziamento per i buoni uffici prestati al fine di ottenere la candidatura nella circoscrizione di Lodi di un candidato più gradito a Fiorani e ai suoi accoliti (Falsitta Ndr) rispetto all’altro che avrebbe potuto essere inserito nella lista, l’onorevole Giovine, solo perchè quest’ultimo in più riprese e pubblicamente aveva espresso le sue riserve sulla gestione della Bpl e, quindi, sull’operato dei suoi dirigenti”. La condanna definitiva per un simile episodio decreterebbe la fine della carriera politica del condannato in qualsiasi paese occidentale. A maggior ragione se per evitarla l’imputato si è prima travestito da ministro prima di rifugiarsi come un novello Cincinnato in una frazione della verde Umbria.